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Studio di sistemi per la micro liquefazione di biogas

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del

Territorio e delle Costruzioni

Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

STUDIO DI SISTEMI PER LA MICRO LIQUEFAZIONE

DI BIOGAS

Relatore: Candidato:

Prof. Romano Giglioli Arianna Serafini

Correlatori:

Ing. Marco Antonelli

Ing. Andrea Baccioli

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Sommario

Il metano si sta sempre più affermando come combustibile sia per quanto riguarda il settore dell’autotrazione sia per il settore industriale, in relazione ai costi concorrenziali, alla notevole versatilità e soprattutto alle ridotte emissioni inquinanti. In particolare il GNL, metano in forma liquida, garantisce al contempo facilità nello stoccaggio e nel trasporto. Sono stati messi a confronto i possibili utilizzi della risorsa GNL, con particolare attenzione al settore dei trasporti terresti e navali.

In questo elaborato si prendono in esame filiere per la produzione di bio-GNL e se ne realizza un’analisi di fattibilità a partire dalla disponibilità di biogas. Il biogas, prodotto da digestione anaerobica di biomassa, permette di introdurre in settori che tradizionalmente utilizzano fonti fossili una risorsa rinnovabile.

Lo studio, a partire dallo stato dell’arte sia in materia di liquefazione che di upgrading, ha elaborato modelli di cicli termodinamici adattabili per caratteristiche a questo tipo di impianto con l’ausilio del software Aspen HYSYS. Nel dettaglio sono state realizzate due soluzioni che includono l’upgrading criogenico nel ciclo operativo ed una terza che prevede l’upgrading a biometano a monte. Particolare attenzione è stata dedicata alla separazione e cattura del biossido di carbonio. Come fluido criogenico è stato utilizzato azoto liquido.

Le soluzioni individuate sono state applicate ad un caso di studio di cui è stata effettuata anche un’analisi economica.

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Indice

1 Il gas naturale liquefatto ………..………. 6

1.1 Il mercato internazionale ………..……… 6

1.2 I vantaggi della liquefazione ………..………... 12

1.3 Destinazioni d’uso esistenti e realizzabili …………..………. 14

2 La produzione del biometano ………..………..…….. 19

2.1 La produzione del biogas ………..………...…… 21

2.2 Il trattamento ………..………...……23

2.2.1 Rimozione dell’acido solfidrico ………..…………...………… 24

2.2.2 Rimozione del biossido di carbonio ………..……...………..……… 27

2.2.3 Rimozione altre impurità ………..………...……...… 31

3 Bio-GNL e stato dell’arte dei sistemi di micro liquefazione ………. 33

3.1 Il processo PRICO ………..……….…… 34

3.2 Processi ad espansione di azoto ………..…….………… 35

3.3 Processi con azoto liquido ………..………….…… 36

4 I modelli ………..………... 39

4.1 Processamento del biogas ………..…………..… 40

4.2 Liquefazione con upgrading integrato ………..……...…… 41

4.2.1 La rimozione e cattura del biossido di carbonio ………..………..…. 42

4.2.2 Soluzione con assorbimento chimico ………..………...… 51

4.2.2.1 Ottimizzazione dell’impianto ………..………… 52

4.2.2.2 Perdite di metano ………..………... 55

4.2.2.3 Consumi ………..…….…… 55

4.2.3 Soluzione con carboni attivi ………..……...….. 61

4.2.3.1 Ottimizzazione dell’impianto ………..……… 62

4.2.3.2 Perdite di metano ………..………...… 64

4.2.3.3 Consumi ………..………... 66

4.3 Liquefazione con upgrading separato ………..……...…. 70

4.3.1 La separazione a membrana ………..….……… 71

4.3.1.1 Ottimizzazione dell’impianto ………..………… 72

4.3.1.2 Consumi ………..………… 74

4.4 Confronto ………..……….…….…. 78

5 Valutazione economica ………..………….……. 80

5.1 L’impianto di produzione del biogas ………..………..….. 80

5.1.1 La materia prima e il biogas ………..………..….. 81

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3

5.1.3 Il carico termico e elettrico ………..……… 85

5.2 Il sistema di incentivazione ………..…...…………. 87

5.3 Analisi dei costi impiantistici ………..….……… 89

5.4 Business plan ………..………….. 90

Conclusioni ………..……….……… 98

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4

Elenco delle figure

Evoluzione delle importazioni mondiali di GNL (elaborazione RIE su dati GIIGNL) ……….. 7 Distribuzione della domanda mondiale di GNL (GIIGNL) ……… 8 Andamento del mercato di gas naturale [6] ………. 9 Andamento della dipendenza europea dalle importazioni di gas dall'estero [3] ……... 10 Confronto tra le emissioni di CO2 di un motore Diesel EURO3 e un motore a GNL [8] ……… 16 Schema della decomposizione anaerobica delle sostanze organiche durante la digestione ……… 21 Rese del biogas (in mc per tonnellata tal quale e in mc per tonnellata di sostanza

volatile) da biomasse di varia provenienza [12] ……… 22 Fasi del trattamento del biogas ……….. 23 Schematizzazione di un upgrading di biogas con membrane molecolari ……….. 30 Processo a doppia espansione di azoto per produzione di bio-GNL con upgrading

separato ………..… 36 Rappresentazione schematica della separazione a batch ………... 42 Stima del periodo di switch al variare della frazione molare della CO2 per diverse

frazioni di superficie di passaggio incrostata [23] ………. 43 Rappresentazione schematica delle variazioni della temperatura durante le diverse fasi ……… 44 Distribuzione dei depositi di ghiacci per diverse concentrazioni molari della CO2 [23] ……… 45 Diagramma di stato dell’anidride carbonica ……….. 46 Schema dell’impianto ……… 47

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5

Schema dell’impianto con il complesso A in fase di scambio ……….. 48

Schema dell’impianto con il complesso A in fase di svuotamento ………... 49

Schema dell’impianto con il complesso A in fase di pulizia ………. 50

Andamento del calore asportato dal biogas in [kJ/h] in funzione della pressione in ingresso ……….. 53

Risparmio in € generato dalla compressione al variare della pressione in ingresso ….. 54

Schema per la liquefazione di biogas con upgrading criogenico integrato abbinato al trattamento con NaOH a monte ………. 57

Andamento della portata di azoto liquido in [kg/h] al variare della pressione in ingresso ……… 63

Risparmio in € generato dalla compressione al variare della pressione in ingresso ….. 64

Schema per la liquefazione di biogas con upgrading criogenico integrato abbinato al trattamento con carboni attivi ……… 65

Risparmio in € generato dalla compressione al variare della pressione in ingresso ... 73

Schema per la liquefazione di biometano upgradato tramite tecnologia a membrana .. 75

Tabella riassuntiva del business plan ………. 92

Andamento negli anni del VAN [€] ……….. 93

Tabella riassuntiva del business plan ………. 94

Andamento negli anni del VAN [€] ……….. 95

Tabella riassuntiva del business plan ………. 96

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Capitolo 1

Il gas naturale liquefatto

Il GNL rappresenta il punto di forza del prossimo futuro nell’ambito dei combustibili alternativi, applicabile sia in campo industriale che civile ed in particolare nel settore dei trasporti. Si farà di seguito riferimento al documento di consultazione per una strategia nazionale per il GNL [1] e ad uno studio condotto dalla Cassa Depositi e Prestiti circa il mercato del gas e le infrastrutture nel contesto europeo [2] oltre ad altri articoli del settore.

1.1 Il mercato internazionale

La popolazione mondiale è in continua crescita e le economie emergenti sono in rapida espansione. Questo causa un aumento della domanda globale di energia che si stima stia crescendo con un tasso superiore a 1,3% all’anno. La Cina, ad esempio, è previsto che raddoppi il fabbisogno energetico nei prossimi 50 anni (che al momento è coperto per il 90% dal carbone). È chiaro che il gas naturale è indispensabile per far fronte a tali richieste, si prevede infatti che per il 2030 ricopra un quarto della richiesta energetica mondiale mentre ad oggi l’80% è deriva da fonte fossile [3]. L’incessante incremento del consumo di gas riguarda sia il settore domestico che industriale e inoltre la produzione di potenza: si sta sempre più affermando come una delle maggiori risorse energetiche. Grazie anche alla sua versatilità e alle ridotte emissioni inquinanti è considerata la forma di energia di collegamento verso un sistema molto più sostenibile, a differenza delle fonti fossili che dominano comunque il mercato attuale grazie alla loro tecnologia ormai consolidata e alla loro disponibilità.

