• Non ci sono risultati.

Nella dottrina moderna52 si è soliti fare una suddivisione delle varie figure di locazione conduzione (locatio

conductio):

- Locatio conductio rei relativa alla locazione dell’intera nave o anche dei singoli spazi all’interno della nave stessa.

- Locatio conductio operis trasporto di merci o passeggeri53; - Locatio conductio operarum riguardo all’attività lavorativa

dei marinai liberi arruolati.54

Queste sono le tre forme tipiche di contratti marittimi stipulati con il magister o l’armatore. La difficoltà era riuscire a ricondurre una fattispecie contrattuale non rientrante nelle tre tipologie sopra citate; ad esempio, se

52 Cfr. sul punto, di recente, R.Vigneron, La conception originaire de la locatio conductio romaine, in Mélanges Felix Wubbe, Fribourg 1993, pag.

509 ss.; R.Fiori, La definizione della locatio conductio. Giurisprudenza

romana e tradizione romanistica, Napoli,1999, pag.1 ss.

53 Petrucci, Lezioni di diritto privato romano, cit., pag 282-283 sulla

locazione conduzione di opera.

54Per ulteriori specificazioni sulla attività lavorativa prestata dai marinai, si

veda Petrucci, Particolari aspetti giuridici dell’organizzazione e delle

attività delle imprese di navigazione, in Cerami-Petrucci, Diritto commerciale romano cit., pag. 249-250.

62

l’armatore o il magister navis avessero concluso la locazione della nave per il trasporto di merci oppure il solo trasporto delle merci.

Di questo ci parla Papiniano (8 quest.) in D. 19.5.1.1, che riprende il pensiero di Labeone, il quale era favorevole alla concessione di un’azione in factum contro il magister stesso, nel caso in cui vi fosse incertezza sul tipo di contratto posto in essere:

Domino mercium in magistrum navis, si sit incertum, utrum navem conduxerit an merces vehendas locaverit, civilem actionem in factum esse dandam Labeo scribit.

[Labeone scrive che si deve dare un’azione civile modellata sul fatto al proprietario delle merci contro il gestore della nave, se sia incerto se quest’ultimo abbia preso in conduzione la nave oppure abbia locato le merci da trasportare].

Vi sono altre ipotesi che analizzeremo successivamente, che mettono in luce quella che si può definire come incertezza applicativa.

Il secondo caso che occorre menzionare è quello di Labeone (1 pith.a Paul. Epit.) in D. 14.2.10, commentato successivamente dal giurista Paolo:

Si vehenda mancipia conduxisti, pro eo mancipio, quod in nave mortuum est, vectura tibi non debetur. PAULUS: immo quaeritur, quid actum est, utrum ut pro his qui impositi an

63

pro his qui deportati essent, merces daretur: quod si hoc apparere non potuerit, satis erit pro nauta, si probaverit impositum esse mancipium.

[Se hai preso in conduzione il trasporto di servi, per quel servo, che è morto sulla nave, non ti è dovuto il nolo55.

PAOLO. Anzi si pone la questione, di che cosa si sia concluso in concreto: se invece la mercede fosse stata data in proporzione a quelli caricati oppure a quelli portati a destinazione; e, se ciò non potrà risultare, sarà sufficiente <per conseguire il nolo> che l'armatore provi che il servo è stato caricato].

Secondo l’opinione di Labeone, non era dovuto alcun nolo per quello schiavo che fosse morto sulla nave, mentre Paolo si rifà più su quanto stabilito concretamente dalle parti facendo una distinzione relativa al compenso, e mettendo in risalto il calcolo dovuto in proporzione agli schiavi caricati oppure a quelli portati a destinazione.

L’incertezza applicativa, si riscontra, in particoalre, nel secondo caso dove Paolo pone l’accento su cosa le parti abbiano concretamente concluso.

Sempre in D. 14.2.10.2:

55L. De Salvo, Economia privata e pubblici servizi nell’impero romano. I corpora navicularum, Messina 1992, pag.321 ss. sul termine naulon, che indica genericamente il prezzo del trasporto

64

Si conduxisti navem amphorarum duo milium et ibi amphoras portasti, pro duobus milibus amphorarum pretium debes. PAULUS: immo si aversione navis conducta est, pro duobus milibus debetur merces: si pro numero impositarum amphorarum merces constituta est, contra se habet: nam pro tot amphoris pretium debes, quot portasti.

[Se hai preso in conduzione una nave da duemila anfore e lì hai trasportato delle anfore, devi il prezzo per duemila anfore. PAOLO. Non solo, ma anzi, se la nave è stata presa in conduzione per intero, la mercede è dovuta per duemila; se la mercede è stata stabilita in proporzione al numero delle anfore caricate, si ha la soluzione contraria: infatti, devi il prezzo per tante anfore quante hai trasportato].

Sulle possibili azioni56 che il cliente locatore o conduttore

aveva a disposizione, ci possiamo riferire alle interpretazioni date da Petrucci, il quale così osserva:

“Se infatti il contratto era identificabile come locazione della nave o dei suoi spazi interni, il cliente, in quanto conduttore poteva avvalersi dell’azione da conduzione (actio ex

conducto o conducti), mentre se si configurava come un

contratto di trasporto, questi come locatore, aveva a sua disposizione l’azione da locazione (actio ex locato o locati), oppure accogliendo l’ipotesi di un contratto misto in D.

