A L B E R T HAHN, Teoria economica del credito, a cura di Lapo Berti, Esi, Na-poli 1990, Lit 23.000.
J O S E P H ALOIS S C H U M P E T E R ,
L'essen-za della moneta, a cura di Gianni
Nardozzi, Crt, Torino 1991, s.i.p. Non è spesso dato agli economisti antivedere i fenomeni prima che essi si manifestino in tutta la loro am-piezza. Al contrario, parecchio tem-po di solito intercorre tra il verificar-si di un fenomeno, il costituirverificar-si di una istituzione, e il prendere co-scienza di essi da parte degli econo-misti. Ciò è stato particolarmente ve-ro per il credito e per le banche, che in varia forma esistono ormai da mi-gliaia di anni. Bisogna aspettare il primo Ottocento per trovare a Napo-li un uomo di genio, Francesco Fuo-co, che spieghi la "magia del credi-to", cioè il funzionamento del molti-plicatore dei depositi pur partendo da un punto di osservazione non par-ticolarmente prossimo alla realtà bancaria più sviluppata del suo tem-po. Ma il suo esempio non pare esse-re seguito da altri, più vicini alla defi-nizione odierna di economista pro-fessionista, se si eccettuano gli altret-tanto isolati casi di John Law e di Henry Thornton, i quali avevano al-meno il vantaggio di essere, come banchieri praticanti, a contatto con il sistema bancario anglo-scozzese.
In effetti, le pagine più interessan-ti su credito e banche, se si eccettua il
ACTA P H I L O S O P H I C A
Collana dell'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici
LA PLURALITÀ IRRAPPRESENTABILE. IL PENSIERO POLITICO
DI HANNAHARENDT
a cura di Roberto Esposito
METAMORFOSI DEL MODERNO a cura di G.M. Cazzaniga, D. Losurdo, L. Sichirollo FILOSOFIA E COSCIENZA NAZIONALE IN BERTRANDO SPAVENTA a cura di G. Oldrini FRANCESCO DE SANCTIS. RECENTI RICERCHE TRAMONTO DELL'OCCIDENTE? a cura di G.M. Cazzaniga, D. Losurdo, L. Sichirollo ANTROPOLOGIA, PRASSI, EMANCIPAZIONE a cura di G. Labica, D. Losurdo e J. Texier EGALITE/INEGALITE a cura di A. Burgio, D. Losurdo e J. Texier
LA PROSA DEL MONDO OMAGGIO A MERLEAU-PONTY
a cura di A.M. Sauzeau Boetti Distribuzione P.D.E. C.P. 156,61029 URBINO
genio isolato del poligrafo napoleta-no, sembrano venire costantemente da banchieri-scrittori. Gli economi-sti accademici non pare abbiano ab-bastanza dimestichezza con il fun-zionamento di istituzioni così legate al presente come credito e banche per razionalizzarle in maniera soddi-sfacente nei loro sistemi di pensiero.
Accade così che il gigantesco svi-luppo della banca moderna, che ha luogo tra la metà dell'Ottocento e la prima guerra mondiale, cominci ad
essere razionalizzato organicamente da economisti solo dopo un notevole intervallo, e solo quando il fenomeno del credito è divenuto troppo gigan-tesco per continuare ad essere igno-rato dagli accademici. Ed è naturale che a prenderne coscienza, fino a for-mulare le proprie teorie mettendolo al centro di esse, siano gli economisti di lingua tedesca. Essi hanno assisti-to allo sviluppo del sistema della ban-ca universale in Germania, che ha contribuito a trasformare in pochi decenni un paese di "costruttori di orologi a cucù e di professori di filo-logia classica", come lo definì magi-stralmente Federico List, in un pode-roso sistema economico, protagoni-sta della seconda rivoluzione indu-striale e dominatore del commercio dei manufatti.
Gli economisti di lingua tedesca, tuttavia, non riuscirono a conquista-re l'egemonia culturale che in altri campi del sapere l'università tedesca aveva saputo raggiungere. I loro con-tributi si fecero quindi strada a fatica nel mondo anglosassone, e sono
re-stati fino ad oggi tutto sommato mar-ginali allo sviluppo di quella che gli stessi anglosassoni pomposamente definiscono la "mainstream econo-mics". I pochi economisti anglosas-soni che hanno saputo stabilire un contatto funzionale con la letteratu-ra in lingua tedesca su moneta credi-to e banche, rappresentandone le conquiste nei propri scritti, sono sta-ti considerasta-ti dai loro compatriosta-ti come rivoluzionari o almeno etero-dossi. Il caso di Keynes è il più noto e
il più eclatante.
