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Sei lunghi mesi nell’Isola

Una corona di spine L’esilio in Sardegna IV.1 Carlo Emanuele IV e Maria Clotilde regina

IV.3 Sei lunghi mesi nell’Isola

Conclusi i riti d’accoglimento, giunse il momento di sistemare degnamente la Famiglia Reale, abituata alla comodità dell’avita reggia torinese; il Palazzo Viceregio che avrebbe dovuto ospitarli,

365 G. MANNO, Il giornale di un collegiale in Opuscoli Editi e Inediti, volume

117

somigliava ad una fortezza, e poco aveva delle caratteristiche di una dimora adatta alla corte di un sovrano, tanto che la stessa Clotilde rimase delusa alla vista del disadorno château. Pentita della propria iniziale reazione, si accostò al marito per scusarsi: “[…] pare che io non sia contenta di quello che Voi mi date!”366.

La residenza prescelta, sgomberata celermente dal Vivalda, non era comunque sufficiente ad accogliere tutti i principi, quindi l’Arcivescovo ed alcune nobili famiglie offrirono le loro sedi, ma anche mobili, arredi e vasellame. Durante la prima notte, nel tentativo di scaldare gli umidi ambienti, si sprigionò un piccolo incendio, subito domato senza che l’incolumità dei sovrani fosse lesa; la pioggia caduta dopo un lungo periodo di siccità (che alcuni considerarono un dono divino concesso per intercessione della Regina), aveva infatti abbassato le temperature solitamente miti, costringendo i garzoni a rimediare come possibile, per rendere tiepide e confortevoli le stanze dei sovrani.

Risolta la questione dell’alloggio, Carlo Emanuele IV si preparò a riorganizzare il proprio Regno367. Scrisse innanzitutto al Granduca di Toscana per ringraziarlo dell’ospitalità ricevuta: “J’espère que,

tandis que je m’occuperai du bonheur de cette île, les cours amies et alliés voudront bien s’intéresser à l’amélioration de mon sort, surtout à l’époque d’un arrangement général des affaires de l’Europe […]”368

. Come riportato nella già citata Relazione, egli concesse “[…] amnistia generale a tutti i delinquenti di politiche opinioni, […] grazia a tutti i rei di qualunque delitto fatto finora al

366

P. G. PARISI (T.O.R.), La Venerabile Maria Clotilde Regina di Sardegna, cit., p. 87.

367 Secondo Berthier, grazie alle sue riforme, Carlo Emanuele IV “amèliore la

Sardaigne sans bruit”. I. CALIA, Francia e Sardegna nel Settecento, cit., p. 93.

Sull’argomento anche A. P. BRANCA, La politica economica del governo sabaudo in

Sardegna (1773-1848), Padova, CEDAM, 1928.

368 BEAUSIRE-SEYSSEL (Vicomtesse de), Madame Clotilde de France Reine de

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giorno del suo arrivo, eccetto uxoricidio, fratricidio, parricidio e infanticidio […]”369; un mese più tardi “Sua Maestà [presentò]

varie provvidenze per il più celere ed esatto corso dei procedimenti Criminali e sulle pene di vari delitti”370

, e con una circolare accordava perfino un indulto ai disertori delle Regie Truppe371. Procedette poi all’assegnazione delle cariche: scelse come Ministro il conte Domenico Simeone Ambrosio di Chialamberto (1754- 1803), fece Governatore della città di Cagliari, del Capo Meridionale, della Gallura e Generale delle Armi, il Duca d’Aosta, mentre a reggere la città di Sassari ed il Capo Settentrionale pose l’altro fratello, il Duca di Monferrato. La Fanteria fu assegnata al Duca del Genevese, la Cavalleria Miliziana al Conte di Moriana e l’amministrazione delle Torri allo zio Duca del Chiablese. Nonostante un decreto del 28 luglio 1796 riservasse tali cariche ai cittadini sardi, essi dovettero raccogliere le briciole: a Gavino Cocco spettarono le funzioni presidenziali del Consiglio di Stato e di magistrato della Reale Udienza, a Pietro Fancello la qualifica di primo Ufficiale del Re e a Vincenzo Sulis372 la direzione delle Saline. Non restava che garantirsi un appannaggio. Gli Stamenti quindi, senza indugio, assegnarono un donativo straordinario al re di L. 600 mila di Piemonte: non era una cifra cospicua, ma senz’altro generosa viste le condizioni della Sardegna. Ma come venivano ripartiti i compensi della corte? Per averne cognizione, trascriviamo nel dettaglio lo Stato degli Stipendi fissati in moneta

