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Come già accennato nell’introduzione, nel Volume 1 dello “Shore Protection Manual” si parla di stima del vento di superficie per ricavare il valore dell’altezza d’onda che ha generato. La crescita delle onde di vento sono considerate come risultato dell’applicazione di un momento e di un flusso di energia dall’aria al di sopra della superficie d’acqua, nel campo d’onda di riferimento. La maggior parte delle teorie relative alla crescita d’onda, fino a quel momento, ritengono che l’input di energia e momento dipenda dalla sollecitazione superficiale, la quale a sua volta è fortemente dipendente dalla velocità del vento e da altri fattori che descrivono lo stato limite atmosferico al di sopra delle onde.

I venti necessari ad ottenere previsioni d’onda, venivano normalmente ottenuti da osservazioni dirette dei fetches, mentre per la proiezione dei valori oltre i fetches, da osservazioni via terra o da stime basate su mappe meteorologiche.

Il ragionamento fatto sul fattore vento è molto importante e rappresenta il punto di partenza di tutta la teoria. Il vento viene considerato come risultato di gradienti di pressione, nell’atmosfera, su larga scala che caratterizzano uno stato stazionario vicino. I venti sopra il campo d’onda, quindi, possono essere considerati con il profilo visibile in figura (2.6).

Circa a al di sopra della superficie d’acqua, i venti sono trainati dall’equilibrio geotropico tra Coriolis e le forze del gradiente di pressione locale. Al di sotto di questo livello, gli attriti dovuti alla presenza dell’oceano distorcono il campo di vento; in tal

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modo sia la velocità che la direzione del vento diventano dipendenti dall’elevazione d’onda sopra la superficie media, dalla rugosità della superficie, dalla differenza di temperatura tra l’atmosfera e la superficie d’acqua, perciò dai gradienti di temperatura. Per semplicità quest’ultimi vengono trascurati sul piano orizzontale, perché il loro effetto non incide significativamente in uno schema semplificato di previsione.

Fig. 2.6 - Stato limite atmosferico sopra le ond. (USACE, 1984)

Sotto la regione geotropica, lo stato limite può essere diviso in due sezioni: uno strato a stress costante (da a di altezza) e uno strato chiamato di Ekman sopra (Ekman Region). Quello da prendere in considerazione è il primo citato, per il quale è possibile scrivere un’equazione per la variazione verticale della velocità del vento:

(2.23)

dove

è la velocità di attrito (la tensione tangenziale è data da ); è la rugosità superficiale;

rappresenta gli effetti della stabilità della colonna d’aria sulla velocità del vento; una scala di lunghezza associata al processo di miscelazione, dipendente dalla differenza di temperatura aria-mare.

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Come si può notare, la velocità ad un’elevazione è dipendente dalla tensione tangenziale attraverso , dalla rugosità superficiale e dalla differenza di temperatura aria-mare. A complicare le cose c’è che la rugosità superficiale è direttamente correlata alla velocità di attrito. Poiché la tensione tangenziale è direttamente correlata alla crescita d’onda, il rapporto tra velocità del vento osservato e la tensione tangenziale deve, come minimo, dipendere dalla velocità del vento locale e dalla differenza di temperatura aria-mare, (dove sta per air-sea).

Per stimare con maggiore precisione l’effetto che una particolare velocità del vento avrà sulla generazione d’onda, devono essere noti , e . Perciò, la velocità del vento

osservata deve essere aumentata o diminuita per conto dell’effetto di altri fattori. Di questi se ne parla esaustivamente nel manuale.

Parlando di elevazione, se i venti non vengono valutati ad altezze di sopra il pelo libero, la velocità del vento ha bisogno di un’ulteriore regolarizzazione. È possibile, ma normalmente non fattibile, risolvere l’equazione (2.23) precedente, per alla osservata e successivamente stimare a 10 metri.

Una semplice approssimazione può essere:

(2.24)

la quale può essere utilizzata per metri.

