1
U
NIVERSITÀ DI
P
ISA
DIPARTIMENTO DI FARMACIA
Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana
TESI DI LAUREA
M
ALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO E STILE DI VITA:
RUOLODELL
’
ALIMENTAZIONE,
EVIDENZE DELLA LETTERATURA SCIENTIFICARelatore:
Candidata:
Chiar.
moProf. Nicola de Bortoli
Emanuela Armienti
_______________________ ___________________
3
Indice:
Introduzione Capitolo 1.
Malattia da reflusso gastroesofageo
1.1 Definizione 1.2 Epidemiologia 1.3 Patogenesi
1.4 Presentazione clinica e complicanze Capitolo 2.
Ruolo di alimenti trigger e trattamento del sovrappeso/obesità in relazione a GERD
2.1 Alimenti trigger e abitudini comportamentali in relazione a GERD 2.2 Trattamento sovrappeso/obesità
Trattamento medico/educazionale Trattamento chirurgico
Capitolo 3.
Nuove prospettive
3.1 Proteine vegetali vs proteine animali 3.2 Low FODMAP diet
Conclusioni Allegati Bibliografia
4
Introduzione
La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD o gastroesophageal reflux
disease, GERD) è un disturbo molto diffuso nel mondo occidentale e l’insorgenza
e gravità dei sintomi percepiti possono essere correlati allo stile di vita e alle
abitudini alimentari. In virtù di questa correlazione, negli anni sono stati fatti
numerosi studi che ricercassero un nesso causale tra alimenti o gruppi alimentari
e sintomatologia, al fine di poter ricavare delle linee guida per il trattamento
nutrizionale della malattia. Il primo approccio terapeutico alla patologia prevede
infatti modifiche dello stile di vita: ripristino di una corretta alimentazione e
indicazioni dietetico/comportamentali che servano al paziente a gestire la
sintomatologia.
Scopo di questa tesi è quello di valutare le evidenze attualmente presenti in
letteratura che dimostrino o escludano la correlazione tra stile di vita e scelte
5
CAPITOLO 1
Malattia da reflusso gastroesofageo
1.1 Definizione
La malattia da reflusso gastroesofageo viene definita come una risalita
involontaria di contenuto gastrico in esofago o nella cavità orale tale da causare
sintomi e/o complicanze rilevabili clinicamente1,2. Tale definizione viene data
nella Consensus di Montreal del 2006 e viene ancora accettata dalla comunità
scientifica internazionale. Gli episodi di reflusso rappresentano un evento
fisiologico se rispettano i parametri diagnostici e, in un individuo sano, avvengono
normalmente1. Non sono necessarie lesioni esofagee (erosioni, ulcerazioni,
metaplasia intestinale) per la diagnosi di questa malattia. Infatti, la maggior parte
dei pazienti con GERD non mostra anomalie all’esame endoscopico.
La GERD può essere classificata secondo differenti parametri illustrati
schematicamente in Tabella 1: in base alla clinica, alla diagnostica strumentale o
alla risposta alla terapia, attualmente basata sugli inibitori di pompa protonica
6
Tabella 1: Classificazione GERD
Sintomi GERD con esofagite (ERD) GERD senza esofagite (NERD) GERD non investigata
Endoscopia Sindrome esofagea (con sintomi tipici) Sindrome extraesofagea (con sintomi atipici)
Dato pH
impedenziometrico
Reflusso acido: ERD o NERD
Reflusso debolmente acido o non acido: esofago ipersensibile Reflusso assente: functional heartburn
Risposta alla terapia con IPP
GERD che non risponde al trattamento: parzialmente o totalmente Serie Editoriale “Disease Management” della Società Italiana di
Medicina Generale e delle Cure Primarie - Novembre 2016
1.2 Epidemiologia
Dai dati epidemiologici basati su studi di popolazione presenti in letteratura
emerge che la prevalenza (rapporto fra il numero di eventi sanitari rilevati in una
popolazione in un definito momento, o in un breve arco temporale, e il numero
degli individui della popolazione osservati nello stesso periodo) della malattia da
reflusso gastroesofageo con episodi a frequenza settimanale minima è di circa il
13%, con significative variazioni a seconda dell’area geografica2. È difficile fare
stime accurate a causa dell’eterogeneità nei disegni di studio, ma la prevalenza di GERD sembra essere maggiore in Asia meridionale ed Europa sud-orientale (oltre
il 25%) e minore nel sud est asiatico, Canada e Francia (meno del 10%) come si
può notare dalla Figura 1. Non ci sono dati sulla prevalenza di GERD in Africa.
Negli Stati Uniti, le stime della prevalenza dei sintomi GERD variano dal 6% al
7
frequenza di soglia e durata dei sintomi richiesti per essere classificati come
GERD. La prevalenza dei sintomi GERD con frequenza minima settimanale negli
Stati Uniti è di circa il 20% e risulta il disordine gastrointestinale di maggior
prevalenza, che, sebbene sia raramente associato a mortalità, conduce a
sostanziale morbidità con circa 110.000 ricoveri ospedalieri all’anno2. È
importante sottolineare che la prevalenza dei sintomi della GERD in Nord
America, Europa e sud-est asiatico è aumentata di circa il 50% rispetto alla prima
metà degli anni ’90, raggiungendo i livelli massimi da allora.
Fig. 1: Prevalenza dei sintomi settimanali di reflusso gastroesofageo in tutto il mondo, sulla base di sintomi a frequenza minima di una volta una settimana 2.
I fattori di rischio per l’insorgenza e le complicanze della GERD includono
8
1.3 Patogenesi
I sintomi riportati dai pazienti con GERD si presentano quando i meccanismi
anti-reflusso non sono sufficienti a contrastare la risalita dallo stomaco del
contenuto gastrico: acido gastrico, acidi biliari, pepsina ed enzimi pancreatici
contenuti nel materiale refluito. I meccanismi di prevenzione del reflusso
agiscono in funzione dello stato della giunzione esofago-gastrica, composta da
molteplici strutture tra cui: lo sfintere esofageo inferiore (LES), il muscolo
diaframma che, pur essendo una struttura esterna all’esofago, collabora al contenimento della giunzione, e l’angolo di His (l’angolo acuto tra la porzione superiore dello stomaco e l’esofago). Tale barriera è strutturalmente e funzionalmente utile ad assicurare che le secrezioni acide prodotte dalla mucosa
dello stomaco prossimale non risalgano in esofago o nelle vie aeree superiori3,4.
Il LES è un segmento di 3-4 cm di muscolatura liscia circolare tonicamente
contratta posto nella porzione terminale dell’esofago. Il tono a riposo di questa muscolatura può variare, in individui sani, da 10 mmHg a 35 mmHg rispetto alla
pressione intragastrica e varia sensibilmente durante la giornata in funzione dei
pasti, sforzi fisici o del sonno.