56 Cfr. Petrucci, Per una storia della protezione dei contraenti con gli

65

14.2.10.1, indifferentemente l’una o l’altra (actio ex

conducto locato).

Laddove una sicura classificazione era impossibile, si suggeriva il ricorso ad un’azione civile modellata sul fatto, come aveva prospettato Paolo, rifacendosi ai casi concreti e a ciò che le parti avevano concretamente stabilito nel contratto (actio civilis in factum)”.

2.1 Lex Rhodia de iactu

La lex Rhodia de iactu57raccoglieva un fascio di usanze marittime praticate dagli abitanti di Rodi e successivamente introdotte nell’ordinamento romano per regolare il problema della responsabilità dei beni che venissero gettati a mare in presenza di un reale pericolo di naufragio.

Il titolo del Digesto sulla legge Rodia si apre con il frammento di Paolo (2 sent.)58 in D. 14.2.1:

Lege Rhodia cavetur, ut, si levandae navis gratia iactus mercium factus est, omnium contributione sarciatur quod pro omnibus datum est.

[Con la legge Rodia si dispone che, se è stato fatto il getto a mare di merci per alleggerire la nave <in caso di pericolo>,

57Sulla Lex Rhodia de iactu si veda De Salvo, I corpora navicularum cit.,

pag. 346 ss.

58Sulle Pauli Sententiae si veda I. Ruggero, Ricerche sulle Pauli Sententiae,

66

si risarcisca con il contributo di tutti il danno che è stato arrecato a vantaggio di tutti].

Chiaramente la liceità del lancio in mare era subordinata alla salvezza della nave, mentre era in navigazione, così da rendere il peso della stessa più leggero e solo in presenza di questa ipotesi veniva meno la responsabilità dell’armatore o del magister navis, che realizzavano il trasporto59.

Al contrario i locatori proprietari delle merci gettate non subivano per l’intero il rischio della perdita, grazie ad un sistema che veniva definito di ripartizione, in cui il peso del danno veniva sopportato anche dagli altri passeggeri e o proprietari, le cui merci erano salve.

L’armatore e il gestore della nave avevano il dovere di esercitare un diritto di ritenzione (ius retentionis), trattenendo le merci non sacrificate, per la distribuzione tra tutti del danno; se non avessero esercitato tale diritto, i locatori delle merci gettate in mare avrebbero potuto indurli obbligatoriamente ad esperire l’actio locati, oppure come avvenne nei periodi successivi, i proprietari delle merci gettate agivano ex locato contro l’armatore in quanto locatori di un contratto di trasporto e l’armatore agiva in

59 Si veda Petrucci, Particolari aspetti giuridici dell’ organizzazione e delle

attività dell’impresa di navigazione, in Cerami-Petrucci, Diritto commerciale romano, cit., pag. 249 ss.

67

regresso come conduttore, contro i proprietari delle merci arrivate a destinazione, mediante l’actio conducti.

Di questo ci informa Paolo (34 ad ed.) in D.14.2.2 pr. :

Si laborante nave iactus factus est, amissarum mercium domini, si merces vehendas locaverant, ex locato cum magistro navis agere debent: is deinde cum reliquis, quorum merces salvae sunt, ex conducto, ut detrimentum pro portione communicetur, agere potest. Servius quidem respondit ex locato agere cum magistro navis debere, ut ceterorum vectorum merces retineat, donec portionem damni praestent. Immo etsi non retineat merces magister, ultro ex locato habiturus est actionem cum vectoribus: quid enim si vectores sint, qui nullas sarcinas habeant? plane commodius est, si sint, retinere eas. At si quis non totam navem conduxerit, ex conducto aget, sicut vectores, qui loca in navem conduxerunt: aequissimum enim est commune detrimentum fieri eorum, qui propter amissas res aliorum consecuti sunt, ut merces suas salvas haberent.

[Se, trovandosi la nave in difficoltà, è stato fatto il getto a mare <di merci>, i proprietari delle merci perse, se le avevano locate da trasportare, devono esercitare l'azione di locazione contro il comandante della nave; questi, poi, può esercitare l'azione di conduzione contro i rimanenti <locatori>, le merci dei quali si sono salvate, in modo che il pregiudizio sia reso comune in proporzione. Invero, Servio

68

ha dato il responso che <i proprietari delle merci perse> devono esercitare l'azione di locazione contro il comandante della nave, affinché trattenga le merci di tutti gli altri passeggeri, finché essi non prestino la propria porzione di risarcimento del danno. Ma anche se il comandante non trattenga le merci, egli avrà ulteriormente l'azione di locazione contro i passeggeri: che succede, infatti, se vi siano passeggeri, che non abbiano bagagli? Chiaramente, è alquanto più comodo, se ve ne siano, trattenerli. Ma pure, se qualcuno non abbia preso in conduzione tutta la nave, eserciterà <comunque> l'azione di conduzione, così come i passeggeri che abbiano preso in conduzione degli spazi sulla nave: è molto equo, infatti, che sia messo in comune il pregiudizio fra coloro che, a causa delle merci perse dagli altri, hanno ottenuto che le proprie merci si salvassero]. Si noterà come, ai fini della ripartizione dei danni, concorressero tutti i passeggeri, anche coloro i quali trasportavano merci che non appesantivano la nave.