I due volumi che ora appaiono in italiano, con un ritardo pluridecen-nale nel caso dell'opera di Hahn, e solo ventennale in quello di Schum-peter, provano quanto ho sopra af-fermato in maniera lampante. In ve-rità sarebbe forse più naturale con-frontare il libro di Albert Hahn con
la Teoria dello sviluppo economico di Schumpeter, anziché col volume di cui qui ci occupiamo. Esso è un work
in progress da Schumpeter mai pubbli-cato. Sulla sua complessa gestazione a suo tempo Augusto Graziani, re-censendo l'edizione tedesca e ora Gianni Nardozzi, curatore di quella italiana, ci illuminano ampiamente.
L'essenza della moneta, tuttavia, effi-cacemente rappresenta lo stato della maturazione del suo autore tra il pri-mo geniale volume, cui si è appena
fatto riferimento, e la altrettanto grande Storia dell'analisi economica. Il volume di Hahn, per espressa affermazione dell'autore, è stretta-mente legato al primo capolavoro schumpeteriano, e in qualche modo se ne può considerare una continua-zione. Albert Hahn, come Thornton e Law era, per famiglia e per
profes-sione, un banchiere. La scelleratezza nazista lo sradicò da Francoforte e trapiantò negli Stati Uniti, dove, pa-radossalmente, egli continuò per vent'anni a cercare, nei suoi scritti, di far rientrare nella bottiglia il genio che aveva così potentemente evocato nella sua opera giovanile, e che se-condo lui doveva considerarsi il ma-lefico responsabile delle sciagure oc-corse alla Germania negli anni venti.
Nello scritto schumpeteriano di cui ci occupiamo, l'opera giovanile di Albert Hahn è citata con rispetto e ammirazione pari a quelli che lo stes-so Hahn riservava a Schumpeter. Ri-spetto e ammirazione che Schumpe-ter mostra, nella stessa opera, anche nei confronti di due altri banchieri-scrittori della Mitteleuropea, Felix Somary e Karl Schlesinger.
E interessante notare come, nella seconda metà del secolo scorso e nei primi decenni del nostro, l'Inghilter-ra avesse smesso di produrre ban-chieri-scrittori o finanzieri-scrittori della potenza di Henry Thornton e David Ricardo. Lo sviluppo della so-cietà inglese aveva separato l'élite culturale e quella economica, che in precedenza erano state strettamente unite. Nei paesi di lingua tedesca, sviluppatisi più tardi, tale integrazio-ne tra cultura e potere economico in-vece rimaneva. I praticanti di econo-mia e gli economisti sorgevano dallo stesso ceppo, e l'élite finanziaria fre-quentava gli universitari alla pari, non ritenendoli, come accadeva alla élite finanziaria inglese, che imitava modelli aristocratici appena attinti per il proprio censo, dei precettori utili solo ad ammestrare i giovani ma certo non portatori di alcuna verità o di nozioni anche lontanamente utili alla vita pratica e alla gestione degli affari. Di tale distanza sociale avreb-be sofferto lo stesso Keynes, e certo soffrirono in maniera assai maggiore i suoi maestri.
A Vienna a Francoforte e a Berli-no politici, banchieri, ed ecoBerli-nomisti universitari, così come era accaduto a Londra e a Edimburgo tra Sette-cento e primo OttoSette-cento, si conosce-vano e frequentaconosce-vano assiduamente. La giovane borghesia austriaca e te-desca non aveva avuto ancora il tem-po di farsi assorbire dall'aristocrazia. Pratica di banca e finanza e riflessio-ne teorica su di esse si mescolavano, permettendo il fiorire di opere genia-li come la Teoria dello sviluppo
econo-mico di Schumpeter e la Teoria
eco-nomica del credito di Hahn. Schum-peter avrebbe avuto il tempo di dive-nire ministro, e di fare anche una poco fortunata esperienza di presi-dente di banca.
L'assai maggiore integrazione nel-la vita pratica del proprio paese degli economisti di lingua tedesca che vis-sero nei decenni a cavallo del nostro secolo conferisce alle loro opere una dose di realismo spesso superiore a quella della gran parte delle opere dei loro confratelli inglesi. Nel caso di Hahn e Schumpeter, questo vuol di-re di-rendersi perfettamente conto del-la portata rivoluzionaria del sistema creditizio per il funzionamento del capitalismo. Nella sua opera maggio-re Schumpeter avmaggio-rebbe, a ragione, trattato con sufficienza i contributi di quegli autori inglesi e americani che, in anni assai più recenti, avreb-bero riscoperto nientemeno che il moltiplicatore del credito, dando mostra in maniera patente di ignora-re completamente gli apporti degli economisti di lingua tedesca o degli italiani. E si comprende anche il suo forse un po' rancoroso rifiuto di con-siderare rivoluzionario il contributo del Keynes della Teoria generale, che