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STORIA DELLE MAFIE

2.3 Mafie altrove

È possibile cogliere l’emergere di fenomeni criminali di tipo mafioso in diversi contesti geografici e socio-culturali: si tratta talvolta di trapianti, ovvero di sviluppo di cellule mafiose a partire dai gruppi radicati originariamente in altri territori che dislocano le loro attività e che mantengono un legame con il gruppo originale, per poi progressivamente autonomizzarsi; si tratta talvolta dell’emergere di fenomeni che nulla hanno a che fare con il nostro Paese, ma che presentano caratteristiche che li rendono essenzialmente simili a quanto si è sviluppato nel nostro meridione.

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Nei paragrafi successivi verranno presentati alcuni studi che esemplificano l’emergere di mafie in territori differenti dal meridione d’Italia. Alcune organizzazioni condividono percorsi di origine e si manifestano con modalità e dinamiche molto somiglianti a quelle delle mafie italiane: si tratta delle triadi cinesi di Hong Kong e Taiwan, la Yakuza giapponese, la Solncevo e altri gruppi russi. Oltre ad alcuni elementi comuni per quanto riguarda il modello criminale e fattori del contesto di origine, gli autori hanno rilevato anche la sovrapposizione di norme e linguaggi simbolici, con il riferimento alla simbologia del sangue, il giuramento d’onore, norme che – in termini ideali - escludono le donne, proteggono i minori, vietano adulteri, omosessualità, reati a danno degli affiliati. La mafia italo-americana419 rappresenta un caso particolare di mafia che si è comunque originata in connessione con Cosa nostra siciliana. Anche a livello europeo riscontriamo presenze mafiose che si esprimono con diverse modalità e di cui diventa sempre più importante essere consapevoli proprio per l’esistenza dell’Unione Europe come entità sovranazionale che rende maggiormente interdipendenti economie e scelte legislative.

2.3.1 Origine e sviluppi della yakuza giapponese

La moderna yakuza giapponese vanta la discendenza dai machi yakko, gruppi di difesa civile sorti in epoca Tokugawa (1600-1868) al servizio dei villaggi che erano preda di gang (chiamate hatamoto yakko), bande formate da samurai disoccupati principalmente a causa del periodo di pace interna garantito da questa dittatura militare. I machi yakko, che come il Robin Hood inglese difendevano i soggetti più deboli e poveri, sono diventati velocemente eroi popolari, poi soggetti di canzoni, romanzi, film e questo è probabilmente il motivo principale per cui i membri della yakuza si richiamano a questa leggenda, per aumentare il loro prestigio e consenso. Questa discendenza difatti, non ha riscontri storici, mentre ricorre la tendenza di questi criminali ad attrarre maggiori simpatie grazie al riferimento alle narrazioni popolarli capaci di ritrarli non solo come persone pericolose ma anche come estremamente devoti al codice dell’onore ed altre virtù tradizionali come la sopportazione, il senso del dovere, l’umanità e il sacrificio di sè420.

419 Cfr. F. Varese, Mafie in movimento… cit., p. 9.

420 Cfr. P. Hill, The Japanese Mafia: Yakuza, Law and the State, OUP, Oxford, 2003; F. Varese, “The

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Secondo le ricerche di Hill421 questa vera e propria mafia si è formata nel tardo Ottocento, anche se possiamo individuare una sorta di gruppi “protomafiosi” a inizio secolo. Nella fase di debolezza e declino del regime militare, gang sparse di ambulanti truffatori (tekiya) e giocatori d’azzardo (bakuto), che da tempo avevano usato la violenza per proteggere i loro monopoli territoriali, assunsero un ruolo piuttosto ambiguo all’interno delle politiche “pragmatiche” del governo: i leader divennero supervisori responsabili di organizzare commerci in determinate aree, informatori o addirittura procacciatori di manodopera per i lavori pubblici. Inoltre, molte aree erano insicure e indifese dalle autorità legittime422 tanto da fare emergere una domanda di protezione privata; nella lotta tra le forze pro-imperiali e quelle del regime in decadenza, questi gruppi con capacità militari divennero strumento della lotta politica.

