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PARTE 1. LA CARDIOMIOPATIA DIABETICA

8. MATERIALI E METODI

8.1. POPOLAZIONE STUDIATA

Sono stati studiati, presso il Dipartimento Cardiotoracico di questo ospedale, 50 soggetti con diabete mellito tipo II di cui 27 maschi e 23 femmine, di età media 60±10 anni.

I criteri di inclusione dello studio stabiliti sono stati:

 Pazienti diabetici di tipo II di entrambi i sessi, seguiti presso l’ambulatorio di Diabetologia dell’Università di Pisa;

 Test ergometriconegativo e frazione di eiezione >50%;

 Buon compenso metabolico;

 Assenza di complicanze cardiovascolari e neurologiche tipiche del diabete;  Presenza di un’ottima finestra ultrasonora, che consentisse un’analisi ecocar-

diografica di qualità eccellente (questo ai fini di un’ottimizzazione dell’analisi of- f-line in speckle tracking);

I criteri di esclusione sono stati:

 Presenza di anamnesi di cardiopatia ischemica, come un pregresso infarto miocardico;

 Presenza di cardiomiopatie di tipo dilatativo o ipertrofico;  Presenza di valvulopatie significative sul piano emodinamico;

 Presenza di collagenopatie;

 Pazienti con insufficienza renale cronica;  Pazienti con patologia neoplastica.

Sono stati anche arruolati nello studio un gruppo di 26 volontari sani, di età e sesso confrontabili con il gruppo di diabetici.

8.2. METODOLOGIA

8.2.1. Parametri biochimici

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a prelievo ematico per l’esecuzione di esami ematochimici dopo un digiuno notturno di almeno 10-12 ore. Le misurazioni sono state eseguite utilizzando un analizzatore automatico Roche (Milano). La glicemia plasmatica è stata misurata utilizzando il metodo dell’esochinasi. Il colesterolo e i trigliceridi sono stati misurati con procedure enzimatiche; i livelli di colesterolo HDL

sono stati determinati con metodo omogeneo (Roche, Milano). Il colesterolo LDL è stato calcolato mediante la formula di Friedewald. La creatinina sierica ed urinaria sono state misurate con procedure standard. L’emoglobina glicata (HbA1c) è stata determinata mediante HPLC (Menarini – Diagnostici, Italia). La concentrazione urinaria di albumina è stata misurata mediante immunoturbidimetria (Roche Modular, Milano).

8.2.2. Ecocardiografia convenzionale, Doppler pulsato e Doppler tissutale Tutte le misurazioni ecocardiografiche sono state effettuate utilizzando un ecocardiografo convenzionale disponibile in commercio ( Vivid 7; General Eletric Healthcare, Milwaukee, WI) che utilizza un trasduttore con una frequenza di 4.0 MHz.

Il diametro telediastolico ventricolare sinistro (LVEDD), il diametro telesistolico ventricolare sinistro (LVESD), lo spessore telediastolico del setto interventricolare (IVSThd) e lo spessore telediastolico della parete posteriore del ventricolo sinistro (PWThd) sono stati misurati mediante ecocardiografia M-mode.

Ricavati questi parametri, è stato possibile calcolare la massa ventricolare sinistra nel seguente modo:

LV mass (g) =0,8 x [1,04 x (IVSThd + LVEDD + PWThd)3-(LVEDD)3]+0,6

L’indice di massa ventricolare sinistra (LVM index) è stato determinato dalla divisione della misurazione della massa ventricolare sinistra per l’area di superficie corporea (g/m2) (LMVbs) o per l'altezza elevata a 2.7 (LVMh).

Il volume telediastolico ventricolare sinistro (LVEDV) e il volume telesistolico (LVESV) sono stati calcolati adoperando la proiezione apicale a 2 e a 4 camere con metodo di Simpson modificato.

La frazione d’eiezione ventricolare sinistra è stata così calcolata: EF = (LVEDV – LVESV) / LVEDV x 100

Il flusso transmitralico e la velocità di outflow ventricolare sinistro sono stati valutati attraverso proiezione apicale in asse lungo con il metodo del Doppler pulsato. Per quanto riguarda l’analisi della funzione diastolica longitudinale globale del

ventricolo sinistro, sono state fatte acquisizioni e misurazioni mediante tecnica del Doppler tissutale pulsed-wave, delle velocità diastoliche precoci (E’) e tardive (A’) dell’anello mitralico a livello del setto e della parete laterale.