E’ lo stesso Paolo al paragrafo 2 che chiarisce questo punto:

Cum in eadem nave varia mercium genera complures mercatores coegissent praetereaque multi vectores servi liberique in ea navigarent, tempestate gravi orta necessario iactura facta erat: quaesita deinde sunt haec: an omnes iacturam praestare oporteat et si qui tales merces imposuissent, quibus navis non oneraretur, velut gemmas margaritas? et quae portio praestanda est? et an etiam pro

69

liberis capitibus dari oporteat? et qua actione ea res expediri possit? placuit omnes, quorum interfuisset iacturum fieri, conferre oportere, quia tributum ob id servatae res deberent: itaque dominum etiam navis pro portione obligatum esse. Iacturae summam pro rerum pretio distribui oportet. Corporum liberorum aestimationem nullam fieri posse. Ex conducto dominos rerum amissarum cum nauta, id est cum magistro acturos. Itidem agitatum est, an etiam vestimentorum cuiusque et anulorum aestimationem fieri oporteat: et omnium visumest, nisi si qua consumendi causa imposita forent, quo in numero essent cibaria: eo magis quod, si quando ea defecerint in navigationem, quod quisque haberet in commune conferret.

[Avendo più mercanti stivato su una stessa nave vari generi di merci e, inoltre, navigando in essa molti passeggeri, sia servi che liberi, sorta una violenta tempesta, per necessità era stato fatto il getto <di merci a mare>. In seguito sono stati posti i seguenti quesiti: devono tutti rispondere <per una porzione di danno derivato dal> getto a mare, ed anche se alcuni avessero caricato merci tali da non appesantire la nave, come gemme o perle? E per quale porzione <di danno> devono rispondere? E si deve rispondere <per il danno> anche delle persone libere <finite in mare>? E con quale azione si potrebbe risolvere questa situazione? Parve bene che tutti coloro, nel cui interesse fu fatto il getto a mare, debbano mettere in comune <il danno>, perché le cose salvate debbono un contributo per questo; pertanto anche il

70

proprietario della nave è obbligato proporzionalmente. La somma <per risarcire il danno> del getto <a mare> deve essere distribuita in rapporto al valore delle cose <salvate>. Dei corpi <delle persone> libere non può essere fatta alcuna stima in denaro. I proprietari delle merci perse eserciteranno l'azione di conduzione contro colui che naviga, cioè contro il comandante della nave. Parimenti, è stato dibattuto se si debba fare la stima anche dei vestiti e degli anelli di qualcuno; e si è considerato che <si debba fare la stima> di tutte le cose, se non siano state caricate per essere consumate, nel cui novero rientrano le vivande; tanto più che, se qualche volta venissero a mancare nella navigazione, quelle che ciascuno avesse <per se> sarebbero messe in comune].

Sul calcolo del risarcimento, lo stesso Paolo (34 ad ed.) in D. 14.2.2.4 così scrive:

Portio autem pro aestimatione rerum quae salvae sunt et earum quae amissae sunt praestari solet, nec ad rem pertinet, si hae quae amissae sunt pluris veniri poterunt, quoniam detrimenti, non lucri fit praestatio. Sed in his rebus, quarum nomine conferendum est, aestimatio debet haberi non quanti emptae sint, sed quanti venire possunt.

[Per la porzione <di danno>, si suole rispondere in rapporto alla stima di quelle cose che si sono salvate e di quelle che si sono perdute, né interessa se le cose che si sono perdute avrebbero potuto essere vendute ad un prezzo maggiore,

71

perché si presta <il risarcimento> per un pregiudizio <subito> e non per un lucro <mancato>. Ma per quelle cose <che si sono salvate>, in ragione delle quali si deve contribuire, si deve considerare la stima non del prezzo al quale sono state comprate, ma del prezzo al quale possono essere vendute].

A questo punto si pone il problema sulla cd. occupazione. Sia i giuristi che la cancelleria imperiale60sembrano concordi nel ritenere che chi avesse trovato le merci sulla riva non sarebbe divenuto automaticamente proprietario, non ritenendosi riscontrabile una volontà del proprietario nel voler abbandonare le res61. Ciò è chiaramente messo in luce da Paolo (34 ad ed.) in D. 14.2.2.8:

Res autem iacta domini manet nec fit adprehendentis.

[Poi la cosa gettata in mare rimane del proprietario e non diviene di chi la prende].

60 Cfr., Petrucci Particolari aspetti giuridici dell’organizzazione e delle

attività delle imprese di navigazione, cit., pag 260.

61 Sul punto cfr. L.Vacca, Derelictio’ e acquisto delle res pro derelicto

72

Documenti correlati