Molti studi hanno dimostrato che, nei pazienti con GERD senza esofagite o
con esofagite lieve, il principale evento eziologico è su base funzionale a carico
9
prolungato dello sfintere esofageo inferiore, durante il quale si assiste alla
maggior parte dei reflussi acidi.
Il meccanismo più comune per il reflusso sono i rilassamenti transitori del
LES (tLESR). Tali eventi si verificano indipendentemente dalla deglutizione, non
sono seguiti da movimenti peristaltici e si accompagnano a un’inibizione del diaframma. Si tratta del risultato di un riflesso vagale mediato conseguente a una
distensione del fondo gastrico utile allo sfogo di gas dallo stomaco. In media un
tLESR persiste per circa 20-30 sec, un tempo significativamente più lungo di
quello tipicamente indotto dalla deglutizione (<10 sec)1,3,5. I tLESR si verificano
anche in soggetti che non riferiscono sintomi da reflusso. Tali eventi si verificano
più frequentemente nel periodo post-prandiale e sono generalmente associati alla
risalita di contenuto gastrico.
Nei pazienti con esofagite grave, affetti da GERD più severa, i meccanismi di
reflusso, in aggiunta al rilasciamento transitorio, includono anche l’ipotono dello sfintere esofageo inferiore che favorisce il reflusso principalmente in posizione
supina e dunque responsabile del reflusso notturno.
La principale causa di alterazione di tipo morfologico della giunzione
esofago-gastrica è l’ernia iatale. Tale condizione consiste in uno scivolamento
dello stomaco prossimale attraverso il diaframma dall’addome in sede toracica, facilitato da aumenti repentini della pressione intra-addominale. L’ernia iatale può
10
clearance esofagea, reflusso dopo un’onda peristaltica, incompleto svuotamento acido, stasi di acidi nella sacca iatale4.
Un altro fattore importante nel generare i sintomi della malattia da reflusso
gastroesofageo è la prolungata permanenza in esofago degli agenti lesivi contenuti
nel refluito gastrico. Questo si verifica quando i meccanismi di clearance esofagea
sono deficitari. I più importanti tra questi meccanismi sono l’attività motoria
peristaltica del corpo esofageo, cioè una contrazione coordinata della muscolatura
esofagea che si propaga in direzione cranio-caudale e che è in grado di far
progredire il bolo solido e il liquido ingerito liberando l’esofago del materiale
refluito dallo stomaco e l’attività tampone della saliva, cioè la neutralizzazione dell’acido cloridrico da parte dei bicarbonati salivari. In una parte dei pazienti con GERD manca un’efficiente peristalsi che causa un’esposizione prolungata al reflusso con infiammazione e potenziali danni della mucosa esofagea. Una
clearance acida prolungata, infatti, correla con la gravità dell’esofagite e la presenza di metaplasia di Barrett1. Per la valutazione della motilità esofagea si
utilizza il Distal Contractile Integral (DCI), indice di vigore contrattile nella
topografia della pressione esofagea ad alta risoluzione, calcolato come il prodotto
di ampiezza, durata ed estensione della contrazione esofagea distale. Di
particolare importanza per un’incompleta clearance esofagea sono le onde
11
deboli (DCI compreso fra 100-450 mmHg-s-cm) e quelle con peristalsi
frammentata (DCI normale ma interruzione superiore a 5 cm)3.
Tra le alterazioni della motilità esofagea e gastrica, è stato valutato che un
incompleto svuotamento gastrico potesse avere un ruolo nella patogenesi della
GERD. Tuttavia, esistono controversie sul contributo dell’incompleto svuotamento gastrico nella patogenesi della malattia da reflusso gastroesofageo.
Concettualmente, un incompleto svuotamento gastrico consiste in un aumento del
volume di materiale contenuto nello stomaco che potrebbe refluire in esofago o
determinare una distensione dello stomaco prossimale innescando un tLESR2.
Tuttavia, non si evidenziano correlazioni positive tra svuotamento dello stomaco
prossimale e GERD1,2,5.
Nella pratica, affinché si verifichi reflusso, la pressione nello stomaco
prossimale deve essere maggiore di quella nell’esofago. Il gradiente pressorio
gastro-esofageo è temporaneamente amplificato durante le attività che portano a
12
Fig. 2: fisiopatologia della malattia da reflusso gastroesofageo. Disfunzione della barriera anti-reflusso, aumento della sensibilità esofagea, alterata funzione della motilità del corpo esofageo e fattori gastrici (aumento della pressione intragastrica e tasca acida)1.
L’aumento cronico del gradiente pressorio è il fattore di rischio principale per la GERD e si può verificare durante la gravidanza, in caso di sovrappeso e obesità,
predisponendo alla formazione di ernia iatale. Le evidenze mostrano che l’obesità aumenta il rischio di sintomi da reflusso, l’esposizione esofagea agli acidi, esofagiti ed esofago di Barrett1,5.
La maggior parte degli alimenti ha un effetto tampone che riduce l’acidità gastrica nel periodo post-prandiale, ma, nonostante questo, i reflussi (rilevati
tramite pHmetria) sono generalmente più frequenti dopo i pasti. Questo perché
nello stomaco prossimale, dopo i pasti, si trova uno strato di succhi acidi non
tamponati pronti a risalire a contatto con la giunzione esofago-gastrica. Tale Maggiore vigilanza,
consapevolezza del corpo
Maggiore sensibilità, aumentata percezione Aumento della pressione addominale, aumentato gradiente gastro-esofageo
Ridotto svuotamento gastrico, aumento reflusso
Acido, pepsina, acidi biliari
Tasca acida
Ridotta salivazione e azione tampone
Scarsa funzione motoria
Ernia iatale Valvola a cerniera LES ipotensivo tLESR Giunzi one alterata LES anomalo
13
condizione è nominata “tasca acida” ed è facilitata dall’assenza di contrazioni peristaltiche nello stomaco prossimale. Il trattamento con alginati elimina la tasca
o aumenta la distanza tra il bordo superiore di questa e la giunzione
squamo-colonnare1. In una review sono stati esaminati due studi in cui si dimostra che nei
pazienti con ernia iatale la tasca acida è aumentata, con conseguente aumento
dell’intensità dei reflussi5. Questo perché, dopo il pasto, il cibo si trova nel corpo dello stomaco e non nella sacca iatale, dove non può esercitare la sua azione
tampone nei confronti dei succhi gastrici prodotti5.