In particolar modo è stato preso in considerazione il rapporto tra velocità di flusso diastolico transmitralico precoce (E) e la media (settale e laterale) di velocità precocedello spostamento dell’anello mitralico (E’) che gioca un ruolo importante nella stimadelle pressioni di riempimento ventricolare sinistro.

8.2.3. 2D Strain imaging

Sono state acquisite immagini del ventricolo sinistro in asse corto a livello dell’apice, del setto e a livello basale e immagini in proiezione a 2 e 4 camere a livello apicale utilizzando un alto frame rate ( 80 frame/sec).

La proiezione in asse corto basale consentiva di visualizzare la valvola mitrale; quella in asse corto settale, invece, permetteva di analizzare le corde tendinee; invece, la proiezione in asse corto apicale è stata acquisita distalmente ai muscoli papillari.

A livello di ciascun piano, sono stati registrati tre cicli cardiaci consecutivi a fine espirazione e successivamente registrati e memorizzati per poter condurre un’analisi computerizzata attraverso un PC work-station (rielaborazione dati attraverso particolari software).

Il limite dell’endocardio ventricolare sinistro in telesistole è stato delineato manualmente; una volta tracciato questo, il computer ha automaticamente creato una regione di interesse e il software ha selezionato i naturali marker acustici che si muovevano nel contesto del tessuto miocardico.

L’analisi frame-by-frame di questi markers durante il ciclo cardiaco ha prodotto una misurazione della rotazione, della velocità di rotazione, dello strain e dello strain rate per ogni segmento del miocardio. Il ventricolo sinistro è stato suddiviso in sedici segmenti e ciascun segmento è stato analizzato singolarmente. Il software di analisi speckle tracking fornisce il profilo di S e SR per ogni singolo segmento di parete ventricolare determinato con il sistema intero di segmentazione (ogni punto della curva risulta dal calcolo automatico dei valori medi su ogni singolo segmento predefinito); in aggiunta per lo S (e SR) longitudinale, radiale e circonferenziale fornisce anche una curva “globale”, corrispondente alla media di tutti i segmenti

analizzati (Fig. 27).

Strain bidimensionale del ventricolo sinistro, strain rate e rotazione sono state misurate affidandosi a un software dedicato specificamente a questi parametri; strain longitudinale e strain rate sono stati valutati nelle sei pareti del ventricolo sinistro in proiezione apicale 2-camere e nelle sei pareti in proiezione apicale 4- camere.

Strain circonferenziale e strain rate sono stati analizzati nelle sei pareti del ventricolo sinistro in proiezione parasternale ad asse corto a livello delle corde tendinee e i loro valori medi sono stati utilizzati per ottenere comparazioni diagnostiche.E’ stato possibile quantificare strain radiale e strain rate nelle sei pareti del LV mediante proiezione parasternale ad asse corto a livello delle corde tendinee.

Figura 27. Proiezione 2 camere. In alto a sinistra è visualizzata la regione di interesse suddivisa in 6 segmenti. Il software estrae le curve di strain visualizzate a destra. La linea tratteggiata in bianco rappresenta lo strain globale.

8.2.4. Analisi statistica

I risultati dello studio sono stati sottoposti a test statistici come il test t di Student per dati non appaiati, per il confronto statistico fra gruppi di variabili continue espresse come media + 1 Deviazione Standard, ed ilχ2-test per il confronto delle variabili espresse come percentuali.

Mediante la procedura di Bland e Altman è stato calcolato un coefficiente di correlazione tra le classi (ri) dei parametri esaminati per valutarne la ripetibilità

inter e intraosservatore.

Le correlazioni fra le variabili sono state esaminate mediante l'analisi di regressione semplice e multivariata.

Sono state considerate statisticamente significative le relazioni dove il P-value risultava essere inferiore a 0,05.