Per introdurre il concetto di durata media del vento (tempo riferito alla velocità del vento), è bene notare che in questo lavoro, nel 1977, la velocità era intesa in miglia orarie, e che i valori di velocità del vento frequentemente osservati e considerati erano quelli massimi, ovvero quelli ottenuti in brevi periodi di tempo (in genere meno di 2 minuti), necessari per percorrere miglio. Probabilmente questi valori rappresentano il risultato di temporali di breve durata. Pertanto, questa misurazione della massima velocità del vento, a causa della sua breve durata, non dovrebbe essere usata da sola per determinare la generazione delle onde.

D’altra parte, mancando altri dati, la misurazione può essere modificata per ottenere un valore medio di velocità del vento dipendente dal tempo. Si tratta di una procedura di regolarizzazione, utilizzata nei modelli di previsione del moto ondoso; la massima velocità del vento (in miglia orarie) deve essere convertita in una velocità del vento media, dipendente da periodi temporali come 10, 25 e 50 minuti.

Con questa procedura è possibile calcolare venti medi orari e, se necessario, questi valori medi possono essere mediati per ottenere la durata desiderata in tempi riferiti a più ore. Se le medie variano notevolmente, per esempio più di , l’assunzione

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del vento costante, usato nelle formule per la stima della crescita dell’onda, non è più valido e, perciò, l’accuratezza della previsione d’onda è discutibile. Per lo stesso principio, anche avendo osservazioni dei valori del vento su una base di ore e applicando il metodo per ottenere un valore medio di ore, l’assunzione del vento costante non è comunque valido.

Inoltre, se nei dati sono incluse registrazioni di venti molto forti rispetto alle altre osservazioni, il metodo potrebbe sovrastimare il risultato finale, ma spesso non ci sono altri dati disponibili ai quali fare riferimento.

È necessario, perciò, correggere la velocità del vento e per farlo utilizziamo il delta della temperatura aria-mare: . Se questa differenza è nulla, e quindi aria e

mare hanno la stessa temperatura, lo strato limite ha stabilità neutra e, perciò, è necessaria una correzione della velocità del vento. Se lo strato limite è

instabile e la velocità del vento è più efficace nel causare la crescita d’onda; se

lo strato limite è stabile e la velocità del vento è meno efficace.

Nel 1977 fu introdotto da Resio e Vincent un fattore di correzione messo in relazione con il tramite la seguente:

(2.25)

che serve a calcolare la velocità del vento efficace. Questa correzione può essere notevole e variare stagionalmente, come è visibile in figura (2.7). In assenza di informazioni sulla temperatura bisogna assumere .

Fig. 2.7 – Rapporto in funzione della differenza di temperatura aria-mare espressa in °C.

(Resio e Vincent, 1977)

A volte capita di non avere a disposizione dati di vento registrati a mare, perciò si utilizzano quelli di terra. È possibile tradurre quest’ultimi in dati meteomarini, se sono il

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risultato dello stesso gradiente di pressione atmosferica, perciò, affinché si possa verificare questo, gli anemometri a terra devono trovarsi abbastanza vicini alla costa; l’unica differenza sta nella rugosità superficiale. Il rapporto tra venti terrestri e venti marini è dato dal fattore . Questo può essere usato come approssimazione a meno del cambiamento dell’aliquota di rugosità.

È noto che temporali e burrasche sono fenomeni di piccola scala e violano l’ipotesi precedente di venti terrestri e marini aventi lo stesso gradiente di pressione, ma se l’anemometro si trova in prossimità della costa, allora i venti registrati non chiedono alcun tipo di aggiustamento per gli effetti di localizzazione ed il rapporto tra i venti potrà essere considerato . Ciò non toglie che avrebbe bisogno comunque di un aggiustamento.

Si introduce, adesso, che le formule che valutano la crescita d’onda sono espresse in termini di un fattore di forza del vento detto Wind-Stress ( ). Dopo le varie conversioni della velocità del vento, questa viene nuovamente convertita utilizzando una delle seguenti relazioni:

(2.26a)

(2.26b)

Il fattore descrive il rapporto non lineare tra lo stress e la velocità del vento. Le approssimazioni e le regolazioni utilizzate, servono a ridurre i pregiudizi sui dati di vento e per fornire uno strumento di reperibilità di tali informazioni quando, le stesse, non sono disponibili.