Una parte dei pazienti che riferisce sintomi tipici non risulta avere né lesioni
endoscopiche tipiche della GERD di grado severo (erosioni), né un’esposizione esofagea all’acido superiore alla norma, ma presenta pochi episodi di reflusso avvertiti come fastidiosi. In questi pazienti gioca un ruolo importante una
maggiore sensibilità dell’esofago sia a stimoli chimici (acido), sia a stimoli meccanici (distensione delle pareti esofagee), e che vengono appunto percepiti in
modo maggiore rispetto a soggetti sani e avvertiti come i tipici sintomi della
GERD. Questo spiega il minor successo della tradizionale terapia medica e
chirurgica della GERD in questo sottogruppo di pazienti, ma apre possibilità di
14
1.4 Presentazione clinica e complicanze
I sintomi più comuni e ricorrenti della GERD, definiti “tipici”, sono pirosi
(bruciore) retrosternale e rigurgito acido riportati generalmente dai pazienti come
dolore urente al petto, irradiato fino al collo, alla gola e, occasionalmente, alla
schiena. Tali sintomi si verificano in fase post-prandiale, in particolar modo a
seguito di pasti abbondanti, ricchi di grassi o dopo l’ingestione di agrumi,
cioccolata o alcool e possono esacerbarsi quando l’addome è compresso o in
posizione supina. Il dolore notturno può causare difficoltà nel sonno. Le evidenze
rilevano che la frequenza e l’intensità del bruciore non sono associate al grado di
danno esofageo2. In una rilevante parte dei pazienti si associano inoltre sintomi a
carico di porzioni più distali del tratto gastrointestinali (gonfiore addominale
post-prandiale, difficoltà digestiva, flatulenza) che non rientrano nelle manifestazioni
della malattia da reflusso gastroesofageo, ma sono secondari a disturbi funzionali
dello stomaco e devono essere tenuti in considerazione nella valutazione clinica
globale del paziente. Esistono inoltre manifestazioni meno comuni di sintomi di
tipo extra esofageo definite “atipiche”: come laringiti, faringiti, talvolta disfagia, odinofagia (dolore alla deglutizione), tosse cronica; a livello polmonare possono
verificarsi asma e tosse, mentre a livello del cavo orale possono verificarsi
erosioni dentarie.
La relazione tra presenza di sintomi ed eventi di reflusso non è stata chiarita
15
particolarmente vero nei pazienti anziani, forse a causa della ridotta acidità del
reflusso o della ridotta percezione del dolore. Molti pazienti anziani si presentano
già con le complicanze della GERD dovute ad una lunga durata di malattia con
scarsità di sintomi. Questo è particolarmente problematico nei pazienti con
esofago di Barrett2.
La complicanza più frequente della GERD è l’esofagite, cioè la presenza di
una o più erosioni nella parte distale dell’esofago a partire dalla giunzione
esofago-gastrica. È noto che circa il 40% dei pazienti con sintomi tipici e il
10-20% di quelli con sintomi atipici presentano esofagite. In questo sottogruppo di
pazienti la presenza di esofagite permette una diagnosi certa di malattia da
reflusso gastroesofageo. La conferma diagnostica è data dall’analisi
istopatologica di prelievi bioptici. I sintomi di presentazione sono più
frequentemente disfagia e/o odinofagia. Nel caso di GERD, la presenza di sintomi
più frequenti o maggiormente invalidanti non è però predittiva della presenza di
esofagite, né della sua gravità. In pazienti con sintomi persistenti da lungo periodo
e con esofagite non trattata in modo adeguato, può svilupparsi una stenosi a livello
della giunzione esofago-gastrica che può rivelarsi con l’insorgenza di disfagia.
Un’altra complicanza della GERD è l’esofago di Barrett: metaplasia intestinale a livello della giunzione esofago-gastrica, che sostituisce la normale
mucosa esofagea. Questa condizione è diagnosticata con maggiore probabilità in
16
di Barrett hanno un maggior rischio di sviluppare un tumore esofageo, in
particolare adenocarcinoma, rispetto alla popolazione generale e, pertanto, in
questo sottogruppo di pazienti si consiglia la ripetizione periodica dell’esame endoscopico (ogni 3-5 anni) con lo scopo di effettuare una diagnosi precoce di un
17
CAPITOLO 2
Ruolo di alimenti trigger e trattamento del sovrappeso
obesità in relazione a GERD
2.1 Alimenti trigger e abitudini comportamentali in relazione a
GERD
Come primo approccio per la gestione della malattia da reflusso
gastroesofageo nei pazienti con sintomi lievi, si prevede una terapia con inibitori
di pompa protonica (PPI) abbinata a modifiche nello stile di vita6: modifiche nella
dieta e attività fisica con eventuale calo ponderale. La dietoterapia nel reflusso
gastroesofageo ha lo scopo di migliorare la pirosi e il dolore retrosternale oltre
che ridurre il grado di esofagite. In caso di disfagia è indicato, inoltre, formulare
proposte dietetiche che consentano un’alimentazione equilibrata.
Esistono molteplici fattori scatenanti, comuni nelle abitudini quotidiane, che
possono facilitare una riduzione pressoria a carico del LES innescando i sintomi
da reflusso. Tra questi troviamo il fumo di tabacco, la scarsa attività fisica, il
sovrappeso/obesità, l’uso di abiti stretti, l’abitudine di coricarsi subito dopo il pasto. Pertanto è opportuno fornire ai pazienti indicazioni di modifica nello stile
di vita: smettere di fumare, incrementare l’attività fisica e prevedere una riduzione del peso in caso di sovrappeso o obesità, evitare l’uso di abiti stretti che possano
18
aumentare la pressione addominale, aspettare 2-3 ore dopo i pasti prima di
coricarsi o di fare attività fisica, prestare attenzione alle scelte dietetiche in termini
di qualità e quantità, evitando pasti abbondanti e ricchi di grassi. Si tratta di
indicazioni basate su valutazioni empiriche e di cui nel tempo si è cercato un
riscontro scientifico, ma dalla letteratura esaminata non emergono specifiche
modifiche dietetiche valide per tutti i tipi di pazienti7,8. La non conclusività dei
risultati è principalmente causata dalla variabilità interindividuale della
sintomatologia, della differenza nei disegni di studio effettuati nel tempo e dalla
difficoltà di trovare indagini che applichino un rigoroso metodo scientifico.
Si analizzano adesso nel dettaglio le categorie di alimenti e i comportamenti
alimentari maggiormente associate all’insorgenza dei sintomi da malattia da reflusso.
