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Il Magistrato di Sorveglianza: un Difensore incardinato nel Sistema

3. ORGANI DI TUTELA DEI DIRITTI DELLE PERSONE LIMITATE NELLA

3.1. Il Magistrato di Sorveglianza: un Difensore incardinato nel Sistema

lamentano patologie nell’operato dell’Amministrazione Penitenziaria, l’organo per eccellenza di garanzia della tutela dei diritti dei ristretti.

Per tracciare un po’ la storia di quest’importante organo e coglierne la complessità e la ricchezza, credo sia importante ricordare che, con l’entrata in vigore della Legge 354 del 1975, trova piena realizzazione il principio della giurisdizionalizzazione dell’esecuzione penale cioè quella linea di tendenza, da tempo avvertita nelle Istituzioni Penitenziarie, intesa ad estendere al massimo, nella fase stessa dell’esecuzione penale, l’intervento del giudice il quale, nella sua qualità di rappresentante del potere giurisdizionale, dà il più grande affidamento di imparzialità, obiettività e serenità

nell’applicazione della legge. Questo attraverso la trasformazione dell’istituto del Giudice di Sorveglianza che, con sede presso ogni Tribunale e negli altri luoghi indicati in un decreto ministeriale, aveva il compito di vigilare sull’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza67. Definito, ad oggi, Magistrato di Sorveglianza, a lui vengono assegnati nuovi compiti e funzioni, oltre che attraverso l’istituzione dei Tribunali di Sorveglianza.

Con questa normativa, la figura del Magistrato di Sorveglianza assorbe le funzioni del vecchio giudice ed acquista un’autonoma collocazione nell’Ordinamento Giuridico, assumendo competenze sempre più ampie sia per l’evoluzione legislativa, che gli ha conferito nuove attribuzioni che per l’ampliamento degli atti di concreta e quotidiana gestione.

Il Magistrato di Sorveglianza è l’organo a cui è demandato l’obbligo di vigilare sull’organizzazione degli istituti di prevenzione e pena, prospettando al Ministero di Giustizia le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo all’attuazione del trattamento rieducativo, nonché di vigilare al fine di assicurare che l’esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti. Il suo ruolo si svolge pertanto nel settore penale e, temporalmente, dopo che la sentenza di condanna è stata pronunciata. Al fine di adempiere alle sue funzioni, il Magistrato di

67 Sono disciplinate dagli articoli 199 e seguenti del codice penale. Le misure di sicurezza si applicano:

alle persone considerate socialmente pericolose;

in caso di commissione di un reato, o di un reato impossibile ai sensi dell’articolo 49 del codice penale, ovvero in caso di accordo o di istigazione a commettere un reato;

quando si ritiene possano commettere nuovi fatti previsti dalla legge come reato.

Tali misure hanno una funzione rieducativa, vale a dire tendono a favorire il reinserimento dell’individuo nel contesto sociale. Hanno una durata indeterminata; la legge fissa il termine minimo di durata e spetta poi al giudice valutare, alla scadenza del periodo, se la persona è ancora socialmente pericolosa.

Le misure di sicurezza possono essere personali e limitare la libertà individuale (detentive e non detentive) oppure possono essere patrimoniali ed incidere soltanto sul patrimonio del soggetto (cauzione di buona condotta e confisca). Le misure detentive sono:

l’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro (per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza);

il ricovero in una casa di cura e custodia (per i condannati a pena diminuita per infermità psichica o per intossicazione cronica da alcool e sostanze stupefacenti);

il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati prosciolti per i motivi di cui sopra);

il ricovero in riformatorio giudiziario per i minori. La Corte costituzionale (sentenza 324/1998) ha dichiarato costituzionalmente illegittima l'applicazione anche ai minori del ricovero in ospedale psichiatrico.

Le misure non detentive sono:

la libertà vigilata (ad esempio obbligo di avere una stabile attività lavorativa, obbligo di ritirarsi a casa entro una certa ora);

il divieto di soggiorno (in uno o più comuni ovvero in una o più province);

il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche;

Sorveglianza assume, a mezzo di visite e di colloqui, e quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell’Istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati.

Il Magistrato di Sorveglianza, che opera come giudice monocratico68, ha giurisdizione sulla circoscrizione del tribunale a lui attribuito. A ciascun Magistrato vengono perciò assegnati gli istituti di pena e i condannati di cui occuparsi: egli ha perciò il compito di vigilare sull’organizzazione di specifici istituti di prevenzione e di pena.

La competenza del Magistrato di Sorveglianza è stabilita, in via generale, dall’art. 69 o.p. In particolare, egli:

1. approva con decreto il programma69 di trattamento rieducativo individualizzato per ogni singolo detenuto (che l’amministrazione del Carcere è tenuta per legge a redigere) al quale si riferiscono agli artt.13 e seguenti (Individualizzazione del Trattamento) della Legge 354 del 1975;

2. decide con ordinanza70 sui reclami dei detenuti e degli internati circa l’osservanza delle norme riguardanti:

68 Organo il cui titolare è una sola persona fisica; è un giudice unico che svolge la funzione giurisdizionale.

I giudici monocratici sono: il giudice di pace (che ha sostituito il Conciliatore), per il processo civile; il Giudice delle indagini preliminari e il magistrato (Monocratico) di sorveglianza per il processo penale.

