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M ODALITÀ OPERATIVE PER LA VERIFICA DELL ’ USURA SOPRAVVENUTA

CAPITOLO III LA C.T.U NELLE CAUSE DI USURA E ANATOCISMO

3.2 IL RICALCOLO DEL SALDO DI CONTO CORRENTE

3.3.2 M ODALITÀ OPERATIVE PER LA VERIFICA DELL ’ USURA SOPRAVVENUTA

Nella circostanza in cui, invece, il quesito richieda al C.T.U. di investigare anche ciò che è successo durante lo svolgimento del rapporto, allora si entra nel campo dell’usura sopravvenuta.

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Come è noto, l’usura sopravvenuta, declinata nei rapporti di mutuo, riguarda esclusivamente, o il caso di un contratto stipulato prima del 1996, divenuto usurario a seguito dell’entrata in vigore della legge 108, oppure il caso di un tasso, originariamente lecito, che diventa usurario per effetto della successiva dinamica dei tassi-soglia.

Anche per quanto attiene all’usura sopravvenuta, i calcoli possono essere sviluppati lungo due direttrici. È, tuttavia, a tal fine indispensabile che il C.T.U. possa disporre, non solo del piano di ammortamento originario, ma anche delle evidenze documentali relative allo sviluppo effettivo del rapporto contrattuale.

Nel suo lavoro, il C.T.U. può procedere, in primo luogo, confrontando il TEG applicato sulla singola rata con il tasso-soglia e, in secondo luogo, confrontando il tasso di mora con il tasso-soglia. Quindi, la medesima duplice prospettiva adottata con riferimento all’indagine dell’usura originaria, può essere qui replicata ai fini della verifica dell’usura sopravvenuta.

La formula da applicare, in questo caso, è decisamente più semplice: potrà infatti applicarsi la formula inversa del tasso di interesse, tanto nel primo quanto nel secondo caso.

Più precisamente, per quanto riguarda il confronto del TEG applicato sulla singola rata con il tasso-soglia, la formula da utilizzare per il calcolo del TEG è la seguente:

𝑇𝐸𝐺 𝑅𝑎𝑡𝑎 = 𝑄𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑥 36.500

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Ai fini della corretta applicazione della formula, si consideri che la “quota interessi” deve comprendere anche le spese relative alla rata, che il “capitale residuo” è l’importo del capitale residuo dopo il pagamento della rata esaminata e che i “giorni” sono calcolati come differenza tra la data di scadenza della rata in oggetto e quella della rata precedente.

Un calcolo assolutamente simile lo si può fare laddove non si operi più nell’ambito della fase fisiologica del rapporto, bensì nella fase patologica dello stesso.

In questo caso, secondo quella che è la prassi in materia, la formula può essere impostata in due diversi modi.

Un primo modo consiste nel rapportare, al numeratore, gli interessi moratori moltiplicati per 36.500 e, al denominatore, l’importo in linea capitale della rata (101) moltiplicato per il numero dei giorni. In questo caso, però, i

giorni non sono più quelli compresi tra la data di scadenza della rata e la data di scadenza della precedente rata, ma sono quelli intercorsi tra la data di effettivo pagamento della rata e quella di originaria scadenza. Non si dimentichi, infatti, che stiamo parlando di una rata che è stata pagata in mora.

𝑇𝐸𝐺 𝑀𝑜𝑟𝑎 (1) = 𝐼𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑥 36.500

𝐼𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑥 𝐺𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖

101 L’importo capitale della rata è l’importo della singola rata in linea capitale secondo l’originario piano di ammortamento.

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Un secondo modo, invece, prevede di inserire al denominatore della formula, non l’importo in linea capitale della rata, bensì il suo importo globale (102) sul quale effettivamente sono stati calcolati gli interessi moratori.

𝑇𝐸𝐺 𝑀𝑜𝑟𝑎 (2) = 𝐼𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑥 36.500 𝐼𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑔𝑙𝑜𝑏𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑥 𝐺𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖

102 L’importo globale della rata è l’importo della singola rata in linea capitale e in linea interessi secondo l’originario piano di ammortamento.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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GIURISPRUDENZA CITATA

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v Cass. civ. sez. unite, 4 novembre 2004, n. 21095. v Cass. civ., sez. unite, 2 dicembre 2010, n. 24418. v Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2013, n. 350.

v Cass. civ., sez. I, 11 gennaio 2013, n. 602 e 603. v Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 1998, n. 11055. v Cass. pen., sez. II, 12 maggio 1999, n. 6015. v Cass. pen., sez. II, 13 ottobre 2005, n. 41045. v Cass. pen., Sez. II, 9 febbraio 2010, n. 12028. v Cass. pen., sez. II, 29 febbraio 2010, n. 12028. v Cass. pen., sez. II, 7 maggio 2014, n. 18778.

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v Collegio di Coordinamento ABF, 10 gennaio 2014, decisione n. 77. v Consiglio di Stato, 3 dicembre 2007, n. 6689.

v Corte Costituzionale, 26 marzo 1966, n. 26. v Corte Costituzionale, 17 ottobre 2000, n. 425. v Corte Costituzionale, 25 febbraio 2002, n. 29. v Trib. Avezzano, 21 gennaio 2015.

v Trib. Milano, 13 novembre 1997. v Trib. Pordenone, 7 marzo 2012. v Trib. Reggio Emilia, 4 dicembre 2011. v Trib. Roma, 22 giugno 2000.

v Trib. Terni, 16 gennaio 2001.

v Trib. Torino, 23 dicembre 2015, ordinanza n. 37403.

Cito per completezza il corso universitario di perfezionamento e aggiornamento professionale Usura e anatocismo. Il ruolo del Consulente Tecnico d’Ufficio e

del Perito di Parte (103) che mi ha suggerito spunti e riflessioni per l’elaborazione di questa mia tesi e utili indicazioni per il suo approfondimento.

103 Università di Pisa, febbraio 2016.