Lo sviluppo del gas naturale liquefatto ha fatto in modo che la sua forza commerciale e quella del petrolio, principalmente trasportato su apposite imbarcazioni, fossero equiparabili. Il GNL si sta rapidamente affermando come una merce nel mercato internazionale grazie alla tecnologia affinata e i costi accessibili. La prima nave appositamente messa appunto per il suo trasporto risale al 1958 nel Regno Unito, dove si stavano sviluppando i primi esperimenti in questa direzione. Seguì nel 1964 un

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Figura 1.1: evoluzione delle importazioni mondiali di GNL (elaborazione RIE su dati GIIGNL)

secondo progetto per permettere la consegna dall’Algeria a Francia e Regno Unito [4]. Sono seguiti 45 anni di crescita ininterrotta del commercio internazionale di GNL fino arrivare nel 2011 a contare 9 siti di produzione con 8 diverse nazioni che importano in totale 56MT (di cui il Giappone ne importa i due terzi). Nel 2011 le quantità scambiate a livello mondiale sono sui 300 miliardi di mc (gassosi), volume che rappresenta il 30% del gas mondiale commercializzato e il 9% circa della domanda globale. A partire però dal 2012 il commercio internazionale di GNL conosce una fase di sostanziale stagnazione e fino al 2014 le quantità scambiate sono rimaste le stesse del 2011. Questo è dovuto alla riduzione nel 2014 della domanda asiatica (appena +1% rispetto al +6,5% del 2013) e europea (-8,5%) [5].

Lato offerta la situazione nel 2014 si è evoluta ed è entrata in esercizio una capacità di liquefazione addizionale per circa 23 miliardi di mc che, seppur ancora limitata, è stata determinante per una ripresa forte del commercio. Ad oggi si contano più di 26 grandi terminali di liquefazione sparsi in 17 differenti nazioni, collocati sia offshore che sulla terra ferma, a far fronte a 60 impianti di rigassificazione diffusi attraverso 20 nazioni. In più 30 terminali di liquefazione e circa 50 di rigassificazione in costruzione in tutto il mondo [5]. I paesi che esportano la maggior quantità di GNL sono Quatar, Algeria, Australia, Indonesia, Libia, Malesia e Nigeria, mentre per quanto riguarda

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Figura 1.2: distribuzione della domanda mondiale di GNL (GIIGNL)

l’importazione Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Europa. La capacità di liquefazione mondiale è previsto che quintuplichi per il 2030, l’incremento maggiore riguarderà Medio Oriente e Australia. L’incremento dell’attività non fa che affluire nuovi ulteriori investimenti facendo accrescere continuamente il mercato, assumendo un ruolo leader per l’inseguimento della crescente domanda di energia. È previsto che la domanda di gas tra il 2008 e il 2035 cresca di oltre il 44% (circa 1,4% all’anno), superando i combustibili fossili e rendendo il mercato energetico sempre meno dipendente dal petrolio [3].

Di seguito sono analizzate nel dettaglio le situazioni nei principali mercati.

In Asia le politiche di governo hanno contribuito allo sviluppo del GNL. In particolare il Giappone ha imposto rigidi limiti alle emissioni di gas climalteranti sotto il protocollo di Kyoto e molti altri governi asiatici hanno finito con il seguire questa politica. Ad oggi l’Asia domina il mercato globale di GNL (ne arriva a costituire il 75% [3]) e il gas naturale viene commerciato quasi esclusivamente sotto forma liquida nell’intero continente. Dal lato dell’offerta il Medio Oriente fornisce il 40% del GNL a livello mondiale [3] sfruttando la propria posizione geografica baricentrica per servire sia

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Figura 1.3: andamento del mercato di gas naturale [6]

l’Europa che il resto del continente asiatico. Dal lato della domanda Giappone, Corea del Sud e Taiwan dominano il mercato e anche la Cina sta prendendo piede. Il Qatar è il maggior esportatore con una quota del 32% [3]. L’India ha pianificato la costruzione di più di 10 terminali di liquefazione, dal momento che la popolazione in incessante crescita rende insufficienti gli apporti di gas naturale via gasdotto. Nel 2011 la Cina ne ha incrementato il commercio del 45% e l’India del 12% [3].

Negli Stati Uniti il gas naturale ha iniziato ad affermarsi già dalla fine della seconda guerra mondiale sia nel settore industriale che residenziale che commerciale. Poi intorno al 1990 il calo delle riserve di gas causò un’impennata dei prezzi che continuò fino al 2008 rendendo i potenziali investitori molto riluttanti in questa direzione. I prezzi sono poi tornati a diminuire ma questa volatilità del mercato è sempre stata un punto di sfavore del gas naturale rispetto al carbone. Ad ogni modo il consumo di gas naturale in Nord America sta crescendo: nel 2012 22,6 Tcf (trilioni di metri cubi), ad oggi 34,6 Tcf ed è previsto giungere a 34,6 nel 2030 (dati EIA). Lo shale gas gioca un importante ruolo in Nord America, territori di cui ne sono ricchi. Questa risorsa in espansione riesce sempre maggiormente a coprire le richieste di gas naturale e la produzione nazionale è tale da non necessitare di importazione di GNL, questo rende lo sviluppo di nuovi impianti molto meno attraente. Attualmente i terminali di liquefazione si occupano del solo 10% del totale del gas naturale estratto.

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10 In Europa, le restrizioni sulle emissioni di anidride carbonica e gli ostacoli che impediscono un rapido sviluppo delle rinnovabili hanno condotto ad una elevata dipendenza dal gas naturale anche se il mercato europeo rappresenta ad oggi solo il 13,7% delle importazioni mondiali di GNL (nel 2010 era il 30%). L’Unione Europea ha conosciuto dal 2012 al 2014 un fortissimo calo dei consumi di GNL con importazioni ridottesi del 55%, dal massimo di 77 miliardi di mc raggiunto nel 2011 ai 34,3 miliardi del 2014 [3]. La diminuzione è conseguenza di diversi fattori: il calo della domanda complessiva di gas, i prezzi del Nord Est asiatico che, spinti dall’aumento della domanda, sono rimasti molto più elevati di quelli europei determinando l’afflusso verso quell’area di carichi di GNL a breve termine e la concorrenza del gas importato tramite gasdotto. Tuttavia a inizio 2015 il crollo dei prezzi del GNL asiatico e la loro convergenza verso mercati europei hanno determinato il re indirizzamento dei carichi verso il Nord Ovest europeo facendo tornare ad aumentare le importazioni rispetto agli anni precedenti. Nel 2015 il gas naturale copriva quasi il 30% del consumo energetico dei 27 stati membri. Oggi il 31% (inclusa la produzione di potenza) ed è previsto di raggiungere il 43% entro il 2030. L’espansione ha riguardato sia il settore residenziale che commerciale. Oggi la produzione europea copre il solo 60% della domanda e ci aspettiamo che scenda a un terzo nel 2020 e ad un quarto per il 2030 [3].

Figura 1.4: andamento della dipendenza europea dalle importazioni di gas dall'estero [3]

La fonte della fornitura di gas destinato all’Europa nei prossimi anni non è ben chiara a causa di problemi politici e geografici tra Europa centrale e i principali produttori di gas

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11 naturale, non solo Russia e Algeria ma anche Nigeria, Egitto e Iran. Avendo consolidato la propria competitività rispetto al gas naturale trasportato via gasdotto sulle lunghe distanze, il GNL globalizzerà sempre più il mercato del gas e affluirà così più facilmente verso l’Europa. La capacità di rigassificazione europea è in continuo incremento. Il GNL rappresenta il 25% della fornitura europea [5]. Tutto questo si accompagna ad una necessità di investimenti per quanto riguarda ogni stadio della catena della fornitura di GNL: sviluppo, sistemi di trasmissione, le infrastrutture necessarie e la capacità di stoccaggio. Inoltre molti sviluppi sono messi appunto nel senso dell’importazione dagli Stati Uniti, dove, come già accennato, l’estrazione di gas da giacimenti non convenzionali come lo shale gas sta aumentando e ciò contribuisce ad un notevole contenimento dei prezzi. Il GNL agevola, per quanto riguarda il mercato europeo, l’importazione da grandi distanze, vedi paesi come Trinidad e Tobago e Qatar. La crescente dipendenza dei territori europei dal gas naturale proveniente da lunghe distanze impatta con le sue future politiche estere. È previsto che entro la fine del 2030 la richiesta sarà di 625mtoe mentre oggi non supera le 500mtoe [3]. Il problema sembra soprattutto quello di trovare e rendere possibili nuove fonti di fornitura del GNL rispetto a quelle ora di maggior riferimento, in modo da esercitare maggior potere di mercato e accrescere le possibilità di ottenere effetti postivi sui prezzi. L’Europa appare infatti molto attiva nei progetti per l’utilizzo del GNL nel trasporto marittimo e terrestre pesante, stimolati anche dalla più restrittiva normativa internazionale ed europea in materia di riduzione del tenore di zolfo nei combustibili navali. Ciò si inquadra nel contesto di ricerca di maggior flessibilità e nuove possibilità di utilizzo e business per il GNL stimolando lo sviluppo della produzione di GNL su piccola scala.