Alcolici. Sulla base di valutazioni empiriche, si è visto come il consumo di
alcolici possa promuovere l’insorgenza di reflusso gastroesofageo. L’alcool
infatti induce un aumento delle secrezioni acide mediate dalla produzione di
gastrina (ormone peptidico presente nella mucosa protettiva dello stomaco, la cui
funzione principale è regolare la secrezione gastrica), provoca la riduzione
pressoria del LES oltre che i suoi rilassamenti transitori, la riduzione della motilità
19
Sebbene la cessazione del consumo di alcol si abbini a un miglioramento della
motilità esofagea, i risultati sono contrastanti, in particolare riguardo al tipo di
bevanda alcolica esaminata (liquori, vino, birra)9 e non sussistono quindi evidenze
sufficienti per supportare un effetto causale diretto tra astinenza da alcolici e
miglioramento dei sintomi GERD8.
Agrumi e cibi acidi. Gli agrumi ed altri cibi acidi, come i pomodori, sono
associati all’insorgenza dei sintomi da reflusso. In uno studio10 è stata valutata la dinamica fisiologica dell’ingestione di bibite acide e si è rilevato come queste richiedessero più tempo per essere ingerite, con necessità di un maggior numero
di deglutizioni e un prolungato tempo di digestione in confronto a uno bolo con
pH neutro di pari volume, sia in soggetti sani che in soggetti con GERD7,10 (Fig.
3). Questo dato è indicativo di un possibile meccanismo del peggioramento dei
sintomi da reflusso in alcuni pazienti che consumano alimenti acidi come alcuni
tipi di frutta, succhi, caffè e bibite gassate. Tuttavia, i diversi alimenti hanno un
effetto soggettivo nella percezione dei sintomi, tanto che i pazienti modificano
autonomamente i loro consumi in funzione dei cibi che scatenano i sintomi da
20 Fig. 3: box plot del flusso di ingestione di 100ml di acqua e 100ml di succo concentrato di limone in soggetti sani (n=50) e pazienti con GERD (n=29) 10.
Bibite gassate, caffè e cioccolata. In più studi8,11 si sostiene che le bibite gassate o con caffeina provochino sintomi da reflusso tramite una distensione
delle pareti gastriche, aumento delle secrezioni acide con riduzione del tono del
LES e maggior predisposizione a tLESR, rispetto al consumo di acqua. Non sono
stati tuttavia pubblicati dati in merito alla cessazione del consumo di bibite
gassate. Anche riguardo al caffè, così come per la cioccolata, ci sono evidenze
contrastanti in quanto, nonostante causino bruciore retrosternale in soggetti con
sensibilità agli acidi, gli studi epidemiologici non trovano associazione tra il
consumo di questi e GERD. Pertanto, non ci sono dati che supportino
21
Grassi. Una dieta ricca in cibi grassi è un fattore di rischio indipendente per
lo sviluppo di esofagite non erosiva ed esofago di Barrett, mentre diete ricche di
fibre hanno un effetto protettivo. In più, pasti ad alto contenuto di grassi rallentano
lo svuotamento gastrico e causano una riduzione della pressione del LES
attraverso un meccanismo probabilmente mediato dalla colecistochinina (CCK),
un ormone secreto dal duodeno dopo un pasto ricco soprattutto in grassi che causa
il rilascio di bile dalla cistifellea e di enzimi digestivi pancreatici, e che può agire
direttamente sul LES, o indirettamente, inibendo l’azione della gastrina12. Un alto contenuto di grassi è correlato anche all'aumento del tempo di esposizione agli
acidi rispetto a un pasto ipolipidico. Tuttavia, altri studi randomizzati non hanno
confermato le differenze di pressione del LES, il verificarsi di tLESR associabile
al numero degli episodi di reflusso o esposizione esofagea agli acidi in relazione
al contenuto di grassi nei pasti11.
Comportamenti alimentari: rapidità di consumo del pasto. Mangiare
velocemente aumenta fisiologicamente la frequenza di episodi di reflusso a causa
della distensione gastrica, facilitando l’insorgenza dei sintomi da reflusso gastroesofageo. In uno studio13 condotto su 20 individui sani, in cui è stato
richiesto di consumare un pasto standard in un tempo variabile da 5 a 30 minuti,
è stato rilevato che i soggetti più veloci (durata del pasto 5 minuti) hanno avuto
22
rispetto a coloro che impiegavano più tempo a mangiare (durata del pasto 30
minuti). Secondo questo studio è possibile che la velocità di consumo del pasto
rappresenti un fattore di rischio per l’insorgenza di malattia da reflusso gastroesofageo in individui sani13.
In uno studio successivo14 è stato esaminato un campione di 46 pazienti con
malattia da reflusso gastroesofageo. Da tale studio non emergono differenze
significative riguardo agli episodi di reflusso tra chi consumava il pasto in 5
minuti o in 30 minuti14. Pertanto, non si può affermare che la velocità di consumo
del pasto possa essere una modifica comportamentale efficace nella riduzione dei
sintomi da reflusso nei pazienti con GERD conclamata, può essere considerato,
23
2.2 Trattamento sovrappeso e obesità
Sebbene non ancora identificato il meccanismo fisiopatologico che dimostri
una relazione causale tra sovrappeso/obesità e malattia da reflusso
gastroesofageo, sono state suggerite alcune significative ipotesi, schematizzate in
Tabella 2.
L’adiposità viscerale, con l’aumento della circonferenza vita, si associa ad un incremento della pressione addominale e intragastrica (IGP), che determina, come
abbiamo visto, l’insorgenza di episodi di reflusso.
Fattori predisponenti a GERD nei pazienti obesi
Meccanici Aumento della IGP
Aumento del gradiente pressorio gastroesofageo Aumento del rischio di ernia iatale
Aumentata sensibilità esofagea agli acidi
Fisiologici Aumento di bile e pepsina nel contenuto gastrico con aumento della produzione di bile e secrezioni pancreatiche
Ridotta secrezione di enzimi pancreatici stimolati dalla CCK, svuotamento degli acidi biliari e rilascio di gastrina
Tabella 2 19.
Allo stesso modo, un Body Mass Index (BMI, rapporto tra peso e altezza in
kg/m2) elevato si associa ad un aumento dell’esposizione acida, ad un maggiore probabilità di sviluppo di ernia iatale, alla comparsa di tLESR e sintomi tipici
24
della GERD15-17. In una situazione di obesità, con un BMI superiore a 30 kg/m2,
si assiste ad un aumento triplo delle probabilità di avere frequenti sintomi da
reflusso, con una maggiore prevalenza nel sesso femminile17,18 (Tabella 3).
Inoltre, un aumento del BMI di oltre 3,5 kg/m2, rispetto a nessun cambiamento di
peso, è stato associato a un aumentato rischio di insorgenza e intensità dei sintomi
GERD17.
Un altro meccanismo attraverso il quale l’obesità si può correlare a GERD è secondario al metabolismo del tessuto adiposo viscerale nel paziente obeso.
Tabella 3: associazione tra obesità e rischio di insorgenza dei sintomi da reflusso gastroesofageo 18.