9. RISULTATI

Le caratteristiche antropometriche, cliniche e metaboliche dei pazienti diabetici e dei soggetti di controllo sono mostrate nella tabella 4.

PARAMETRI DIABETE MELLITO (n=50) CONTROLLI (n=26) P MEDIA ± DS MEDIA ± DS CARATTERISTICHE ANTROPOMETRICHE Età (anni) 60,6 ± 10,3 45.8 ± 6.8 0,01 Altezza (cm) 168,8 ± 8,7 171,5 ± 7,3 Ns Peso (Kg) 80,8 ± 14,8 78,6 ± 8,7 Ns Superficie corporea (m2) 1,9 ± 0,2 1,9 ± 0,1 Ns BMI (Kg/m2) 28,3 ± 4,1 26,8 ± 4,5 0,05 Pressione sistolica (mmHg) 145,2 ± 14,1 115,9 ± 4,5 0,001 Pressione diastolica (mmHg) 79,9 ± 9,5 68,3 ± 6,8 0,001 Pressione media (mmHg) 101,7 ± 8,7 93.4± 5.7 0,001 Frequenza cardiaca (b/min) 76,7 ± 11,1 75,7 ± 12,1 Ns STORIA DI DIABETE

Durata del diabete 10,2 ± 9,3 -- --

CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE Glicemia (mg/dl) 153,7 ± 52,8 88,5 ± 6,5 0,0001 HbA1c (%) 7,3 ± 1,0 -- -- Colesterolo totale (mg/dl) 189,6 ± 27,8 186,5 ± 10,3 Ns Colesterolo LDL (mg/dl) 113,4 ± 26,3 115,5 ± 12,5 Ns Colesterolo HDL (mg/dl) 49,0 ± 11,6 52,7 ± 5,7 Ns Trigliceridi (mg/dl) 152,6 ± 67,2 103,6 ± 35,4 0,05 Creatinina (mg/dl) 0,8 ± 0,2 0,8 ± 0,2 Ns

Tabella 4. Caratteristiche antropometriche e metaboliche dei soggetti in studio. I dati sono presentati come media ± deviazione standard (DS). BMI: body

mass index; HbA1c: emoglobina glicosilata. LDL calcolate mediante la formula di Friedewald.

Ad eccezione del parametro GLICEMIA, ovviamente più elevato nei soggetti

diabetici, l’unica differenza significativa riguarda i valori di pressione arteriosa, che sono risultati significativamente più elevati nel gruppo di pazienti diabetici rispetto al gruppo di controllo. Presi singolarmente, però, non tutti i pazienti presentavano ipertensione arteriosa, ma dato il ristretto numero della popolazione fino ad ora studiata, non è stato possibile separare i soggetti diabetici ipertesi da quelli normotesi. In compenso abbiamo preventivamente diviso i pazienti in IPERTESI (n=21) (valori di pressione arteriosa sistolica > 140 mmHg e/o valori di pressione arteriosa diastolica > 90 mmHg) e NORMOTESI (n=29), non riscontrando differenze significative fra i due sottogruppi per i valori volumetrici, della massa ventricolaresinistra e della funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro. Questo dato veniva confermato dall’analisi multivariata in cui la correzione per età e presenza/assenza di ipertensione arteriosa, non determinava modificazioni sostanziali dei parametri metabolici ed ecocardiografici esaminati, nell’attuale distribuzione fra il gruppo diabetici (considerato quindi come unitario) ed il gruppo di controllo.

9.1. ANALISIECOCARDIOGRAFICA

I dati derivati dall’analisi ecocardiografica convenzionale e dall’analisi PW-TDI sono riassunti nella tabella 5.

Nei pazienti diabetici sono presenti alterazioni strutturali e funzionali: è stato riscontrato, infatti, un significativo aumento della massa ventricolare sinistra (LVM) indicizzato sia per peso sia per superficie corporea, in rapporto ai controlli dello studio (P<0,001 per entrambi).

