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Dalla Matematica alle Scienze Cognitive

1. L’oggetto dell’azione economica: La deliberazione e la scelta

La rivoluzione marginalista operata da Stanley Jevons, Léon Walras, Carl Menger tra il 1870 e il 1890, aveva come obiettivo quello di costruire una scienza economica partendo da un’analogia con la scienza dell’equilibrio dei corpi, cosicché la prima divenisse un sistema auto-regolato tendente all’equilibrio. Il progetto era quello di studiare i fenomeni economici attraverso il metodo della meccanica pura armonizzata con la teoria utilitarista, così da rendere possibile il calcolo felicifico, basato sulla nozione di utilità marginale decrescente. La Teoria dell’Equilibrio economico generale, esposta in Eléménts d’économie politique pure95 di Walras, costituirà la pietra angolare

della teoria economica fino alla metà del Novecento. Le leggi di questo equilibrio erano leggi del tutto oggettive, identiche a quelle delle scienze naturali, quindi, perfettamente compatibili con qualsivoglia politica economica, compreso il socialismo.

Si giungeva in tal modo alla distinzione netta fra teoria economica pura e politica

economica. La prima come scienza puramente descrittiva con il compito di indagare i

rapporti causali e di formulare leggi come regolarità, la seconda come sistema di leggi della teoria economica pura integrata dalle opzioni etiche.

La divisione fra Economics o teoria economica pura e Economic Policy o politica

economica, trova il suo fondamento nella tesi della separazione fra fatti e valori già

esposta da Max Weber e dagli esponenti del circolo di Vienna con argomenti di natura eterogenea ma convergenti. L’economista, in questa visione, era da considerare un ingegnere, i valori avevano un ruolo in ogni scelta politica e sociale, ma soltanto come decisioni esplicitate nelle scelte politiche accanto alle connessioni casuali stabilite dalla scienza. È ciò che affermava nel modo più netto Joseph Schumpeter, il quale sosteneva che non esiste possibile conflitto fra etica ed economia, perché l’economia è una scienza separata e autonoma dalle altre discipline e se l’economia parte sempre da dati di natura psicologica, sociologica, etica, assume, però, questi dati come ipotesi e non si pone il

95 Walras L., Éléments d’économie politique pure; ou, Théorie de la richesse sociale, Corbaz, Lausanne,

problema della loro verità.

Tale tesi si diffuse ben presto ad opera di Lionel Robbins, il quale nella sua opera

Saggio sulla natura e l’importanza della scienza economica espose la tesi della

separazione fra scienza economica ed etica, secondo precisi criteri che sancivano la neutralità etica dell’economia come scienza, in quanto la teoria economica pura è separata dal discorso etico-politico, perché la scienza si occupa dei fatti e l’etica delle valutazioni.

2. Razionalità imperfetta vs utilità attesa

La complessità dei fenomeni economici e sociali, per un’efficace trattazione formale, richiedeva l’invenzione di nuovi strumenti matematici in grado di soddisfare le esigenze di calcolo derivante dalla notevole complessità raggiunta dai meccanismi e dalle implicazioni di ordine economico. Serviva una matematica nuova e la Teoria della

decisione apparve come la soluzione migliore.

La presa di decisione è un processo complesso che coinvolge diverse strutture cognitive, in cui l’individuo deve valutare ed interpretare gli eventi, al fine di scegliere tra corsi di azione tra loro alternativi96. Il termine equivalente decision-making, si trova

usato in contesti molto diversi tra loro, dalla drosofila che sceglie tra diversi itinerari di volo, all’umano che sceglie tra diversi possibili investimenti finanziari. Si tratta di un’area di ricerca interdisciplinare, che si fonda sui contributi di filosofia, matematica, statistica, economia, psicologia, neuroscienze, intelligenza artificiale.

In Teoria della decisione, la scelta è definita come la risposta ad una situazione caratterizzata da almeno tre componenti: il soggetto deve avere la possibilità si valutare più di un corso d’azione o alternativa, deve avere delle aspettative relative alla possibilità che gli eventi associati a ciascun corso d’azione si verifichino, devono esserci conseguenze associate agli esiti, valutabili sulla base dei valori e degli scopi del decisore.