È però solo alla conclusione del periodo di restaurazione imperiale Meiji, collocato tra il 1868 e il 1912423, che è stato possibile trovare prova dell’esistenza un coordinamento di gruppi violenti capaci di esercitare funzioni di protezione e mediazione nei confronti di alcune attività: della prostituzione, dell’industria dei divertimenti e delle costruzioni. In circa quarant’anni, il Giappone ha realizzato un cambiamento politico ed economico strutturale. Cogliendo un’importante sollecitazione politica, economica e sociale proveniente dalle potenze occidentali, si intraprende il percorso verso una rapida modernizzazione che secondo Inumaru potrebbe anche essere definita “occidentalizzazione”, per il percorso di industrializzazione capitalista seguito e per i mutamenti nello stile di vita424. Si determina la fine del feudalesimo: attraverso l’impatto di riforme agrarie (tra il 1873 e il 1876), che implicavano anche la trasmissione ereditaria e la diffusione delle proprietà private, il forte investimento nell’industrializzazione a partire dai settori tessile, minerario e meccanico, l’apertura ai commerci internazionali. Si realizza una trasformazione sociale, superando la rigida segmentazione nelle quattro classi sociali dei guerrieri-samurai, degli agricoltori, dei mercanti e degli artigiani. In aggiunta, si percorre una modernizzazione amministrativa su modello occidentale, caratterizzata da una centralizzazione amministrativa, fiscale e di polizia, con la stesura di una costituzione nel 1889 e di un codice civile su modello francese.

421 Cfr. P. Hill, op. Cit. 422 P. Hill, op. cit., p. 39.

423 Cfr. Varese F., “Protection and Extortion”… cit.

424 Cfr. K. Inumaru, “La modernizzazione in Giappone: la restaurazione Meiji”, Il Politico, vol. 73, n. 2

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La moltiplicazione della proprietà privata è strettamente connessa con l’aumento di dispute tra proprietari o tra proprietari e Stato, e richiede per questo motivo alti livelli di efficienza, rapidità e giustizia nei meccanismi legali di risoluzione delle dispute. In questo senso, a fronte di una modernizzazione rapidissima che porta il paese ad allinearsi ai paesi occidentali più avanzati in meno di quarant’anni, il Giappone registra un fallimento delle capacità della nuova amministrazione statale di fornire protezione dei diritti dei proprietari privati425.

Non è sufficiente l’inefficienza e incapacità statale perché abbia origine un fenomeno mafioso. La diffusione di una domanda di protezione diretta verso il privato trova risposta nella definitiva crisi dell’ampia e ormai inutile classe di guerrieri samurai, sostituiti da forze armate moderne, con la creazione nel 1873 di un esercito di coscritti. Nonostante già dal Cinquecento fosse iniziata la crisi di questa classe guerriera426, le diverse dittature militari avevano sempre basato il loro potere sul loro appoggio. A metà Ottocento i samurai costituivano circa il 5-6% della popolazione, ovvero due milioni di persone e il nuovo esercito venne composto da circa 50.000 persone. I samurai persero qualsiasi prestigio e ruolo nella società: “rimasero senza una vera occupazione nemmeno burocratica, anche se lo stato tentò di indennizzarli elargendo uno stipendio che però era spesso non sufficiente per condurre una vita dignitosa (circa un terzo di quanto percepivano dai daimyo)”427. La criticità di questo passaggio è testimoniata dal succedersi di ribellioni428; mentre alcuni samurai riuscirono a reinserirsi in questo nuovo assetto come burocrati, insegnanti o imprenditori, altri iniziarono a vendere servizi di risoluzione delle dispute e di protezione, dando origine ad una “classe di professionisti della malavita”429, la moderna Yakuza.

425 C.J. Milhaupt, M.D. West, “The Dark Side of Private Ordering: an Institutional and Empirical

Analysis of Organized Crime”, University of Chicago Law Review, 67 (1), pp. 41-98, in Varese F., (a cura di), Organized Crime: Critical Concept in Criminology, Routledge, 2010; Varese F., Mafie in

movimento… cit., p. 261.

426 Le prime testimoniante di rōnin, figure di samurai erranti, senza signore e feudo risalgono appunto

al Cinquecento, a causa delle lotte di potere tra feudatari, vere e proprie lotte civili che per secoli resero instabile il Giappone: orgogliosi guerrieri specializzati che vendettero i loro servigi oppure crearono delle bande dedite al saccheggio di villaggi e campagne meno difese, le precedentemente citate hatamoto

yakko. Inoltre, le incursioni delle navi europee e americane, sancirono definitivamente a metà Ottocento

l’arretratezza tecnologica, delle armi e tecniche militari samurai rispetto a quelle occidentali. Cfr. A. Boselli, Cenni di storia dei samurai, in G. Greco (a cura di), La via del guerriero. Panorami

interdisciplinari per una storia dei samurai, Azeta Fastpress, Bologna, 2006, pp. 21-58.