Il decreto legislativo istitutivo del giudice unico (D. Lgs. 51/98) ha dato attuazione definitiva al progetto di ampliare la competenza del Giudice monocratico, disponendo la soppressione della figura del pretore e affidando al Tribunale in composizione monocratica la definizione dei giudizi civili e penali e, solo nelle ipotesi tassativamente indicate dalla legge, in composizione collegiale.

Monocratico ha un significato esattamente opposto rispetto a collegiale: il giudice monocratico, come detto poc’anzi, è un giudice unico che svolge la funzione giurisdizionale; il giudice collegiale, invece, è composto invece da più giudici e per la decisione deve seguire tutta una serie di regole per arrivare a decidere a maggioranza (es: la Corte di Assise oppure il Tribunale dei Minori - qui ci sono più giudici tra i quali non ci sono solo i giudici c.d. togati ma anche psicologi, medici ecc.).

69 Il programma è predisposto dall’Amministrazione penitenziaria e, qualora ravvisi in esso elementi che costituiscono violazione dei diritti del condannato o dell’internato, “lo restituisce con osservazioni al fine di una

nuova formulazione”. Nell’ipotesi, invece, che il trattamento sia stato approvato e sia in corso di esecuzione, il

Magistrato di Sorveglianza può impartire disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati.

70 Ordinanza è il termine con il quale vengono denominati provvedimenti di vario genere, sovente emanati da organi

monocratici.

Possono essere atti normativi, provvedimenti amministrativi o provvedimenti giurisdizionali.

Nel diritto processuale penale l’ordinanza può essere adottata dal giudice in contraddittorio tra le parti: può trattarsi del giudice per le indagini preliminari, del giudice per l’udienza preliminare o del giudice del dibattimento, ma non dal pubblico ministero che non è giudice.

Funzione precipua dell’ordinanza è provvedere a seguito di un’istanza di parte o convalidare atti del pubblico ministero (per esempio, quelli che dispongono misure precautelari). Il codice di procedura penale indica i casi in cui il provvedimento del giudice assume la forma della ordinanza: ad esempio, con ordinanza sono dichiarate inammissibili le istanze ed i ricorsi che mancano dei requisiti di legittimità previsti dalla legge.

l’attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la retribuzione, l’ammissione e lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali;

l’esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa;

3. decide sulle sospensioni e i differimenti nell’esecuzione della pena, sovrintende all’esecuzione delle misure alternative alla detenzione carceraria (affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare, semilibertà): provvede, con decreto motivato, sui permessi (concessione/mancata concessione), sulle licenze (ai detenuti semiliberi71 e agli internati) e sulle modifiche relative all’affidamento in prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare;

4. provvede, con ordinanza, sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata72, sulla remissione del debito di spese processuali penali di mantenimento in carcere e sull’autorizzazione ad effettuare visite specialistiche, ricoveri ospedalieri o ricoveri per infermità psichica (OPG) e nelle case di cura e di A differenza della sentenza, non definisce la causa. Se non è diversamente stabilito dalla legge, l’impugnazione delle ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o del dibattimento deve essere proposta e giudicata unitamente a quella della sentenza. Tuttavia, contro le ordinanze in materia di libertà personale è ammessa l’impugnazione immediata, indipendentemente da quella della sentenza; contro tali ordinanze è sempre consentito il ricorso per cassazione.

71 La semilibertà è una misura alternativa della detenzione introdotta dalla Legge Gozzini (l. 10/10/1986 n. 663) che ha riformato l’ordinamento penitenziario. È regolata dagli articoli 48 e ss. dell’Ordinamento Penitenziario. Per la semilibertà il condannato trascorre la maggior parte della giornata all’interno di un istituto di pena a ciò destinato e

ne esce per partecipare ad attività lavorative, istruttive o utili al reinserimento sociale. Il Tribunale di Sorveglianza

fissa nel provvedimento di concessione della semilibertà le limitazioni per il condannato.

Per essere ammesso alla semilibertà il reo deve aver scontato almeno metà della pena (20 anni per il condannato all’ergastolo) e la condanna deve essere superiore ai sei mesi. La semilibertà può essere applicata fin dall’inizio quando la condanna è inferiore a sei mesi o all’arresto se il condannato non è affidato in prova ai servizi sociali. Il regime di semilibertà può essere revocato qualora il soggetto perda il lavoro, o non sia idoneo al trattamento o, a giudizio del Tribunale di Sorveglianza, che abbia violato le prescrizioni imposte o qualora il condannato non faccia ritorno in istituto senza giustificato motivo (se l’assenza non supera le dodici ore la revoca è facoltativa). Tale assenza costituisce reato di evasione, punibile ai sensi dell’art. 385 c.p.

