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Livello regionale in ambito europeo

Literature Review su lavoro e malattie croniche

3. Verso una politica di gestione e prevenzione delle malattie croniche nel mondo del lavoro

3.2. Livello regionale in ambito europeo

A livello strettamente normativo, allo stato non emergono specifiche disposi- zioni UE in tema di lavoro dei malati cronici. Occorre tuttavia rammentare quelle previsioni che, seppur di portata più generale, possano impattare diret- tamente sul mercato del lavoro dei malati cronici. In primo luogo, l’art. 26 del- la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, consultabile nella banca dati Documentazione europea dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic

Diseases; tale disposizione proclama che «l’Unione riconosce e rispetta il di-

ritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità»: qui, come in altre previsioni, il richiamo ai lavoratori “con disabilità” può certamente essere letto in termini estensivi ed inclusivi, così da comprendere coloro i quali manifestano delle inabilità al lavoro caratterizzate dall’estensione nel tempo e dalla periodica ricorrenza. Proprio su questo punto la Corte di Giustizia, Sentenza C-335/11 e C-337/11 dell’11 aprile 2013, di- spositivo consultabile nell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Disease

(http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/it/TXT/PDF/?uri=uriserv%3AOJ.C_.2013.156.01.0006.01.ITA) ha

chiarito che la nozione di disabilità deve essere intesa in senso lato, come rife- rentesi «ad una limitazione risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessa- ta alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori» (no- zione fondata, a sua volta, su quanto previsto da ONU, Convenzione sul diritto

ternazionale dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases

(http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Disabilita/Documents/Libretto_Tuttiug

uali.pdf), che all’art. 1 definisce «per persone con disabilità […] coloro che

presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri»; per un commento alla definizione adottata da parte della Corte di Giustizia, European Disability Forum, European Court of Justice takes an important de- cision for employees with disabilities e R. Marasca, La Corte di Giustizia boc-

cia l’Italia: verso i disabili un “irragionevole” trattamento sul luogo di lavo- ro, in RDSS: Rivista di diritto della sicurezza sociale, 2013, 634-635. In ag-

giunta, secondo la precedente Corte di Giustizia, Sentenza C-13/05 dell’11 lu-

glio 2006, consultabile nella banca dati Documentazione europea

dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases

(http://curia.europa.eu/juris/showPdf.jsf?text=&docid=56459&pageIndex=0&

doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=90395), l’handicap è da considerarsi «una limitazione» che ostacola «la partecipazione alla vita profes- sionale […] per un lungo periodo» e proprio per questa sua probabile esten- sione nel tempo la limitazione oggetto di giudizio rientrerebbe nella nozione di

handicap e non in quella di malattia.

Alla parte datoriale è imposto poi da parte del diritto europeo un obbligo a fa- vore della tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori da parte del-

la direttiva 89/391/CEE, consultabile nella banca dati Documentazione euro-

pea dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases, in particolare «il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro» (art. 5) e deve «adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature di lavoro e dei metodi di lavoro e di produzione» (art. 6, d). Le tematiche sono approfondite in L. Galantino, Obbligo di sicurez-

za: fonti comunitarie e diritto interno, in Igiene e sicurezza sul lavoro, 2003,

343-352.

Nella direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 (in tema di parità di tratta- mento in materia di occupazione e condizioni di lavoro), consultabile nella banca dati Documentazione europea dell’Osservatorio ADAPT Work and

Chronic Diseases (http://eur-lex.europa.eu/legal-

con-

tent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32000L0078&qid=1411382502729&from=IT ), alcuni considerando fanno riferimento ad azioni di adattamento e di politica sociale a favore di alcuni gruppi sociali particolarmente svantaggiati. Dopo

aver richiamato le previsioni della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea in tema degli anziani e dei disabili (considerando 6), la direttiva riba- disce, in coerenza con gli orientamenti in materia di occupazione, «la necessità di promuovere un mercato del lavoro che agevoli l’inserimento sociale formu- lando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali i disabili» e dei lavoratori anziani (considerando 8); particolarmente significativo il considerando 20 secondo cui «è opportuno prevedere misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a si- stemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento»; nel considerando 27 si ri- chiama invece UE, Raccomandazione 86/379/CEE del 24 luglio 1986 (sull’occupazione dei “minorati”), consultabile nella banca dati Documenta-

