Maria Pia Gi u d i c i1
In un buon pane casereccio il lievito non si vede, eppure è la ragione per cui il pane è quello che deve essere: un alimento ge
nuino che nutre e fa crescere. Così è della Parola di Dio nelle let
tere di madre Mazzarello.
In esse non vi sono esplicite citazioni; eppure, a leggerle in profondità, si scopre ad ogni piè sospinto che, pur nel dettato sem
plice, tutto intessuto di quotidianità, le rivela autentiche proprio nel loro lievitare di Sacra Scrittura, assimilata a livello di cuore, vi
talmente.
La benedizione di Dio
Il Catechismo della Chiesa Cattolica evidenzia una realtà di fondo: «Dal principio alla fine dei tempi tutta l’opera di Dio è be
nedizione. Dal poema liturgico della prima creazione (Genesi) ai cantici della Gerusalemme Celeste (Apocalisse), gli autori ispirati annunciano il disegno di salvezza come un' mmensa benedizione divina» (1079).
Nelle sue lettere a don Bosco e ad altri eminenti Salesiani, M a
ria Mazzarello insiste perché le benedizioni di Dio siano larga
mente elargite su don Bosco, sui Salesiani, su di lei, sulle opere, sulle persone a cui promette preghiere.
Scrive a don Bosco: «L o [il Signore] pregherò ancora affinché voglia ottenere speciali benedizioni sopra tutte le opere sue» (L 3,4).
A don Cagliero in America, dando relazione del Natale mornesino scrive: «Tutte abbiamo chiesto [a Gesù Bambino] le sue più elet
1 FMA, laureata in Lettere, fondatrice e animatrice della Casa di preghiera “San Biagio del Sacro Speco" di Subiaco (Roma).
te benedizioni per la S.V. e pei nostri piccoli fratelli missionari»
(L 4,8).
Ancora a don Cagliero chiede: «S i degni mandare una sua be
nedizione a ciascuna in particolare. In ultimo benedica me...» (L 7,15). «Che Dio ti benedica e ti faccia tutta sua», scrive a suor G io
vanna Borgna (L 19,3).
Si avverte, da questi testi e da numerosi altri, quanto madre Mazzarello voglia vivere la benedizione di Dio (c f L 5,13; 7,9; 8,3;
21,3), Lei che nel suo cuore benedice «D io Padre del Signore no
stro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spiri
tuale nei cieli in Cristo» (E f 1,3).
La priorità dell’amore di Dio
È dentro questo suo avvertire il piano della salvezza come un intreccio di benedizioni del nostro Dio amante dell'uomo e della vita, che il tema della risposta d’amore a questo Dio di amore è fondante nella sua esistenza ed evidente nelle lettere: «A forza di stare vicino al fuoco - scrive a suor Angela Cassulo cuciniera - a quest’ora sarete già accesa d’amor di Dio, n’è vero?» (L 22,11).
E a suor Filomena, con quel pizzico di hum or che le è fam i
liare: «Vi viene la stizza quando il fuoco non si accende? Abbiate pazienza e procurate di accendervi di divino am ore» (L 23,5).
Scrivendo a don Cagliero, nel dicembre 1876, afferma: «L a ca
rità pure regna dappertutto; voglia Iddio farci grazia che si conti
nui sempre così, anzi possiamo acquistare molte virtù e soprat
tutto il suo S. Am ore» (L 9,6). Non pensava forse la santa che «D io è amore e chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio in L u i» ( 1 Gv 4,16)? Non sentiva ardere il desiderio di Gesù: «Sono venuto a por
tare il fuoco e che cosa voglio se non che si accenda?» (Lc 12,49).
Allo stesso don Cagliero chiede che si ricordi delle suore, scri
vendogli: «L e raccomandi caldamente a Gesù ed a Maria che le rendano tutte vere amanti di D io» (L 5,11). Evidentemente l’im pe
rativo veterotestamentario, con forza riproposto da Gesù: «Am erai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze» (M i 22,37) le era familiare a livello profondo.