369 ANONYMOUS, Relazione del Ricevimento e Feste, cit. Altresì, cfr., A.S.C., Atti

Governativi e Amministrativi, vol. 10, c. 669, Regio Editto Con cui rendendo noto

l’arrivo di Sua Maestà in questa Capitale s’accorda generale amnistia per i delitti così detti di politiche opini0oni, ed altri anteriori all’epoca del detto arrivo, eccettuati quelli di parricidio, infanticidio, uxoricidio e fratricidio, 6 marzo 1799.

370 Ivi, c. 676, Regio Editto del 15 aprile 1799. Cfr., M.L. PLAISANT, Politica e

Amministrazione sabauda fra Settecento e Ottocento, Cagliari, s.n., 1983, pp. 41-44.

371 A.S.C., Atti Governativi e Amministrativi, vol. 10, c. 670, Circolare per accordare

indulto anche ai disertori delle Regie truppe, 12 marzo 1799.

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di Piemonte a ciascuno degli impiegati nella real Corte al servizio delle L.L. M.M. il Re e la Regina e di S.A.R la Principessa Felicita373, datato 20 maggio 1799.

Regia Cappella all’anno

Confessore L. 600

Cappella L. 400 Regia Camera

Fama di Sua M.tà la Regina L. 600 Aiutante di Camera di Sua M.tà L.600

Tesoriere privato delle L.L. M.M. L. 400 Coeffeusa L. 300

Ispettore del Guardamobile L. 500 Garzone di Camera di Sua M.tà il Re L. 400

Garzone di Camera di Sua M.tà la Regina L. 400 Foriere de’ Palazzi Reali L. 300 Tapezziere L. 200

Usciere L. 350

Peigneur di Sua M.tà L. 350 Caporale de’ Portantini L. 300

Portantino L. 250

Camera di S.A.R. la Principessa Felicita

Fama L. 600 Aiutante di Camera L. 600 Tesoriere privato L. 200 Coeffeusa L. 300 Garzone di Camera L. 350 Regia Casa

373 A.S.C., Regia Segreteria di Stato e di Guerra (1720-1848), serie II, vol. 44, Materie

di Corte, c. 212. Per gli appannaggi dei Principi cfr., A.S.C., Regie Provvisioni, vol.

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Medico delle L.L. M.M. L. 1400 Sopraintendente alla Spezieria L. 400

Segretaro dell’Intendenza della Casa L. 400 Controllore L. 600 Capo degli Uffici L. 450

Altro Capo degli Uffici L. 150 Primo aiutante degli Uffici L. 350

Aiutante degli Uffici L. 300 Capo Cuoco col titolo di Controllore di Cucina L. 800

Primo Aiutante di Cucina L. 350 Garzone col titolo di Aiutante di Cucina L. 300

Caporale de Valets a piedi L. 400 Due Valets a piedi più anziani per ciascuno L. 275

Altri Valets a piedi per ciascuno L. 350

Regia Scuderia

Maestro di Stalla L. 1050 Cocchiere L. 850

Postiglione L. 725

Garzone di Carrozza, o Palafreniere L. 600 Altri documenti riportano la precisa suddivisione del donativo: L.

35.000 al Re, L. 18.000 alla Regina, L. 227.000 alla Real Casa, L. 10.000 alla Principessa Felicita e L. 310.000 ai Principi.

Per rimpinguare la cassa regia, furono allungate le mani su fondi speciali e si dovettero aumentare i tributi374; forse proprio a tal proposito, si disse che “il re non era venuto per governare ma per mangiare”375

.

374 Cfr., G. MADAU DIAZ, Storia della Sardegna dal 1720 al 1849, Cagliari, Editrice

sarda Fossataro, 1971, pp. 322-323; C. SOLE, Le “carte Lavagna” e l’esilio di Casa

Savoia in Sardegna, Milano, Giuffrè Editore, 1970, p. 49 e sgg.

