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La materia prima e il biogas

5 Valutazione economica

5.1 L’impianto di produzione del biogas

5.1.1 La materia prima e il biogas

In relazione alle possibili materie prime in ingresso, sono stati presi in considerazione e valutati con più attenzione da RSE Colloquia, nel volume III del 2016 in collaborazione con la Regione Lombardia [19], un impianto agricolo alimentato esclusivamente a sottoprodotti allo scopo di beneficiare delle maggiorazioni previste per questa tipologia di matrici e un impianto alimentato a FORSU (Frazione Organica dei rifiuti Solidi Urbani). La sostanziale differenza tra i due tipi di impianto sta nel fatto che nell’impianto agricolo le biomasse rappresentano sempre un costo, anche nel caso di scarti di valore nullo, tenuto conto degli oneri di trasporto, stoccaggio e movimentazione. In compenso, gli impianti agricoli hanno la possibilità di utilizzare in campo agronomico il digestato senza ulteriori trattamenti e di valorizzarlo, a meno di quanto previsto dal Decreto Interministeriale n. 5046 del 25/02/2016 (Decreto Digestato). Negli impianti a FORSU, invece, l’alimentazione a rifiuti dell’impianto costituisce un ricavo, dato dalla tariffa di conferimento. In compenso, i pretrattamenti necessari al condizionamento del rifiuto (rimozione della frazione estranea, diluizione

82 per l’ottenimento di adeguati tenori di sostanza secca) e il trattamento di compostaggio della frazione solida e di depurazione della parte liquida del digestato in molti casi comportano costi di investimento e gestione di entità considerevole. La valutazione presente nella tesi sarà effettuata per un impianto che produce bio-GNL a partire da FORSU.

La frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU) è costituita dalla frazione umida (scarti di cucina domestici, ristoranti, mense ecc.) e verde (sfalci d’erba, potature ecc.). Questa frazione rappresenta circa il 35% della produzione complessiva di rifiuti urbani. Pertanto in Italia, a fronte di una produzione totale di questi ultimi pari a 32,48 milioni di tonnellate nel 2010, la frazione organica rappresentava circa 11,3 milioni di tonnellate [20]. Attualmente la maggior parte della frazione organica dei rifiuti urbani (circa il 60%) è destinata alla discarica, all’incenerimento e all’uso in cementifici come Combustibile da Rifiuto. Nel 2012, circa 4,8 milioni di tonnellate di FORSU (81 kg/abitante) sono state separate alla fonte con raccolta differenziata [20]. Dall’ultimo rapporto ISPRA 2012 risulta che nel 2010 sono stati trattati complessivamente in impianti di compostaggio 4,2 milioni di tonnellate, di cui 3,3 milioni di tonnellate derivanti da FORSU, con un incremento del 13,7%, rispetto al 2009. La produzione di fertilizzante destinato all’agricoltura a seguito della trasformazione biologica (digestione anaerobica e/o compostaggio) di rifiuti organici raccolti in modo differenziato è la tecnica mediante la quale si mette in atto il riciclaggio del rifiuto organico. Il riciclaggio è infatti la prima e prioritaria forma di recupero. Poiché il compostaggio e la digestione anaerobica (abbinata al compostaggio del digestato) permettono il recupero a scopo agronomico di gran parte del carbonio e dell'azoto organico presente nei FORSU, queste pratiche rientrano a pieno titolo in quello del recupero di materia. In natura, il materiale organico che si genera dalla morte di organismi viventi e dal loro metabolismo è degradato attraverso processi di decomposizione aerobica ed anaerobica (in presenza e in assenza di ossigeno) ad opera di complesse comunità microbiche che utilizzano come fonte di energia la materia organica, nelle sue diverse composizioni chimiche. Alla fine di entrambi i processi degradativi, resta una frazione solida in cui sono presenti i composti inorganici e le molecole organiche poco biodegradabili formatesi nel corso dei processi degradativi a cui è dato il nome di Humus ed una frazione volatile prevalentemente composta da

83 anidride carbonica, vapore acqueo e, nel caso di processi anaerobi, metano. Il processo prevalentemente aerobio, quando accelerato e controllato dall’uomo, è definito compostaggio e porta alla formazione di una frazione solida denominata compost, ammendante organico capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche del terreno con numerosi vantaggi dal punto di vista ambientale ed agronomico. Il processo prevalentemente anaerobico, quando è accelerato e controllato dall’uomo è definito come digestione anaerobica. Da questo trattamento residua una frazione solida che prende il nome di digestato e viene utilizzato come fertilizzante. Il controllo di questi processi, in idonee biocelle (compostaggio) e biodigestori (digestione anaerobica) permette un ottimale recupero della frazione organica ai fini agronomici.

La digestione anaerobica (DA) è un processo biologico che riproduce quanto normalmente avviene in ambienti privi di ossigeno, in presenza di materiali organici. Negli impianti di digestione anaerobica, inoculi di batteri anaerobi sono inseriti, insieme alla FORSU, opportunamente mescolata ad acqua e fanghi, in grandi contenitori a tenuta d’aria, chiamati digestori. Nel digestore, la biomassa è mantenuta a temperatura costante e continuamente rimescolata per un tempo medio di permanenza della frazione organica all’interno del digestore di 20-30 giorni. Esistono due differenti intervalli di temperatura cui viene condotta la digestione anaerobica: con batteri mesofili si lavora a temperature comprese tra 20-45 °C, con un intervallo ottimale di 37- 41 °C; con batteri termofili le condizioni di esercizio ottimali implicano un intervallo di temperatura compreso tra i 50-52 °C. Durante il periodo di permanenza nel digestore della materia organica, l’attività microbica, comporta la progressiva degradazione e modificazione della sostanza organica introdotta. Alla fine del processo resta un residuo semifluido che va sotto il nome di digestato che verrà inviato alla sezione di compostaggio. Il digestato secco per il 40% circa è fatto di lignina, cellulosa, emicellulosa e per il 58% di materiale cellulare solubile. Nel digestato sono presenti sali di azoto, fosforo e potassio di interesse agronomico. La realizzazione d’impianti di digestione anaerobica per la gestione di FORSU è una pratica relativamente recente e deve prevedere anche una sezione dedicata al compostaggio del digestato.

84 Il compostaggio è un processo di biodegradazione a carico di residui in presenza di ossigeno. Il processo di compostaggio è realizzato, principalmente, da diverse popolazioni di microrganismi aerobi che decompongono il materiale organico al fine di accrescersi e riprodursi. La costante immissione di sostanza organica nel suolo costituisce un importante fattore di abbassamento della concentrazione di CO2 dell’atmosfera, contribuendo al contenimento delle emissioni climalteranti. Alcuni calcoli [20] hanno stimato che un aumento dello 0.15% del carbonio organico in tutti i suoli arabili italiani, ottenuto con un costante apporto di frazioni organiche, potrebbe fissare nel terreno la stessa quantità di carbonio che attualmente in Italia è rilasciata in atmosfera ogni anno dall’uso di combustibili fossili. Pertanto, la digestione anaerobica e a seguire il compostaggio del digestato del rifiuto organico con produzione di compost di qualità appare la scelta prioritaria per il trattamento della FORSU specialmente se gli impianti sono in prossimità dei luoghi di raccolta così da ridurre i consumi di energia connessi a movimentazione e trasporto del materiale.

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