A don Lemoyne esprime la sua convinzione: «Se io amerò Ge
sù con tutto il cuore saprò anche farlo amare dalle altre» (L 11,2).
«M ettim i come sigillo sul tuo cuore - dice il Cantico dei Cantici - perché forte come la morte è l’am ore» (Ct 8,69).
La fiducia biblica radice della santa allegrezza
Questa priorità di un amore totalizzante le energie del cuore permette a M aria Domenica M azzarello di avvertire D io com e
«roccia di salvezza» (c f Deut 32,4; Ps 18,3; 62,3; 7,36), di credere in Gesù venuto non a condannare, ma a salvare (cf Gv 12,47) e perciò di scrivere a suor Ottavia: «N on scoraggiarti mai per qua
lunque avversità, prendi tutto dalle SS. mani di Gesù, metti tutta la tua confidenza in Lui e spera tutto da Lui» (L 65,1).
Il «confidate nel Signore sempre», che tanto ricorre nei salmi, è una vena che percorre tutte le lettere della Santa. Ed è la sor
gente biblica profonda di un tema caratteristico non solo delle lettere, ma della sua personalità di donna sposata a Dio e, in Lui, spiritualmente madre gioiosa, feconda: il tema della "santa alle
grezza” .
L’autore sacro scrive: «L’anima nostra attende il Signore. Egli è nostro aiuto e nostro scudo. In Lui gioisce il nostro cuore e con
fidiamo nel suo santo nom e» (Ps 33,20-21).
Non finiremmo di esemplificare se volessimo affondare in que
sto tema di una gioia che viene vista scaturire dalla fiducia e di
ventare energia spirituale profonda. Basti pensare al Magnificat dove Maria, la donna per eccellenza, «esulta in Dio suo Salvatore»
(Lc 1,46).
La Santa ha attinto con gioia a questa fonte di salvezza quan
do con incredibile insistenza vuole le sue figlie allegre, discernen
do che una «grande allegria è il segno di un cuore che ama tanto il Signore» (L 60,5), mentre la tristezza è la madre della tiepidez
za (c f L 27,11; 31,1).
L’allegria è letteralmente voluta dal Signore, secondo M aria Mazzarello (c f L 43,2) che, di certo, ha ruminato a lungo in cuore il biblico: «Servite il Signore nella gioia» (Ps 100,2). Più ancora si è soffermata su quel saldare la gioia, da parte di Gesù, all’osser
vanza dei comandamenti, che autentica il permanere di una vita nell’amore: «Com e il Padre ha amato me così anch’io ho amato voi: Rimanete nel m io amore. Se osserverete i miei comandamen
ti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamen
ti del Padre m io e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto per
ché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9-11).
Il tem a d el m o rire a se stessi p er vivere a D io
Questo m otivo della gioia è talmente congeniale alle lettere di S. Maria Mazzarello, che lo potremmo dire dominante; ma ciò che interessa è cogliere come la "natura” , la "qualità” di questa "santa allegrezza” è tipica solo di chi vive una dinamica di conversione, in un discepolato che, ancora biblicamente, decreta la morte del
l’uomo vecchio e il rivestire il nuovo (c f E f 4,17-24; Col 3,9).
Lei, la Madre, per la prima chiede di morire a se stessa e al suo amor proprio che la fa inciampare in ogni momento come un
“ubriaco” (c f L 9,9), dice con realistica immagine: «Dovete vince
re voi stesse - scrive alle sorelle missionarie -, se no tutto diventa insoffribile e le malignità, come le pustole, risorgeranno nel nostro cuore» (L 22,21).
E l'ascetismo della lotta spirituale ma - ecco lo spioncino ver
de della gioia! - non si tratta di un mero volontarismo che provo
ca scoraggiamento, depressione. «Gesù deve essere tutta la nostra forza, con Gesù i pesi diventeranno leggeri, le fatiche soavi, le spi
ne si convertiranno in dolcezze» (L cit.). E come non sentire que
ste espressioni quasi eco di quanto Gesù dice: Senza di me non po
tete far nulla, ma in me porterete molto frutto (c f Gv 15) e «Il m io giogo è soave, il m io peso è leggero»? (M t 11,30).
