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Massimario della Giurisprudenza delle Imposte

(Tributi erariali e locali)

(con tavole di riferimento al nuovo testo unico delle imposte dirette)

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1957

Volume in 4°, rilegato alla bodoniana, pag. I V - 455, L ire 4 0 0 0

P A R T E PRI MA

D O T T R I N A

COMMEMORAZIONE DI BENVENUTO GRIZIOTTI (*)

Non credo di poter fare cosa più cara allo spirito di Benvenuto Griziotti che iniziare questa commemorazione nel ricordo di Mario Pugliese e di Ezio Vanoni, i primi allievi, e quelli che con maggiore impegno elaborarono e arricchirono di risultati l’ indirizzo del mae­ stro nel campo di studi, il diritto finanziario, al quale egli dette il più delle sue forze negli ultimi trent’anni di vita.

Pugliese morì, lontano dall’ Italia, mentre con il suo insegnamento all’estero contribuiva al prestigio della nostra scuola del diritto fi­ nanziario. Vanoni moriva tre anni fa, dopo una lunga opera di go­ verno, nella quale i programmi e le realizzazioni furono spesso da ri­ condursi all’insegnamento di Benvenuto Griziotti.

Se Vanoni fosse ancora tra noi, a lui sarebbe stata certamente affidata questa commemorazione, e come egli sarebbe riuscito a dare il senso della grandezza di Griziotti, uomo e studioso, possiamo de durlo dalle parole che, al termine dell’ ultima lezione del maestro,

egli disse a nome degli allievi : parole brevi, ma alte ed appassionate, purtroppo non raccolte ma ben vive in quanti lo ascoltammo.

Ed ora tocca a me ricordare il maestro nell’Università che mi accolse agli inizi dei miei studi e mi offrì un ambiente al quale sem­ pre ritorno con gratitudine. Per questi ricordi ho accettato ben vo­ lentieri la designazione di questa Facoltà di giurisprudenza, ma vor­ rei fosse chiaro che io non ho qui altro titolo che di essere un allievo, e di cercare di esprimere i sentimenti di tutti gli allievi di Benvenuto Griziotti.

Quando ci ritrovammo a Pavia per l’ ultimo saluto al nostro maestro, sentimmo la tristezza e il rimpianto quasi dissolversi di fronte al senso di quanto la vita, che era appena cessata, era stata ricca e pienamente compiuta.

Pensammo agli affetti familiari, profondamente sentiti e goduti, alle amicizie, coltivate da un temperamento generoso e signorile, e

(*) Letta il 30 aprile 1959 per invito della Facoltà di giurisprudenza del­ l ’ Università di Pavia.

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ricambiate con devozione e con stima, e pensammo al lungo lavoro e alle opere nelle quali aveva dato frutto. Pur conoscendo bene, e da tanti anni, Fattività scientifica di Benvenuto Griziotti, mai forse, come in quel momento, ci eravamo resi conto della misura nella quale essa testimonia di una vita continuamente impegnata e feconda.

Cinquantanni di lavoro, dalle prime recensioni sul « Giornale degli Economisti », alla lezione di congedo dall’insegnamento, agli ultimi scritti. A fondamento di questo lavoro un rigore esemplare, dagli intensi studi giovanili, con Giovanni Montemartini a Pavia, e poi con Wagner e Leroy Beaulieu, Pareto e Bortkiewicz, Pantaleoni e De Viti, al controllo preciso delle proprie idee nel confronto con le idee altrui e con i fai ti, controllo al quale lo studioso continuò a sottomettersi anche quando le forze ormai declinavano.

Fin dall’inizio lo troviamo alla ricerca di risultati teorici, capaci di contribuire alla soluzione delle grandi questioni finanziarie dei suo tempo. Come scrisse Vanoni : « il realismo del Griziotti non si arresta semplicemente al problema dell’adeguamento degli schemi teorici alla realtà dei fatti. Questo adeguamento, per il Griziotti, ha uno scopo pratico che illumina di luce ideale l’opera razionale dello studioso : la scienza deve servire come strumento di progresso degli istituti umani » (1). Le tradizioni risorgimentali della sua famiglia e l’adesione al socialismo, accanto ai suoi carissimi Giovanni e Luigi Montemartini, furono certo alla radice di questa esigenza che lo studio dovesse servire al progresso civile e che, quindi, non fosse in­ differente affrontare problemi immaginari o problemi reali, indagini capaci soltanto di condurre a vaghe generalizzazioni o indagini che possono giungere a conclusioni di rilevanza pratica.