375 A.S.C., Regia Segreteria di Stato e di Guerra (1720-1848), serie II, vol. 1686,

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I Savoia poterono contare anche sui sostegni finanziari messi a disposizione dallo Zar e dall’Inghilterra, apertamente ostili alla Rivoluzione regicida e desiderosi che Carlo Emanuele si riappropriasse del legittimo trono. In seguito, avremo modo di spiegare concisamente il ruolo di questi due alleati.

La consultazione delle fonti archivistiche ha permesso l’acquisizione di ulteriori informazioni sulle persone che componevano la corte di Carlo Emanuele IV a Cagliari: “Abbiamo nominato, e per le presenti nominiamo per Dama di Palazzo della Regina mia amatissima consorte la Baronessa di Teulada D.na Genovieffa […]”376, insieme alla quale si incarica anche la Marchesa D.na Francesca Amat di Villarios377.

La Signora Marchesa D.na Teresa Vivaldi offrirà i suoi servigi alla duchessa d’Aosta, quelle di Boil e Amat di San Filippo alla duchessa del Chiablese. La principessa Felicita, invece, avrà come dama Donna Francesca Quesada378. Il Garzone di Camera della regina è Giuseppe Badoglio, il Gentiluomo di Camera del re è il Marchese di Laconi Don Ignazio Aymerich; il Primo Scudiere della regina è il Capitano di Cavalleria Tommaso Ferrero, il secondo scudiere è il Marchese di San Tommaso379.

La fama di santità aveva preceduto Clotilde, che fin da subito si adoperò in favore delle pratiche religiose a lei tanto care, riportando addirittura in auge alcune processioni pressoché dimenticate; si preoccupò perfino dell’attività religiosa dei propri domestici, che non potendosi recare in chiesa, mettevano a rischio la salvezza della loro anima: ogni venerdì, per desiderio della

376

A.S.C., Regie Provvisioni, vol. 24, c. 5r, 11 marzo 1799.

377 Cfr., Ibidem. 378 Cfr., Ivi, c. 5v.

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sovrana, padre Felice Botta, confessore del re, faceva quindi catechismo a tutta la corte.

In Sardegna l’aristocrazia era molto religiosa e si atteneva alle tradizioni spagnole, quindi Clotilde non riscontrò alcuna difficoltà nell’adattarsi, mostrando attiva partecipazione: il 21 marzo, giovedì santo, assistita dall’Arcivescovo, lavò i piedi a tredici ragazze, ed il re fece altrettanto con un numero eguale di giovani, riproponendo gli umili gesti del Cristo. La Cattedrale, gremita, assistette commossa. Cinque giorni dopo, in occasione della festa di Santa Maria Chiara, la corte si recò a Pirri380 per l’annuale corsa dei cavalli; al termine della rappresentazione, i sovrani beneficiarono dell’ospitalità di Annica Cambilargiu, che donò loro vino e dolci. Scopriamo inoltre un particolare pressoché inedito: essi furono assidui ospiti del marchese di Vallermosa a Orri; tale notizia è resa da un’unica fonte che valutiamo comunque attendibile381.

Nonostante le responsabilità connesse al suo status, anche nell’Isola, come a Torino, il suo impegno spirituale non venne mai a mancare382; durante le frequenti visite alle Monache Cappuccine, conobbe l’ex gesuita383

Giovanni Battista Senes (1730-1815), chiamato poi a sostituire Don Tempia rimasto a Livorno. Da questo

380 Cfr., C. SOLE, Le “carte Lavagna” e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna, cit., p.

91.

381

REISET (par le Comte de), Lettres inèdites de Marie-Antoinette et de Marie-

Clotilde de France (soeur de Louis XVI) Reine de Sardaigne, cit., p. 205 (in nota).

382 Cfr., C. CAVATTONI (sacerdote), La vita della Venerabile Maria Clotilde

Adelaide Principessa di Francia e regina di Sardegna, Verona, Vicentini e Franchini,

1858, p. 90.

383 Nel 1773, con il Dominus ac Redemptor, Clemente XIV soppresse la Compagnia di

Gesù, su pressione di alcuni sovrani europei. Cfr., C. RENDINA, I Papi, storia e

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legame spirituale nacque un interessante epistolario384 che avremo modo di citare.