Quando col suo colorito parlare popolaresco, consiglia di cal
pestare l’amor proprio, di farlo friggere (c f L 23,1), vede però que
sta operazione di morte in funzione di vita.
Il dettato infatti, qui e altrove, è in concomitanza con l’esorta
zione a esercitarsi nell’umiltà e nella pazienza che è la misura e il volto dell’amore. Vita dunque e assoluta positività.
Non è S. Paolo a invitarci ad affondare nella morte di Cristo
rito di mortificazione, di sacrificio, obbedienza, umiltà, distacco da tutto ciò che non è di D io» (L 24,2).
Viene in mente il paolino «rivestitevi del nostro Signore Gesù Cristo» (R m 13,14) con le espressioni affini: «Dovete rivestire l’uo
mo nuovo» (E f 4,24); «rivestitevi dell'armatura di D io» (E f 6,41; cf anche Col 9,10-12).
Il prim ato d e ll’in teriorità
D’altro canto, la Madre sottolinea che le virtù si rivestono in
teriormente, mentre l'abito nero è indossato esteriormente. Così chiede a don Cagliero di pregare «perché le virtù che si vedono fio rire siano più interne che esterne» (L 7,2). Ed esorta suor G io
vanna Borgna: «Fa’ in m odo di essere sempre un modello di virtù, di umiltà, di carità e di obbedienza, e siccome il Signore vede il cuore, bisogna che queste virtù siano praticate proprio col cuore, più ancora che cogli atti esterni» (L 19,1).
Impossibile non ricordarci di I Sam 16,7: «L’uomo guarda l’ap
parenza, il Signore guarda il cuore» e di Is 11,3: «Dio non giudi
cherà secondo le apparenze».
Contro quello che Gesù chiama «il lievito dei farisei che è l’i
pocrisia» (M t 16,6; M c 8,15; Lc 12,1) il formalismo, il legalismo:
pestiferi parassiti che attentano alla sanità spirituale della vita consacrata, madre Mazzarello va diritta all’autenticità. Esorta, in fatti, ad operare con retta intenzione, ad essere «schiette e since
re sempre e con tutti» (L 17,1). E nello stesso tempo dà la chiave di questa vita semplice e trasparente: «Unitevi strettamente a Ge
sù, lavorate per piacere a Lui solo» (L 22,8). Operate «co l solo fi
ne di dare gusto a D io» (L 23,4).
La sem p licità evangelica
Questo «essere semplici come colom be» (Lc 10,3), questo «cer
care Dio con cuore semplice» (Sap 1,1) che gli antichi Padri (par
ticolarmente Cassiano) hanno attinto alla Scrittura e intensamen
te raccomandato ai loro discepoli come indicazione fondamentale di un cammino interiore, è risonanza biblica anche in queste let
tere: «Per star allegra - scrive la Madre a suor Giuseppina Pacot- to - bisogna andare avanti con semplicità, non cercare soddisfa
zioni né nelle creature, né nelle cose di questo mondo. Pensate so
lo ad adempiere bene il vostro dovere per amor di Gesù e non pen
sate ad altro. Se sarete umile, avrete confidenza in Lui, egli farà il resto» (L 24,4).
Interessante l’umiltà come humus della semplicità: quella fidu
cia in Dio che richiama «speri Israele nel Signore», finale del sal
mo 132, dove l'immagine dominante è il bambino svezzato in brac
cio a sua madre il cui cuore non si inorgoglisce, non si leva con su
perbia il suo sguardo, non va in cerca di cose grandi (cf Ps 132).
Chi am a D io am a il fra tello
Umiltà, semplicità, obbedienza sono in funzione del comanda
mento di cui la Scrittura dice che chi lo pratica ha adempiuto tut
ta la legge (R m 13,8). Si tratta del secondo precetto, intimamente legato al prim o e di cui l'apostolo Giovanni ha anche scritto: «N on può amare Dio che non vede chi non ama il fratello che vede»
(1 Gv 4,20).