La produzione di GNL in impianti offshore è in crescita. L’affermazione di strutture in mare è dovuta all’incremento della richiesta di gas naturale che porta a sfruttare giacimenti sempre meno convenzionali, è così possibile estrarre da depositi che non sarebbero potuti altrimenti essere sfruttati. Inoltre le disponibilità tecnologiche via via sempre più affinate permette il contenimento dei costi anche per infrastrutture galleggianti. La Merlin Production ha sviluppato nuove tecnologie ed ha dimostrato che può essere progettato, costruito e utilizzato con successo e con una spesa economica sostenibile un impianto di capacità approssimativamente compresa tra 1,2 e 3,5 milioni di tonnellate all’anno noto come LNG FPSO [9]. Questa stazione di liquefazione offre

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12 alta flessibilità, affidabilità ed è stata giudicata sicura al pari di una comune stazione onshore. Ovviamente deve essere previsto uno stoccaggio sempre sull’impianto a largo e sono state progettate navi idonee al trasporto sulla costa contenenti serbatoi per GNL. Gli impianti offshore evitano i grandi costi infrastrutturali associati agli impianti sulla terra ferma: il porto, il molo e un sito idoneo. Ciò riduce i costi di produzione del GNL. In generale il modo più economico di sfruttare giacimenti remoti è la liquefazione, in particolare quella offshore. Inoltre, una struttura galleggiante può facilmente essere spostata e collocata presso un nuovo campo di estrazione nel momento in cui un campo finora produttivo inizia ad esaurirsi: questo è il più evidente vantaggio di un complesso mobile.

1.2 I vantaggi della liquefazione

La fornitura di gas avviene finora principalmente mediante gasdotti che collegano le aree di produzione a quelle di consumo. La domanda di gas è molto oscillante stagionalmente al momento e dipende fortemente dall’andamento della temperatura. Le compagnie produttrici stanno cercando di far fronte al problema della flessibilità della domanda in contrapposizione alla rigidità della fornitura tipica di un’infrastruttura come il gasdotto. Questa presenta diversi inconvenienti, primo tra tutti la sua struttura permanente che vincola un preciso campo di estrazione ad una precisa zona di utilizzazione. Inoltre non può essere collocata ad una profondità superiore ai 100 metri sotto il livello del mare e ad ogni modo una costruzione sommersa di queste proporzione comporta notevoli costi e rischi. Per quanto riguarda il lato economico essa, costituendo un legame fisico duraturo e indissolubile tra produzione e zona di importazione, è un investimento molto specifico oltre che oneroso. La specificità dell’infrastruttura è molto alta e questo favorisce la cartellizzazione del mercato ostacolando la competizione. Un eventuale cambio di fornitore comporta la costruzione di un nuovo gasdotto e per questo i costi di transizione così onerosi scoraggiano il libero mercato. Per l’investimento di cospicui capitali nella realizzazione di gasdotti sono cruciali le condizioni contrattuali tra le controparti, servono accordi a lungo termine per garantire il ritorno economico. Si prediligono contratti “take or pay”: l’esportatore, per salvaguardare sé stesso, riceve il pagamento anche del gas di cui eventualmente l’importatore non usufruisce, garantendosi una quota minima di vendita prestabilita. Il

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13 sito di estrazione viene vincolato alla zona di esportazione. Inoltre il gasdotto ha una ridotta capacità di trasporto internazionale.

La soluzione a questa serie di problematiche è la liquefazione del gas naturale. Il gas naturale liquefatto si ottiene sottoponendo il prodotto, dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di raffreddamento e condensazione fino alla temperatura di -164°C. Ne deriva un liquido inodore e trasparente, non tossico e non corrosivo, costituito da una miscela composta prevalentemente da metano e quantità minori di etano, propano, butano e azoto, avente temperatura di ebollizione di circa -160°C a pressione atmosferica. Il GNL deve poi essere riportato allo stato gassoso mediante rigassificatori per l’inserimento nella rete nazionale. In Italia sono attivi due rigassificatori: Panigaglia (La Spezia) con una capacità pari a 2 Gmc/anno e stoccaggio di 100000mc e Porto Viro (Rovigo) con una capacità pari a 8 Gmc/anno e stoccaggio di 400000mc [7]. Il prodotto può così essere stoccato in serbatoi criogenici che consentono di mantenere la temperatura al loro interno ben al di sotto della temperatura di ebollizione del gas naturale. Il trasporto può avvenire su strada, tramite navi via mare o attraverso vagoni treno. Molte piccole riserve di gas sono collocate lontano dai mercati più floridi e il GNL ha un ruolo chiave nel portare in auge anche questi campi la cui distanza costituirebbe altrimenti un impedimento naturale alla commercializzazione tramite gasdotto. Il primo passo della catena di liquefazione è il trattamento del gas, ma i campi contenenti gas poco contaminato stanno diventando sempre più scarsi. Tenendo conto del fatto che approssimativamente un terzo dei giacimenti di gas presenti nell’intero pianeta contengono molte impurità e che la domanda di gas è in continuo incremento, c’è un crescente interesse nello sviluppare queste risorse altamente impure. La ricerca tecnologica, sempre più indirizzata verso il settore criogenico per la liquefazione, ha fatto sì che i costi per gli impianti per il GNL calassero vertiginosamente negli ultimi anni rendendo la tecnologia accessibile. Esperti del settore e compagnie energetiche si dedicano a trovare innovazioni e questo incoraggia ulteriormente l’affluenza di nuovi capitali. Lo scopo è ridurre al minimo il capitale di investimento e i costi di progetto, costruzione e manutenzione degli impianti dedicati. Va scomparendo l’esigenza di vincolare la totalità dell’estrazione a un commercio ben preciso avvalendosi di contratti “take or pay” e parte può essere messa in vendita in un mercato flessibile a seconda delle esigenze del compratore. Il GNL

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14 presenta un grado di specificità molto minore rispetto al gasdotto anche se, in effetti, per quanto riguarda la progettazione e la costruzione di impianti di rigassificazione che necessitano di importanti capitali, è indispensabile stabilire dei contratti a lungo termine per garantire il ritorno dell’investimento. Ciò tuttavia può riguardare solo una parte del mercato e la restante può essere destinata ad operazioni a termine, cioè transazioni che prevedono l’acquisto e il pagamento della quantità richiesta dall’utente senza contratti vincolanti. In questo modo l’accordo a lungo termine, ancora del tipo “take or pay”, garantisce una quota minima in arrivo dalla controparte esportatrice poi i surplus di richiesta vengono gestiti con compravendite a termine in una forma di mercato sempre più somigliante a quello elettrico dove i picchi di richiesta vengono gestiti sul momento. Questo tutela l’importatore dal dover far fronte al pagamento di una quantità di gas che poi non utilizza e non riceve effettivamente, specialmente in particolari periodi dell’anno. Inoltre, mentre per il gasdotto l’ingresso di un terzo partner economico che avrebbe dovuto utilizzare la struttura bilaterale era impossibile, il rigassificatore può occuparsi del prodotto in arrivo da più mercati e non è vincolante. La tecnologia di liquefazione permette anche, per un paese importatore, la possibilità di organizzare un mercato secondario trasformando in forma liquida il gas in arrivo dai gasdotti (che anche se non necessario deve essere pagato). La crescente riserva di gas utilizzabile sul mercato e la flessibilità del mercato stesso rende la fornitura di gas estremamente più sicura. Il GNL è la forma di gas naturale più pulita, contiene almeno il 90% di metano ed a volte è usato come suo sinonimo. Il suo peso specifico è inferiore alla metà di quello dell’acqua, è infiammabile e la densità dipende dalla temperatura, pressione e composizione ed è approssimativamente 0,41-0,5 kg/l. Il potere calorifico superiore varia a seconda della fonte da cui è stato attinto il gas ed in base al processo di liquefazione usato e i valori più alti raggiunti si aggirano intorno ai 24MJ/l, corrispondenti ad un PCI di circa 21MJ/l. La liquefazione comporta una riduzione di volume di più di 600 volte agevolandone ulteriormente il trasporto e la commercializzazione.