427 Ivi.

428 Varese ricorda quella la ribellione di Saga, Akizuki e Satsuma collocate tra il 1874 e il 1877. 429 C.J. Milhaupt, M.D. West, op.cit., p. 81. La traduzione è mia.

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Il termine Yakuza deriva letteralmente da “Ya” (otto) “ku” (nove) “za” (tre) che è considerata la peggior mano possibile in un gioco delle carte; forze dell’ordine e media utilizzano anche la parola bōryokudan, che significa “uomini violenti”. Nel corso del Novecento, si verifica una tendenza al coordinamento tra le diverse bande: sopravvivono solo le organizzazioni più grandi, come la Yamaguchi-Yumi, e per questo capaci di diversificare le loro attività oscillando tra legale e illegale, aspetto che consente loro di sopravvivere non solo ai conflitti per il dominio territoriale, ma anche alla repressione poliziesca. A inizio ‘900 oltre a proteggere i traffici di oppio e il mercato della prostituzione, industriali e governo utilizzano i gruppi criminali per evitare e sedare le rivolte dei movimenti dei lavoratori: il collegamento con la classe politica conservatrice, sarà palese almeno fino agli anni ’70 e si articolerà anche sul campo del voto di scambio, del controllo delle opposizioni, del finanziamento alle attività politiche. A seguito della seconda guerra mondiale, il Giappone sconfitto e occupato dagli americani è devastato, con una polizia debole e decentralizzata, e la sopravvivenza passa attraverso i 17.000 mercati neri locali, in cui si vendevano anche anfetamine, controllati dai boss yakuza con l’accordo delle autorità di polizia. Forte del suo prestigio e del capitale accumulato, negli anni ’60 la mafia giapponese controlla la manodopera in ambito edile e navale, protegge il settore dei divertimenti, la prostituzione, i bar e i ristoranti e conta 184.000 membri e 5.216 gang, aggregati in 7 coordinamenti principali. È una fase di espansione economica generale ed esplodono le violenze tra le varie gang in competizione, di conseguenza cresce anche l’allarme sociale e la pressione affinchè vengano svolte attività di contrasto del crimine organizzato. In particolare nel 1958 si approva una legge volta a incentivare le collaborazioni con la giustizia e la protezione dei testimoni, ed è riconosciuto il ruolo svolto dal quotidiano Mainichi

Shimbun nel mutamento della percezione pubblica con la campagna antimafia iniziate

nel 1964430. Alla fase di espansione e riorganizzazione degli anni’70, segue negli anni ’80 il declino del consenso al crimine organizzato431, legato alla violenza che viene sempre di più a toccare e vittimizzare anche imprenditori e cittadini: un trend ancora attuale, che si manifesta con la consolidata ostilità della maggior parte delle forze dell’ordine e l’invisibilità degli scambi tra politici, imprenditori e boss. Nonostante ciò, tuttora associarsi alla yakuza non costituisce reato di per sé: la yakuza non è illegale, ha sedi e insegne visibili come se si trattasse di aziende e questo costituisce un nodo

430 Cfr. P. Hill, op. cit., p. 47.

431 I rapporti di polizia rilevano nel 1988 la presenza di 737 gruppi e 20.826 membri, divisi su tre

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centrale nel contrasto dell’influenza del crimine organizzato sulla società nipponica432. Il sistema normativo “antiyakuza” si fonda infatti non su una criminalizzazione formale di questa associazione, bensì su provvedimenti per favorire e proteggere le collaborazioni dei testimoni, sull’empowerment dei cittadini e delle comunità locali, i programmi educativi, la sensibilizzazione e l’organizzazione dell’opinione pubblica. Un esempio di questa politica è rappresentato dall’iniziativa antiracket del tutto simile a quella della palermitana associazione Addiopizzo per favorire il consumo critico dei cittadini attraverso il boicottaggio delle imprese che finanziano il crimine con il pizzo, che viene però sviluppata a partire da un’iniziativa delle istituzioni di Fukuoka433.

2.3.2 Le triadi cinesi a Hong Kong

Anche l’emergenza delle triadi434 cinesi di Hong Kong può essere compresa attraverso lo sguardo alle trasformazioni economico-politiche e sociali ottocentesche. Gli storici ritengono che le triadi si siano originate nella provincia cinese di Fukjien con l’intento politico di rovesciare la dinastia in carica dei Ch’ing, restaurando la precedente dinastia Ming. Tali associazioni attingevano al repertorio culturale delle società segrete, come la Thiandui, una fratellanza che prevedeva iniziazione di sangue e rituali complessi, l’utilizzo di un gergo e tatuaggi con la funzione di rafforzare la coesione e di rendere possibile il riconoscimento tra i membri. Oltre a dedicarsi ad attività illecite (il mercato nero dell’oppio e del sale, violenze collettive e rapine organizzate, estorsioni, pirateria) erano anche strumenti politici per gestire od organizzare le ribellioni. Nella seconda metà del ‘700 le triadi seguirono l’emigrazione interna, con un ambivalente ruolo di protezione dei migranti: i migranti avevano l’esigenza