Un ulteriore meccanismo attraverso il quale l’obesità si può correlare a GERD è secondario al metabolismo del tessuto adiposo viscerale nel paziente obeso.
Infatti il grasso viscerale è un tessuto metabolicamente attivo ed è stato associato
a bassi livelli sierici di citochine antinfiammatorie, come l’adiponectina, e ad alti livelli di citochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale
(TNF-25
α), interleuchina (IL) -1β e IL-6. È stato osservato un aumento di queste citochine pro-infiammatorie anche in pazienti con esofagite erosiva ed esofago di Barrett.
Dunque, anche se contrastanti e non definitivi, i risultati esistono ed è probabile
che vi sia una correlazione tra GERD e obesità; in particolare l’adiposità addominale sembra avere un ruolo chiave nel determinare GERD sia su una base
meccanica, sia tramite i suoi effetti metabolici19.
La riconferma della relazione osservata tra elevato BMI e aumento dei sintomi
correlati alla GERD, trova evidenza nell’ulteriore legame tra la riduzione del peso e la diminuzione dei sintomi GERD15, 17, 20.
Sono in seguito esaminati gli effetti del calo ponderale ottenuto con un
trattamento medico/educazionale e quelli successivi al trattamento chirurgico.
Trattamento medico/educazionale. La maggior parte degli studi che
esaminano l’effetto della perdita di peso non chirurgica sulla GERD, non evidenzia miglioramenti nei risultati di esami endoscopici o nel monitoraggio del
pH esofageo. Tuttavia uno studio trasversale20 ha dimostrato una riduzione di
quasi il 40% dei tipici sintomi GERD in donne che hanno avuto un calo di BMI
superiore a 3,5 kg/m2 rispetto a coloro che non hanno modificato il proprio peso20.
In uno studio prospettico svolto dalla divisione di Gastroenterologia del
Dipartimento di Medicina Traslazionale e nuove Tecnologie in Medicina
26
controllata in un gruppo di 116 pazienti sovrappeso/obesi con malattia da reflusso
gastroesofageo e segni di esofagite erosiva. Come end-point secondario è stato
analizzato il beneficio del calo ponderale in termini di riduzione del dosaggio di
PPI. Per sei mesi, con follow-up ogni 3-4 settimane, si è proposto un programma
di modifica delle abitudini alimentari, con verifica dell’aderenza alla dieta, e con introduzione di attività fisica di tipo aerobico monitorata quotidianamente con un
contapassi. La dieta proposta è stata di tipo mediterraneo, con un range di intake
calorico tra le 1500 kcal e le 1800 kcal/die per gli uomini e le 1200 kcal e 1500
kcal/die per le donne. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo A per
il quale la dieta era finalizzata a ridurre la quantità totale di calorie da una media
di 2000-2500 kcal die ad una media di 1500-2000 kcal die; ed il gruppo B senza
restrizione calorica né attività fisica. La restrizione calorica per il gruppo A è stata
ottenuta principalmente con una riduzione del contenuto di grassi e zuccheri,
responsabili dell’aumentato tempo di esposizione esofagea all’acido. Ai pazienti è stato inoltre richiesto di evitare il “cibo spazzatura” o gli snack confezionati, i grassi di origine animale (burro, lardo) sostituendoli con grassi di origine vegetale
(olio d’oliva) e di aumentare il consumo di cereali integrali (pane e pasta). La composizione bromatologica era costituita per il 60% di carboidrati, dal 25% di
lipidi e dal 15% di proteine17.
Sono state esaminate, prima dell’introduzione della dieta e alla fine del
27
valutazione dei sintomi GERD tramite l’utilizzo del questionario Likert, che fornisce una misura dell'atteggiamento positivo o negativo rispetto all’oggetto di
indagine (in questo caso pirosi, rigurgito, dolore toracico non cardiaco,
eruttazioni), fornendo un giudizio, su una scala di accordo/disaccordo composta
da 5 o 7 gradienti, rispetto ad un certo numero di affermazioni (definite item). È
stata ottenuta una correlazione tra le misurazioni effettuate, con risultati
statisticamente significativi sintetizzati in Tabella 4. Il programma dietetico
abbinato all’aumento dell’attività aerobica ha portato a una riduzione del BMI e contestualmente una diminuzione dei sintomi tipici correlati alla GERD valutati
al questionario Likert ed a una riduzione del consumo dei PPI17.
Tabella 4: differenze nella percezione dei sintomi prima e dopo il trattamento nei gruppi A (dieta + attività fisica) e B (senza restrizione calorica né attività fisica)17.
28
Trattamento chirurgico. Sebbene la perdita di peso e le modifiche dello stile
di vita siano importanti nella riduzione dei sintomi della malattia da reflusso
gastroesofageo, diversi studi hanno valutato l’effetto della perdita di peso indotta
da procedure endoscopiche e chirurgiche sui miglioramenti variabili dei sintomi
GERD. In particolare, un recente studio21 sull’applicazione del bendaggio gastrico
ha documentato una riduzione significativa dell’esposizione esofagea all’acido e
un miglioramento nell’80% dei casi dei sintomi GERD a 2 anni dall’intervento. Il bendaggio gastrico consiste in un intervento di tipo restrittivo completamente
reversibile che prevede l’applicazione per via laparoscopica di un anello regolabile nella porzione superiore dello stomaco, in grado di creare una camera
gastrica del volume di 30-40 ml comunicante con il resto dello stomaco. Gli autori
dello studio hanno supposto che la riduzione delle problematiche del reflusso
dopo il bendaggio gastrico fosse collegabile a una combinazione di perdita di
peso, riduzione della pressione intragastrica e riduzione della frequenza di eventi
tLESR21. Dalle conclusioni della letteratura, il bendaggio gastrico risulta
comunque una soluzione a breve termine per il miglioramento dei sintomi da
reflusso, esofagite e per una normalizzazione del pH esofageo. C’è inoltre un sottoinsieme di pazienti che sperimentano il ritorno di reflusso e sintomi da
esofagite a lungo termine; anche gli autori dichiarano che risulta difficile accertare
se questi siano un risultato di GERD o di altre complicazioni legate al bendaggio
29
Altri studi hanno dimostrato un consistente miglioramento dei sintomi da
reflusso gastroesofageo dopo intervento di bypass gastrico con ansa alla Roux
(RYGB), intervento restrittivo e malassorbitivo che consiste nella creazione di
una sacca gastrica di dimensioni ridotte (30-40ml), anastomizzata con un’ansa
digiunale, escludendo così dal transito del materiale alimentare lo stomaco distale
e il duodeno. Sembra che tale intervento rappresenti la procedura chirurgica più
efficace nel migliorare la sintomatologia GERD nei pazienti obesi. L’ipotesi è supportata dall’osservazione del rapido miglioramento dei sintomi, insieme ad una perdita di peso media di 40kg dopo la procedura chirurgica, con follow up
fino a 30 mesi22. Questo successo è determinato dall’allontanamento della bile dall’esofago con una riduzione della produzione di acido nella tasca gastrica e quindi la riduzione di volume del reflusso acido. È importante notare come alcuni
studi abbiano valutato l’uso della RYGB come chirurgia alternativa alla fundoplicatio in laparoscopia secondo Nissen, procedura chirurgica praticata al
fine di prevenire il reflusso gastroesofageo, ma che spesso non determina
miglioramenti nei sintomi GERD. I risultati dei due interventi risultano simili in
termini di efficacia sulla riduzione dei sintomi e della morbilità GERD nei
pazienti obesi21.
