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Logica, dimostrazioni, firme digitali e fiducia

Nel documento WEB SEMANTICO: lo stato dell’arte (pagine 133-137)

Architettura a livelli del Web Semantico

3.6 Logica, dimostrazioni, firme digitali e fiducia

Si ritorna ora all’aspetto del Web Semantico relativo a quei futuri obiettivi che esso si pone. Nei prossimi paragrafi si presentano i componenti della piramide tecnologica posti più in alto che rappresentano ciò che gli sviluppatori del WS prospettano per il futuro. Nelle prossime righe non si parlerà più di tecnologie specifiche, ma si parlerà di concetti più generali che potrebbero diventare parte dei nuovi sistemi.

3.6 Logica, dimostrazioni, firme digitali e fiducia

Relativamente a questi ambiti, la documentazione che si trova a riguardo è molto scarsa, dato che questi ambiti nascono dalla visione del Web Semantico di Tim Berners-Lee.

Una panoramica di tutto questo è stata fatta qualche anno fa, presso l’Università de L’Aquila, dalla dott.ssa Antonella Dorati assieme alla prof. Stefania Costantini. [3.36] Nelle righe sottostanti si riporta la parte più significativa del documento, fondendola con gli esempi tratti da un articolo scritto da Aaron Swartz [3.37], i cui riferimenti precisi sono riportati in bibliografia.

L’obiettivo futuro che si pongono gli sviluppatori del WS è quello di realizzare dei sistemi in grado di formulare ogni principio logico e permettere alle macchine di ragionare usando questi principi.

Nell’ ambito della logica si vuole costruire un linguaggio che utilizza questa logica per riuscire a realizzare le inferenze (conclusioni ottenute tramite procedimenti

deduttivi partendo da alcune premesse) tra i molteplici dati, che possono anche essere estratti in maniera automatica, al fine di dare all’utente le effettive informazioni ricercate;

Swartz riporta nel suo articolo un semplice esempio per far capire come intendere queste cose. Si immagini che un’azienda decide che se qualcuno dei suoi agenti riesce a vendere più di 1000 prodotti otterrà un avenzamento di carriera. Un programma “intelligente” che raccoglie tutti gli ordinativi per ogni agente può seguire questa regola: “Se l’agente X ha superato le 1000 vendite, promuovilo al grado di agente di secondo livello.”. Il programma che vede che l’agente Brown ha venduto 1005 prodotti, deduce che Brown è agente di secondo livello.

Una volta che si saranno costruiti questi sistemi “logici”, questi potranno essere utilizzati per provare qualcosa. Si vuole cioè che queste informazioni, ottenute come conclusioni della logica, siano valide;

Nell’esempio di Swartz si supponga che dai record di vendita risulti che Brown ha venduto 180 prodotti di tipo A, 390 prodotti di tipo B e 650 prodotti di tipo C. Dalle regole incorporate nel programma si ha che 180+390+650=1220 ed inoltre i prodotti di tipo A, B e C sono tutti prodotti venduti. Inoltre 1220 è maggiore di 1000. Mettendo insieme tutte queste regole logiche in una prova, il programma dimostra che l’agente Brown è un agente di secondo livello.

Utenti, anche sparsi nel mondo, possono scrivere istruzioni logiche. Le macchine possono seguire questi link “semantici” per costruire dimostrazioni. Mentre da un punto di vista operativo è molto difficile costruire queste dimostrazioni; più facile invece è controllarle. Così facendo, si dovrebbe iniziare a costruire un Web di “processori di informazioni”. Nella visione futura, alcuni di questi processori forniranno solamente dati che altri processori potranno utilizzare per costruire regole. I processori “più intelligenti” saranno delle macchine euristiche che seguendo queste regole, ed eventuali istruzioni fornite dall’utente, riusciranno a trarre in maniera autonoma delle conclusioni. Queste saranno pubblicate nel Web come prove o dimostrazioni.

Si definisce, infatti, “procedimento euristico”, un metodo di approccio alla soluzione dei problemi che non segue un chiaro percorso, ma che si affida all'intuito e allo stato temporaneo delle circostanze, al fine di generare nuova conoscenza.

Tutti questi risultati avranno bisogno anche di un controllo sull’autenticità di quanto viene affermato. Questo ambito viene garantito tramite la firma digitale. Questa, costruita tramite un sistema di crittografia, attesta l’autenticità delle varie asserzioni presenti sul Web e permette di scoprirne la loro provenienza. In altre parole, l’utente o l’ente che pubblica materiale (documenti, codice, ecc.) nel Web se ne assume la responsabilità. Questa firma può essere allegata direttamente ai documenti web stessi. Chi la incontrerà potrà essere sicuro dell’autenticità del documento. Ogni utente potrà dire al proprio programma a quali firme credere e a quali no. Ogni utente firmerà il suo personale livello di fiducia con il quale poi la macchina a deciderà a cosa e quanto credere.

E’ però difficile aver fiducia in un gran numero di persone e questo potrebbe limitare l’utilizzo del Web. E qui fa la sua comparsa quello che viene chiamato “Web of Trust” (Web di Fiducia). Lo scenario che si vuole realizzare è che un utente comunica che ha fiducia in una persona. A sua volta questa persona ha fiducia in

un ventaglio e formano il Web of Trust. Ognuna di queste relazioni avrà un grado di fiducia, associato con essa. E’ da notare che anche la sfiducia è utile come la fiducia. Si supponga che un programma, durante una ricerca, trovi un documento al quale nessuno ha dato esplicita fiducia, ma che nemmeno ha dato esplicita sfiducia. Il programma darà più fiducia, o credibilità, a questo documento piuttosto che a uno che per qualche ragione è stato completamente sfiduciato.

Nel 1997 Tim Berners-Lee propose un bottone marcato “Oh, yeah?” [3.38] (Ah, sì?) che quando cliccato porterebbe la macchina a provare a fornire ragioni per dar fiducia a quei dati che sono presenti in quel momento nel browser dell’utente.

L’obiettivo finale di questa visione è quello di un Web che offra riservatezza e che ispiri sempre più fiducia da parte di chi ne usufruisce.

Capitolo 4

Nel documento WEB SEMANTICO: lo stato dell’arte (pagine 133-137)