1.3 Destinazioni d’uso esistenti e realizzabili

Il GNL può essere destinato a diverse tipologie di utilizzo, la principale delle quali è ancora oggi la rigassificazione per immissione nella rete, dalla quale deriva

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15 principalmente l'uso per produzione di energia termica ed elettrica sia industriale che domestica. Gli altri tipi di servizi prevedono la gestione direttamente della forma liquida e sono i tipici indirizzi dei piccoli impianti di produzione di GNL. La filiera degli small scale comprende il coinvolgimento di svariati soggetti ognuno dei quali necessita di apposite strutture: terminali di rigassificazione attrezzati per il caricamento su mezzi terzi, navi bunker per il rifornimento diretto delle stesse, mini impianti di liquefazione di gas di rete atti a rifornire privati, autobotti per stoccaggi locali o depositi per usi civili e industriali.

Tra le destinazioni di uso del gas naturale liquefatto ha particolare rilevanza il settore dei trasporti, dove il GNL rappresenta un validissimo sostituto del gasolio o del gas naturale compresso (GNC), ad oggi sempre più diffuso come carburante per auto. Il GNL rispetto al GNC comporta un peso del serbatoio ridotto del 90% con evidenti vantaggi per quanto riguarda i consumi, ha una percorrenza oltre il doppio e inoltre le stazioni di rifornimento di GNL hanno costi minori sia di installazione che di manutenzione, infatti non necessitano di energia elettrica, mentre per il GNC vengono richiesti circa 0,07€/kg per comprimere il metano. Anche l’impiego del GNL rispetto al Diesel presenta vantaggi: primo tra tutti una riduzione del prezzo di oltre il 40%, ridotte emissioni acustiche e una diminuzione sensibile delle emissioni in atmosfera che consentirebbero di portare un motore di classe EURO3 in classe EURO5 [8]. Per quanto riguarda il potere calorifico la combustione di 1Nmc di GNC è equivalente alla combustione di 1,5Nmc di GNL e 1,12l di petrolio.

Il settore dei trasporti è responsabile di circa il 40% delle emissioni inquinanti. Per quanto riguarda l’impiego in particolare nel settore dei trasporti pesanti è necessaria l’installazione sul veicolo di un kit costituito da un serbatoio criogenico appositamente realizzato, da un sistema di riempimento e da uno di sicurezza. Il serbatoio deve mantenersi ad una temperatura di circa 164°C e ad una pressione che non superi gli 8bar. Per il trasporto del GNL sia su strada che su vagoni treni che via mare su apposite navi è fondamentale lo stoccaggio. Inoltre il motore deve subire alcune modifiche per essere adattato a questo particolare carburante. Risulta comunque evidente come l’impegno volto all’installazione di stazioni di stoccaggio e rifornimento di GNL sul territorio e la diffusione da parte delle case automobilistiche di auto a GNL dual fuel

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16 comporti benefici non solo ambientali ma anche economici. Recenti studi [8] hanno dimostrato come il GNL possa apportare benefici, rispetto al GNC, per la refrigerazione del motore delle auto. Se immesso nel circuito di raffreddamento può tenere sotto controllo la temperatura del motore dal momento che, rispetto all’azoto liquido attualmente largamente usato, ha una temperatura di evaporazione superiore e riesce quindi a smaltire più calore con una maggiore efficienza. Inoltre il GNL è il carburante più pulito: ha le minori emissioni di biossido di carbonio (164g/km percorso contro i 212 del gasolio), il più piccolo impatto sulla riduzione dell’ozono (30mg/km percorso contro i 950 del gasolio), l’assenza di componenti tossici o cancerogeni, basse emissioni di ossido di carbonio (4,5g/km percorso contro i 7 del diesel) e di NOx (4g/km percorso contro i 22 del diesel) [8].

Figura 1.5: confronto tra le emissioni di CO2 di un motore Diesel EURO3 e un motore a GNL

[8]

Tra i problemi generali che sta incontrando la diffusione del GNL c’è la diffidenza nei confronti di una tecnologia non ancora perfettamente consolidata come quella criogenica. La gestione del sistema, l’eventuale perdita di combustibile, l’innescare la combustione in sicurezza e mantenerla sotto controllo, il mantenimento sotto pressione dei serbatoi, lo stoccaggio e garantire la potenza del motore sono problematiche in continua analisi. Al variare della percentuale dei componenti (la quantità di metano può leggermente variare) il GNL cambia il punto di ebollizione, la densità e la pressione

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17 critica e di tutto questo è necessario tener conto nel dimensionamento del sistema di alimentazione.

Anche il settore dei trasporti navali è sempre più soggetto a stringenti normative in fatto di emissioni che richiedono complicati e dispendiosi sistemi di trattamento fumi a bordo delle imbarcazioni. L’uso del gas naturale in qualità di combustibile contribuirebbe ad una semplificazione del quadro progettuale dal momento che per sua natura limita del 25% le emissioni di biossido di carbonio ed abbatte in maniera sensibile NOx e SOx. In questo senso la Norvegia è il paese che più sta contribuendo con una ricerca dedicata già dai primi anni 2000 e al momento conta una flotta di navi alimentate a GNL. L’esperienza dei paesi scandinavi in generale che già ricorrono a questa tecnologia mostra che la strada è del tutto percorribile a patto di instaurare una collaborazione internazionale volta ad incrementare il trasporto marino e ad implementare la relativa cantieristica. L’attenzione ad oggi deve essere focalizzata sul problema di come costruire una buona rete di distribuzione del GNL. Al momento il trasporto pesante marittimo alimentato a gas naturale è dominato dal GNC, e lo spostamento verso la direzione del GNL richiede significativa affluenza di investimenti. Analisi dei costi di esercizio e manutenzione [8] hanno evidenziato che un motore a GNL richiede meno manutenzione, riduce le emissioni inquinanti e fornisce comunque buone prestazioni. Ulteriori sviluppi sono andati nella direzione del trasporto marittimo di GNL con annessa alimentazione della nave stessa tramite parte del GNL trasportato ottimizzando così la catena e abbattendo i costi.

Nell'ambito degli usi civili il GNL rappresenta una valida alternativa soprattutto per le utenze che non hanno allacci alla rete di distribuzione del gas naturale e che ad oggi soddisfano le loro necessità ricorrendo ad altri combustibili fossili sicuramente più inquinanti. Il principale ostacolo ad una diffusione di questo tipo è rappresentato dallo stoccaggio: la distribuzione di GNL può avvenire esclusivamente all’interno di bombole criogeniche in gradi di mantenere le necessarie condizioni termodinamiche.

Entrando nel dettaglio del comparto industriale, la gestione del carico termico ed elettrico si ripartisce tra gas di rete al 41%, combustibili alternativi al 26% ed elettricità per il restante 33% [6]. Per quanto riguarda i combustibili off-grid è possibile una integrazione con GNL una volta che si sia fatto fronte ai problemi legati

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18 all’approvvigionamento tramite strutture dedicate. È realistico pensare di raggiungere un 20% di GNL entro il 2030, in virtù delle politiche di decarbonizzazione caldeggiate dall'Unione Europea, e dei vantaggi ambientali derivati dall'uso dei combustibili gassosi. Attualmente il quadro normativo non contempla la distribuzione di GNL tra le attività strategiche e questo rappresenta il principale ostacolo allo sviluppo.