Tra le altre condizioni rilevanti da esaminare in caso di interventi di chirurgia
bariatrica c’è l’ernia iatale, considerata causa diretta di un’incompetenza del LES. È stato notato che le dimensioni dell’ernia iatale influiscono in maniera
30
inversamente proporzionale sulla pressione del LES e aumentano direttamente la
compromissione funzionale della giunzione esofagogastrica, determinando così
l’aumento della frequenza dei sintomi da reflusso. Poiché l’incidenza di GERD ed ernia iatale aumentano al crescere del BMI, c’è stata una recente tendenza da parte dei chirurghi di combinare gli interventi di chirurgia bariatrica e la
riparazione delle ernie iatali. In sintesi, la RYGB è una procedura efficace per
alleviare i sintomi da reflusso, in quanto svolge un ruolo significativo nella perdita
di peso senza alterare l’anatomia del LES e la pressione intragastrica; in più è
importante considerare la riparazione di una concomitante ernia iatale
contestualmente all’intervento di bypass21.
Un altro tipo di intervento di chirurgia bariatrica è la gastroplastica verticale
(LSG), procedura restrittiva in cui viene effettuata una resezione verticale in
corrispondenza della grande curvatura dello stomaco, ottenendo una tasca gastrica
di dimensioni ridotte (30-40ml). Oltre quello di tipo restrittivo, la LSG ha un
meccanismo di tipo endocrinologico in quanto i livelli dell’ormone grelina (ormone che stimola l’appetito) viene ridotto da questo tipo di intervento. Lo sfintere pilorico rimane intatto e l’assorbimento intestinale non subisce modifiche.
In una review sistematica22 sugli effetti di LSG riguardo al miglioramento dei
sintomi da GERD vengono illustrati risultati contrastanti: la spiegazione può
essere legata al fatto che la LSG può promuovere il reflusso gastroesofageo
31
dei legamenti gastrodiaframmatici e della riduzione dell’angolo di His). Gli effetti vantaggiosi di LSG su GERD sono invece dovuti all’accelerato svuotamento gastrico e la rapidità della perdita di peso che incidono sulla pressione
addominale. È stato inoltre suggerito che la risoluzione a lungo termine del
reflusso potrebbe essere spiegata dal ripristino dell’angolo di His che si verifica dopo circa 3 anni dall’intervento. In conclusione, LSG sembra aumentare
l’incidenza a breve termine di GERD in pazienti che si sottopongono alla procedura, probabilmente a causa dei cambiamenti della pressione intragastrica e
dell’angolo di His; tuttavia, a lungo termine, l’aumento della compliance gastrica porterebbe ad un concreto miglioramento dei sintomi da reflusso gastroesofageo.
In Tabella 5 si illustrano gli effetti dei vari tipi di intervento di chirurgia sulla
GERD.
32
CAPITOLO 3.
Nuove prospettive
L’Unità di Gastroenterologia dell’Università di Pisa ha svolto recentemente degli studi volti a valutare gli effetti di protocolli nutrizionali emergenti sul
miglioramento dei sintomi da reflusso. In uno studio sono stati studiati gli effetti
del consumo di proteine di origine animale rispetto a quelle di origine vegetale
sugli episodi di reflusso nella prima ora postprandiale23. In un ulteriore studio è
stata valutata l’influenza di una dieta low FODMAP (Fermentable
Oligo-Di-Mono-saccharides And Polyols) sui sintomi da MRGE28.
3.1 Proteine vegetali vs proteine animali.
Secondo quanto suggerito dalla letteratura esistono delle correlazioni tra la
combinazione di cibi e il numero totale degli episodi di reflusso, ma raramente è
stata ipotizzata una spiegazione fisiopatologica del meccanismo o una
correlazione diretta tra alimento e reflusso. Uno studio della divisione di
Gastroenterologia del Dipartimento di Medicina Traslazionale e nuove
Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa23 ha valutato l’effetto di due pasti differenti con equivalente composizione bromatologica: il primo composto da
33
proteine di provenienza animale e l’altro da proteine di origine vegetale. Gli effetti sulla sintomatologia da reflusso sono stati rilevati attraverso l’impedenza intraluminale multicanale e il monitoraggio del pH (MII-pH) nelle 24h. Lo studio
è stato effettuato su un campione di 165 pazienti con pirosi retrosternale con o
senza altri disturbi correlati alla malattia da reflusso, sottoposti a endoscopia del
tratto digerente superiore per rilevare la presenza di esofagite erosiva o altre
anomalie della mucosa. È stata inoltre effettuata l’anamnesi completa del paziente, con valutazione dei sintomi GERD attraverso il questionario GERDQ
(Allegato 1) e della risposta alla terapia con PPI tramite una scala analogica visiva
(VAS).
