• Non ci sono risultati.

1.4 La TC come metodica di screening

1.4.1 Lo screening per il CCR: la colonscopia virtuale

Attraverso la colonscopia virtuale (o TC colon), in cui si sottopone il paziente ad una TC a bassa dose, è possibile attuare uno studio accurato del colon, alla ricerca di eventuali anomalie precoci.

Il CCR è uno dei tumori più frequenti per incidenza e mortalità nei paesi indu- strializzati, risultando al terzo posto per incidenza tra i maschi ed al secondo tra le femmine, mentre in termini di mortalità i tumori del colon-retto si collocano al secondo posto sia fra i maschi (dopo quelli del polmone) sia fra le femmine (dopo quelli della mammella). In Italia sono circa 38000 i nuovi casi diagnosticati ogni anno con un picco di incidenza compreso tra 60 e 79 anni [10].

Oltre il 90 % dei casi di CCR si sviluppano a partire da cellule non cancerogene che formano un polipo adenomatoso [12]. I polipi possono essere di piccole dimen- sioni ed asintomatici, per prevenirne l’evoluzione maligna sono raccomandati test di screening periodici. E’ considerevole il fatto che la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 40-50% ma può raggiungere l’80-90% nelle forme di diagnosi precoce, evidenziando l’importanza dei programmi di prevenzione.

L’efficienza di un programma di screening è valutabile considerando che deve essere applicabile ad un’ampia popolazione, deve avere alta specificità e sensibilità, inoltre deve essere accettabile dalla popolazione. Risulta chiaro che i programmi di screening devono essere attuati su patologie ad elevata frequenza per avere un impatto sulla saluta pubblica ed un rapporto costi-benefici conveniente.

Attualmente per il cancro del colon sono in uso diverse metodiche di screening tra le quali, a partire dal 200 è stata inserita ufficialmente dall’American Cancer Society la colonscopia virtuale. I test di primo livello sono ripetuti tipicamente ogni 5 an- ni, ad esclusione della ricerca del sangue fecale che è ripetuta annualmente ma dà indicazioni meno stringenti sulla possibile presenza di polipi.

La colonscopia tradizionale è considerato l’esame migliore tra le metodiche di screening in quanto consente l’identificazione di eventuali lesioni con elevata sen- sibilità (oltre il 90%) e specificità anche per polipi di piccole dimensioni5. Inoltre

offre la possibilità di trattamento terapeutico, consentendo prelievi bioptici ed even- tualmente l’asportazione dei polipi. D’altra parte però l’esame è invasivo e ciò si ripercuote in una scarsa accettabilità del paziente che tipicamente lamenta dolore durante la progressione dell’endoscopio, inoltre non è del tutto assente la possibilità di complicanze quali perforazioni e conseguenti emorragie. Questa metodica presen-

5 Per sensibilità di una metodica s’intende la capacità di individuare in una popolazione di riferimento i soggetti

effettivamente patologici; la specificità esprime invece la capacità di un test di escludere come soggetti patologici coloro che effettivamente risultano sani (risultato “negativo” del test).

ta anche costi eccessivamente elevati per il Sistema Sanitario Nazionale che non la rendono adatta come test di screening di massa.

Per questo motivo si è preso in considerazione l’uso della colonscopia virtuale co- me strumento di screening, in quanto risulta meno invasiva (e dunque più accettabile per la popolazione campione) e potrebbe anticipare i tempi di diagnosi rispetto alla colonscopia tradizionale. La colonscopia virtuale sottopone il paziente ad un esame TC a bassa dose dell’addome e delle pelvi. Grazie ai moderni software ed algoritmi di ricostruzione, le immagini ottenute permettono di analizzare il colon dall’interno in modo abbastanza accurato. Infatti tramite i metodi di ricostruzione 3D è possibi- le esplorare virtualmente il colon del paziente, avendo la possibilità di individuare polipi e tumori del colon. A partire da alcuni studi effettuati su circa 4000 pazienti è stato stimato che la sensibilità media della colonscopia virtuale per polipi di grandi dimensioni (dell’ordine del cm) è di circa 93%, mentre la specificità media dell’86% [10, 11]. In generale per polipi di tutte le dimensioni si ha un range di variazione per la sensibilità media tra il 45% ed il 97%, mentre per la specificità si va dal 26% al 97%. Questi risultati hanno classificato la colonscopia virtuale come metodica particolarmente sensibile e specifica. Tuttavia la TC colon non rappresenta un esame completamente sostitutivo della colonscopia tradizionale in quanto non permette l’e- secuzione di biopsie dell’intestino o valutare ad esempio gli stati di sanguinamento del colon.