La produzione di GNL in impianti offshore è in crescita. L’affermazione di strutture in mare è dovuta all’incremento della richiesta di gas naturale che porta a sfruttare giacimenti sempre meno convenzionali, è così possibile estrarre da depositi che non sarebbero potuti altrimenti essere sfruttati. Inoltre la disponibilità di tecnologia via via sempre più affinate permette il contenimento dei costi anche per infrastrutture galleggianti. La Merlin Production ha sviluppato nuove tecnologie ed ha dimostrato che può essere progettato, costruito e utilizzato con successo e con una spesa economica sostenibile un impianto di capacità approssimativamente compresa tra 1,2 e 3,5 milioni di tonnellate all’anno noto come LNG FPSO [9]. Questa stazione di liquefazione offre alta flessibilità, affidabilità ed è stata giudicata sicura al pari di una comune stazione onshore. Ovviamente deve essere previsto uno stoccaggio sempre sull’impianto a largo e sono state progettate navi idonee al trasporto sulla costa contenenti serbatoi per GNL. Gli impianti offshore evitano i grandi costi infrastrutturali associati agli impianti sulla terra ferma: il porto, il molo e un sito idoneo. Ciò riduce i costi di produzione del GNL. In generale il modo più economico di sfruttare giacimenti remoti è la liquefazione, in particolare quella offshore. Inoltre, una struttura galleggiante può facilmente essere spostata e collocata presso un nuovo campo di estrazione nel momento in cui un campo finora produttivo inizia ad esaurirsi: questo è il più evidente vantaggio di un complesso mobile.

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Capitolo 2

La produzione del biometano

La liquefazione può essere effettuata a partire dal gas naturale o dal biometano, quindi utilizzando un prodotto che deriva dalla lavorazione della biomassa. Il biometano si ottiene dalla depurazione e upgrading del biogas, una tecnologia rinnovabile relativamente matura. Il problema maggiore che si trova ad affrontare è l’approvvigionamento di materie prime digestibili locali e a basso prezzo, che non entrino in contrasto con il mercato alimentare contribuendo alla carenza di cibo nei paesi meno sviluppati. Negli ultimi anni sono stati proposti e investigati potenziali processi tecnologici innovativi. Il biogas attrae significante attenzione in qualità di tecnologia rinnovabile e sostenibile, per questo in molti paesi, soprattutto in Germania, riceve ingenti supporti finanziari nonostante non sia una via economicamente troppo vantaggiosa. Questi capitali hanno incoraggiato l’uso di materie prime provenienti da colture dedicate per la digestione anaerobica. Anche altre nazioni UE prevedono incentivi statali all’uso di biomasse per digestione anaerobica: Danimarca, Italia, Austria e Svezia. Questi adottano spesso tecnologie esistenti e ormai consolidate direttamente dai paesi che le hanno implementate ma continua comunque la ricerca e l’analisi di sistemi innovativi.

Per quanto riguarda la filiera del biogas in Italia CRPA ha identificato 521 impianti, di cui 130 sono in costruzione. Circa il 58% opera in co-digestione di effluenti zootecnici con colture energetiche (mais, sorgo…) e residui dell’agroindustria, quasi tutti gli impianti sono localizzati nelle regioni del nord Italia. Le quantità disponibili dei principali substrati per il biogas sono: 130.000.000 t/a di deiezioni animali, 5.000.000 t/a di scarti agro-industriali, 1.000.000 t/a di scarti di macellazione, 3.500.000 t/a di fanghi di depurazione, 10.000.000 t/a di frazione organica dei RU, 8.500.000 t /a di residui colturali, 200.000 ha di colture energetiche. La produzione di metano si attesta su circa 6,5 Miliardi mc/anno per una potenza installata pari a 2700 MWe [13].

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20 In questi ultimi anni l’Unione Europea ha emanato numerosi documenti, sia cogenti che di indirizzo, allo scopo di ridurre l’impatto ambientale dei carburanti utilizzati nel settore dei trasporti. Già nel 2009 la Fuels Quality Directive aveva stabilito la sostenibilità dei biocarburanti stabilendo che quelli di derivazione fossile debbano essere progressivamente sostituiti dai biocarburanti ponendo l’obiettivo su una riduzione iniziale del 35% delle emissioni di gas serra rispetto ai fossili sostituendoli con biocarburanti. Inoltre la UE ha fissato l’obiettivo della riduzione del 50% delle emissioni entro la fine di quest’anno e un’ulteriore riduzione fino al 60% entro il 2018. Sempre nel 2009, la European Directive Renewable Energy ha stabilito che entro il 2020 almeno il 10% dei carburanti utilizzati per il trasporto debba provenire da fonti rinnovabili. Nel 2013 la Comunicazione “Clean power for Transport” ha poi stabilito che per tutti i settori di trasporto deve essere costruito un mix esauriente di carburanti alternativi. Risulta evidente come il biometano possa aiutare a centrare gli obiettivi europei, dal momento che la sua produzione è già potenzialmente sufficiente a coprire i fabbisogni una volta che sia stata messa a punto una efficace ed efficiente rete distributiva. Esistono ulteriori vantaggi connessi con la produzione di biogas, come la riduzione dell’inquinamento dei reflui zootecnici e degli odori. I problemi di inquinamento del suolo e del sottosuolo, di odori molesti e le difficoltà nello smaltimento delle carcasse animali negli allevamenti intensivi hanno comportato delle limitazioni tecnico-legislative per gli allevatori, ovvero necessità di vasche di contenimento dei liquami, orari di spargimento sul suolo, distanza dai centri abitati e limiti quantitativi che si traducono in elevati costi produttivi. Grazie al trattamento anaerobico dei materiali di scarto si ottengono biomasse digerite direttamente utilizzabili per la fertilizzazione e si riducono notevolmente i carichi inquinanti e la produzione di odori sgradevoli. Questi impianti permettono inoltre la valorizzazione energetica dei rifiuti provenienti dalle attività agroindustriali, il cui smaltimento risulta normalmente problematico e costoso. I benefici riguardano anche il reddito delle imprese agricole grazie alla diversificazione, oltre alla produzione di beni alimentari si aggiunge la produzione di biogas direttamente collegabile con l’attività primaria. Dietro queste premesse si fa sempre più interessante la via della liquefazione del biogas o del biometano al fine di agevolare l’introduzione di risorse rinnovabili in settori tradizionalmente fossili.

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2.1 La produzione del biogas

La digestione anaerobica è un processo biologico complesso per mezzo del quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, una miscela costituita principalmente da metano e anidride carbonica.

Figura 2.1: schema della decomposizione anaerobica delle sostanze organiche durante la digestione

La percentuale di metano nel biogas varia a seconda del tipo di sostanza organica digerita e delle condizioni di processo, da un minimo del 50% fino all’80% circa. Affinché il processo abbia luogo è necessaria l’azione di diversi gruppi di microrganismi in grado di trasformare la sostanza organica in composti intermedi,

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22 principalmente acido acetico, anidride carbonica ed idrogeno, utilizzabili dai microrganismi metanigeni che concludono il processo producendo il metano.

Substrato S.T.[%] S.V.[%] Resa in Biogas [m3/t tal quale] Resa in Biogas [m3/t S.V.] Tenore CH4 [Volume %] Liquame bovino 8-11 75-82 20-30 200-500 60 Liquame suino ~ 7 75-86 20-35 300-700 60-70 Letame bovino ~ 25 68-76 40-50 210-300 60 Letame suino 20-25 75-80 55-65 270-450 60

Delezioni avicole solide ~ 32 63-80 70-90 250-450 60

Silomals 20-35 85-95 170-200 450-700 50-55

Acque di vegetazione 3,7 70-75 50-56 1500-2000 50-60

Frazione organica residui solidi urbani 40-75 50-70 80-120 150-600 58-65

Scarti di ristorazione 9-37 80-98 50-480 200-500 45-61

Scarti ortofrutticoli 5-20 80-90 45-110 400-600 60-65

Grasso di separazione 2-70 75-93 11-450 ~ 700 60-72

Contenuto stomacale (suini) 12-15 75-86 20-60 200-400 58-62

Grasso di fiottazione 5-24 80-95 35-280 900-1200 60-72

Contenuto ruminale 11-19 80-90 20-60 200-400 58-62

Figura 2.2: rese del biogas (in mc per tonnellata tal quale e in mc per tonnellata di sostanza volatile) da biomasse di varia provenienza [12]

I microrganismi anaerobi presentano basse velocità di crescita e basse velocità di reazione e quindi occorre mantenere ottimali, per quanto possibile, le condizioni dell’ambiente di reazione. Nonostante questo, i tempi di processo sono relativamente lunghi se confrontati con quelli di altri processi biologici, ma il vantaggio della digestione anaerobica è che la materia organica complessa viene convertita in metano e anidride carbonica e quindi porta alla produzione finale di un gas combustibile ad elevato potere calorifico. La temperatura ottimale di processo è intorno ai 35°C, se si opera con i batteri mesofili, o di circa 55°C, se si utilizzano i batteri termofili. I substrati utilizzati più comunemente sono liquame bovino o suino, deiezioni avicole, residui

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23 colturali e soprattutto colture dedicate non alimentari, possono inoltre essere sfruttati scarti organici e acque reflue provenienti dall’industria, fanghi di depurazione e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (quest’ultima soluzione particolarmente interessante per lo smaltimento dei rifiuti).

