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La sperimentazione sul maggiorenne incapace e lo stato di emergenza.

La ricerca scientifica sul corpo del vivente

LA SPERIMENTAZIONE SULLE CATEGORIE DI PERSONE VULNERABIL

3. Gli incapaci 1 Premessa

3.2. La sperimentazione sul maggiorenne incapace e lo stato di emergenza.

Per la delicatezza della materia sono molteplici i documenti nazionali e internazionali che prendono in considerazione la sperimentazione sull’incapace e ne terremo conto nel corso dell’esposizione del problema136.

Inizialmente la categorica necessità del consenso informato personale aveva portato a sancire l’esclusione degli incapaci dalle sperimentazioni cliniche. È solo con la Dichiarazione di Helsinki (prima versione nel 1964; ultima versione 2013) che si introducono una serie di garanzie oggettive per le ricerche che coinvolgono persone

136 Cfr. sull’argomento C. BUCELLI, M. PATERNOSTER, La sperimentazione in urgenza con i

soggetti adulti non competenti privi di rappresentanza legale: nuove regole e vecchi problemi, in

Rivista Italiana Medicina Legale, 1/2015, pp. 157ss.; G. AZZONI, La disciplina giuridica delle

sperimentazioni cliniche su adulti incapaci di prestare il loro consenso informato, Anestesia Forum,

2009, 2:97; d’AVACK, Il potere, cit., pp. 122ss.; A. G. SPAGNOLO, M. CASINI, La sperimentazione

90 incapaci di dare il consenso. Il testo attualmente in vigore prevede che : “ La ricerca che coinvolge soggetti fisicamente o mentalmente incapaci di fornire il consenso ( es. pazienti non coscienti) può essere condotta solo se la condizione fisica o mentale che impedisce di fornire il consenso informato è un imprescindibile criterio di inclusione nello studio. In queste situazioni il medico deve acquisire il consenso informato del rappresentante legale. Se questo non è disponibile e la ricerca non può essere differita, lo studio può procedere senza consenso informato a condizione che le ragioni specifiche per coinvolgere i soggetti con una condizione che li rende incapaci di fornire il consenso informato siano state dichiarate nel protocollo di ricerca e lo studio sia stato approvato da un comitato etico. Il consenso sulla permanenza del partecipante nella ricerca deve essere ottenuto il prima possibile dal soggetto stesso o dal suo rappresentante legale”137.

Anche il Protocollo addizionale alla Convenzione sui diritti dell’uomo e la

biomedicina riguardante la ricerca biomedica sull’essere umano del 2005 affronta il

problema delle sperimentazioni su persone in condizioni cliniche di emergenza. L’art. 19 delinea le regole generali: “l’individuo non deve essere in grado di prestare il proprio consenso; vista la situazione d’urgenza, non è possibile ottenere in tempo utile l’autorizzazione dal rappresentante legale del soggetto o dall’autorità che sarebbe competente a dare tale autorizzazione; la ricerca non può essere effettuata con una efficacia paragonabile dei soggetti che non si trovano in situazione di emergenza; il progetto deve essere previamente approvato dall’organo competente; il ricercatore è tenuto a rispettare le eventuali obiezioni previamente sollevate dal soggetto; anche se dalla ricerca non ne deriva un beneficio diretto al soggetto, la ricerca deve mirare a contribuire al conseguimento finale di risultati che possono portare benefici ad altri soggetti facenti parte della stessa categoria; la ricerca deve comportare un danno minimo al paziente; il consenso dovrà essere immediatamente richiesto quando

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91 ragionevolmente possibile”138.

Nel nostro paese la normativa ha avuto una continua evoluzione.

Il D.M. 15/7/97 Recepimento linee guida dell’Unione europea di buona

pratica clinica per l’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali e il

successivo D.M. 18/3/98 Linee guida di riferimento per l’istituzione e il

funzionamento dei comitati etici accolsero l’eccezione alla necessità del consenso

informato del rappresentante legale del soggetto incapace per l’arruolamento e ricerche in situazioni di emergenza, circoscrivendolo ai medesimi requisiti della suddetta Dichiarazione.

Tuttavia un passo indietro è stato attuato dal D.L. 211/03, attuativo della Direttiva 2001/20/CE che non ha confermato l’eccezione prevista dai precedenti D.M., dato che le sperimentazioni su soggetti incapaci sono escluse in ogni caso, se non con il necessario consenso informato del rappresentante legale; non si ammetteva dunque alcuna eccezione e non si faceva richiamo alle “situazioni di emergenza”. Poteva prescindersi dal consenso informato del rappresentante legale solo nell’ipotesi dell’esimente generale dello ‘stato di necessità’ disposto dall’art. 54 c.p.

Tale previsione normativa rappresenta una misura di forte protezione del paziente, ma altrettanto costituisce un possente freno alla ricerca negli ambiti della rianimazione cardio-polmonare e della medicina intensiva.