Nel 2014 sono state pubblicate le Linee Guida Europee sulle indicazioni cliniche della colonscopia virtuale [9] nelle quali si raccomanda l’uso della metodica nei casi in cui sia stata effettuata una colonscopia tradizionale incompleta, oppure nei casi in cui la stessa sia controindicata o non eseguibile. La TC colon è raccomandata anche a discapito del clisma opaco a doppio contrasto per la diagnosi del CCR in quanto tecnica maggiormente invasiva e con maggior dose radiante oltre che minore accura- tezza diagnostica. Inoltre la TC colon può evitare la colonscopia tradizionale nei casi in cui identifichi almeno un polipo con diametro tra 6 e 9 mm (il valore di 6 mm è riconosciuto come un valore di cut-off per la segnalazione della lesione, come è con- sigliato dall’ESGAR, European Society of Gastrointestinal and Abdominal Radiology) mettendo però in atto un programma di sorveglianza nel tempo basato sempre sulla colonscopia virtuale. Tuttavia si sconsiglia l’utilizzo della TC colon come strumento di screening primario, sopratutto nei pazienti aventi una storia familiare di CCR. Può essere però proposto come test di screening individuale, basato su scelta consa- pevole (riguardo rischi e benefici) del paziente che decide di sottoporsi all’indagine preventiva sul CCR.

Il problema della dose in colonscopia virtuale

La colonscopia virtuale, essendo basata sulla TC, espone il paziente a rischi deri- vanti dall’uso delle radiazioni ionizzanti, raggi X nello specifico. In generale la TC è considerata una metodica ad elevata dose se paragonata alla semplice radiografia. Basti pensare che una radiografia all’addome è caratterizzata da una dose efficace di circa 0.7 mSv, mentre una TC all’addome in media eroga una dose efficace di circa 8 mSv [6]. Inoltre in letteratura si possono trovare numerosi studi che mettono in luce come vi sia un ampio range di variabilità per quanto riguarda i valori della dose efficace per i vari tipi di esami in TC (ad esempio per l’esame all’addome il range è 3.5-25 mSv). Questo fatto risulta preoccupante in quanto fa emergere un quadro di scarsa ottimizzazione e standardizzazione dei protocolli adoperati per gli esami TC.

1.4 La TC come metodica di screening 35

Nel caso della colonscopia virtuale, vista come strumento di screening, il problema della dose appare un punto cruciale in quanto l’esame è eseguito su popolazione asintomatica, vale a dire potenzialmente sana. Per questo motivo i rischi devono essere ancora maggiormente ridotti per evitare che una metodica potenzialmente benefica possa invece essere causa di danni seri ai pazienti.

In particolare possiamo affermare che la preoccupazione riguardante l’uso della TC colon come metodica di screening è ampiamente giustificata in quanto l’esame si compone di una doppia scansione che raddoppia quindi la dose erogata al paziente. Spesso vi è inoltre la tendenza di aumentare i mAs al fine di ridurre il rumore nelle immagini, determinando così un incremento della dose effettiva (sopratutto quando si utilizzano collimazioni a strato sottile che aumentano la risoluzione spaziale ma anche il rumore quantico).

Nonostante la TC colon sia considerata una metodica a bassa dose, si parla in- fatti di dosi dell’ordine di 2-6 mSv nei programmi di screening [11], come visto precedentemente non è possibile sottovalutarne i possibili effetti. A tal proposito la valutazione del rapporto rischio-beneficio è essenziale per la giustificazione del- l’esame che deve evidentemente essere eseguito alla più bassa dose possibile. La riduzione della dose è possibile grazie all’elevato contrasto all’interfaccia tra muco- sa ed aria nel colon disteso, ciò permette infatti l’individuazione di eventuali polipi anche con una ridotta qualità delle immagini acquisite. Sebbene siano stati simu- lati anche protocolli d’acquisizione a bassissima dose (dell’ordine di 1 mSv), nella pratica risulterebbero inefficienti a causa dell’eccessivo aumento di rumore nelle re- gioni pelviche, maggiormente attenuanti a causa delle maggiori dimensioni rispetto all’addome e della presenza di ossa, che diminuisce drasticamente la qualità delle immagini. Risulta comunque confortante il dato pubblicato pubblicato all’inizio del 2008 su European Radiology da Liedenbaum, Venema e Stoker [11], riguardo stime delle dosi medie somministrate in colonscopia virtuale che risultano essere di 5.7 mSv per lo screening e di 9.1 mSv nella clinica, evidenziando come nei programmi di screening la dose sia nettamente inferiore. Quindi l’uso dei protocolli a bassa dose è la soluzione più comune per minimizzare l’esposizione nei soggetti sottoposti a screening.

Da quanto detto si capisce come sia necessaria una valutazione dosimetrica ade- guata alle esigenze della metodica, tenendo presente l’obiettivo primario della ridu- zione della dose. Tutto ciò non può svincolarsi dalla definizione rigorosa di grandez- ze fisiche, direttamente correlabili alla dose, che permettano di avere un immediato quadro sul rischio dell’esame diagnostico.