2.2 Il trattamento

Il biogas deve rispettare certe caratteristiche per poter essere commercializzato o comunque valorizzato, esso infatti contiene numerose impurità che devono essere categoricamente rimosse, oltre alla CO2 che ne riduce vistosamente il potere calorifico. Nel corso dell’ultimo decennio l’upgrading del biogas a biometano si è molto diffuso in alcuni paesi dove era già consolidata la produzione di biogas proveniente da sistemi di captazione in discariche di rifiuti urbani, da impianti di depurazione di acque reflue civili e dalla digestione anaerobica di biomasse agricole ed agro industriali. Attualmente si produce biometano in 19 paesi, di cui 14 appartenenti all’Unione Europea coprendo più del 70% della produzione mondiale [13]. In Europa sono operativi più di 230 impianti di purificazione e upgrading del biogas in biometano, con una produzione che supera il miliardo di metri cubi all’anno. La capacità produttiva raggiunta dimostra chiaramente come la tecnologia di purificazione sia ormai matura e ampiamente collaudata e dunque non è più da considerarsi come un fattore limitativo. Il biometano rappresenta sicuramente un vettore energetico dall’enorme potenziale.

Figura 2.3: fasi del trattamento del biogas

Il primo passo nel processo di liquefazione è il trattamento del gas, una fase di fondamentale importanza. I maggiori componenti contaminanti sono il biossido di carbonio (CO2) e il solfuro di idrogeno (H2S). Il biogas inoltre contiene, in piccole percentuali, ammoniaca (NH3), vapore acqueo (H2O), silossani, azoto (N2), ossigeno (O2) e idrogeno (H2). Il gas naturale di origine fossile contiene, a seconda della provenienza, dal 85 al 98% di metano. Per garantire una qualità del biometano analoga

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24 a quella del gas naturale sia in rete che nel settore dei trasporti è necessario aumentare la percentuale di CH4 nel biogas grezzo.

La rimozione delle impurità evita la corrosione o l’intasamento della componentistica dell’impianto ed elimina sostanze tossiche e inquinanti. Si procede ad una rimozione di acqua, di acido solfidrico, di ossigeno e azoto (è utilizzata una piccola quantità d’aria nelle fasi precedenti), di ammoniaca, di siliconi (presenti nei rifiuti e nei fanghi) e di eventuale particolato. La scelta della tecnologia di upgrading da utilizzare dipende dal sito, dalle condizioni locali e dalla destinazione d’uso del biogas trattato, varia dunque molto da caso a caso. È ben noto che la scelta di quella più adeguata non deve essere effettuata privilegiando la più economica, questo perché essa potrebbe non soddisfare i limiti di purezza richiesti con conseguente ulteriore aumento dei costi per migliorare il biogas.

2.2.1 Rimozione dell’acido solfidrico

La quantità di acido solfidrico dipende dalla composizione della sostanza organica fermentata e può variare tra 10 e 10000ppmv (0,0001-1% del volume). Questo presenta cattivo odore e nel recupero energetico del prodotto biogas è fortemente indesiderato perché corrosivo, insalubre e pericoloso per l’ambiente. È necessario rimuoverlo in qualsiasi caso. Sono in commercio diverse tecnologie con caratteristiche molto differenti tra loro.

assorbimento in soluzione acquosa

L’assorbimento avviene in una soluzione acquosa di soda caustica (NaOH) che ne incrementa la capacità assorbente. Si tratta di un processo prettamente chimico: l’idrato di sodio reagisce con l’acido per formare sali di zolfo insolubili. Non è un metodo rigenerativo ed avviene ad una temperatura di circa 50°C e ad una pressione di 2-2,5bar. Presenta costi operativi pari a 0,85 € per ogni kg di H2S rimosso [15]. Il maggior inconveniente è rappresentato dagli ingenti volumi di acqua contaminata dall’NaOH che si rendono necessari.

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processo di ossidazione a S0

Si basa sull’affinità chimica dell’H2S per i metalli catodici. Questo processo può essere diviso in due categorie: una prevede l’ossidazione di S2- a S0 e una è basata sulla cattura di S2- indotta da reazioni acido base. In entrambi i casi avviene la precipitazione del prodotto a causa della bassa solubilità in acqua sia dello zolfo elementare che dei solfuri metallici. Nel caso in cui si usi un solvente organico al posto dell’acqua devono essere tenuti presenti elevati costi di rigenerazione. Entrambi i solventi sono adatti se la concentrazione di H2S è bassa e se si combina il processo con quello di rimozione della CO2. È utilizzato in caso di grandi flussi di biogas da depurare con elevate concentrazioni di H2S. L’efficacia di questa tecnologia è però ad oggi verificata solo in caso di biogas ad altissimo tenore di metano (circa 80% in volume) e di acido solfidrico (2.2-2.4% in volume) [16]. Biogas che rispettino questi standard non sono molto diffusi, ad ogni modo la tecnologia è in questo caso molto efficiente e riduce la concentrazione di acido solfidrico a 1-10ppmv con una quasi completa rigenerazione dell’agente ossidante Fe3+. La produzione di zolfo elementare coinvolge le seguenti reazioni redox:

2𝐹𝑒3++ 𝐻2𝑆 = 2𝐹𝑒2++ 𝑆 + 2𝐻+

2𝐹𝑒2++1

2𝑂2+ 𝐻2𝑂 = 2𝐹𝑒

3++ 2𝑂𝐻

Questo processo può operare a temperatura e pressione ambiente con tempi di residenza di circa un solo minuto [16].

conversione a solfuri metallici a bassa solubilità

Prevede la conversione di CuSO4 nella forma di solfuri metallici che sono quasi insolubili in acqua. Utilizza inoltre anch’essa lo ione Fe3+ per ossidare S2- a S0. Di seguito le reazioni coinvolte:

𝑀𝑒2++ 𝐻2𝑆 + 2𝑆𝑂42− = 𝑀𝑒𝑆 + 2𝐻𝑆𝑂4− 𝑀𝑒𝑆 + 2𝐹𝑒3+ = 𝑀𝑒2++ 2𝐹𝑒2++ 𝑆 2𝐹𝑒2++1 2𝑂2+ 2𝐻𝑆𝑂4 − = 2𝐹𝑒3++ 𝐻 2𝑂 + 2𝑆𝑂42−

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26 𝐻2𝑆 +1

2𝑂2= 𝑆 + 𝐻2𝑂

Il rame ha una resa eccellente ma solo in presenza di un pH inferiore a 2,6 che rende l’ambiente corrosivo. La temperatura operativa è intorno ai 60°C e il tempo di residenza di circa 5 minuti. Nonostante ciò la diffusione di questo processo è rimasta limitata dal momento che la re ossidazione del rame richiede temperature tipicamente superiori ai 100°C se si desidera che il grado di conversione superi il 99%.

adsorbimento chimico

Si basa sull’utilizzazione di due diversi moduli adsorbenti: Fe2O3 e Fe(OH)3, che operano in cicli di adsorbimento e rigenerazione secondo le seguenti reazioni:

𝐹𝑒2𝑂3+ 3𝐻2𝑆 = 𝐹𝑒2𝑆3+ 3𝐻2𝑂 2𝐹𝑒(𝑂𝐻)3+ 3𝐻2𝑆 = 𝐹𝑒2𝑆3+ 6𝐻2𝑂

2𝐹𝑒2𝑆3+ 3𝑂2 = 2𝐹𝑒2𝑂3+ 6𝑆

L’alto costo legato alla rigenerazione e alla sostituzione del materiale adsorbente ne limita l’utilizzo a grandi impianti. Il funzionamento tipico è di tipo batch in cui il materiale alterna fasi di operatività a fase di rigenerazione. I reagenti chimici vengono di solito inseriti all’interno di pezzi di legno o di terra compatta al fine di incrementare la superficie adsorbente. La rigenerazione è un processo fortemente esotermico e questo causa problemi di auto ignizione, in particolare nel legno, nel caso in cui la temperatura non sia rigidamente controllata. I cicli di rigenerazione devono essere effettuati ogni 20-80 giorni con costi operativi enormi [16].