E difatti la scelta del Griziotti, è ben chiara fino dai primi studi : « Sugli effetti della conversione della rendita » (1908), che prende spunto dalla grande operazione attuata dal Luzzatti due anni pri­ ma ; « La doppia imposta sui debiti e sui redditi in Italia » (1909), dedicato alla critica del trattamento fatto agli interessi dei debiti nel sistema delle nostre imposte reali sul reddito ; « Gli incrementi di valore nelle azioni industriali e il sistema tributario italiano » (1909), a critica di una sentenza allora molto discussa, nella quale la Cassazione aveva affermato la imponibilità in ricchezza mobile del

(1) E. Vanoni, Prefazione a B. Grizio tti, Studi di scienza delle finanze e diritto finanziario (Milano, 1956), voi. II, p. V. Alla bibliografia contenuta nel primo volume di tali studi rinvio per le indicazioni bibliografiche complete degli scritti del Griziotti citati nel testo.

sovraprezzo delle azioni di nuova emissione. Proprio per la sua con­ cretezza quest’ ultimo tema gli era stato suggerito dal Pantaleoni, In luogo di un’indagine statistica sugli effetti delle imposte, che il Griziotti si proponeva di compiere e che il Pantaleoni giudicò un tentativo di misurare l ’inafferrabile. Questa lezione del Pantaleoni — che trova riscontro in analoghe lezioni di altri veri economisti —• fu decisiva per il Griziotti ed egli si sforzò fino all’ ultimo di trasmet­ terne il senso ai suoi allievi.

E a un tema tra i più rilevanti per la politica tributaria dei no­ stri tempi, l’ imposizione dei sovraredditi e degli incrementi di valore, è dedicato il primo lavoro di vasto impegno del Griziotti, apparso in tre limitate sul « Giornale degli Economisti » nelle annate dal 1910 al 1912. Esso contiene una chiara analisi del posto di tale im­ posizione nel sistema dei principi distributivi delle imposte, una va­ lutazione, scrupolosamente documentata, delle esperienze concrete di imposizione degli incrementi di valore degli immobili ; ma si di­ stingue soprattutto per una discussione degli effetti economici delle imposte, che basterebbe da sola a dar ragione del giudizio delP Ei­ naudi sulla capacità del Griziotti di « condurre... dirittamente... il ragionamento economico » (2), e che mostra come l’ ancor giovane stu­ dioso avesse saputo assimilare il meglio della teoria economica con­ temporanea e, in particolare, i contributi alla dinamica offerti da

due suoi maestri, Pantaleoni e Pareto. A rileggere oggi questo sag­ gio del Griziotti si è ammirati dalla penetrante trattazione di temi come le relazioni tra imposta e assunzione di imprese rischiose, e come l’ influenza che l’ elasticità di offerta dei fattori della produ­ zione ha nel determinare misura e velocità della traslazione delle imposte. Si tratta di temi che avevano allora posto assai scarso nella letteratura finanziaria e che saranno, si può dire, riscoperti nelle discussioni scientifiche di vent’anni dopo.

L’ alta qualità intellettuale e insieme la preoccupazione sempre viva per la portata concreta delle indagini teoriche, si ritrovano nei­ maggiori contributi del Griziotti alla analisi economica dei fatti fi­ nanziari : « La diversa pressione tributaria del prestito e dell’ impo­ sta» e « Teoria dell’ ammortamento dell’imposta e sue applicazioni », pubblicati il primo nel 1917 e il secondo nel 1918. Entrambi origi­ narono dalla riflessione sulla condotta finanziaria della prima guerra mondiale, e il secondo pose le premesse teoriche per il tentativo di

(2) L. Einaudi, Ricordo di Benvenuto Griziotti, in questa Rivista (19561, I, p. 340.

collegare la copertura e la liquidazione dei costi della guerra con una riforma radicale del sistema delle imposte dirette ordinarie.