Bruno Manunta nella sua opera Una regina e il confessore accusa Maria Clotilde di ingerenza negli affari di Stato, spogliandola della sua aura virtuosa, visti i continui espedienti che l’autore avrebbe notato nelle lettere al Senes, per una ricostituzione della Compagnia di Gesù385; la definisce come “abbastanza intelligente, ma pervasa da anormali scrupoli religiosi”386 e vede nel chierico “il

dominus della coscienza dei reali”387. Il Parisi però difende Maria Clotilde scrivendo: “Se dunque nelle sue lettere […] ebbe a toccare non poche volte affari di Stato, ciò fu per chiedere umilmente pareri e consigli su questioni riguardanti la fede, la morale e i diritti della Chiesa e non certo […] per ambiziosa intromissione o per avidità di dominio”388. Date le accuse mosse, non ci pare utile, in

tal sede, giudicare se l’acredine mostrato dal Manunta nei confronti della sovrana avesse davvero fondamento; tuttavia, riteniamo opportuno ricordare che, nonostante ella fosse votata alle choses

spirituelles, era pur sempre la consorte di un monarca gracile e

timoroso, tendente a scaricare sulla propria sposa gli oneri politici che debilitavano i suoi fragili nervi389. La reine sicuramente guardava con preoccupazione alla politica estera, ma come testifica Carlo Emanuele, “[…] si teneva sempre indietro, né mai diceva il

384 Si veda l’articolo di E. TOGNOTTI, Se la cronista è Sua Maestà. Il carteggio tra

Maria Clotilde e padre Senes, in La Nuova Sardegna, n. 47, Sassari, 1987.

385 Sulla questione dei Gesuiti, cfr., B. MANUNTA, Una regina e il confessore, cit.,

pp. 183-189. Si vedano anche le lettere del 10 maggio 1800, Ivi, pp. 207-208 e dell’8 aprile 180, Ivi, pp. 310-311.

386

Ivi, p. 104.

387 Ivi, p. 107.

388 P. G. PARISI (T.O.R.), La Venerabile Maria Clotilde Regina di Sardegna, cit., p.

93.

389

Il 9 luglio 1802, dopo aver abdicato, Carlo Emanuele scrisse: “[…] ad ogni momento crescevano le difficoltà provenienti dalla mia incapacità per uno stato di cose molto al di sopra del mio ingegno, della mia salute, e di molte altre cose […]”. Ivi, p. 172.

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suo parere se non pressata da me, né mai si moveva a dare verun passo, se non da me costretta e nelle circostanze in cui io non potevo farlo […]. Non entrò mai nel suo cuore l’ambizione di dominare […], ma conoscendo io la sua rara prudenza e capacità, in varie cose richiedevo il suo parere e consiglio […]”390.

Dopo due mesi trascorsi a Cagliari, i sovrani ricevettero buone nuove dal Piemonte: il 26 maggio l’esercito russo guidato dal generale Aleksandr Vasil’evič Souvarow (1729-1800), supportato da quello austriaco, entrava trionfante a Torino e a nome dello Zar Paolo I (1754-1801), invitava Carlo Emanuele IV a riprendere possesso della sua reggia. La coalizione, formata da queste due potenze, unitamente all’Inghilterra, alla Turchia ed al sovrano di Napoli, bramava la sconfitta della Repubblica Francese ad ogni costo; l’Imperatore russo, noto (si diceva) per la sua propensione a compiere scelte politiche su base sentimentale, giunse in soccorso della coppia reale piemontese, in memoria dell’amicizia che li legava dal 1782, anno in cui conobbe il Principe e la Principessa di Piemonte, perché ospite a palazzo Savoia con la seconda moglie Sofia Dorotea di Württemberg. I due, che durante il loro viaggio per l’Europa si fecero chiamare Conte e Contessa del Nord, rimasero piacevolmente colpiti dalla gentilezza di Maria Clotilde, tanto da riferirlo a Mademoiselle de Condé, la quale scrisse poi all’amata cugina: “Ah! Ma chère cousine, que vous avez raison

d’aimer la comtesse du Nord! […], ils vous aiment bien, je vous assure. Nous avons souvent parlé de vous, et avec bien de plaisir; il faut que je vous remercie, car, sans doute, vous seule êtes la cause des honnetetés qu’ils m’ont faites […]”391.

