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2.4 Resin Tranfer Moulding e SRIM

2.4.2 Materiali e forme utilizzate

I materiali usati in liquid molding non sono molto diversi dai mat, tessuti e resine convenzionali uti- lizzati in wet laminating o press molding. Modifiche importanti sono invece fatte per quanto riguarda la viscosità della resina, il tempo di gel, l’architettura dei rinforzi per rendere più semplice il flusso della resina durante l’impregnazione.

MATERIALI DI RINFORZO: gli stampaggi possono avvenire con successo usando la maggior- parte dei tessuti e forme tradizionali. Eccezione importante fanno i chopped-strand mat, che vanno di solito a formare preforme molto dense e poco permeabili. Alcuni tessuti sono prodotti specifi- catamente per il liquid molding. Questi sono tessuti che aumentano la loro permeabilità se portati ad alta temperatura e contengono dei filamenti deformabili che vanno a creare dei canali locali per il passaggio della resina in zone altrimenti a bassa permeabilità.

La scelta fondamentale che va ad incidere sul progetto strutturale è la scelta del tipo di preforma. Questo influenza le orientazioni di fibre permesse e la loro frazione in volume. Parti prodotte in piccoli volumi o preforme semplici sono ottimamente assemblate manualmente nello stampo usando mats o tessuti. Rinforzi posizionati manualmente necessitano di una operazione post stampaggio di sbavatura per eliminare gli eccessi fuori forma. Altrimenti preforme che ricalchino la esatta forma finale si possono realizzare formando termicamente gli stessi materiali usando polveri termoplastiche. Sistemi convenzionali usano forni a infrarosso e processi di stampo low-cost, i quali spesso sono attuati pneumaticamente, finchè la pressione richiesta è limitata a pochi bar.

Con la frazione in volume di fibre permesse da queste tecnologie si possono raggiungere perfor- mance del materiale di 10 Gpa di modulo elastico e 120 Mpa di resistenza. Per performance superiori sono utilizzati tessuti rinforzati che includono una grande varietà di prodotti woven chiamati zero crimp (nessuna ripiegatura) o tessuti appositamente progettati. Questi ultimi offrono grande flessibil- ità idipendentemente dal metodo produttivo utilizzato e sono realizzati in multistrato legati insieme da yarn non strutturali. Le configurazioni degli strand possono essere quasi unidirezionali, 0°/90°, ±45°, e quasi isotropici (0°/+45°/90°/–45° o –60°/+60°/120°). Il tipo di rinforzo usato influenza i costi di set up, le proprietà meccaniche finali, e la complessità con cui vengono realizzate forme complesse e l’impregnazione delle fibre. Degne di nota sono le grandi proprietà strutturali dei tessuti woven tridimensionali in applicazioni che richiedono grandi spessori e alta energia specifica di frattura cioè buone proprietà di assorbimento degli urti, e tessuti realizzati tramite la tecnica del braiding, che nella realizzazione di sezioni chiuse (particolarmente componenti tubolari) fornisce grande resistenza bias- siale e buone proprietà torsionali. Queste tecniche rappresentano i fronti di interesse in applicazioni aerospaziali in cui viene ricercata la realizzazione di geometrie complesse accompagnata dalla pos- sibilità di bilanciare l’andamento degli spessori con i rinforzi richiesti, permettendo così una grande flessibilità progettuale.

CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI RINFORZO: la relazione tra pressione di compat- tazione e frazione in volume di fibra è importante e determina la forza di stampaggio che deve essere fornita per garantire il deteminato spessore del laminato. La forza di compattazione può risultare

dello stesso ordine di grandezza della pressione della resina. La rigidezza trasversale è funzione della temperatura e del grado di saturazione che si manifesta a causa delle caratteristiche di rammollimento e a causa degli effetti della lubrificazione.

La permeabilità è definita dalla legge di Darcy e descrive la facilità con cui la resina può im- pregnare il rinforzo. In generale la permeabilità diminuisce esponenzialmente con l’aumento della frazione in volume delle fibre ed è maggiore per rinforzi dall’orientamento casuale rispetto a quelli con fibre allineate.

Il tempo necessario per impregnare una data geometria e per una data e costante pressione della resina è generalmente proporzionale al rapporto tra porosità (frazione di vuoto) e permeabilità. Al contrario quando viene usato un dispositivo di pressione positiva la pressione richiesta per impregnare una data geometria dovrà essere proporzionale all’inverso di tale rapporto. Perciò il progetto del rinforzo è strettamente connesso alle caratteristiche dei macchinari di processo e al tempo di ciclo.

E’necessario ricordare che la misura di permeabilità fornita dall’equazione di Darcy fornisce una descrizione molto approssimata del processo di impregnazione. La struttura del rinforzo è general- mente eterogenea e queste variazioni possono portare a spazi tra i filamenti importanti che generano durante l’impregnazione dei canali preferenziali che provocano microvuoti tra gli yarn. Questi prob- lemi possono essere ridotti dall’ausilio delle tecniche a vuoto e riducendo la portata di resina per aumentare la penetrazione per capillarità. Quest’ultimo metodo è però industrialmente non realizz- abile perchè molto lento. Porosità possono essere causate anche dalla presenza di aria intrappolata nella resina liquida durante la miscelazione (eliminabile con degasaggio) e dalla presenza di aria nella cavità dello stampo.