Il primo saggio è involto a rivedere la conclusione ricardiana (riaffermata a quel tempo dagli importanti contributi del Loria, del Pantaleoni e del De Viti de Marco) dell’identità di pressione, per la generazione presente e per la generazione futura, dell’imposta stra­ ordinaria e del prestito pubblico. Il Griziotti perviene a dimostrare la diversità di pressione, in quanto tiene conto dei contrasti di inte­ resse entro ciascuna generazione di contribuenti e del fatto che gli individui di ogni generazione derivano da una parte soltanto degli individui della generazione precedente. L’analisi è svolta con grande finezza e costituisce certamente la più vigorosa critica della tesi ri­ cardiana, come ha riconosciuto recentemente James Buchanan, uno dei più valenti studiosi americani di finanza, che al saggio del Gri- ziotti si è rifatto per una revisione, radicale e stimolante, delle opi­ nioni correnti in materia di debito pubblico (3). Sembra tuttavia che la logica delle proposizioni ricardiane, resista — nell’ambito delle sue premesse — alle critiche del Griziotti, in quanto queste sono fon­ date sopra uno spostamento delle ipotesi del Ricardo. Ma è anche indubbio che al Griziotti vada riconosciuto il merito della elabora­ zione più accurata delle ipotesi che permettono di andare oltre la prima approssimazione ricardiana e di spiegare il contrasto, osser­ vabile storicamente, tra i proprietari e i puri lavoratori, favorevoli i primi al prestito e i secondi all’ imposta straordinaria.

Chi consideri l’ opera del Griziotti nel suo complesso, potrà a prima vista restare sorpreso dal confronto tra questo saggio, diretto a porre in evidenza i contrasti di interesse entro la collettività e a negare validità alle analisi fondate sul punto di vista della collet­ tività come un tutto, e tanta parte dell’opera posteriore, fondata sull’ affermazione di un principio di solidarietà all’interno di cia­ scuna generazione e tra generazioni diverse, nonché sul riconosci­ mento dello stato come soggetto autonomo di interessi e di giudizi. In questi diversi atteggiamenti si potrebbe vedere un riflesso della formazione politica del Griziotti e deH'affermarsi, tanto frequente nel pensiero socialista, di una slancio solidaristico accanto alla de­ nuncia dei contrasti di classe e al conseguente rifiuto del sistema delle armonie e delle concezioni ottimistiche della vita economica. E che di questo contrasto il Griziotti fosse cosciente, e cercasse di

(3) Cfr. James Buchanan, Public Principles of Public Debt (Homewood, 111., 1958),

razionalizzarlo, è mostrato a sufficienza da un’affermazione di un suo scritto del 1909 (da lui stesso richiamata venticinque anni più tardi in polemica con il De Viti) : « Nel... campo economico e sociale due principi opposti sono attivi : il principio della lotta e quello della so­ lidarietà degli interessi. Nessuno dei due è riuscito a escludere l’al­ tro e un riflesso di questa coesistenza si ha pure nei fenomeni tri­ butari » (4).

Ma si potrebbe, invece, intuire, sotto l’ apparente contrasto, una sostanziale unità. Si potrebbe pensare che lo stesso rigore critico, per il quale il Griziotti risolveva la metafisica unità dei corpi sociali in un tessuto reale di gruppi e di interessi in contrasto, lo portasse a riconoscere le difficoltà di ammettere che un’azione finanziaria coerente nasca da una docile registrazione di valutazioni individuali, lontane quanto si voglia le une dalle altre e variabili a piacere (se­ condo le formulazioni della teoria economica della finanza, tante volte criticate dal Griziotti). E come, quindi, una premessa, forse indispensabile, di tale azione coerente sia un largo e permanente consenso sopra talune valutazioni fondamentali e sopra taluni prin­ cipali obiettivi di politica generale e di politica finanziaria. Per que­ sta via il principio della solidarietà non esprimerebbe una esigenza astratta, non conciliabile con il dato di fatto dei contrasti tra gruppi ed individui, ma la condizione concreta perchè quei contrasti si pos­ sano risolvere in decisioni collettive che non siano arbitrarie ed instabili.

Il saggio sulla teoria dell’ammortamento delle imposte è uno dei notevoli contributi italiani (gli altri sono dovuti all’ Einaudi e al Borgatta) alla revisione della tesi classica e cioè alla dimostrazione che non soltanto le imposte speciali ma anche le imposte generali producono una diminuzione del valore capitale dei beni colpiti. Que­ sto tema è tuttora uno dei più aperti della teoria finanziaria, ed io, pure con molte perplessità, ritengo che almeno come verità di prima approssimazione la tesi classica, che limita l’ammortamento delle im­ poste speciali, possa considerarsi valida. Ma la critica del Griziotti è vigorosa ed organica e con essa, senza dubbio, deve e dovrà conti­ nuare a fare i conti chiunque si occupi di questa materia. Tipico del­ l ’atteggiamento del Griziotti verso i problemi di teoria è come egli

(4) B. Gr iziotti, 1 principi distributivi delle imposte moderne sul reddito e sugli acquisti ed incrementi di capitali, in Giornale degli Economisti (di­ cembre 1909) 46-70, citato in Vecchi e nuovi indirizzi nella scienza delle finanze (1935), a p. 157 della ristampa in Saggi sul rinnovamento dello studio della scienza delle finanze e del diritto finanziario (Milano, 1953).