Brevemente, si riassumono di seguito le procedure utilizzate, fino ad ora, per la regolazione dei valori di vento osservati a mare, forniti dalle navi in transito.

Se i venti provengono da misurazioni effettuate dalle navi in transito, allora i dati dovrebbero essere corretti dall’equazione:

(2.27)

dove è la velocità del vento riportata dalla nave in nodi e quella corretta.

Se i venti sono misurati ad altezze oltre i metri, allora si utilizza la relazione (2.24). Se ci troviamo in una situazione di bassi fondali o di notevole ripidità dell’onda, caratteristiche tali da non deformare notevolmente l’onda, può essere utilizzata la seguente approssimazione:

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ma la velocità del vento deve essere comunque regolata in funzione del fattore che a sua volta dipende dalla differenza di temperatura , come visibile dal grafico in figura (2.4). Mentre i casi in cui la velocità del vento viene stimata in funziona alla durata media o viene convertita con l’aiuto del fattore Wind-Stress, sono stati già discussi precedentemente.

Arriviamo adesso alla discussione dei metodi semplificati per la stima delle condizioni d’onda proposti da Hasselmann nello Shore Protection Manual. Le procedure più precise utilizzate fino ad ora sono i metodi numerici di cui parlato prima. Tuttavia ci sono casi in cui né il tempo né i costi possono giustificare l’utilizzo di quest’ultimi, perciò Hasselmann presenta una serie di equazioni in grado di ricavare l’altezza significativa delle onde e i periodi di picco, per una data velocità del vento, per un dato fetch, in funzione della durata.

La stima dell’altezza significativa dell’onda, legata all’energia del moto ondoso e perciò al concetto di spettro, , è data dalla relazione (2.4), che la mette in relazione con la

deviazione standard. In acque profonde, vale l’equazione (2.28), dove si basa sul conteggio e sulla misurazione delle singole onde. In acque poco profonde, invece,

diventa inferiore a . In ogni caso la è basata sull’energia delle onde, mentre

no.

Le ipotesi alla base di questi metodi semplificati riguardano la loro stessa applicazione che può avvenire solo nei casi in cui i fetches sono corti (da a circa) e la condizione che può essere assunto un vento costante ed uniforme per ogni fetch. Gli altri casi in cui i campi di vento variano rapidamente nel tempo, o i fetches sono troppo lunghi, o in presenza di onde di mare lungo di notevole entità nell’area trattata, è meglio trattarli con metodi numerici. Poiché queste condizioni sono raramente soddisfatte e i campi di vento non sono di solito stimati con precisione, non si assumono i risultati come accurati, perché non garantiti dagli input o dalla semplicità del metodo. Perciò, si dovrebbe cercare di stimare imparzialmente tutti i parametri d’ingrasso delle equazioni d’onda ed i risultati interpretarli in modo conservativo. I singoli parametri di input non devono essere, però, valutati in modo conservativo, così non si pregiudica il risultato finale.

Il fetch è stato definito soggettivamente come una regione di mare in cui velocità e direzione del vento si mantengono costanti. Il problema si presenta, come si può immaginare, quando le variazioni di direzione del vento superano i e, maggiormente, quando le deviazioni direzionali superano i . I risultati calcolati sono sensibili alle variazioni di velocità del vento di picco (circa ), ma non è possibile stimare la velocità del vento su qualsiasi regione con questa precisione.

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Per praticità, per le previsioni d’onda sono, di solito, è soddisfacente considerare una velocità del vento costante, se però le variazioni non superano i nodi (circa ) dalla media. Un limite al sopravento del fetch può essere fornito anche dalle curvature terrestri o dalla diffusione delle isobare, oppure mediante lo spostamento preciso della direzione del vento. Spesso la discontinuità di un fronte meteorologico limita i fetches, ma non sempre.

È necessario anche effettuare una stima della durata del vento per ogni previsione d’onda. I risultati così ottenuti al computer, soprattutto per brevi periodi ed alte velocità del vento, possono essere sensibili alle differenze di anche solo pochi minuti dell’aliquota tempo. Le carte meteorologiche vengono preparate, negli anni ’70, solo ad intervalli di 6 ore, perciò sono necessarie delle interpolazioni. Si deve far attenzione a non interpolare se sono presenti fenomeni turbolenti di passaggio, cioè di forte intensità e di breve durata.