di proteggersi dalle violenze e dalle estorsioni. Per questo sorsero delle ramificazioni delle Triadi. […] Esse assistevano gli emigranti appena giunti nel luogo di destinazione fornendo loro alloggio e assistenza finanziaria, diventando una sorta di società di mutuo

432 E. F. Reilly Jr., “Criminalizing Yakuza Membership: A Comparative Study of the Anti-Boryokudan

Law”, 13 Wash. U. Global Stud. L. Rev. 801 (2014), reperibile al link:

http://openscholarship.wustl.edu/law_globalstudies/vol13/iss4/9 [data ultima consultazione 5 dicembre 2015].

433 Cfr. Tokyo Reporter Staff, “Fukuoka Starts New Anti-gang Campaign”, 5 august 2012, reperibile al

link: http://www.tokyoreporter.com/2012/08/05/fukuoka-starts-new-anti-gang-campaign/ [data ultima consultazione 5 dicembre 2015].

434 L’ufficiale britannico Williams Milne coniò il termine Triadi – Samhehui, ovvero “le tre società

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soccorso. La linea tra proteggere e rubare, tra legale e illegale, tra violenza e non-violenza era facilmente superabile435.

Nello Stato cinese queste associazioni incontrarono progressivamente la repressione governativa, spingendo alcuni componenti a scappare per evitarne i provvedimenti, mentre nei territori malesi, indonesiani e a Hong Kong ci furono politiche più tolleranti. Il potere coloniale inglese di Hong Kong ad esempio “tollerava le triadi, ma non al punto da consentirne la scalata al potere”, così come in Taiwan nel dopoguerra i “nazionalisti di Chiang Kai-Shek […], pur condividendo per decenni il potere con le triadi, non potevano permettere che queste rimpiazzassero il Kuomintang o lo svuotassero completamente”436. Dunque si ebbe la fuga di alcuni membri delle triadi cinesi, ma secondo scelte individuali: per questo Chu in particolare descrive il processo per il quale emergono triadi locali a Hong Kong come nuove formazioni locali.

A seguito della vittoria nella guerra dell’oppio, nel 1842 il governo britannico assunse possesso della regione, che divenne una colonia inglese e restò tale fino al 1997. Il territorio divenne un nascondiglio per rifugiati politici, tra cui i membri delle organizzazioni criminali cinesi, e un punto di passaggio per affari internazionali: illegali, riferiti in particolare al traffico dell’oppio verso il Regno unito e gli Stati uniti d’America; legali, anche se decisamente affini a forme di tratta di schiavi, riguardanti la massiccia immigrazione cinese per motivi di lavoro. Proprio per la gestione della fase di permanenza dei migranti a Hong Kong, vengono organizzate delle case operaie, suddivise su vari distretti, le coolie houses: case in cui vivevano parenti e compaesani e nelle quali iniziano a sorgere associazioni volontarie di mutuo soccorso, cogliendo le esigenze di protezione sociale, di ricerca del lavoro, di gestione dei funerali. Le coolie

houses riescono a rispondere alla domanda di protezione della forza lavoro migrante

con difficoltà linguistico-comunicative importanti per l’esistenza di dialetti diversissimi a seconda del paese di provenienza e allo stesso tempo con marcate esigenze di sopravvivenza e forte competizione nella ricerca del lavoro: una domanda che rimase legalmente inevasa a fronte della soppressione dei sindacati da parte del governo inglese. In alcune di queste associazioni si inseriscono soggetti che si erano prima uniti alle triadi; questa partecipazione, date le capacità “militari” di questi

435 A. Marenco, L’evoluzione internazionale delle Triadi cinesi secondo il paradigma criminologico,

reperibile al link: http://www.cesnur.org/2004/marenco.htm [data ultima consultazione 5 dicembre 2015].

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soggetti, fece la differenza nella competizione per il controllo del mercato del lavoro. Chu definisce il processo che coinvolse i vari distretti e le associazioni di mutuo soccorso con la parola “triadizzazione”437: per continuare a competere, le associazioni furono spinte a integrare membri delle triadi e integrarne metodi e rituali.