carboni attivi

I carboni attivi impregnati vengono usati come catalizzatori della reazione che permette la conversione di acido solfidrico in zolfo elementare e acqua. I carboni impregnati di zolfo devono essere sostituiti una volta saturi. I composti generalmente più usati come impregnante sono il bicarbonato di sodio, la soda caustica e lo ioduro di potassio. Il vantaggio di questo metodo è rappresentato dal fatto che non solo l’acido solfidrico viene rimosso, ma anche i gas come azoto, idrogeno e ossigeno raggiungono efficienze

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27 di rimozione più che soddisfacenti ad una pressione di circa 7bar e una temperatura di 60°C [17]. Per quanto riguarda l’aspetto economico sono state stimate spese di 3,85€ per kg di acido rimosso e 0,15€ per kg di gas [15]. I carboni attivi hanno dimostrato una leggera efficienza di rimozione (fino al 30%) anche nei confronti dei silossani non tuttavia sufficiente a raggiungere gli standard di purezza richiesti [15].

desolforazione biologica

Prevede l’utilizzo di microorganismi che sono comunemente presenti nel materiale destinato alla digestione e non è pertanto necessario che siano aggiunti. Questi batteri contribuiscono alla degradazione delle molecole complesse contenenti zolfo in molecole più elementari e per far questo necessitano di ossigeno che può essere aggiunto in quantità stechiometriche una volta misurata la concentrazione di acido solfidrico presente direttamente in camera di digestione. La riduzione del livello di H2S è intorno al 95%. L’iniezione nella camera di ossigeno puro o aria deve essere effettuata con cautela ricordando che il metano risulta esplosivo in un range di 5-15% di aria. A differenza degli altri metodi, agisce direttamente nella camera e non c’è così bisogno di interventi post digestione.

2.2.2 Rimozione del biossido di carbonio

I componenti principali del biogas sono CO2 e CH4. Pur non essendo tossica né in alcun modo dannosa si procede alla separazione dell’anidride carbonica al fine di aumentare il potere calorifico del prodotto. Il biometano offre prestazioni energetiche sicuramente migliori del biogas ed è più facilmente utilizzabile. Sono diverse le tecnologie presenti sul mercato per la rimozione di anidride carbonica.

PWS (pressure water scrubbing)

Il PWS si basa sulla solubilità in acqua dell’anidride carbonica, che è molto maggiore di quella del metano. Il gas viene fatto gorgogliare attraverso un contenitore di acqua sotto pressione. Oltre alla CO2, il processo è in grado di rimuovere anche una certa percentuale di ammoniaca e di idrogeno solforato, finché la solubilità di quest’ultimo in acqua rimane sensibilmente maggiore rispetto a quella dell’anidride carbonica, ma in presenza di elevate quantità è necessaria prima una desolforazione. Questo processo

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28 consente di raggiungere una purezza in metano tra 80 e 99% a seconda del volume di incondensabili come N2 e O2 che non possono essere separati con questa tecnologia dal CH4. La perdita di metano, dovuta principalmente alla sua dissoluzione in acqua, si attesta comunemente tra il 3 e il 5%. La spesa energetica è rilevante ed è assorbita in modo preponderante dalla compressione del gas da trattare e dalle pompe che si occupano della circolazione dell’acqua di processo. Si verifica che al fine di superare efficienze di rimozione del 93% si richieda una spesa di 0,23 kWh per Nm3 di biogas da depurare [15]. Al termine è necessario procedere all’essicazione del gas.

assorbimento fisico

Il principio fisico è lo stesso del water scrubbing ma, al posto dell’acqua, la dissoluzione della CO2 avviene in un solvente organico, come ad esempio metanolo. Il vantaggio è rappresentato dalla maggiore solubilità dell’anidride carbonica in un solvente organico rispetto all’acqua e ciò riduce le dimensioni del sistema con conseguente diminuzione del lavoro richiesto alle pompe di circolazione. È qui necessario che l’idrogeno solforato sia completamente rimosso prima del contatto con il solvente dal momento che si dissolverebbe in esso riducendo la capacità di assorbimento della CO2 oltre che rendere difficoltosa la rigenerazione del solvente organico stesso. La spesa energetica è analoga a quella del water scrubbing colmando il risparmio ottenuto alle pompe con una maggiore spesa in termini di energia termica poiché sono necessarie temperature superiori a 55°C per rigenerare il solvente [18].

assorbimento chimico

Questo differisce dal fisico per la modalità con cui avviene la reazione tra il solvente e la sostanza solubile. Questo processo è da preferirsi rispetto al precedente nel caso in cui la concentrazione di anidride carbonica sia bassa. Come solvente chimico vengono utilizzate ammine (è anche detto lavaggio amminico). Le perdite di metano sono del tutto trascurabili (0,1-0,2%) poiché non viene coinvolto dalla reazione che ha un’alta selettività nei confronti della CO2 [16]. Il grande ostacolo relativo a questa tecnologia è il dispendio di energia termica necessaria a mantenere le altissime temperature richieste dalla rigenerazione del solvente chimico. Per quanto riguarda il consumo energetico, per rimuovere il 97% del biossido di carbonio presente, sono necessari 0,12 kWh per Nm3

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29 di biometano ottenuto per la pulizia e dagli 0,5 agli 0,75 kWh termici per la rigenerazione del solvente chimico [15].

PSA (pressure swing adsorption)

Il PSA si basa sul meccanismo per mezzo del quale le molecole di gas possono venire selettivamente adsorbite da superfici solide a seconda delle loro dimensioni. La tecnologia utilizza infatti materiali come zeoliti o carboni attivi che, ad alte pressioni, agiscono come setacci molecolari per trattenere le molecole di anidride carbonica (le cui dimensioni sono sensibilmente maggiori rispetto a quelle delle molecole di CH4) sulla propria superficie. Questa tecnologia si è dimostrata efficace anche per la separazione dal metano di azoto e ossigeno. L’idrogeno solforato è qui considerato estremamente dannoso perché il materiale utilizzato lo tratterrebbe in maniera irreversibile e deve essere pertanto accuratamente rimosso in precedenza. Si raggiungono concentrazioni di metano tra il 96 e il 98% e le perdite si attestano tra il 2 e il 4%. La CO2 viene quindi rilasciata nella fase di depressione. Per ottenere una rimozione superiore al 93% si rendono necessari 0,46 kWh per Nm3 di biometano ottenuto [15].

metodi biologici

Consentono la conversione della CO2 in CH4 grazie all’azione di batteri metanigeni. Questo processo permette di incrementare la concentrazione del metano fino al 95% a fronte di una spesa praticamente nulla e i composti solforosi non sono dannosi e possono eventualmente essere rimossi anche in seguito. L’inconveniente è che il processo deve avvenire direttamente all’interno del digestore in cui si devono necessariamente creare condizioni adatte non sempre possibili.

separazione a membrana

Agisce grazie alle proprietà di alcuni polimeri, che sono impermeabili al metano, ma permeabili da parte dell’anidride carbonica. Per ottenere una buona separazione è necessario spingere il gas attraverso la membrana ad una pressione di almeno 10-11 bar e temperature di circa 60 °C [17]. Tuttavia alcune molecole di CH4 riescono a spingersi oltre la membrana comportando una elevatissima purezza del metano ottenuto (fino al 99%) ma anche una perdita sensibile di quest’ultimo intorno al 10%. Queste permettono

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30 inoltre la separazione di idrogeno, azoto e ossigeno con efficienze intorno al 90% se operano in condizioni ottimali. È una tecnologia è in continuo perfezionamento ed e si adatta a impianti di minori dimensioni. Le efficienze sono discrete, ma con costi non sempre contenuti per quanto riguarda l’acquisto delle membrane che varia in base alla portata che trattano. Sono stati stimati capitali di 7300-7600 €/(m3/h) in caso di portate fino a 100 m3/h, di 3000 €/(m3/h) in caso di portate intorno a 300 m3/h e di 2000 €/(m3/h) in caso di portate tra i 700 e i 1400 m3/h [15]. Fondamentale per la durata della membrana è la preventiva rimozione dell’H2S. L’acqua viene eliminata come condensa a seguito del raffreddamento del flusso gassoso che avviene a seguito della compressione fino agli 11 bar necessari. Efficienze di rimozione dell’ordine del 99% sono possibili esclusivamente a fronte di una spesa di 0,3 kWh per Nm3 di biogas da trattare [15].