72 Nell’Ordinamento Giudiziario italiano, la liberazione anticipata consiste in una riduzione di pena di

quarantacinque giorni per ogni semestre di pena scontata. Tale beneficio, privo di ogni carattere afflittivo, è concesso a quanti, condannati a pena detentiva, abbiano dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione.

La liberazione anticipata è applicabile sia alla pena detentiva della reclusione sia a quella dell'arresto; è applicabile, inoltre, ai condannati all’ergastolo. Nel computo del tempo è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare, di detenzione domiciliare e di affidamento in prova ai servizi sociali.

custodia (art.148 c.p.). Egli è anche competente a ordinare il ricovero di condannati internati ammalati in luoghi esterni di cura;

5. presiede la commissione preposta alla formulazione e all’eventuale modifica del regolamento interno a ciascun Istituto (art.16, legge 354/75);

6. provvede all’applicazione, esecuzione, trasformazione e revoca, anche anticipata, di tutte le misure di sicurezza personali, detentive e non detentive, nonché al riesame della pericolosità sociale73 della persona sottoposta a misure di sicurezza;

7. approva, con decreto, il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno; 8. esprime il parere motivato sulle proposte ed istanze di grazia concernenti

detenuti;

9. è competente, a ordinare, in tema di visto sulla corrispondenza scritta e per l’autorizzazione a quella telefonica: autorizza i colloqui telefonici dei detenuti e l’eventuale controllo della corrispondenza;

10. determina in merito le richieste di conversione o rateizzazione delle pene pecuniarie;

11. decide per quanto concerne le espulsioni dei detenuti stranieri e le prescrizioni relative alla libertà controllata.

La Legge pone al Magistrato di Sorveglianza l’obbligo di recarsi frequentemente in Carcere e sentire tutti i detenuti che chiedono di parlare e gli attribuisce il compito di valutare, come si diceva anche poc’anzi, i reclami presentati dagli stessi per provvedimenti disciplinari disposti dall’Amministrazione Penitenziaria o per altri motivi.

73 Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa (una dottrina meno recente qualificava oggettivamente la pericolosità sociale quale attitudine, inclinazione, tendenza a compiere un reato. Oggi va intesa come un giudizio espresso in base ai parametri di cui all’art. 133 e di cui la commissione del reato costituisce il presupposto, salvi i casi di c.d. quasi-reato. Tale giudizio influisce sulla determinazione della misura e qualità della pena, impedendo la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena [v. 163] e del perdono giudiziale [v. 169]. Ipotesi specifiche di pericolosità sociale sono: la recidiva [v. 99], la abitualità criminosa [v. 102-104], la professionalità del reato [v. 105], la tendenza a delinquere [v. 108]) la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha

commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile (probabilità: è concetto meno esteso

rispetto a quello di possibilità che ricomprende il probabile e l’improbabile. Pertanto i rapporti tra capacità a delinquere e pericolosità sociale sono di genus a species poiché la prima è solo la possibilità di commettere un reato mentre la pericolosità è la probabilità di commettere un reato) che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come

reati.

Oltre ad essere competente in materia di corrispondenza, per quanto riguarda cioè i colloqui telefonici dei detenuti e l’eventuale controllo della stessa, egli autorizza anche, visto il parere della direzione dell’Istituto, l’ingresso di persone estranee all’Amministrazione Penitenziaria, come quanti prestano attività di volontariato o partecipano ad iniziative di formazione o di lavoro rivolte ai detenuti.

Questo breve ma intenso excursus sulle sue funzioni, ci fa capire quanto il ruolo e il compito del Magistrato di Sorveglianza possono essere complessi e articolati.

Considerando, però, tutte le modalità attraverso cui egli esplica tali funzioni, dobbiamo anche prendere in considerazione la necessità di istituire una nuova figura all’interno dell’ordinamento, atta a collaborare con il Magistrato di Sorveglianza per garantire l’effettiva tutela dei diritti. I fattori che inducono a formulare tale conclusione sono molteplici: in primis, tale concezione può imputarsi ad un ridotto organico della Magistratura di Sorveglianza tale per cui, a fronte di un aumento del carico di lavoro, l’attività ispettiva è la prima ad essere sacrificata, rimanendo marginale74. Inoltre, è da considerare che questo carattere marginale sia il risultato di una scelta consapevole da parte di numerosi Magistrati di Sorveglianza, per salvaguardare al massimo il senso di appartenenza ad un apparato della Magistratura, che tende ad isolarsi con la conseguenza che il loro ingresso negli istituti, al solo scopo ispettivo, si riduce e che i detenuti utilizzano la possibilità di incontrarlo solo per ricevere informazioni circa la concessione di permessi e misure alternative.

Ci sono settori sottratti, anche solo parzialmente, al controllo continuativo di un organo esterno all’Amministrazione Penitenziaria ed altri in cui tale controllo ha modo di effettuarsi. L’istituzione avrebbe perciò bisogno di una figura esterna, non giurisdizionale e complementare al Giudice di Sorveglianza. Sarebbe, questa, una grande opportunità per dar atto all’effettività della tutela. Ad essere così dipinta è la figura del Garante dei diritti dei detenuti.

3.2.Il Difensore Civico delle Persone Private della Libertà Personale