390 Ivi, p. 90.

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Cos’era accaduto in un lasso di tempo così breve? Mentre Napoleone faceva gli interessi della propria Nazione in Egitto, l’esercito austro-russo sconfiggeva i francesi a Verona, Cassano e Novi, destabilizzando poi gli insediamenti repubblicani di Mondovì e Ceva. Convinto che fosse giunto il momento di occupare nuovamente il trono dei suoi avi, Carlo Emanuele decise di rientrare nella Penisola, nonostante il successivo contrordine di Souvarow che, turbato dall’ambiguità dell’Austria392, dichiarava: “Entrai in Piemonte guidato dall’intendimento di restituirlo subito al suo legittimo Sovrano […]. Fui sollecito di eseguire la volontà del mio imperatore, ma la mai contentezza durò appena pochi giorni […]. Sono costretto nientemeno, che di scrivere al vostro re di sospendere il suo viaggio […], e concludo […] col dirvi, che se il vostro re non ha ancora abbandonata la Sardegna, ritardi la sua partenza; e che, ove fosse in viaggio, si fermi prima di giungere alla frontiera del Piemonte […]”393. Ma l’accorato appello fu inutile. I sovrani si imbarcarono per Livorno il 18 settembre sulla nave inglese Fulminate, scortata dalla fregata Santa Teresa, lasciando la reggenza dell’Isola a Carlo Felice, annunciata quattro giorni dopo con un pregone394: “Duca del Genevese, mio amatissimo fratello: gli affari de’ Nostri Stati di Terraferma esigendo la Nostra presenza, nella circostanza di dover destinare un soggetto […], abbiamo rivolto le Nostre mire nella vostra persona […] vi eleggiamo, costituiamo, e deputiamo […] nostro Viceré, Luogotenente e Capitano Generale […] di questo Nostro Regno […]”395

.

392

Cfr., G. DÌ SONNAZ, Roma e Carlo Emanuele IV di Savoia, cit., p. 34.

393 D. PERRERO, I Reali di Savoia nell’esiglio (1799-1806), cit., pp. 21-22. 394 Cfr., A.S.C., Atti Governativi e Amministrativi, vol. 10, c. 675.

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Il duca d’Aosta li aveva preceduti, abbandonando Cagliari il 15 agosto dopo la morte del suo unico figlio maschio396; non avendo potuto proseguire in direzione della città natia, su esplicito consiglio del Souvarow, si fermò a Vercelli397. Il 2 settembre, la dipartita del duca di Monferrato398, scosse l’animo dell’esule principe che, addolorato, scrisse a Carlo Felice: “Mais, en

attendant, mon fils n’y est plus, et Monferrat non plus, et notre famille va diminuant!”399.

In occasione di tale triste circostanza, Maria Clotilde si rivolse al duca di Moriana Governatore a Sassari: “[…] Je n’ai pas encore eu

le courage de vous écrire dépuis le cruel malheur qui nous a tous accablés de douleur; je vous assure que nous le sentons tous les jours plus vivement […]. Nous avons aussi été bien inquiets pour vous cher frère; mais, grâces à Dieu, on nous assure que vous vous portez bien, ce qui me fait un bien sensible plaisir, et seul peut me consoler de notre si grande separation. Ma tante s’est embarquée ce matin, à six heures […]; nous la suivrons demain au soir

[…]”400

.

396 “[…] S.M. la Regina andò di buon ora a recarne il funesto annunzio alla Duchessa

Madre con molta indifferenza, dicendole che il buon Dio glielo aveva mandato e il medesimo l’aveva tolto […]”. C. SOLE, Le “carte Lavagna” e l’esilio di Casa Savoia

in Sardegna, cit., p. 102.

397

In questa città i duchi d’Aosta, ed in particolare Maria Teresa, costituirono una vera propria corte a carattere mondano. Scrisse a tal proposito Maria Clotilde il 27 febbraio 1800: “[…] Pare in verità che più il Signore ci affligge e ci punisce, più il mondo diviene cattivo, dissoluto ed irreligioso. Non vi sono stati mai tanti balli e divertimenti come in questo anno a Torino e fino a Vercelli; lo tengo nascosto al povero Compagno perché lo affliggerebbe di troppo; tutto il resto va in proporzione; manda da qui [Firenze] ottimi ordini ma non sono eseguiti, insomma l’assicuro che vi è abbastanza di che disgustare affatto dal mischiarsi negli affari del mondo […]”. B. MANUNTA, Una

regina e il confessore, cit., p. 169. “Se non fossimo qui [a Vercelli] in esilio, questo

soggiorno avrebbe per noi tutti i vantaggi possibili per la buona armonia che regna nella nobiltà e per le sue attenzioni per noi […]”, scriveva la duchessa d’Aosta al cognato Carlo Felice nel gennaio del 1800. Ivi, p. 175.