La funzione sistolica ventricolare sinistra campionata con approccio ecocardiografico convenzionale si è dimostrata pressoché sovrapponibile nei due gruppi. Invece la funzione diastolica precoce e globale ventricolare sinistra si è mostrata alterata nei diabetici grazie a una analisi Doppler della velocità di flusso mitralico: il picco E era progressivamente più basso nei diabetici rispetto ai controlli, mentre il picco A si è rivelato più alto nei diabetici rispetto ai controlli, con un’inversione del fisiologico rapporto E/A (E/A < 1), espressione della presenza di un’alterazione del rilasciamento ventricolare caratteristico dei soggetti in uno stadio precoce della cardiomiopatia diabetica.

L’analisi mediante Doppler tissutale a livello dell’anulus mitralico ha rivelato

alterazioni della funzione diastolica globale longitudinale, con il riscontro di una differenza del rapporto delle velocità E e A a livello del setto e della parete laterale. In particolar modo il rapporto E/E’ ha evidenziato un significativo e progressivo aumento nei diabetici rispetto al gruppo di controllo (10,2 ± 4,2 nei diabetici contro 5,5 ± 1,4 nel gruppo di controllo; P<0,001).

PARAMETRI DIABETE MELLITO (n=50) CONTROLLI (n=26) p MEDIA ± DS MEDIA ± DS ECO-DOPPLER CONVENZIONALE Aorta (cm) 3,2 ± 0,3 2,9 ± 0,2 0,05 Atrio sinistro (cm2) 17,4 ± 2,9 16,5 ± 4,3 ns LVEDD (cm) 5,2 ± 0,4 4,8 ± 0,5 0,01 LVEDV (ml) 90,3 ± 15,4 76,4 ± 10,3 0,01 EF (%) 65,5 ± 5,8 66,4 ± 10,3 Ns IVSThd (cm) 1,0 ± 0,1 0,7 ± 0,1 0,01 PWThd (cm) 1,0 ± 0,1 0,7 ± 0,1 0,01 LVM (g) 201 ± 39 127,6 ± 42,2 0,001 LVMh (g/m 2.7) 49,4 ± 10,2 30,9 ± 7,4 0,001 LVMbs (g/m2) 106 ± 20 72,4 ± 17,4 0,001 Picco E (cm/s) 76,4 ± 15,7 83 ± 12 0,01 Picco A (cm/s) 86,3 ± 21,9 62 ± 12 0,005 E/A ratio 0,9 ± 0,2 1,3 ± 0,2 0,01 Dectm 221 ± 39 163,1 ± 44 0,05 PW-TDI

Picco E’setto -7,1 ± 1,9 -12,3 ± 2,5 0,001

Picco E’

parete laterale -9,4 ± 3,0 -15,6 ± 3,3 0,001

Picco A’setto -10,7 ± 2,1 -7,3 ± 2,2 0,01

Picco A’parete laterale -12,1 ± 2,9 -7,5 ± 2,7 0,001

E’/A’setto ratio 0,7 ± 0,2 1,3 ± 0,3 0,003

E’/A’parete laterale ratio 0,8 ± 0,3 1,8± 0,5 0,005

E/E’ (average) 10,2 ± 4,1 5,5 ± 1,4 0,001

Tabella 5. Parametri ecocardiografici convenzionali e PW-TDI. I dati sono

presentati come media ± deviazione standard (DS). LVEDD: diametro telediastolico ventricolo sinistro (left ventricular end-diastolic diameter); LVEDV: volume telediastolico ventricolo sinistro (left ventricular end-diastolic volume); EF: frazione d’eiezione (ejection fraction); IVSThd: spessore diastolico del setto

interventricolare (diastolic interventricular septum thickness); PWThd: spessore

diastolico della parete posteriore (diastolic posterior wall thickness); LVM: massa del ventricolo sinistro (left ventricular mass); LVMh: indice di massa ventricolare sinistra indicizzato per l’altezza (left ventricular mass heigth index); LVMbs: indice di massa ventricolare sinistra indicizzato per la superficie corporea (left ventricular mass body surface index); Picco E: picco della velocità di flusso transmitralico nella diastole precoce (peak transmitral flow velocity in early diastole); Picco A: picco della velocità di flusso transmitralico nella diastole tardiva (peak transmitral flow velocity in late diastole); E/E’ (average): rapporto tra E ed E’ (media tra E’settale

ed E’parete laterale).

