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I metodi a luce codificata si basano sulla proiezione sulla scena di un pattern luminoso che vene codificato, ovvero viene associato ad ogni punto sulla scena un codice che risolve automaticamente il problema della corrispondenza tra i punti acquisiti e i punti proiettati.

È il metodo più affidabile per la digitalizzazione di un oggetto.

Il classico metodo a luce codificata prevede l’uso di una telecamera e un proiettore (figura 3.15): i piani di luce vengono generati dal proiettore sul pezzo e vengono codificati in parallelo con una sequenza temporale di immagini binarie.

Una colonna del piano immagine del proiettore corrisponde a un piano di luce proiettato e la linea intersezione tra la superficie e il piano di luce viene acquisita dalla telecamera. Il punto tridimensionale relativo al singolo pixel acquisito viene ottenuto intersecando il raggio ottico passante per quel pixel e il piano di luce.

L’aspetto più importante propedeutico a questa tecnica è la calibrazione che deve essere effettuata sul sistema telecamera-proiettore-oggetto rima della scansione.

Questo aspetto, che è relativo alla conoscenza degli angoli e delle distanze tra questi elementi, è di fondamentale importanza e verrà approfondito più avanti.

Per quanto riguarda la scelta dei pattern luminosi da adottare, essi assegnano un codice unico a un determinato set di pixel, mappando totalmente la scena acquisita dalla telecamera.

Evoluzione del sistema ad una telecamera e un proiettore (che funge da parte attiva per la stereovisione) è quello formato da due telecamere e un proiettore al centro (figura 3.16).

Dato che la scena è codificata, si ottiene un’ottima qualità ed affidabilità di acquisizione delle immagini e di corrispondenza tra i punti coniugati delle due telecamere.

31  Time Multiplexing (figura 3.14): possiede un elevato contrasto, con la proiezione delle immagini ad intervalli successivi che suddividono la scena per step, partendo da un’immagine metà banca e metà nera fino ad arrivare all’indicizzazione finale pari al numero di pixel in larghezza del proiettore.

La successione delle bande codificate sul pezzo è pari a 2𝑛𝑛 su tutti i punti, dove 𝑛𝑛

è il numero di immagini proiettate sulla scena; ad ogni proiezione un determinato punto è illuminato alternativamente da luce bianca o nera con accanto una linea di divisione a massimo contrasto.

Il metodo è molto accurato per due motivi: il primo è che la base della codifica può essere binaria, data la proiezione di più pattern sull’oggetto. Il secondo motivo è dovuto al metodo di proiezione, da grossolano a preciso, che rende il metodo stabile, preciso e poco sensibile agli errori di codifica.

Nella proiezione da parte del proiettore di una sequenza di immagini binarie sull’oggetto, queste vengono successivamente acquisite da due telecamere stereo e inviate al software di gestione.

Materialmente sull’oggetto vengono proiettate una serie di linee che vengono codificate e successivamente acquisite attraverso le proiezioni di queste linee sul piano immagine di ogni telecamera.

Per generare un numero elevato di linee, è stato utilizzato un metodo di codifica basato sulla proiezione e sulla successiva acquisizione di 𝑛𝑛 immagini a frange parallele, di dimensioni progressivamente dimezzate.

32 Ogni pixel acquisito avrà una determinata intensità luminosa, dal chiaro (bianco) allo scuro (nero), in base alla sua posizione del punto del corpo acquisito a cui è associato quel pixel.

Ad ogni pixel viene successivamente assegnato un numero del codice binario a 𝑛𝑛 bit (in questo caso 2), 0 o 1, dove 𝑛𝑛 è il numero di immagini proiettate sul corpo; il valore 0 o 1viene invece associato al pixel corrispondente in base al livello di illuminazione ottenuto sul corpo (0 = scuro, 1 = chiaro, rispetto ad un opportuno valore soglia).

Figura 3.15: Sistema mono telecamera David-3d SLS-3

33 Questa codifica delle immagini ci permette di generare 𝑙𝑙 = 2𝑛𝑛 – 1 linee di passaggio da pixel scuri a pixel chiari.

Se ad esempio utilizzassimo sequenze di 10 immagini proiettate sul corpo, potremmo codificare 𝑙𝑙 = 1023 linee sul corpo.

Attraverso questa procedura, le linee acquisite dalle telecamere (che sono determinate attraverso le zone di transizione tra pixel chiari e scuri) vengono messe in correlazione con quelle proiettate dal proiettore (che sono ad ottima definizione e note a priori) (figura 3.19).

Quest’ultimo aspetto, relativo alle immagini acquisite alle telecamere, ha un’evidente problematica legata alla zona di transizione tra pixel chiaro e pixel scuro. La zona di transizione non presenta una variazione netta e pulita di colorazione, ma possiede un gradiente di livelli di grigio che si estende per una larghezza pari a qualche pixel, andando a peggiorare l’acquisizione e generando rumori (figura 3.18).

Figura 3.17: Direct Codification su mappa di colori

34  Direct Codification (figura 3.17): Con questa tecnica ogni pixel viene indicizzato attraverso un’ampia gamma di colori, permettendo un’ottima risoluzione che purtroppo, però, complica il processo di analisi a causa delle possibili somiglianze di colori adiacenti, portando dunque a una perdita di affidabilità di ricostruzione.

Figura 3.19: Immagini codificate inviate dal proiettore sul corpo

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3.2.2. Tecniche passive

Le tecniche passive hanno un funzionamento simile al sistema visivo umano, non richiedendo fonti di energia aggiuntiva, utilizzando la radiazione luminosa disponibile nell’ambiente.

Sono tecniche molto economiche perché non necessitano nella maggior parte delle applicazioni di hardware specializzati.

Si distinguono le tecniche monoculari shape -from -X e i metodi di visione stereo.

Le tecniche shape-from-X si basano sulla conoscenza di alcune caratteristiche dell’oggetto da rilevare, analizzando le immagini 2D e la loro luminosità acquisite da una normale fotocamera, ricavandone informazioni sulla forma spaziale.

Nei metodi basati sulla visione stereo viene riproposto il funzionamento del nostro sistema visivo, con la qualità percettiva garantita dalla sovrapposizione di due immagini provenienti dai due occhi, ricostruendone la profondità spaziale a partire da due immagini 2D.

La visione stereo richiede due fotocamere che da punti diversi guardano la stessa scena. Analizzando le differenze delle immagini e conoscendo la posizione relativa delle fotocamere dall’oggetto è possibile determinare la distanza di ogni punto visualizzato. Questo metodo richiede però la soluzione del problema della corrispondenza dei punti (matching problem) per il recupero delle informazioni tridimensionali a partire da coppie di immagini 2-D. Questo viene risolto mediante l’analisi di caratteristiche di interesse che siano stabili rispetto al cambio del punto di vista (feature-based) o ricorrendo a tecniche di correlazione tra i livelli di grigio (intensity-based).

In definitiva le tecniche passive non permettono una buona qualità dei risultati ottenuti, i modelli digitalizzati infatti hanno una qualità solo discreta che non è sufficiente per ricostruire totalmente e in maniere ben definita l’oggetto da acquisire. Queste tecniche vengono infatti usate nella maggior parte dei casi nella visione 3D dei robot industriali, nei quali è sufficiente carpire una forma solo sommaria dell’oggetto.

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Capitolo 4

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