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Marcatori genetici legati al rischio cardiovascolare

 Coefficiente SE p-value

5.2 Marcatori genetici legati al rischio cardiovascolare

Negli ultimi dieci anni, dopo la pubblicazione dei risultati del Progetto Genoma

Umano, l’interesse per la componente genetica e per il suo ruolo nel creare una scala di

suscettibilità a malattie complesse sta assumendo sempre più importanza nella medicina moderna. In particolare, si sta mettendo in evidenza il ruolo di alcune varianti genetiche comune che se associate tra loro e combinate con specifiche componenti ambientali, possono elevare notevolmente il rischio di sviluppare varie patologie diffuse nei paesi industrializzati, quali le malattie cardiovascolari. Nello studio Biogen Care-IHD sono stati inizialmente identificati 25 polimorfismi genetici, localizzati su vari geni, che sono risultati associati ad un aumentato rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari in studi precedenti (sia da studi su geni candidati che da studi di associazione di tipo genome wide), allo scopo di determinare dei profili genetici di rischio individuale per un trattamento personalizzato ed una prevenzione precoce. Per questo studio sono sati selezionati 5 polimorfismi in geni coinvolti nella genesi dell’arteriosclerosi (eNOS), nel metabolismo dei lipidi (ApoA1 e CETP) e nel metabolismo glucidico (IRS1).

Tra tutti, solo la variante genetica G279A del gene CETP e’ risultata un predittore indipendente di cardiopatia ischemica.

La proteina ad alto peso molecolare CETP è secreta dal fegato e dal tessuto adiposo. La CETP stimola il trasferimento di esteri del colesterolo dalle HDL alle lipoproteine

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ricche di trigliceridi, come le VLDL e le LDL con conseguente riduzione dei livelli di HDL. Si ipotizza che questo aumento del colesterolo nelle lipoproteine ricche di trigliceridi comporta la deposizione di colesterolo nella parete arteriosa periferica. Di conseguenza, la proteina CETP e’ considerata un fattore promuovente la dislipidemia e l’aterogenesi. La sua attività e’ risultata elevata nella malattia cardiovascolare aterosclerostica così come nel diabete e nella sindrome metabolica. (Hibino T, et al, 1996; Riemens S, et al, 1998; Gomez Rosso L, et al, 2008; Park KH, et al, 2010). Mutazioni genetiche che portano ad una ridotta espressione del gene CETP provocano un aumento del colesterolo HDL e una diminuzione dei livelli di colesterolo LDL (Inazu A, et al., 1990). Sono state condotte numerose ricerche volte all’individuazione di molecole in grado di contrastare l’azione di tale proteina. Tre composti hanno trovato la loro strada in studi clinici, vale a dire il torcetrapib, il dalcetrapib e l’anacetrapib, anche se, ad oggi, i riusultati degli studi clinici in cui sono state utilizzate queste molecole hanno riportato importanti effetti collaterali che non permettono il loro uso su larga scala (Kastelein JJ, 2007; Barter P, 2009.). Oggi il concetto di inibire la proteina CETP non è stata abbandonato, e nuovi composti sono stati progettati e sono in corso di sperimenazione per cercare di evitare gli effetti off-target delle molecole precedenti.

E’ noto che la variante genetica G279A del gene CETP è un regolatore significativo di concentrazione di colesterolo all'interno della frazione HDL. Infatti, la presenza dell’ allele G279 (ancestrale) nel gene CETP è risultata responsabile di un aumento dell'attività della proteina stessa e quindi di più basse concentrazionie di colesterolo HDL; pertanto, e’ ritenuta responsabile dello sviluppo di malattie del sistema cardiovascolare (Zheng KQ, et al. 2004; Lu H, et al. 2003).

Al contrario, la presenza dell’ allele A279 è stato associata con una bassa attività di CETP e quindi con più alti valorei di colesterolo HDL, collegati ad una attività antiaterogenica (Pac-KoĪuchowska E, et al. 2013).

Dall’analisi della nostra popolazione risulta confermato il dato che i pazienti con genotipo AA hanno più alti livelli di colesterolo HDL e di adiponectina. Allo stesso modo, nei pazienti sintomatici, tale genotipo (AA) è associato ad una riduzione del rischio di cardiopatia ischemica rispetto ai soggetti con genotipo GG.

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6. CONCLUSIONI

Da questo studio sono emerse quattro variabili (il sesso maschile, il colesterolo HDL, la hs Troponina T, e la variante genetica G279A del gene CETP) indipendentemente associate al rischio individuale di cardiopatia ischemica. Queste variabili, se confermate in una popolazione piu’ ampia (quale sarà la popolazione dello Studio Biogen Care-IHD che prevede l’arrulamento di 1000 pazienti con sospetta cardiopatia ischemica) potranno essere utilizzate per la sviluppo di un nuovo metodo di calcolo per il rischio di

cardiopatia ischemica facilmente applicabile a tutti i pazienti con sospetta malattia.

Questo permettera’ di avere uno strumento in grado di selezionare in modo appropriato, preciso, accurato e a basso costo i pazienti che dovranno essere indirizzati verso uno screening diagnostico avanzato rispetto a quelli che invece dovranno essere sottoposti direttamente ad un trattamento farmacologico e/o rivascolarizzazione.

In futuro, è immaginabile che le informazioni derivanti da queste ricerche permetteranno di sviluppare strategie terapeutiche più appropriate alle esigenze specifiche dei singoli individui. Questa maggiore personalizzazione consentirebbe non solo di incrementare l’efficacia del trattamento riducendo nel contempo gli effetti collaterali, ma anche di evitare la somministrazione di terapie inutili e di migliorare l’allocazione delle risorse umane ed economiche, il cui impiego razionale rappresenta una priorità nell’ambito della Sanità Pubblica.

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