L’esistenza di queste organizzazioni criminali a Hong Kong è una costante per tutto il Novecento; passando attraverso fasi di maggiore strutturazione e periodi di maggiore dispersione, esse hanno esercitato un controllo del territorio giocato sull’ambivalenza tra presidio militare e sociale (con sezioni sindacali, scuole di arti marziali, attività sociali e club). Non è mai esistito un padrino, ma i vari gruppi condividono un unico rituale di iniziazione e un’appartenenza universale alla mafia cinese. Fino al 1997, anno in cui il Regno Unito ha restituito alla Repubblica popolare cinese la regione, le triadi non sono state oggetto di repressione da parte del governo, differentemente dalla parte continentale. Hanno svolto invece importanti funzioni nei settori legali: di “regolazione” della competizione nell’ambito dei trasporti “minibus”, immobiliare e dell’arredamento, della vendita del pesce all’ingrosso; di gestione del racket nel settore del divertimento, in quello edile, nell’industria cinematografica; di risoluzione dei conflitti relativi ai crimini commerciali, le frodi e il recupero crediti. In ambito illegale invece, hanno protetto il mercato della droga, quello del gioco d’azzardo e invece hanno progressivamente perso il ruolo di controllo della prostituzione a seguito della diffusione della presenza di immigrate in tale settore. Chu dedica molta attenzione al reclutamento dei nuovi membri, evidenziando l’attenzione da parte dei capi di quartiere a coinvolgere i leader delle gang giovanili nel gruppo di comando e l’attenzione specifica al mondo della scuola. Infatti, da una parte i teenager del quartiere sono considerati figure strategiche come corrieri della droga perché meno perseguibili dalla giustizia, dall’altra l’appartenenza alle triadi consente ai ragazzi più emarginati di assumere una posizione di prestigio e forza per tutelarsi da atti di bullismo o di avere accesso alle sale gioco.

Nell’ambito delle prospettive attuali di sviluppo delle mafie cinesi, Varese pone l’attenzione sul processo di espansione tentato dalle triadi di Hong Kong e Taiwan nelle regioni meridionali della Terra di Mezzo (la Cina). Per quanto il tentativo possa risultare in un qualche modo “fallito”, poiché le triadi “non sono riuscite a divenire una mafia autonoma in grado di fornire protezione privata su larga scala”438.

437 Cfr. Y.K. Chu, The Triads as Business, London, Routledge, 2000. 438 F. Varese, Mafie in movimento… cit., p. 236.

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2.3.3 La crisi dell’URSS e la Mafia russa

Varese ha riscontrato un pattern simile nella transizione dal periodo sovietico all’economia di mercato. Già negli anni in cui l’esperienza della pianificazione comunista si avviava verso il fallimento, venne approvata un’importante riforma: la Legge sulle Cooperative del 1986, voluta da Gorbachev, che incentivò la rapida moltiplicazione delle proprietà private e delle imprese. Nell’incedere del periodo di riforme post-sovietico, differenti ricerche hanno dimostrato come lo stato Russo non sia stato “capace di produrre i beni essenziali e i servizi che erano associati con la definizione e protezione dei diritti di proprietà”439 specialmente per le piccole proprietà. Si sovrappongono caoticamente decreti incoerenti e le stesse competenze dei vari livelli amministrativi sono poco definite; il sistema giudiziario è rapido, ma non v’è “certezza della pena”, ossia le sentenze, le sanzioni e le leggi vengono applicate in modo altamente inefficace e debole. Un ulteriore riforma, riguardante le forze dell’ordine e la loro possibilità di vendere servizi di protezione privata guidò verso un aggiuntiva mancanza di equilibrio tra cittadini protetti e no. Un’elevata quantità di persone allenate a compiere violenza, professionisti della sicurezza, divenne improvvisamente disoccupata o visse un peggioramento delle proprie condizioni lavorative, tale da incentivare la motivazione a utilizzare le proprie capacità di intimidazione e ricorso alla violenza per esercitare forme di protezione illegale: è il caso di ex detenuti; dei soldati dismessi dalle Armate Rosse440 (25000 nel 1991; ogni anno seguente altri 40-50.000 saranno licenziati); di veterani della guerra in Afghanistan; dei circa 33.000 operatori del KGB dismessi, dei 50.000 ufficiali di polizia che si trovarono a lavorare sottopagati e con uno staff fortemente ridimensionato, con forti carenze di mezzi ed equipaggiamento. Varese include in questo elenco di persone capaci di usare e gestire violenza anche gli sportivi (wrestlers, sollevatori di peso, pugili e bodybuilders) che erano il fiore all’occhiello del Regime comunista e furono i primi

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