398

Egli è sepolto nel Duomo di Alghero.

399 D. PERRERO, I Reali di Savoia nell’esiglio (1799-1806), cit., p. 36.

400 REISET (par le Comte de), Lettres inèdites de Marie-Antoinette et de Marie-

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Tiriamo alcune somme su questo semestrale esilio. Il periodo trascorso nell’Isola non è stato certamente facile per la famiglia reale, principalmente a causa della carenza dei mezzi economici necessari al mantenimento della corte; gli animi non furono sempre placidi e l’entusiasmo dei primi giorni andò scemando in poco tempo. Il clima domestico, tutt’altro che idilliaco, generava quindi malcontenti e dissapori: “I fratelli del re sono inquieti e l’esilio esaspera e loro ambizioni: mentre il duca del Genevese Carlo Felice si preoccupa di organizzare la polizia dell’isola e di stroncare qualsiasi movimento sovversivo con le impiccagioni, il duca d’Aosta Vittorio Emanuele è impaziente di succedere al trono del fratello. Litigi di una famiglia dinastica, sospetti reciproci, l’aristocrazia minore schierata con l’uno o con l’altro, lo zio Benedetto Maurizio preoccupato per i beni del suo appannaggio e disposto a giurare fedeltà a Napoleone”401

.

Carlo Emanuele IV, che qualcuno definisce “un crudele sovrano”402

, abbandonava la Sardegna in condizioni difficili e nelle mani di due principi che, su indicazione di alcuni consiglieri decisi a mantenere il regime feudale, furono persuasi a riportare l’ordine con “persecuzione e ferocia”403. Il re, a dispetto del contrordine di Souvarow, preferì spostarsi anche per il timore di un imminente sbarco francese nell’Isola, sul quale correvano voci insistenti404.

Nonostante l’allontanamento dall’incubo rivoluzionario, si presagivano le imminenti rivendicazioni del Direttorio, anche per via della dichiarazione rilasciata da Piémont il giorno stesso dello

401

G. OLIVA, I Savoia. Novecento anni di una dinastia, cit., p. 337.

402 Cfr., A. BOI, Carlo Emanuele IV, un crudele sovrano, in La Nuova Sardegna, n. 49,

Sassari, 1953.

403 G. MADAU DIAZ, Storia della Sardegna dal 1720 al 1849, cit., p. 329. Altresì cfr.,

G. SOTGIU, Storia della Sardegna sabauda (1720-1847), Bari, Editori Laterza, 1986, pp. 246-247.

404 Cfr., C. SOLE, La Sardegna sabauda nel Settecento, Sassari, Chiarella, 1984, pp.

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sbarco a Cagliari; per tutelarsi, fece pervenire all’ammiraglio britannico Horatio Nelson (1758-1805), in sosta a Palermo405, una richiesta di appoggio in caso di pericolo.

“Per lui la Sardegna fu una brevissima e non esaltante parentesi (alla partenza le acclamazioni furono poche […] e comprate o vennero dagli uomini del privilegio, del favore o della reazione) […]”406

.

La portavoce dell’insofferenza familiare, è probabilmente la duchessa d’Aosta Maria Teresa che, al conte di Richelmy, scrive: “[…] Cagliari è mal fabbricata, peggio lastricata […] e gli abitanti -prescindendo dalla nobiltà, piuttosto colta- massime le donne, quasi rozzi e totalmente oziosi […]. Il peggio poi si è che non vi è finanza, di modo che viviamo ancora sul prodotto delle nostre gioie”407. Ella dunque “[…] déplore de vivre dans cette ville qui

n’est pas belle et où l’on ne trouve rien. Elle pense que la famille royale sera une lourde charge pour ce pays pauvre, dont les habitants, à la vérité, sont bons, mais dont il n’est guère possible d’améliorer le sort”408

. Qualche anno più tardi, il tono delle sue parole sarà di rimpianto: “Pour moi, qui voulais, dez l’année