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Le linee guida nazionali e internazional

La ricerca scientifica sul corpo del vivente

LA SPERIMENTAZIONE SULLE CATEGORIE DI PERSONE VULNERABIL

3. Gli incapaci 1 Premessa

4.2. Le linee guida nazionali e internazional

La questione bioetica della mancata partecipazione della donna alle varie fasi della ricerca, e dunque di un approccio neutrale della ricerca e della medicina sperimentale rispetto alla differenza sessuale, è emersa in modo preponderante negli ultimi anni, soprattutto, negli Stati Uniti dove si è registrato un forte cambiamento di indirizzo, anche grazie alle teorie femministe. E ciò è avvenuto anche a livello continentale per quanto riguarda le linee guida internazionali. Il CNB nel parere sopramenzionato traccia al paragrafo 9 l’evoluzione dal punto di vista internazionale della inclusione delle donne nell’ambito degli studi clinici, evidenziando come da una tendenziale chiusura via via si è passati a ritenere necessario l’inserimento di queste donne nella sperimentazione (eventualmente con dovute cautele). “Nel 1977 la Food And Drug Administration (FDA) nelle General Considerations for the Clinical

Evaluation of Drugs raccomandava l’esclusione delle donne in età fertile dalla

sperimentazione, soprattutto nelle fasi I e II…..Nel 1982 la World Health Organization emanava le Proposed International Guidelines che affermavano il dovere di escludere le donne da sperimentazioni non terapeutiche su volontari

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101 sani”155.

Nel 1988 si comincia a registrare invece un cambiamento radicale: “La Food And Drugs Administration (FDA) con la pubblicazione del documento Guideline for

the Format and Content of the Clinical and Statistical Sections of New Drug Application, rileva la sottorappresentazione femminile della sperimentazione

farmacologica e raccomanda l’analisi di dati differenziati per sesso nei trials clinici Nel 1993 sempre la FDA emana le Guideline for the Study and Evaluation of Gender

Differences in the Clinical Evaluation of Drugs, riconoscendo l’inferiorità

percentuale di partecipazione delle donne a sperimentazioni cliniche in patologie non strettamente femminili rispetto agli uomini e auspicando l’inclusione delle donne nei protocolli di sperimentazione al fine di garantire un’eguale rappresentazione….Nel 1993 il Council for International Organizations of Medical (CIOMS) emana le

International Ethical Guidelines for Biomeical Research involving Human Subjects( riviste nel202), raccomandando ai ricercatori, agli sponsor e ai comitati etici di non

escludere donne in età fertile dalla sperimentazione, non ritenendo la potenzialità della gravidanza una ragione sufficiente per precludere o limitare la partecipazione e riconoscendo alle donne la capacità di prendere una ‘decisione razionale’ nella partecipazione alla ricerca”156.

A livello Europeo sono pochi i documenti in merito alla sperimentazione clinica sulla donna in generale; si registra semmai una maggior attenzione in merito alla questione della partecipazione delle donne in stato di gravidanza o in fase di allattamento. “Nel 2003 l’Agenzia Europea per la Valutazione dei Prodotti Farmaceutici (EMEA) ha pubblicato la Note for Guidance on the Clinical

Development of HIV-Medical Products raccomandando di elaborare protocolli di

studio che garantiscano la comparazione tra i sessi, con la garanzia di una

155 Ivi, p.14.

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102 partecipazione statisticamente significativa di donne ed una formazione medica adeguata”157.

Nel d.lgs. n. 211/2003 (art.2.i), attuativo della direttiva 2001/20/CE, manca un esplicito riferimento alla condizione femminile nell’ambito della sperimentazione clinica e risulta semplicemente sottolineata la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti coinvolti nella sperimentazione, ma senza alcuna distinzione tra uomo e donna. Sono generalmente tutelati i soggetti della sperimentazione, ed una particolare attenzione è rivolta soltanto agli adulti incapaci di prestare il consenso informato e ai minori, ma il legislatore non riserva alcuna attenzione alle donne.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (COE) nel Protocollo

addizionale alla Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, relativa alla ricerca biomedica (2005) in merito alla sperimentazione sulla donna considera invece

solo la partecipazione della donna in stato di gravidanza e durante l’allattamento158. Il Reg. UE 536/2014 prende, invece, in considerazione la sperimentazione clinica su tale categoria di soggetti, anche se solo nella particolare situazione in cui la donna sia in gravidanza o in fase di allattamento. L’art.33 del Regolamento recita: “ La conduzione di una sperimentazione clinica su donne in gravidanza o allattamento è consentita esclusivamente se, oltre alle condizioni stabilite all’art.28, sono soddisfatte le seguenti condizioni:

157 Ivi, p.17.

158 Articolo 18. Ricerca nel corso della gravidanza o dell'allattamento: “1. La ricerca condotta su una

donna in gravidanza che non sia suscettibile di produrre un beneficio diretto sulla salute della donna, dell'embrione, del feto o del figlio una volta nato, può essere intrapresa esclusivamente se sono riunite le seguenti ulteriori condizioni: i) la ricerca è finalizzata a contribuire al raggiungimento finale di risultati tali da portare vantaggi ad altre donne in campo riproduttivo ovvero ad altri embrioni, feti o bambini; ii) la ricerca non può effettuarsi con una efficacia paragonabile su donne non in stato di gravidanza; iii) la ricerca comporta solo rischi minimi e disagi altrettanto minimi. 2. Quando la ricerca è condotta su una donna durante l'allattamento, particolari precauzioni devono essere adottate per evitare ogni impatto negativo sulla salute del bambino”.

103 a) la sperimentazione clinica può potenzialmente recare alla donna in gravidanza o allattamento interessata, o all'embrione, al feto o al neonato, benefici diretti superiori ai rischi e agli oneri associati, oppure

b) se tale sperimentazione clinica non reca alcun beneficio diretto alla donna in gravidanza o allattamento interessata, o all'embrione, al feto o al neonato, la sua conduzione è consentita solo se:

i) una sperimentazione clinica di efficacia comparabile non può essere condotta su donne che non siano in gravidanza o allattamento;

ii) la sperimentazione clinica contribuisce al conseguimento di risultati in grado di recare beneficio alle donne in gravidanza o allattamento o ad altre donne in relazione alla riproduzione o ad altri embrioni, feti o neonati, nonché

iii) la sperimentazione clinica pone un rischio e un onere minimi per la donna in gravidanza o allattamento interessata, per l'embrione, il feto o il neonato;

c) qualora la ricerca sia condotta su donne in allattamento, è prestata particolare attenzione ad evitare qualsiasi impatto negativo sulla salute del bambino; d) non sono riconosciuti incentivi o benefici finanziari al soggetto, ad eccezione di un'indennità compensativa per le spese e i mancati guadagni direttamente connessi con la partecipazione alla sperimentazione clinica”159.

In Italia gli studi in questo ambito, sono diventati sempre più rilevanti con una tendenza a tenere in maggior considerazione tale categoria di soggetti.

Il Ministero della Salute, l’istituto Superiore di Sanità dell’Agenzia Italiana del Farmaco, l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali e la Società̀ Italiana di Farmacologia., hanno tenuto conto dell’uguaglianza di genere come criterio per la allocazione di fondi nell’ambito della ricerca farmacologica. Diversi i gruppi di lavoro istituiti da questi enti con la finalità di incentivare la ricerca farmacologica,

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104 tenendo conto delle differenze sessuali e stimolando la formazione di esperti nel settore.

Nel 2011 l’AIFA ha stabilito i “Farmaci e Gruppo di lavoro di genere” per valutare i modelli di sperimentazione pre-clinici e clinici per evidenziare le differenze di genere. Lo scopo è di prendere consapevolezza intorno alla Commissioni etiche per la rappresentazione dei componenti femminili nella ricerca clinica e registrare l’efficacia e la validità della ricerca effettuata sulle donne. L’Agenzia incrementa la ricerca sul gender per ottenere studi medici in relazione alle differenti fasi del ciclo vitale della donna, con particolare attenzione allo stato di gravidanza.

Da qualche anno, l’Italia ha promosso una strada per l’istituzionalizzazione della medicina di genere. Presso l’Istituto Superiore della Sanità nel 2015 è stato creato il ‘Centro di riferimento per la medicina di genere’.

Nel 2016 il Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi ha elaborato il Decalogo dei diritti delle donne a una medicina delle differenze, dove al primo punto esplicita la necessità del “Diritto alle cure fondate sulla ricerca scientifica e attenta alle differenze di genere e ai fattori di rischio sanitario specifico per le donne e diritto a farmaci e dispositivi medico-chirurgici clinicamente sperimentati sulle donne”160.

Infine la L. n.3/2018 in materia di sperimentazione clinica di medicinali all’art.9 ha predisposto un piano volto alla diffusione della medicina di genere.

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COMITATO ETICO DELLA FONDAZIONE VERONESI, Decalogo dei diritti delle donne a una

105 CAPITOLO IV