È dunque con sapienza di Spirito Santo che Maria M azzarello afferma: «Una figlia che ama veramente Gesù va d'accordo con
tutte» (L 49,6).
La p riorità del precetto dell'am ore fraterno scandita dalle Scritture si trova, a mo' di risonanza, nelle lettere che ribadiscono ad ogni piè sospinto quanto sia necessario praticare la carità: quel
la vera, creata dalla libertà (cf L 35,3) e resa autentica dalla cor
rezione fraterna (c f L 17,1). Solo la pratica di questa carità frater
na realizza quello che Gesù invocò dal Padre nella preghiera ver
tice dei suoi desideri nei nostri riguardi: «Siano una cosa sola co
me n oi» (Gv 17,11).
Scrive, infatti, la Madre alle suore di oltre oceano: «Quando anche siamo separate le une dalle altre da una sì gran distanza, form iam o un cuore solo per amare il nostro amato Gesù» (L 18,2).
Sembra che il cuore della Madre sia eco di quello del discepolo prediletto, quando scrive: «M ie buone sorelle, amatevi sapete?...
Oh! quanto m i consola allorché ricevo notizie dalle case e sento che si hanno carità, che obbediscono volentieri [...] Oh! allora il mio cuore piange dalla consolazione e continuamente intercede benedizioni per voi tutte» (L 26,4).
L a “ beata speran za”
Infine è il caso di cogliere come, vivendo con realismo la di
namica del provvisorio, madre Mazzarello nelle sue lettere accen
na di continuo al Paradiso molto più che alla morte, dentro quel
biblico spirito di vigilanza e di gioiosa attesa che è reso plastica
mente dalla parabola delle vergini sagge (c f M t 25,1-12).
Di suor Maria Belletti (una giovane "pescata” alla rete di Cri
sto dalla forte testimonianza cristiana della Madre) dice che «si sta preparando per andare in Paradiso» (L 7,8). A don Cagliero parla della Casa che le FM A hanno in Paradiso (cf L 7,3) e allo stesso scrive di voler entrare «in quella deliziosa casa» (L 9,9). Augura a don Lemoyne con familiarità filiale di andare a dirigere in Para
diso le stesse FMA, dopo averne santificate tante (c f L 11,1).
Alla "festa del Paradiso” accenna scrivendo a suor Angela Vai- lese (cf L 22,1) e a suor Laura Rodriguez (cf L 18,1). Alla medesi
ma, con espressione incisiva, scrive: «Coraggio! Dopo pochi gior
ni di combattimenti, avremo il Paradiso per sempre».
La teologia biblica della "beata speranza”, espressa col term i
ne Paradiso dalle promesse di Gesù al ladrone pentito (L c 23,43 ) ed echeggiante in tutto il Nuovo Testamento, trova spazio dunque in un grande numero di lettere. Davvero non finirei più di citare tutte quelle che accennano al Paradiso!
Nel cuore di Cristo l’unità
Nell'ultima sua lettera questa Madre, che in Cristo fortissima
mente e con tenerezza ha amato le sue figlie, dice di volerle la
sciare nel cuore di Gesù (cf L 68,5).
Le aveva invitate ad entrare lì, dando loro appuntamento (c f L 17,2) in quel Cuore «sede appassionata dell'amore non van o».2 E - notiamolo - non solo aveva loro insegnato ad abbandonarvi le pro
prie pene (c f L 25,3), ma a realizzare in quell'«adorabile Cuore»
l'unione con Lui e con le sorelle (L 27,6) che è segno di una vita unificata in Cristo Gesù, dove «radicati e fondati nella carità si è in grado di comprendere quale sia l'ampiezza, la lunghezza, la profondità» (E f 3,7-18) del suo amore, che ci fa uno col Padre, nel
lo Spirito Santo, nell'ineffabile circolarità della vita trinitaria.
2 UngarettiGiuseppe, M io fiume anche tu, in Vita d’uomo, Milano, Mondado
ri 1978, 175.