Prima dell’emanazione della Direttiva 2001/20/CE in molti paesi europei la sperimentazione veniva autorizzata sulla base del consenso informato dei familiari del paziente, anche se questa soluzione spesso non era formalizzata nelle legislazioni nazionali. Inoltre, dopo la sua entrata in vigore, gli sperimentatori in molti Stati non potevano reclutare i pazienti per gli studi, perché mancava una chiara definizione legislativa del legale rappresentante. La Direttiva, infatti, non specifica le caratteristiche delle persone che possono assumere il ruolo di rappresentante legale e,

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92 quindi, il soggetto che possa concretamente fornire il consenso alla ricerca per conto del paziente incapace.

L’orientamento più diffuso nei vari paesi membri è quello di differire il consenso del rappresentante legale fino a quando questo diventa disponibile oppure il paziente riacquista la capacità. Tuttavia la diversità di orientamento e di condotta non ha giovato a una giusta uniformità dei comportamenti. Può accadere ad un progetto di studio multicentrico, diversamente da quanto ritiene di poter fare un altro comitato etico di altra sede, che non partecipino, pure in presenza di medesime patologie, gruppi di pazienti incompetenti il cui comitato etico ritenga di non poter autorizzare la ricerca.

Il Reg. UE n. 536/2014 ampia ora le possibilità e riprende la disciplina della sperimentazione clinica su soggetti incapaci all’art. 31139. Da tale disposizione si

136“1. Nel caso di soggetti incapaci che non hanno fornito, o non hanno rifiutato di fornire, il proprio

consenso informato prima che insorgesse la loro incapacità, la conduzione di una sperimentazione clinica è possibile esclusivamente se, oltre alle condizioni stabilite all'articolo 28, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) è stato ottenuto il consenso informato del loro rappresentante legalmente designato; 
b) i soggetti incapaci hanno ricevuto le informazioni di cui all'articolo 29, paragrafo 2, in maniera adeguata alla loro capacità di comprenderle; c) lo sperimentatore rispetta il desiderio esplicito di un soggetto incapace in grado di formarsi un'opinione propria e di valutare le informazioni di cui all'articolo 29, paragrafo 2, al fine di rifiutare la partecipazione o ritirarsi dalla sperimentazione clinica in qualsiasi momento; 
d) non sono riconosciuti incentivi o benefici finanziari ai soggetti o ai loro rappresentanti legalmente designati, ad eccezione di un'indennità compensativa per le spese e i mancati guadagni direttamente connessi con la partecipazione alla sperimentazione clinica; 
e) è essenziale che la sperimentazione clinica sia eseguita su tali soggetti incapaci e non è possibile ottenere dati di validità analoga da sperimentazioni cliniche su persone in grado di fornire il loro consenso informato o con altri metodi di ricerca; 
f) la sperimentazione clinica è direttamente associata a una condizione clinica da cui il soggetto è affetto; 
g) vi sono motivi scientifici per ritenere che la partecipazione alla sperimentazione clinica rechi: 
i) al soggetto incapace un beneficio diretto superiore ai rischi e agli oneri associati; oppure 
ii) alla popolazione rappresentata dai soggetti incapaci interessati, determinati benefici se la sperimentazione clinica è direttamente associata a una condizione clinica potenzialmente letale o debilitante da cui il soggetto è affetto e se tale sperimentazione comporta solo un rischio e un onere minimi per il soggetto incapace interessato rispetto al trattamento standard applicato alla sua condizione. 
2.
il paragrafo 1, lettera g, punto ii) fa salve eventuali norme nazionali più severe che

93 deduce un elemento di importante differenziazione rispetto a quanto previsto per le sperimentazioni sui minori, in quanto mentre quest’ultima può essere effettuata anche quando non sia previsto un immediato vantaggio nei confronti del soggetto sottopostosi alla ricerca, per la sperimentazione sull’incapace requisito ineliminabile è il fatto che la sperimentazione possa sì recare benefici alla popolazione rappresentata dal soggetto incapace, ma avvantaggi innanzitutto colui che è affetto dalla condizione clinica che lo debilita.

Allontanandosi poi da quanto disposto dalla precedente Direttiva, il legislatore europeo torna a disciplinare anche il caso della sperimentazione in caso di emergenza ed all’art. 35 del Regolamento dell’Unione Europea n.536/2014 sancisce l’ammissibilità della sperimentazione nell’ipotesi di mancanza del consenso del paziente o del rappresentante legale laddove però siano soddisfatti una serie di presupposti:

“a) il soggetto non è in grado di fornire il consenso informato preventivo né di ricevere informazioni preventive sulla sperimentazione clinica a causa dell'urgenza della situazione, dovuta a una condizione clinica improvvisa che ne mette in pericolo la vita o ad altra condizione clinica grave;

b) vi sono motivi scientifici per ritenere che la partecipazione del soggetto alla sperimentazione clinica sarà potenzialmente in grado di recare al soggetto un beneficio diretto clinicamente rilevante, che si tradurrà in un miglioramento misurabile in termini di salute capace di alleviare la sofferenza e/o migliorare la salute del soggetto della sperimentazione o nella diagnosi della sua condizione; c) non è possibile, entro il periodo di finestra terapeutica, fornire tutte le informazioni

vietino la realizzazione di
sperimentazioni cliniche su soggetti incapaci qualora non vi siano motivi scientifici per ritenere che la partecipazione alla sperimentazione clinica rechi al soggetto un beneficio diretto superiore ai rischi e agli oneri associati. 3. Il soggetto partecipa quanto più possibile alla procedura di acquisizione del consenso informato”, Regolamento U.E. 536/2014, art. 1.

