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Nuove prospettive

3.2 Low FODMAP diet.

Il protocollo dietetico low FODMAP prevede che, per un periodo iniziale di 4-6

settimane, vengano esclusi dall’alimentazione carboidrati fermentabili, a catena corta, scarsamente assorbiti dalla barriera intestinale, al fine di gestire i sintomi

della sindrome dell’intestino irritabile (IBS). L’IBS è un disturbo gastrointestinale funzionale molto comune che colpisce il 15% della popolazione nel mondo

occidentale ed è causa di più del 50% delle visite annuali in gastroenterologia27.

La diagnosi di IBS è una diagnosi di esclusione e i sintomi più comuni sono

gonfiore e dolore addominale, flatulenza, diarrea alternata a stitichezza e

alterazioni aspecifiche dell’alvo. La dieta FODMAP è un approccio non adatto a tutti i pazienti in quanto non si tratta di una dieta sostenibile a lungo termine.

Esistono diversi gruppi FODMAP in base alla lunghezza della catena dei

carboidrati che inducono i sintomi, variabili per tipo e intensità in ogni paziente

sulla base della suscettibilità interindividuale.

• Oligosaccaridi: fruttani e galatto-oligosaccaridi (GOS) hanno le catene più lunghe e si trovano naturalmente negli alimenti a base di segale e grano,

legumi, noci, carciofi, cipolle e aglio. Si tratta di componenti non assorbite

dall’apparato digestivo umano, risultano altamente fermentabili e determinano un’alta produzione di gas quando incontrano la flora batterica, sono causa di gonfiore, dolore addominale ed eccessiva flatulenza tipici

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• Disaccaridi: il lattosio, zucchero disaccaride presente nei latticini, richiede l’azione dell’enzima lattasi per essere scisso nei due monosaccaridi che lo compongono e digerito. L’attività della lattasi può essere ridotta in alcune popolazioni, come in Asia e nell’area del Mediterraneo, con l’avanzare dell’età e durante periodi di infiammazione intestinale come in caso di malattia di Crohn. In caso di scarsa attività della lattasi, da verificare tramite

breath test, la dieta FODMAP prevede l’esclusione di tale zucchero dalla dieta.

• Monosaccaridi: il fruttosio è uno zucchero monosaccaride molto diffuso, è presente nella frutta come mele, pere, cocomero, mango, e nel miele, si trova

come dolcificante in forma di fruttosio o sciroppo di fruttosio. È scarsamente

assorbito lungo l’intestino e questo crea un effetto osmotico.

• Polioli: i polioli più comuni negli alimenti sono il mannitolo e il sorbitolo, presenti nelle mele, pere, drupacee, cavolfiore, funghi e piselli. Questi polioli

insieme a xilitolo, isomalto e altri sono usati come dolcificanti nelle chewing

gum e nelle caramelle. Questi, come il fruttosio, sono poco assorbiti

nell’intestino determinando un effetto osmotico.

In figura 4 e 5 viene mostrato come gli alimenti low FODMAP abbiano una scarsa

variabilità, comportando una ridotta scelta alimentare, motivo per cui la dieta

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Studi recenti hanno mostrato che i sintomi dell’IBS si sovrappongono spesso a pirosi gastrica funzionale (FH) e dispepsia funzionale. La FH è una condizione

clinicamente indistinguibile dalla GERD ma ha la caratteristica di non essere

caratterizzata da reflusso acido documentabile con tecniche di diagnostica

strumentale e di non presentare alcun vantaggio dalla terapia con PPI. Sulla base

della sovrapposizione di sintomi tra IBS e FH, si è cercato di valutare l’utilità

dell’applicazione di una dieta low FODMAP nella gestione di pirosi e dispepsia anche nella malattia da reflusso gastroesofageo, per l’analogia clinica con la FH.

40 Fig. 4: contenuto in oligosaccaridi di frutta e verdura low e high FODMAP26.

41 Fig 5: contenuto di oligosaccaridi in pane, cereali, legumi, noci e semi26.

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In uno studio pisano28 è stata indagata l’efficacia di una dieta a basso

contenuto di FODMAP rispetto a una dieta ad alto contenuto di FODMAP nel

ridurre la pirosi gastrica nei pazienti con FH, dunque nessuna evidenza clinico-

strumentale di reflusso gastroesofageo. Si tratta di uno studio controllato e

randomizzato in cui sono stati arruolati 31 pazienti con FH (normale esposizione

esofagea all’acido, normale numero di reflussi, nessuna correlazione sintomo- reflusso e nessun sollievo dal bruciore durante il trattamento con PPI) valutati

tramite MII-pH e risposta al trattamento con PPI. Tutti i pazienti sono stati

sottoposti ai questionari Likert e VAS per rilevare i sintomi di GERD e IBS prima

e dopo l’intervento dietetico. I pazienti FH sono stati suddivisi in modo randomizzato in un gruppo A sottoposto a una dieta low FODMAP ed un gruppo

B che ha seguito una dieta high FODMAP per 4 settimane; in una fase successiva

i due gruppi sono stati invertiti ed esposti all’altra dieta per un periodo analogo.