Figura 2.4: schematizzazione di un upgrading di biogas con membrane molecolari

Separazione criogenica

Si tratta di una tecnologia innovativa e si basa sul fatto che gas differenti hanno differenti temperature di liquefazione, la CO2 può essere separata dal CH4 attraverso condensazione e successiva distillazione, infatti il metano, a pressione atmosferica, ha temperatura di ebollizione -161,5°C mentre il biossido di carbonio -78,2°C. Al fine di evitare il congelamento, l’acqua e l’acido solfidrico devono essere precedentemente rimossi. Richiede notevoli quantità di energia per raggiungere temperature molto basse

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31 (si scende fino a -110°C) e alte pressioni, superiori a 200bar, necessarie per ottenere la separazione. La perdita energetica è stimata circa nel 10% del metano ottenuto durante il processo. Tuttavia permette di ottenere grandi volumi di metano ad altissima purezza (99%) e CO2 liquida di purezza commerciale. L’anidride carbonica, a differenza di tutte le altre tecnologie di rimozione, viene qui raccolta in fase liquida rendendo relativamente facile la rimozione attraverso le pompe, mentre il metano può essere prelevato sia in fase liquida che gassosa, a seconda di come è stato costruito il sistema. Il principio secondo cui opera prevede che il biogas sia compresso e quindi raffreddato tramite scambiatori di calore (la compressione avviene in più stadi intervallati da una refrigerazione intermedia). La tecnologia è ancora sotto sviluppo ma alcuni impianti sono già in commercio, può costituire un’opzione per impianti di grandi dimensioni e in particolari configurazioni che presentino disponibilità di energia o di freddo.

Per quanto riguarda piccoli impianti di liquefazione il discorso è totalmente diverso. Temperature inferiori ai -160°C devono comunque essere raggiunte per causare la condensazione del biometano ma non è possibile su questa scala generare pressioni di 200-300 bar. Si rende dunque necessario un sistema a batch atto a separare il biossido di carbonio sotto forma gassosa o, con particolari accorgimenti, anche liquida. Questo argomento verrà trattato nel dettaglio nel capitolo successivo durante la modellizzazione di un impianto di micro liquefazione che prevede appunto un upgrading di tipo criogenico pur mantenendo pressioni contenute.

2.2.3 Rimozione delle altre impurità

L’ammoniaca è un contaminante prodotto dalla digestione di biomasse contenenti azoto. È corrosiva e presenta rischi per la salute dal momento che la sua combustione produce una piccola percentuale di ossidi di azoto NOx. Pur non essendo dannosa come l’acido solfidrico è comunque consigliabile la sua rimozione utilizzando specifiche membrane. L’acqua può essere rimossa tramite abbattimento termico o condensazione. È di facile eliminazione e non tossica né inquinante.

I silossani si formano a causa della presenza di siliconi nel flusso destinato alla digestione, in particolare il biogas prodotto da rifiuti e fanghi ne contiene concentrazioni elevate. Non presentano alta tossicità ma devono essere comunque totalmente rimossi

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32 perché durante la combustione del biogas (o del bio-GNL) darebbero forma a microcristalli indesiderati. La tecnologia con carboni attivi permette efficienze di separazione fino al 30% e quindi non sufficienti a garantire una buona qualità del prodotto. Un raffreddamento fino a -25°C ne permette l’eliminazione del 25% e per ottenere una purezza adeguata è necessario scendere fino a -70/-75°C, temperatura alla quale si raggiungono efficienze del 99% se la pressione si trova tra i 15 e i 20 bar. [16]. Azoto, ossigeno e idrogeno sono dovuti alla presenza di intrusioni di aria durante il processo di digestione. Pur essendo inerti devono essere rimossi, in particolare l’ossigeno in basse concentrazioni non costituisce un problema ma altrimenti può causare esplosioni. Le tecnologie più utilizzate sono i carboni attivi e le membrane molecolari che garantiscono entrambe efficienze del 90% in condizioni ottimali [15]. In alternativa, se il processo prevede la liquefazione del biogas e quindi il raggiungimento della temperatura di condensazione del metano (ma non sufficiente a liquefare azoto questi ultimi), la rimozione dei gas può essere effettuata a fine processo. Nel momento in cui il liquido viene stoccato nel serbatoio in pressione, per gravità i gas salgono e possono essere estratti dall’alto.

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Capitolo 3

Bio-GNL e stato dell’arte dei sistemi di

micro liquefazione

Grazie alla sua abbondanza e alla sua combustione ad elevata efficienza e a ridotte emissioni, il metano assume un ruolo fondamentale per quanto riguarda il settore industriale e il mercato energetico mondiale. Dall’altro lato, il biometano ha caratteristiche e qualità del tutto simili a quelle del metano, con l’aggiunta di provenire da fonti rinnovabili e di non essere quindi legato all’estrazione da giacimenti. La sua affermazione in forma liquida, il bio-GNL, è quella di un vettore energetico producibile totalmente, o quasi, da fonti rinnovabili, che contribuisce quindi agli obiettivi nazionali ed europei di de-carbonizzazione, che può essere impiegato con totale libertà nei consumi domestici e industriali, e soprattutto nel settore dei trasporti su strada. Ad oggi non si avvale ancora di un’infrastruttura esistente e ben sviluppata in Italia, ma non impatterebbe sulla gestione del sistema elettrico, in prospettiva sottoposto ad un certo stress dalla penetrazione delle altre fonti rinnovabili. Potrebbe anzi assicurare un’utile risorsa alla flessibilità del sistema, qualora venga favorito un utilizzo combinato del biogas per produrre elettricità e combustibile. Il bio-GNL rappresenta una filiera del tutto nuova, alla quale partecipano o possono partecipare aziende agricole, aziende di raccolta o gestione rifiuti, aziende agroalimentari (come fornitori della materia prima di partenza e gestori degli impianti), società di ingegneria e di costruzione di impianti già attive nel settore del biogas o comunque dotate di competenze adatte, produttori e distributori di carburanti, aziende di trasporti, società di distribuzione e trasporto gas (come destinatari del biometano prodotto). Di fronte a queste complessità, gli investitori, i detentori di materie prime idonee alla produzione di biogas, come anche i proprietari di impianti di biogas già esistenti interessati al biometano, hanno la necessità di individuare la strada meglio percorribile ed economicamente più interessante per realizzare un impianto e assicurare la remunerazione dell’investimento. Gli ingenti investimenti nel campo della relativa ricerca e dello sviluppo tecnologico che ne deriva

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34 rendono il prodotto sicuro e accessibile. Inoltre il bio-GNL rappresenta la soluzione perfetta al fine di introdurre in settori che tradizionalmente utilizzano fonti fossili una risorsa rinnovabile.

Le tecnologie di liquefazione, in particolare micro liquefazione in caso di biometano, sono determinanti per lo sviluppo e la diffusione. Per impianti di piccola scala si intendono quelli con capacità produttive inferiori al milione di tonnellate all’anno di bio-GNL. Tra le loro caratteristiche devono annoverare bassi costi di investimento, semplicità costruttiva e di esercizio, ridotti ingombri, sicurezza e completa automatizzazione. Questo rende la scelta del sistema estremamente limitata, la tecnologia criogenica è in continuo evoluzione ma non è ancora completamente matura. Dal punto di vista economico la semplicità impiantistica è prioritaria anche a discapito di rendimento e consumi specifici. Di seguito verrà illustrata una panoramica sullo stato dell’arte delle tecnologie di micro liquefazione.

3.1 Processo PRICO

Il PRICO è un processo a singolo refrigerante misto: viene infatti utilizzata una miscela di azoto e idrocarburi quali metano, etano, pentano e propano. Le prime applicazioni nascono alla fine degli anni ’70. La liquefazione si ottiene a seguito di successivi scambi termici su più livelli di pressione. Il refrigerante segue un ciclo inverso durante il quale assorbe calore dal gas naturale nella fase di evaporazione causandone la liquefazione. La fase di condensazione avviene grazie ad un raffreddamento ad acqua. Si tratta di uno dei processi più utilizzati la cui tecnologia è ormai ben consolidata. I principali vantaggi sono compattezza, semplicità e bassi costi impiantistici. L’aggiunta di idrocarburi nella miscela, sostanze altamente infiammabili, può però causare alcuni inconvenienti legati alla sicurezza e necessita di qualche accortezza legata alla determinazione della corretta composizione di quest’ultima. Gli impianti ad oggi in commercio registrano consumi specifici che si attestano intorno agli 0,4 kWh per kg di GNL prodotto.

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