L’effetto della larghezza dei fetches sulla limitazione delle onde oceaniche, può essere trascurata dal momento che in quasi tutto l’oceano le larghezze dei fetches equivalgono le loro lunghezze. In zone costieri più ristrette, invece, ciò non accade e perciò i fetches risultano essere limitati dalla morfologia terrestre. Quest’ultimo caso è molto frequente, per esempio, nel Mar Mediterraneo, ma, fino adesso, non è chiaro in quale misura la larghezza è limitante per la crescita delle onde.

I litorali sono solitamente irregolari, perciò si deve applicare un metodo più generale per la stima dei fetches. Una procedura raccomandata consiste nel costruire nove radiali dal punto d’interesse, ad intervalli di 3 gradi, ed estendere tali radiali fino alla prima intersezione con la linea di battigia. La lunghezza di ogni radiale è misurabile, come la sua media. In ogni caso, qualsiasi altra distanza angolare utilizzata va bene, 3 gradi rappresentano solo un esempio.

Il concetto basato sulla constatazione che la crescita delle onde di vento sono considerate come risultato dell’applicazione di un momento e di un flusso di energia, può essere facilitato con l’introduzione di ipotesi semplificate, che causano, però, una leggera imprecisione nei calcoli dell’altezza dell’onda significativa o, a volte, una notevole perdita sulla valutazione della distribuzione di energia delle onde con la frequenza.

Un approccio, comunemente utilizzato in quel periodo, è quello di assumere sia durata sia fetch abbastanza grandi da permettere uno stato di equilibrio tra il vento medio, la turbolenza e le onde. Se esiste questa condizione, tute le altre variabili possono essere determinate dalla velocità del vento.

Nuova Tecnica di Ricostruzione del Moto Ondoso | Ing. Federica Dattilo 49 Pierson e Moskowitz (1964) considerano tre espressioni analitiche che soddisfano tutti i

vincoli teorici per uno spettro in equilibrio. I dati empirici di Moskowitz (1964) vengono usati per dimostrare che il più soddisfacente tra questi è:

(2.29) dove costante adimensionale; costante adimensionale; ; accelerazione di gravità;

velocità del vento fornita dalle navi meteorologiche; frequenza dell’onda considerata.

Quest’equazione può essere espressa in molte altre forme; a farne una molto simile furono Roll e Fischer (1956). La condizione in cui le onde sono in equilibrio con il vento è chiamata “fully arisen sea”, ovvero mare completamente emerso. L’assunzione di una forma universale, per il mare completamente emerso, permette il calcolo di altre caratteristiche dell’onda come la sua energia totale, l’altezza significativa ed il periodo di massima energia. Lo stato di equilibrio tra il vento e le onde si verifica raramente in mare e non può mai verificarsi per velocità del vento elevate.

Un modello più generale può essere costruito sul concetto che il mare è calmo quando il vento inizia a soffiare. L’integrazione delle equazioni che regolano la crescita d’onda, permette di considerare i cambiamenti in forma spettrale con l’aumentare del fetch e della durata. Se sono disponibili sufficienti onde e vento, i dati empirici possono essere analizzati per fornire informazioni simili.

Pierson, Neumann e James (1955) hanno introdotto questo tipo di schema d’onda di

previsione basata quasi interamente su dati empirici. Inoue (1966, 1967) ha ripetuto questo esercizio in modo più coerente con la teoria Miles-Phillips, utilizzando un'equazione differenziale di crescita dell'onda. Inoue era un membro del gruppo di

Pierson quando fu realizzato questo lavoro e il suo sistema di previsione può essere

considerato come un sostituto del precedente modello ondulatorio di previsione

Pierson-Neumann-James (PNJ). Successivamente l'argomento è stato esteso da Silvester

e Vongvisessomjai (1976) e altri. Questi schemi di previsione dell’onda semplificati si basano sul presupposto implicito che le onde vengono considerate come interamente dovute ad un vento che soffia a velocità e direzione costante e per un tempo determinato. In linea di principio, sarebbe possibile considerare alcuni effetti della

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velocità variabile del vento tracciando ciascun treno d'onda. Una volta che le onde lasciano la propria zona di generazione, diventano onde swell e l'energia d'onda viene, quindi, propagata in base alla velocità del gruppo di onde.