Le scelte e i gradi di credenza di un agente razionale sono per lo più conformi agli assiomi della probabilità soggettiva o condizionata del Teorema di Bayes che consente

96 Von Winterfeldt D. & Edwards W., Decision Analysis and Behavioral Research, Cambridge University Press, Cambridge, 1986.

di determinare a posteriori la probabilità di una data ipotesi sulla base della sua probabilità a priori e del reperimento di eventuali nuove informazioni rilevanti ai fini di quell’ipotesi. Essa rappresenta un riferimento normativo che spiega come si dovrebbe ragionare per trarre le giuste conclusioni sulle probabilità a posteriori di un dato evento, nonché il punto di riferimento per quasi tutti i metodi di trattamento della conoscenza incerta97.

È questo il punto di partenza del progetto di John von Neumann e Oskar Morgenstern, i quali nell’opera Theory of Games and Economic Behaviour, contestano alla teoria walrasiana di aver trascurato le interazioni tra i vari soggetti e l’influsso che esse hanno sulle decisioni individuali. L’approccio classico viene così capovolto: i processi economici sono giochi strategici a interazioni multiple, che influiscono in modo non prevedibile sulle decisioni di ciascun agente. In questo senso se gli individui possiedono informazioni parziali sul gioco economico in cui sono coinvolti, sono necessari calcoli probabilistici che consentano di anticipare le mosse degli avversari e scegliere una strategia razionale.

Von Neumann e Morgenstern fornirono alla teoria economica il fondamento normativo di una scienza rigorosa, assiomatica, dotata di eleganza formale e indipendente dai vincoli del decisore. Essi formularono un insieme di assiomi alla base della Expected Utility Theory (EUT), secondo cui la massimizzazione dell’utilità rappresenta una condotta decisionale razionale tra alternative rischiose. Secondo il modello normativo è razionale una decisione improntata a criteri formali e di coerenza, espressi attraverso una rigorosa sequenza di dimostrazioni assiomatiche.

La massimizzazione individuale dell’utilità attesa rappresenta un criterio normativo che descrive l’atteggiamento ideale di un agente economico che si trova a decidere tra alternative rischiose e l’atteggiamento del decisore sarà di neutralità, avversione o propensione al rischio. Se il soggetto è neutrale rispetto al rischio, la funzione di preferenza è lineare. Se il soggetto avversa il rischio, la funzione di utilità è concava. Infine, se il soggetto propende al rischio, la funzione di preferenza è convessa.

97 I concetti basilari per l’elaborazione di una teoria della decisione individuale furono sviluppati dal matematico svizzero Daniel Bernoulli. Nel 1738 egli elaborò un modello sostituendo il concetto di valore atteso, con quello di utilità attesa. Il punto centrale del ragionamento di Bernoulli è che in questi casi, per una decisione razionale, si deve massimizzare l’utilità attesa e non il profitto in assoluto.

Figura 1. Propensione / indifferenza / avversione al rischio

L’assiomatizzazione matematica ha posto basi solide per la nascita di una razionalità normativa che mette ai margini la complessità dei processi e delle dinamiche psichiche.

Le prime critiche a tale paradigma furono avanzate dagli stessi economisti. Una delle incongruenze fu dimostrata da Maurice Allais con un esperimento passato alla storia come paradosso di Allais. Secondo Allais la percezione del rischio è distorta da numerosi fattori psicologici non previsti dal modello di von Neumann e Morgenstern. Contemporaneamente alle ricerche di Allais, le critiche più radicali alla nozione di razionalità neoclassica e ai limiti informativi, computazionali e cognitivi del suo modello di decisore provennero dal gruppo di ricerca attivo in quegli anni presso la

Carnegie Mellon School, di Pittsburgh (USA), tra i quali Herbert Simon e James

March98. L’analisi del comportamento decisionale dei dirigenti d’azienda indicò come

essi non cercassero soluzioni ottimali e massimizzanti, ma strategie che soddisfacessero determinati livelli di obiettivi e criteri di adeguatezza. Sulla base di questi studi, Simon propose una teoria della scelta che contemplava tanto gli aspetti razionali, oggetto di

Utilità convessa

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