Quando sono presenti curvature complesse nel pezzo è consigliabile fare attenzione alle possibilità di formabilità del rinforzo. Rinforzi random possono tollerare trazioni monoassiali di circa il 30% inferiori al limite a rottura prima di stirarsi. I tessuti si deformano attraverso un meccanismo diverso a causa della presenza di fibre rettilinee e inestensibili. Il meccanismo dominante è lo scorrimento interplanare e molti materiali evidenziano comportamenti tensione-deformazione non lineari dopo il cosiddetto angolo di locking. Il confronto di queste caratteristiche può essere realizzato facendo misure su di un semplice parallelogrammo di materiale di rinforzo. Molto importante è conoscere il punto da cui parte il locking, che è usualmente individuato nel punto in cui diventa evidente il corrugamento del tessuto, e ciò accade circa attorno ai 30° di scorrimento.

RESIN SYSTEM: la maggior parte dei tipi di resina può essere utilizzata nei processi liquid mold- ing, incluse poliestere, acriliche, fenoliche, epossidiche e bismaleimidiche. Il parametro di controllo è la viscosità che gestibile sino ad un limite superiore di 0.8 Pa•s (simile all’olio motore). Quando al viscosità eccede questo valore, può essere necessario introdurre altra resina preriscaldata o un reattivo diluente a bassa viscosità. Quest’ultimo è usato largamente per vacuum infusion a causa delle basse pressioni realizzabili nel processo. Le resine epossidiche vengono divise in tre categorie: compo- sizioni a viscosità molto bassa (0.3 Pa•s) per vacuum infusion, in cui vengono utilizzati diluenti per ridurre il tempo di riempimento, composizioni a media viscosità (0.5 Pa•s) per RTM, e resine alto performanti le quali richiedono un forte riscaldamento per raggiungere la bassa viscosità necessaria

per poter essere iniettata. Sono anche state sviluppate composizioni epossidiche per SRIM che com- binano bassa viscosità (usando preriscaldamento) con una grande reattività di indurimento per dare rapidi riempimenti e cure veloci (<5min), anche se applicazioni significative non sono ancora emerse. SRIM resta per di più appannaggio solamente delle resine poliuretaniche. Queste differiscono leggermente dal convenzionale sistema RIM in quanto il tempo di gel è esteso per tener conto del più lungo tempo di riempimento che accompagna l’uso di una preforma. Per ottenere il giusto com- promesso tra rapidità del processo e semplificare l’uso delle resine poliestere sono state sviluppate resine ibride per l’RTM. Queste usano monomeri stirenici con un componente isottanico, insieme con il convenzionale agente di cura perossido organico. Anche se in teoria tutti i processi liquid molding usano resine termoindurenti, vi sono molte applicazioni in cui vengono utilizzate matrici termoplas- tiche. Dal momento che il maggior limite all’utilizzo delle matrici termoplastiche in liquid molding era l’alta viscosità che rendeva difficile l’impregnazione, una soluzione potenziale è l’impregnare usando monomeri e polimerizzare il termoplastico in situ. La tecnologia qui utilizzata è quella del RIM, nella quale, a parte l’uretano, l’applicazione più conosciuta è con poliammide 6 e poliammide 12, in cui viene prodotto direttamente un prepreg termoformabile. Per eliminare problemi problemi successivi allo stampo, è stato sviluppato un sistema di attivatori e catalizzatori liquidi da aggiungere alla resina. Altra tecnologia che utilizza matrici termoplastiche è la cosiddetta tecnologia “cyclics”, che consiste nell’impregnare il rinforzo con una resina termoplastica a bassa viscosità prepolimer- izzata, la quale successivamente reagisce in presenza di calore ed un catalizzatore che aumenta il peso molecolare attraverso la conversione delle sue corte catene molecolari in strutture lineari in un reazione di polimerizzazione ad anelli aperti. Questa tecnologia ha conseguito buoni risultati con PBT e policarbonati.

CURING: a differenza del compression molding SMC, la cura di parti formate con injection molding si realizza in modalità generalmente non uniformi. Questo è causato dalla diversa variazione termica e storia chimica che la resina ha subito dalle bocche di iniezione agli sfoghi di uscita. Queste differenze sono classificabili per lo più come processi non isotermi (ne è esempio il caso di resina fredda iniettata dentro ad uno stampo caldo). Nella maggior parte delle situazioni le zone vicine agli sfoghi di uscita subiscono la trasformazione di cura per primi e le più fredde zone vicine alle bocche di ingresso per ultime. Sono necessarie drastiche misure per correggere o invertire questa tendenza. Una prima possibile soluzione è quella di iniettare dalle bocchette con dosatori regolabili con tempi di inizio iniezione sfasati, mentre una seconda usa un’affinata tecnica di preriscaldamento della resina. Nei processi quasi isotermici (o quando il tempo di gel della resina è molto più lungo del tempo di riempimento), lo stampo raggiungerà un equilibrio termico prima dell’inizio della cura, perciò l’andamento della cura sarà più o meno uniforme. Gradienti di avanzamento di cura nel piano non causano alcun particolare problema. Ogni rimanente disuniformità nel grado di cura può essere eliminato con processi di postcuring della parte. Problemi lungo lo spessore possono invece essere più gravi. Il maggiore problema in questo caso è il relativo spessore che può essere soggetto a surriscal- damenti e fratture interlaminari durante la polimerizzazione. Il primo problema può essere risolto semplicemente modificando la composizione della resina (riducendo la concentrazione di acceleranti

o aumentando gli inibitori) per produrre una meno reazione meno vigorosa. Il secondo problema può portare a indesiderate incurvature delle piastre il che è funzione del ritiro della resina, orien- tazione delle fibre e rapporto spessore diametro caratteristico del pezzo. Questo può essere risolto in molti casi aggiungendo degli additivi che aumentino la flessibilità, riducendo la porzione di rinforzi cerchianti o riprogettando il pezzo.