Tabella 7: risultati di tutti i pazienti (n=31) che hanno completato i periodi di dieta low e high FODMAP 28.

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In base ai risultati (Tabella 7) è stato dimostrato che una dieta a basso

contenuto di FODMAP si è rivelata in grado di ridurre la percezione di pirosi

retrosternale rispetto alla dieta ad alto contenuto di FODMAP in pazienti con FH

che non traevano beneficio dal trattamento con PPI28.

Un altro studio sperimentale29 ha verificato l’effetto della dieta low FODMAP su 12 pazienti con GERD o esofagite da reflusso valutate con MII-pH. I pazienti

erano in trattamento continuativo con PPI e sono stati istruiti da uno specialista

dietista rispetto alla dieta. La MII-pH è stata effettuata prima dell’introduzione

della dieta e dopo 4 settimane di dieta low FODMAP insieme a un questionario

sulla qualità di vita SF-36 ed al questionario GERDQ. Secondo i risultati

l’introduzione di FODMAP in termini di grammi/die è stata significativamente ridotta con andamento contestuale al numero totale dei reflussi/die. Tramite

GERDQ è stata rilevata una riduzione di pirosi e rigurgito, tanto da poter

concludere che un approccio tramite dieta low FODMAP sia utile nella gestione

dei sintomi di pazienti GERD refrattari a terapia con PPI29.

Da questi studi preliminari è possibile concludere che probabilmente la dieta

low-FODMAP sembra avere uno scarso effetto sulla riduzione dei sintomi nei

pazienti affetti da GERD propriamente detta, e che siano necessari campioni di

analisi molto ampi per poter ottenere dati significativi. I soggetti che mostrano

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Il motivo che giustifica perché una dieta programmata per avere effetto sul

tratto gastrointestinale inferiore (colon in particolare) debba invece funzionare nei

soggetti affetti da FH non è noto. Si ipotizza che la presenza di un overlap

sintomatologico fra FH ed IBS possa essere alla base della spiegazione di tale

beneficio. Altri trial randomizzati e controllati sono in corso in vari paesi di

Europa.

È opportuno puntualizzare che la dieta low FODMAP definisce diverse fasi

di approccio: la prima, di durata variabile da 4 a 6 settimane, che prevede

l’esclusione dalla dieta degli alimenti ad alto contenuto di FODMAP; una seconda, più duratura, che prevede la reintroduzione sistematica degli alimenti in

base ai gruppi FODMAP per valutare l’insorgenza dei sintomi in base alla quantità di FODMAP proposta e consente di stabilire la tolleranza dell’individuo

a quel particolare elemento. Se mal gestita o condotta per troppo tempo può

condurre il paziente a uno stato di malnutrizione, essendo molto limitante quanto

a scelte nutrizionali, almeno nella prima fase di completa esclusione. Sarebbe

pertanto interessante valutare gli effetti a lungo termine di questo protocollo sui

sintomi da reflusso, oltre che sulla tollerabilità e accettabilità della dieta nei

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Conclusioni.

Alla luce delle evidenze riportate emerge che, nel tempo, sono stati valutati

diversi tipi di intervento sulle modifiche dello stile di vita, finalizzati alla gestione

dei sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo, con gradi di efficacia

differenti. Attualmente non esistono linee guida alimentari o indicazioni

dietetiche univoche, che portino a una riduzione incontrovertibile dei sintomi da

reflusso, ma esistono indicazioni di massima che consentono al paziente di

orientarsi nelle scelte nutrizionali e comportamentali e che si associano

effettivamente a un miglioramento della sintomatologia nella maggior parte dei

casi, ma la cui efficacia è strettamente dipendente dalla suscettibilità

interindividuale. Uno stile di vita sano, inteso come l’insieme di abitudini dietetiche equilibrate e adatte all’individuo, unite a un corretto grado di attività fisica, sono un fattore protettivo dall’insorgenza di reflusso e contribuiscono a ridurre le comorbidità, migliorando la qualità della vita generale del paziente. I

risultati preliminari dei recenti studi sugli effetti della dieta FODMAP e della

qualità delle proteine sul reflusso sembrano aprire un’ulteriore prospettiva sull’argomento, offrendo una base per nuove indagini a lungo termine e su più larga scala.

L’unico intervento che ha documentato una efficacia significativa nel miglioramento del reflusso, in termini di episodi di reflusso documentabili agli

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con circonferenza vita elevata: un calo ponderale del 10% unito alla riduzione

della circonferenza addominale, porta ad una riduzione della pressione

intragastrica, migliora il gradiente pressorio e la compliace esofagea, risultando

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BIBLIOGRAFIA

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