zione europea dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases

(http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.1986.225.01.0043.01.ITA), che ha evi-

denziato «l’importanza di prestare un’attenzione particolare segnatamente all’assunzione e alla permanenza sul posto di lavoro del personale e alla for- mazione e all’apprendimento permanente dei disabili». Nella medesima diret- tiva 2000/78/CE, infine, è indicato, quale principio centrale nelle azioni richie- ste alla parte datoriale per favorire l’occupazione dei disabili, il limite della ra- gionevolezza: «per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle si- tuazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svol- gerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili» (art. 5). Ne si induce che tanto lo Stato membro provvede con compensazioni di ordine sociale agli one- ri gravanti sul privato datore di lavoro, tanto il margine di ragionevolezza sarà ampio.

La Corte di giustizia UE, nella pronuncia UE, Corte di Giustizia 4 luglio 2013,

C-312/11, consultabile nella banca dati Documentazione europea

dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases

(http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=139105&pa

geIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=90958), ha condannato l’Italia proprio per non aver recepito l’art. 5 della direttiva

2000/78/CE. Sulla direttiva 2000/78/CE e sulla pronuncia della Corte di Giu- stizia UE, si vedano le considerazioni R. Marasca, La Corte di Giustizia boc-

cia l’Italia: verso i disabili un “irragionevole” trattamento sul luogo di lavo- ro, in RDSS: Rivista di diritto della sicurezza sociale, 2013, 630-638.

Il recente regolamento (UE) n. 1291/2013 dell’11 dicembre 2013 (che istitui- sce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) Orizzonte

2020), consultabile nella banca dati Documentazione europea

dell’Osservatorio ADAPT Work and Chronic Diseases, allegato 1, parte III,

Sfide per la società, fa esplicito riferimento alle malattie croniche, osservando

che le «malattie croniche sono fra le principali cause di disabilità, cattivo stato di salute, pensionamento per motivi di salute e morte precoce, e presentano notevoli costi economici e sociali» e che «l’ampia diffusione delle innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali […] consentono di coinvolgere in parti- colare gli anziani, le persone con malattie croniche e i disabili affinché restino attivi e indipendenti. In questo modo si contribuirà ad aumentare il loro benes- sere fisico, sociale e mentale e a prolungarne la durata»; si conclude che «è necessario che tutte queste attività siano svolte in modo da fornire un sostegno lungo tutto il ciclo della ricerca e dell’innovazione, rafforzando la competitivi- tà delle industrie europee e lo sviluppo di nuove opportunità di mercato. Si porrà inoltre l’accento sulla partecipazione di tutti i soggetti interessati, tra cui i pazienti e le loro organizzazioni e gli addetti del settore sanitario, al fine di elaborare un programma di ricerca e innovazione che coinvolga attivamente i cittadini e rifletta le loro esigenze e aspettative».

Le parti sociali a livello europeo hanno adottato accordi vincolanti; tra questi si richiamano quelli legati allo stress da lavoro correlato, poi sviluppati attra- verso una ulteriore attività di approfondimento e affinamento: UE Commis-

sion, Report on the implementation of the European social partners’ Fra-

mework agreement on work-related stress, Commission staff working paper,

SEC(2011) 241 final, 2011, 1-97.

Diverse sono le strutture europee che si sono occupate delle tematiche legate ai lavoratori malati cronici, tra le quali European Agency for Safety and Health Work (EU OSHA) e European Foundation for the Improvement of Liv- ing and Working Conditions: European Union, Conference “Promoting men-

tal health and well-being in workplaces”, Conclusions and recommendations for action from the perspective of the conference organizers, 2011, 5, consult-

abile nella banca dati Studi e ricerche dell’Osservatorio ADAPT Work and

Chronic Diseases.

Un’analisi sui recenti sviluppi del modello sociale europeo ha evidenziato co- me i contributi del sistema di welfare a favore dei soggetti con capacità lavora-

tive limitate hanno progressivamente cambiato natura con riferimento alle loro caratteristiche legali: in particolare non viene più perseguito lo scopo di pro- teggere un rischio sociale attraverso benefici monetari, ma invece «[they] will become a challenge of employment and health policy»: E. Eichenhofer, The

Euoropean social model and reforms of incapacity benefits, in S. Devetzi, S.

Stendahl (a cura di), Too sick to work? Social security reforms in Europe for

persons with reduced earnings capacity, in The Netherlands 2011, 19.