I risultati relativi all’analisi ecocardiografica mediante 2D Global Strain e Strain rate sono riportati nella tabella 6.

PARAMETRI DIABETE MELLITO (n=50) CONTROLLI (n=26) p MEDIA ± DS MEDIA ± DS 2D GLOBAL STRAIN Longitudinale -20,5 ± 2,3 -23,7 ± 1.8 0,01 Circonferenziale -21,7 ± 3,7 -21,9 ± 3,5 Ns Radiale 48,2 ± 18,4 47,3 ± 15.2 Ns

2D GLOBAL STRAIN RATE

GSRsL -1,1± 0,1 -1,8 ± 0,3 0,01 GSReL 1,1 ± 0,3 1,5 ± 0,3 0,05 GSRaL 1,1 ± 0,3 0,8 ± 0,2 0,03 GSRsC -1,4 ± 0,3 -1,5 ± 0,3 Ns GSReC 1,5 ± 0,3 1,6 ± 0,3 Ns GSRaC 1,1 ± 0,4 1,0 ± 0,4 NS GSRsR 2,3 ± 0,6 2,5 ± 0,5 NS GSReR -2,0 ± 0,6 -2,2 ± 0,5 NS GSRaR -1,8 ± 0,7 -1,6 ± 0,8 NS TORSION 14,4 ± 5,4 15,4 ± 4,8 NS

Tabella 6. Risultati relativi all’analisi mediante Strain e Strain Rate nei due gruppi di soggetti in studio. I dati presentati sono espressi come media +

deviazione standard (DS). GSR: Global Strain Rate (L: longitudinale; C: circonferenziale; R: radiale; ciascuno espresso con le tre componenti s, e, a). Nei soggetti diabetici si evidenzia una riduzione dello strain longitudinale globale rispetto ai controlli. Al contrario, considerando lo strain radiale e circonferenziale,

notiamo che non si evidenziano alterazioni significative nel nostro gruppo di pazienti rispetto al gruppo di controllo.

Se prendiamo in considerazione lo strain rate, anche in questo caso le alterazioni significative si riscontrano solo sul piano longitudinale, a carco sia dell’onda “s” (espressione dell’accorciamento sistolico) che delle onde “e” (proto-diastolica) ed “a” (tele-diastolica).

10. DISCUSSIONE

L’incidenza e la prevalenza del diabete mellito sono in rapida crescita nella nostra società; la maggior parte dei soggetti diabetici peraltro muore per interessamento aterosclerotico diffuso (soprattutto coronarico) e per ipertensione arteriosa. Ma si sta affacciando prepotentemente nello scenario clinico, un processo denominato cardiomiopatia diabetica indipendente da ipertensione e cardiopatia ischemica. La cardiomiopatia diabetica è un processo complesso associato al diabete mellito, caratterizzato da complesse alterazioni della fisiologia, della struttura e della funzione meccanica del cuore.

Rubler identificò tale patologia ben 4 decadi or sono, pur tuttavia in quanto tale questo tipo di cardiomiopatia non è mai arrivata realmente alla ribalta clinica, dal momento che è realmente difficile distinguere la cardiomiopatia diabetica “pura”da una disfunzione diastolica e sistolica che si realizza nel paziente diabetico, con coesistente ipertensione arteriosa e/o cardiopatia ischemica. Raramente tale processo patologico emerge isolatamente ed ha comunque un’evoluzione verso lo scompenso cardiaco congestizio.

Restando alla cardiomiopatia diabetica, la sua esatta eziopatogenesi non è stata del tutto chiarita, fermo restando che i reperti che si riscontrano comunemente in tale quadro fisiopatologico sono rappresentati da: un volume ventricolare solo modestamente aumentato, una massa del ventricolo sinistro aumentata, soprattutto in relazione al volume tele-diastolico ventricolare sinistro, una ipertrofia miocardica, una fibrosi miocardica, un accumulo di lipidi intramiocitario. Tutto ciò si traduce nella presenza di anomalie della funzione diastolica (presente nel 75% dei pazienti diabetici asintomatici), una compromissione della funzione contrattile e della elastanza ventricolare, fino allo scompenso cardiaco.