94 preventive e ottenere il consenso informato preventivo dal suo rappresentante legalmente designato;

d) lo sperimentatore certifica di non essere a conoscenza di obiezioni alla partecipazione alla sperimentazione clinica sollevate in precedenza dal soggetto; e) la sperimentazione clinica è direttamente associata alla condizione clinica del soggetto, a causa della quale non è possibile ottenere, entro il periodo di finestra terapeutica, il consenso informato preventivo del soggetto o del suo rappresentante legalmente designato né fornire informazioni preventive, e inoltre la sperimentazione clinica è di natura tale da poter essere condotta esclusivamente in situazioni di emergenza;

f) la sperimentazione clinica pone un rischio e un onere minimi per il soggetto rispetto al trattamento standard applicato alla sua condizione”140.

Sembra che tramite tale regolamentazione si sia adottata una linea di intervento che non si discosta molto da quanto ebbe a suggerire il Comitato Nazionale per la Bioetica nel 2012 nel parere La sperimentazione clinica in pazienti adulti o

minori che non sono in grado di dare il consenso informato in situazioni di urgenza.

Il CNB ha innanzitutto elencato alcuni possibili modelli di regolamentazione della rappresentanza legale di soggetti incapaci141, per poi delineare la propria posizione

140

Regolamento U.E. 536/2014, art.35.

141 1) Una prima prassi è quella che fa riferimento ai familiari o, in mancanza, ai caregiver del paziente

che siano disponibili ad essere informati e a collaborare ai fini dell’effettuazione dell’intervento di sperimentazione. Ad essi viene chiesto di sottoscrivere un modulo di ‘presa d’atto’ della situazione clinica e di non opposizione all’intervento sperimentale. In mancanza di questi l’arruolamento del paziente avviene secondo le misure previste nel protocollo ed approvate dal competente comitato etico. Nei casi di incapacità temporanea all’atto di riacquisizione delle proprie capacità decisionali, al soggetto deve essere richiesto il proprio consenso informato al proseguimento della sperimentazione e all’utilizzo dei dati già raccolti. Si prevede altresì in questi casi che qualora l’incapacità non sia temporanea il consenso debba essere raccolto secondo le modalità prescritte dalla legge dal nominato rappresentante legale. 2) Un’altra prassi invece fa leva sulla piena responsabilità del comitato etico che autorizza, quale unico decisore, la sperimentazione salvo, successivamente richiedere che venga acquisito dal paziente il consenso all’utilizzo dei dati ottenuti dall’intervento sperimentale effettuato

95 sulla questione raccomandando la prioritaria necessità di tutelare i diritti e il benessere del soggetto. Ciò comporta che in situazioni di emergenza, il consenso informato sia dato di norma dal rappresentante legale. In situazioni eccezionali di assenza dello stesso, il CNB ritiene opportuno affidare al medico o all’equipe medica la decisione di ricorrere alle cure sperimentali, attenendosi al protocollo previamente approvato dal Comitato Etico. Si deve accertare poi che il paziente non abbia espresso un parere negativo rispetto all’essere oggetto di una sperimentazione e, ovviamente, laddove il soggetto riacquisti la capacità di pronunciare un consenso informato e consapevole, dovrà immediatamente essere data l’opportunità al soggetto di esprimersi a riguardo.

3.3. Conclusione

Da un punto di vista giuridico ed etico i documenti e le normative più permissive muovono dal principio che la sperimentazione in urgenza viene intesa come atto a forte impronta terapeutica, finalizzato a superare un pericolo di danno grave alla persona, non risolvibile da altro provvedimento proporzionale al pericolo stesso142.

Nell’ambito di questa vicenda è raccomandabile che i familiari abbiano un coinvolgimento partecipativo, dato che rappresentano abitualmente le persone effettivamente più vicine ed i migliori interpreti degli interessi del paziente. E in queste circostanze, possono avere particolare importanza le ‘dichiarazioni anticipate di trattamento’, così come previste nel nostro paese dalla recente legge n. 219/2017.

quando era incapace di consenso. In tal modo si accantona fin da subito il consenso dei familiari e il comitato etico si autoinveste di quella qualifica di autorità o organismo previsti dalla legislazione nazionale.

3) Un’ultima opzione può richiamarsi allo ‘stato di necessità’, invocato dal medico o dall’equipe medica e riconosciuto dal comitato etico, estendendo alla fattispecie della sperimentazione clinica una circostanza che normalmente viene invocata per un intervento medico consolidato in grado di dare una concreta possibilità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.

142Cfr. F. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero,

96 4. Le donne