Durante le 24h di monitoraggio tutti i pazienti hanno consumato cibi e bevande
esclusivamente ai i tre pasti standard: pranzo alle 13.00 e cena alle 20.00 e
colazione alle 8.00 del giorno successivo. I pasti assegnati sono stati calcolati sui
principi di una dieta mediterranea con la differenza relativa alla provenienza
vegetale o animale della fonte proteica. Il programma dietetico è stato calcolato
da uno specialista dietista e non è stato considerato un fabbisogno
proteico-calorico personalizzato per ciascun individuo, ma è stato calcolato per un soggetto
con BMI compreso tra 21 e 22. I due diversi programmi dietetici sono stati
assegnati in maniera casuale e prevedevano: per un gruppo A proteine vegetali al
pranzo e proteine animali a cena; per un gruppo B proteine animali a pranzo e
34
L’analisi della prima ora postprandiale dei due diversi pasti evidenzia come si verifichi un maggior numero di eventi totali di reflusso e di reflussi acidi, oltre
che un maggior tempo di esposizione all’acido dopo l’assunzione di proteine animali rispetto a quelle vegetali (Tabella 6)23. Una possibile spiegazione di
questo risultato potrebbe essere dovuta ad un aumento della secrezione prossimale
di acido gastrico nel periodo postprandiale legato al fenomeno della tasca acida,
presente in tutti i soggetti23. Inoltre, l’aumento dell’acidità e del numero dei
reflussi acidi potrebbe essere legato alla maggior quantità di grassi saturi negli
35 POST-ANIMAL PROTEIN POST-VEGETAL PROTEIN P Overall analysis PP-AET (%) 3.3±2.7 0.9±1.4 0.005 PP-Reflux events (N) 12.4±9.9 6.3±3.9 0.0001 PP-Proximal Reflux (N) 5.2±2.7 1.8±1.3 0.0001 PP-Acid-Reflux (N) 7.5±4.2 3.3±2.8 0.0001 PP-Non-Acid Reflux (N) 5.6±3.5 3.1±2.9 0.073 Symptoms (N) 3.1±1.2 1.4±0.8 0.0001 NERD (55 patients) PP-AET (%) 6.1±2.7 2.1±0.7 0.0001 PP-Reflux events (N) 19.4±9.6 8.1±4.1 0.0001 PP-Proximal Reflux (N) 6.9±3.2 3.4±1.6 0.0001 PP-Acid-Reflux (N) 11.4±6.2 5.9±2.1 0.0001 PP-Non-Acid Reflux (N) 6.4±2.5 2.8±1.7 0.0001 Symptoms (N) 4.6±2.3 2.7±1.1 0.0001 HE (49 patients) PP-AET (%) 2.9±1.3 0.9±0.3 0.0001 PP-Reflux events (N) 8.6±3.1 4.2±1.3 0.0001 PP-Proximal Reflux (N) 4.8±3.5 1.7±1.5 0.0001 PP-Acid-Reflux (N) 6.3±2.8 3.1±1.9 0.0001 PP-Non-Acid Reflux (N) 3.1±1.4 1.7±0.8 0.0001 Symptoms (N) 3±1.4 1.6±0.5 0.0001 FH (61 patients) PP-AET (%) 0.6±0.3 0.1±0.1 0.0001 PP-Reflux events (N) 4.5±1.9 1.8±0.6 0.0001 PP-Proximal Reflux (N) 2.1±0.7 0.4±0.7 0.0001 PP-Acid-Reflux (N) 3.1±1.1 1±0.4 0.0001 PP-Non-Acid Reflux (N) 1±0.6 0.7±0.3 0.0001 Symptoms (N) 1.2±0.4 0.3±0.8 0.005
Tabella 6: analisi degli effetti dei due pasti alla prima ora postprandiale 23.
Legenda: PP= post-prandial; AET=acid exposure time; NERD=non-erosive reflux disease;
36
Altri studi hanno valutato il tipo di ormoni rilasciati in fase postprandiale24,25
ed hanno dimostrato che le proteine derivate da carne di maiale, manzo e pollo
determinano un aumento dei livelli di CCK nel sangue. Abbiamo già esaminato
come i livelli di CCK nel periodo postprandiale sembrino aumentare gli episodi
di tLESR e ridurre il tono basale del LES, aumentando la probabilità di indurre i
sintomi da reflusso.
Le indicazioni principali per i sintomi correlati al reflusso si concentrano
sull’eliminazione di alcuni alimenti come alcolici, caffè, tabacco, bevande gassate e cibi acidi dalla dieta, oltre che alla riduzione dei grassi e a una moderazione
della velocità con cui si consuma il pasto. Questo è il primo studio che dimostra
come le proteine vegetali potrebbero ridurre il numero di eventi di reflusso nella
prima ora postprandiale.
Questo studio apre interessanti prospettive future alla valutazione di tali
modifiche dietetiche su campioni più ampi e al monitoraggio dell’impatto clinico a lungo termine.
37
3.2 Low FODMAP diet.
Il protocollo dietetico low FODMAP prevede che, per un periodo iniziale di 4-6
settimane, vengano esclusi dall’alimentazione carboidrati fermentabili, a catena corta, scarsamente assorbiti dalla barriera intestinale, al fine di gestire i sintomi
della sindrome dell’intestino irritabile (IBS). L’IBS è un disturbo gastrointestinale funzionale molto comune che colpisce il 15% della popolazione nel mondo
occidentale ed è causa di più del 50% delle visite annuali in gastroenterologia27.
La diagnosi di IBS è una diagnosi di esclusione e i sintomi più comuni sono
gonfiore e dolore addominale, flatulenza, diarrea alternata a stitichezza e
alterazioni aspecifiche dell’alvo. La dieta FODMAP è un approccio non adatto a tutti i pazienti in quanto non si tratta di una dieta sostenibile a lungo termine.
Esistono diversi gruppi FODMAP in base alla lunghezza della catena dei
carboidrati che inducono i sintomi, variabili per tipo e intensità in ogni paziente
sulla base della suscettibilità interindividuale.
• Oligosaccaridi: fruttani e galatto-oligosaccaridi (GOS) hanno le catene più lunghe e si trovano naturalmente negli alimenti a base di segale e grano,
legumi, noci, carciofi, cipolle e aglio. Si tratta di componenti non assorbite
dall’apparato digestivo umano, risultano altamente fermentabili e determinano un’alta produzione di gas quando incontrano la flora batterica, sono causa di gonfiore, dolore addominale ed eccessiva flatulenza tipici
38
• Disaccaridi: il lattosio, zucchero disaccaride presente nei latticini, richiede l’azione dell’enzima lattasi per essere scisso nei due monosaccaridi che lo compongono e digerito. L’attività della lattasi può essere ridotta in alcune popolazioni, come in Asia e nell’area del Mediterraneo, con l’avanzare dell’età e durante periodi di infiammazione intestinale come in caso di malattia di Crohn. In caso di scarsa attività della lattasi, da verificare tramite
breath test, la dieta FODMAP prevede l’esclusione di tale zucchero dalla dieta.
• Monosaccaridi: il fruttosio è uno zucchero monosaccaride molto diffuso, è presente nella frutta come mele, pere, cocomero, mango, e nel miele, si trova
come dolcificante in forma di fruttosio o sciroppo di fruttosio. È scarsamente
assorbito lungo l’intestino e questo crea un effetto osmotico.
• Polioli: i polioli più comuni negli alimenti sono il mannitolo e il sorbitolo, presenti nelle mele, pere, drupacee, cavolfiore, funghi e piselli. Questi polioli
insieme a xilitolo, isomalto e altri sono usati come dolcificanti nelle chewing
gum e nelle caramelle. Questi, come il fruttosio, sono poco assorbiti
nell’intestino determinando un effetto osmotico.