L'energia totale in un punto ed il quadrato dell’altezza significativa delle onde, potrebbero essere ottenuti con l'aggiunta dei contributi individuali dei treni d'onda. Senza i computer di oggi, però, questa procedura è troppo laboriosa e teoricamente imprecisa.

Una procedura più pratica è, invece, quella di allentare le restrizioni implicite per derivazione di questi regimi. Così la direzione del vento può essere considerata costante se varia di poco rispetto alla sua media, ovvero meno di qualche grado (dicono circa ). Mentre, la velocità del vento può essere considerata costante se non supera una variazione dalla sua media di circa nodi ( ). Rimane molta incertezza nell’assunzione di queste ipotesi, che però non supera di molto quella ottenuta dai rapporti delle navi sui dati di vento.

In questa procedura, vengono usati i valori medi, che sono assunti costanti sull'area di estensione dei fetches e per un determinato periodo.

Hasselmann (1973) ha dimostrato che lo spettro di crescita attiva del mare dal vento

può essere ragionevolmente ben rappresentato da una famiglia di forme spettrali. La forma dello spettro mare-vento è dato da:

(2.30) dove

è la frequenza di picco spettrale, mentre e sono coefficienti riferiti ad uno spettro osservato o calcolati come funzioni di fetches adimensionali (Hasselmann, 1973). Questa formula è chiamata “Joint North Sea Wave Project”, ovvero è la forma spettrale successive all’esperimento sul campo su cui si basa (JONSWAP). Spesso, un singolo spettro quando raggiunge il picco è caratterizzato da questo modulo, se sono necessari gli spettri di analisi parametriche per l'analisi matematica.

Formule simili possono anche essere sviluppate empiricamente a partire da osservazioni di vento e delle onde. Una procedura combinata empirico-analitica è stata utilizzata da

Nuova Tecnica di Ricostruzione del Moto Ondoso | Ing. Federica Dattilo 51 Sverdrup e Munk (1947) in quello che fu il primo sistema di previsione d’onda

ampiamente utilizzato. Le curve di previsione Sverdrup-Munk sono state poi riviste da

Bretschneider (1952, 1958) utilizzando dati empirici. Questo sistema di previsione è

quindi spesso chiamato il metodo Sverdrup-Munk-Bretschneider (SMB).

Successivi dati raccolti sul campo (Mitsuyasu, 1968 e Hasselmann, 1973) hanno portato ad alcune revisioni di questo metodo. Questo sistema di previsione d’onda è utile quando sono disponibili i dati e il tempo limitati.

Concentriamoci adesso sul discorso inerente ai metodi, e perciò alle formule, di previsione del moto ondoso in acque profonde introdotte da Hasselmann nel 1977. La condizione necessaria per avere un metodo semplice ed efficace, capace di effettuare stime dell’altezza d’onda, riguarda sia la geometria del corpo idrico, la quale deve risultare essere relativamente semplice, sia le condizioni d’onda, le quali devono essere caratterizzate da fetch limitato o da durata limitata. Nel primo caso, in condizioni di fetch limitato, i venti hanno soffiato costantemente e a lungo, abbastanza da permettere alle altezze d’onda di raggiungere, alla fine del fetch, l’equilibrio. Nel secondo caso, invece, la condizione di durata limitata implica che le altezze d’onda sono limitate dall’intervallo di tempo in cui il vento ha soffiato.

Queste due condizioni rappresentano approssimazioni asintotiche al problema generale della crescita onda. Nella maggior parte dei casi, il modello di crescita d’onda in un determinato sito è il risultato di una combinazione dei due casi. Dalla semplificazione dell’equazione utilizzata per sviluppare il modello parametrico (Hasselmann, 1976), si sono ottenute le seguenti relazioni:

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