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diilla sottile argomentazione teorica passi coraggiosamente all’ap­ plicazione pratica. Infatti, dal ritenere che al tempo della prima guerra mondiale tutte le imposae dirette reali nel sistema tributario italiano risultassero ammortizzate (e cioè scontate nel prezzo di ac­ quisto pagato a coloro che erano proprietari al momento della loro introduzione), egli deduceva la possibilità di chiedere il riscatto del valore capitale delle imposte ammortizzate, per impiegarne i proventi nella liquidazione delle spese di guerra e nel rimborso del debito pub­ blico e lasciare così libero il campo alla sostituzione delle imposte reali con una imposta personale sul reddito.

(È forse opportuno aprire qui una parentesi per avvertire che il Griziotti, pur sostenendo la necessità di una seria imposta perso­ nale sul reddito, ebbe sempre precisa la nozione di quanto sia diffi­ cile far coesistere un sistema economico basato sul movente del pro­ fitto privato e una forte imposizione sui redditi. In conseguenza, quanto maggiori diventano i fabbisogni finanziari, tanto più egli av­ vertiva la gravità di quella che, con il titolo di un saggio dello Schumpeter, si può chiamare la crisi dello stato fondato sulle impo­ ste, e riteneva tanto più necessario che lo stato si ricostituisse fonti originarie di entrata, con varie forme di imprese publiche, e in particolare con nuovi monopoli fiscali).

L ’introduzione tra le due guerre dell’imposta complementare sul reddito, con una parte molto modesta nel sistema delle nostre impo­ ste dirette, non spostava sostanzialmente i termini del problema, e quindi il Griziotti riproponeva il suo schema alla vigilia della se­ conda guerra mondiale, negli « Appunti sul riscatto delle imposte ammortizzate » (1938) e successivamente in diversi scritti nel corso della guerra stessa.

Il tentativo di trarre conseguenze pratiche di questa portata da conclusioni teoriche controvertibili fu certamente audace, ma di 1111 audacia che si spiega con la gravità di situazioni finanziarie ri­ chiedenti estremi rimedi e con l’ ansia profonda che queste situa­ zioni destavano nell’alta coscienza civile del Griziotti.

Con i saggi sulla pressione dell’imposta straordinaria e del pre­ stito e sulPammortamento delle imposte si possono considerare con­ chiusi i maggiori contributi del Griziotti all’ economia finanziaria. Egli continuerà a seguire gli sviluppi e i raffinamenti di questa teo- lia, ma con scarsa fiducia sulla possibilità di trarne conclusioni che vadano oltre una validità di prima approssimazione, molto circo- sci itta. I suoi successivi scritti faranno parte all’economia

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ziaria nel quadro di sistemazioni sintetiche : tra queste, in primo luogo, per nitida concisione, i « Principi di politica diritto e scienza delle finanze » (1929) e, per densità e vigore polemico, la monografia del 1935 « Vecchi e nuovi indirizzi nella scienza delle finanze » nella quale la ciútica alla teoria del De Viti De Marco si intreccia alla riaffermazione dei temi fondamentali del pensiero del Griziotti sulla nozione dello stato, sul carattere politico dell’attività finanziaria e sul metodo nel suo studio.

Così, mentre nel primo decennio dell’attività scientifica del Gri­ ziotti gli studi di economia finanziaria tennero il posto prevalente (se pure nel quadro di una mai smentita concezione sintetica del fe­ nomeno finanziario), successivamente, pressapoco in coincidenza col passaggio dalla cattedra di Catania, vinta nel 1914, a questa di Pa­ via, ottenuta nel 1920, prevalsero l’ interesse per la politica econo­ mica e finanziaria italiana e internazionale, per i problemi generali del metodo nello studio della finanza pubblica e per la sistemazione teorica del diritto finanziario.