In figura 4 e 5 viene mostrato come gli alimenti low FODMAP abbiano una scarsa
variabilità, comportando una ridotta scelta alimentare, motivo per cui la dieta
39
Studi recenti hanno mostrato che i sintomi dell’IBS si sovrappongono spesso a pirosi gastrica funzionale (FH) e dispepsia funzionale. La FH è una condizione
clinicamente indistinguibile dalla GERD ma ha la caratteristica di non essere
caratterizzata da reflusso acido documentabile con tecniche di diagnostica
strumentale e di non presentare alcun vantaggio dalla terapia con PPI. Sulla base
della sovrapposizione di sintomi tra IBS e FH, si è cercato di valutare l’utilità
dell’applicazione di una dieta low FODMAP nella gestione di pirosi e dispepsia anche nella malattia da reflusso gastroesofageo, per l’analogia clinica con la FH.
40 Fig. 4: contenuto in oligosaccaridi di frutta e verdura low e high FODMAP26.
41 Fig 5: contenuto di oligosaccaridi in pane, cereali, legumi, noci e semi26.
42
In uno studio pisano28 è stata indagata l’efficacia di una dieta a basso
contenuto di FODMAP rispetto a una dieta ad alto contenuto di FODMAP nel
ridurre la pirosi gastrica nei pazienti con FH, dunque nessuna evidenza
clinico-strumentale di reflusso gastroesofageo. Si tratta di uno studio controllato e
randomizzato in cui sono stati arruolati 31 pazienti con FH (normale esposizione
esofagea all’acido, normale numero di reflussi, nessuna correlazione sintomo-reflusso e nessun sollievo dal bruciore durante il trattamento con PPI) valutati
tramite MII-pH e risposta al trattamento con PPI. Tutti i pazienti sono stati
sottoposti ai questionari Likert e VAS per rilevare i sintomi di GERD e IBS prima
e dopo l’intervento dietetico. I pazienti FH sono stati suddivisi in modo randomizzato in un gruppo A sottoposto a una dieta low FODMAP ed un gruppo
B che ha seguito una dieta high FODMAP per 4 settimane; in una fase successiva
i due gruppi sono stati invertiti ed esposti all’altra dieta per un periodo analogo.
Tabella 7: risultati di tutti i pazienti (n=31) che hanno completato i periodi di dieta low e high FODMAP 28.
43
In base ai risultati (Tabella 7) è stato dimostrato che una dieta a basso
contenuto di FODMAP si è rivelata in grado di ridurre la percezione di pirosi
retrosternale rispetto alla dieta ad alto contenuto di FODMAP in pazienti con FH
che non traevano beneficio dal trattamento con PPI28.
Un altro studio sperimentale29 ha verificato l’effetto della dieta low FODMAP su 12 pazienti con GERD o esofagite da reflusso valutate con MII-pH. I pazienti
erano in trattamento continuativo con PPI e sono stati istruiti da uno specialista
dietista rispetto alla dieta. La MII-pH è stata effettuata prima dell’introduzione
della dieta e dopo 4 settimane di dieta low FODMAP insieme a un questionario
sulla qualità di vita SF-36 ed al questionario GERDQ. Secondo i risultati
l’introduzione di FODMAP in termini di grammi/die è stata significativamente ridotta con andamento contestuale al numero totale dei reflussi/die. Tramite
GERDQ è stata rilevata una riduzione di pirosi e rigurgito, tanto da poter
concludere che un approccio tramite dieta low FODMAP sia utile nella gestione
dei sintomi di pazienti GERD refrattari a terapia con PPI29.
Da questi studi preliminari è possibile concludere che probabilmente la dieta
low-FODMAP sembra avere uno scarso effetto sulla riduzione dei sintomi nei
pazienti affetti da GERD propriamente detta, e che siano necessari campioni di
analisi molto ampi per poter ottenere dati significativi. I soggetti che mostrano
44
Il motivo che giustifica perché una dieta programmata per avere effetto sul
tratto gastrointestinale inferiore (colon in particolare) debba invece funzionare nei
soggetti affetti da FH non è noto. Si ipotizza che la presenza di un overlap
sintomatologico fra FH ed IBS possa essere alla base della spiegazione di tale
beneficio. Altri trial randomizzati e controllati sono in corso in vari paesi di
Europa.
È opportuno puntualizzare che la dieta low FODMAP definisce diverse fasi
di approccio: la prima, di durata variabile da 4 a 6 settimane, che prevede
l’esclusione dalla dieta degli alimenti ad alto contenuto di FODMAP; una seconda, più duratura, che prevede la reintroduzione sistematica degli alimenti in
base ai gruppi FODMAP per valutare l’insorgenza dei sintomi in base alla quantità di FODMAP proposta e consente di stabilire la tolleranza dell’individuo
a quel particolare elemento. Se mal gestita o condotta per troppo tempo può
condurre il paziente a uno stato di malnutrizione, essendo molto limitante quanto
a scelte nutrizionali, almeno nella prima fase di completa esclusione. Sarebbe
pertanto interessante valutare gli effetti a lungo termine di questo protocollo sui
sintomi da reflusso, oltre che sulla tollerabilità e accettabilità della dieta nei
45
Conclusioni.
Alla luce delle evidenze riportate emerge che, nel tempo, sono stati valutati
diversi tipi di intervento sulle modifiche dello stile di vita, finalizzati alla gestione
dei sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo, con gradi di efficacia
differenti. Attualmente non esistono linee guida alimentari o indicazioni
dietetiche univoche, che portino a una riduzione incontrovertibile dei sintomi da
reflusso, ma esistono indicazioni di massima che consentono al paziente di
orientarsi nelle scelte nutrizionali e comportamentali e che si associano
effettivamente a un miglioramento della sintomatologia nella maggior parte dei
casi, ma la cui efficacia è strettamente dipendente dalla suscettibilità
interindividuale. Uno stile di vita sano, inteso come l’insieme di abitudini dietetiche equilibrate e adatte all’individuo, unite a un corretto grado di attività fisica, sono un fattore protettivo dall’insorgenza di reflusso e contribuiscono a ridurre le comorbidità, migliorando la qualità della vita generale del paziente. I
risultati preliminari dei recenti studi sugli effetti della dieta FODMAP e della
qualità delle proteine sul reflusso sembrano aprire un’ulteriore prospettiva sull’argomento, offrendo una base per nuove indagini a lungo termine e su più larga scala.
L’unico intervento che ha documentato una efficacia significativa nel miglioramento del reflusso, in termini di episodi di reflusso documentabili agli
46
con circonferenza vita elevata: un calo ponderale del 10% unito alla riduzione
della circonferenza addominale, porta ad una riduzione della pressione
intragastrica, migliora il gradiente pressorio e la compliace esofagea, risultando
47
48
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