Ho già ricordato la partecipazione del Griziotti alle discussioni sulla finanza italiana durante la prima guerra mondiale. Da allora, e fino a questo dopoguerra, la nostra economia si trovò quasi inin­ terrottamente in condizioni diffìcili. La profonda fiducia del Griziotti che per queste difficoltà — consistessero esse in pressioni inflazioni­ stiche o in depressioni economiche o in ritardi e arresti nello svi­ luppo — ci fossero soluzioni razionali, non venne mai meno, per quanto egli non fosse portato ad illudersi sulla possibilità che si formasse una volontà politica capace di perseguire tali soluzioni. Ma anche se la probabilità di essere ascoltato erano scarse, e anche se per un lungo periodo motivi politici non gli consentirono di prendere una parte attiva nella elaborazione dei programmi finanziari, il Gri­ ziotti non scelse mai la strada del silenzio, scettico o sdegnoso, non rinunciò mai a propugnare con passione le idee, profondamente me­ ditate, che egli riteneva meglio rispondessero alle esigenze della sta­ bilità e dello sviluppo economico, e alla lotta contro la disorganizza­ zione fiscale, contro le sperequazioni nella distribuzione delle impo­ ste, contro gli arricchimenti ingiustificati a spese dello stato. E poi­ ché qualche volta capita che il lavoro disinteressato e intelligente dia frutto, anche se svolto nelle condizioni meno promettenti, alla lunga l’impegno del Griziotti dette i suoi risultati, nonostante l’ iso­ lamento al quale fu costretto per tanti anni delia sua maturità. Penso soprattutto al suo lavoro jmrsonale e a quello stimolato negli allievi

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intorno all’imposizione sul reddito delle persone fisiche, delle im­ prese e degli enti collettivi, e intorno all’imposizione sugli scambi e sul reddito lordo. In parte questo lavoro ispirò, durante la per­ manenza di Vanoni ai ministeri finanziari, l’imposta sulle società e talune estensioni del concetto di reddito imponibile, per avvicinarlo alla nozione di reddito come entrata, tenacemente sostenuta dal Gri- ziotti contro la nozione di reddito prodotto, che esclude larga parte dei guadagni di capitale e che aveva lungamente prevalso nella no­ stra giurisprudenza tributaria.

Ma, per un’ altra parte, l’opera del Griziotti e della sua scuola potè influire sull’assetto delle nostre finanze anche nel periodo fa ­ scista. Penso sopratutto all’ imposta sull’ entrata, che prese nel 1940 il posto della vecchia imposta sugli scambi, sulla base di un progetto richiesto dal ministro Thaon di Revel al Vanoni, il quale potè per esso giovarsi di una lunga esperienza' di studi. La struttura così preseci til ha parecchi aspetti discutibili, ma ha il pregio di una in­ dubbia efficienza, almeno in termini di capacità di gettito, cosicché la disponibilità di uno strumento di questo genere fu una condizione importante della ricostruzione finanziaria postbellica.

Poiché al Griziotti si addice molto bene una frase detta di sè dal suo prediletto ltoinagnosi : che amava « di conoscere con certezza solo per agire con efficacia » (5), non si va certo lontani dal vero trovando nel suo impegno per la difesa e il rinnovamento delle no­ stre finanze la radice di quegli studi di diritto finanziario che furono il suo maggiore interesse scientifico nell’ ultimo periodo della sua vita e la parte della sua opera alla quale egli certamente teneva più che ad ogni altra.

Era naturale che « per agire con efficacia » il Griziotti ritenesse di dover affrontare i fenomeni finanziari non soltanto sotto l’ aspetto politico e sotto l’aspetto economico, ma anche sotto l’ aspetto giu­ ridico, come quello che costituisce il tramite mediante il quale i principi politici trovano attuazione, e il punto di partenza dal quale si dispiegano gli effetti economici.

A dare addirittura la priorità alle ricerche giuridiche, il Gri­ ziotti fu certamente spinto anche dallo stato insoddisfacente degli studi di diritto finanziario in Italia agli inizi del primo dopoguerra e dal contemporaneo fiorire della dottrina tedesca, alla quale egli si collegò talvolta in senso adesivo, ma talvolta in viva polemica, come

(5) Citata da K . E. Greenfield, Economia e liberalismo nel KisorgimentQ (Bari, 1950) p. 414.

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accadde sul tema fondamentale della natura del potere finanziario. Alla concezione, dominante in Germania e tra noi, del potere finanziario come manifestazione incondizionata della sovranità dello stato, il Griziotti contrappose infatti la concezione del potere finan­

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