Sulla base di dati sperimentali ed autoptici si può ipotizzare che la storia naturale della cardiomiopatia diabetica sia costituita da una fase precoce in cui prevalgono gli eventi molecolari e cellulari, riguardanti il metabolismo come l’iperglicemia, l’aumento degli acidi grassi liberi circolanti , l’insulino-resistenza, alterazioni dell’omeostasi del Ca2+ e la disfunzione endoteliale. Tali anomalie si traducono in

cambiamenti insignificanti della struttura e della morfologia cardiaca, mentre si

possono riscontrare alterazioni della performance ventricolare intese come alterazioni della compliance ventricolare.

Alla fase precoce segue una fase intermedia con evidenti alterazioni cardiomiocitarie ed apoptotiche fino alla necrosi miocitaria. In questa fase si attiverebbe la produzione di collagene da parte dei fibroblasti, fino alla fibrosi miocardica. Da un punto di vista strutturale la massa miocardica comincia ad aumentare per incremento degli spessori ventricolari da mettersi in rapporto con l’ipertrofia cardiomiocitaria. Da un punto di vista della performance ventricolare si realizzano significative alterazioni della funzione diastolica e sistolica del ventricolo sinistro.

Infine si realizza una fase tardiva in cui prevalgono le comorbidità come l’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica, la microangiopatia, la neuropatia autonomica. In questa fase ormai il remodelling ventricolare si realizza con aumento del volume e della massa ventricolare sinistra ed anomalie del microcircolo coronarico. In tale fase diventano evidenti anomalie della funzione sia sistolica che diastolica.

D’altra parte il mondo reale ci presenta un paziente diabetico spesso iperteso, aterosclerotico, con o senza complicanze retinopatiche e/o neuropatiche, per cui diventa realmente complesso dipanare la matassa eziopatogenetica e fisiopatologica.

In questa tesi abbiamo analizzato soggetti diabetici di tipo II, selezionandoli fra quelli senza altri fattori di rischio cardiovascolare, senza malattia coronarica clinicamente evidente e senza altre cardiopatie documentabili sulla base ecocardiografica (valvulopatie significative, cardiomiopatie primitive).

Non è stato possibile dato l’esiguo numero della popolazione fino ad ora studiata, separare i soggetti diabetici con o senza ipertensione arteriosa, anche se come abbiamo specificato nei risultati, abbiamo preventivamente diviso i pazienti in ipertesi (n= 21) (valori di pressione sistolica >140 mmHg e/o valori della diastolica >90 mmHg) e normotesi (n=29), non riscontrando differenze significative fra i due sottogruppi per i valori volumetrici o di massa ventricolare e di funzione sistolica e diastolica.

Concordemente con le osservazioni presenti in Letteratura, abbiamo riscontrato

nei soggetti diabetici un lieve ma significativo incremento della volumetria ventricolare sinistra, un incremento significativo degli spessori parietali e settale e della massa ventricolare sinistra. Va sottolineato che nei diabetici è evidente una disfunzione diastolica, già campionando il flusso trans mitralico (in 14/50 il rapporto E/A era normale)ed il movimento dell’anulus mitralico lungo il piano longitudinale sia dal versante settale che della parete laterale. Se si considera il rapporto medio E/E’, come espressione della stima della pressione tele-diastolica ventricolare sinistra, in 17 pazienti tale rapporto è uguale o inferiore a 8, mentre in 29 pazienti tale rapporto è compreso fra 9 e 15 e solo in 4 pazienti tale rapporto superava 15.

La funzione sistolica evidenziata con la frazione di eiezione del ventricolo sinistro appare confrontabile con il gruppo di controllo e soprattutto entro un range di normalità. Tali pazienti presentavano peraltro una iniziale disfunzione sistolica, come si evidenziava dal significativamente minore strain longitudinale globale (20 pazienti su 50, presentavano valori di GLS < - 2SD rispetto alla media dei controlli sani). Al contrario se consideriamo lo strain radiale e circonferenziale non si evidenziano alterazioni significative nel nostro gruppo di pazienti diabetici rispetto al gruppo di controllo. Le alterazioni precoci dello strain, nel diabetico di tipo II, si realizzano solo a carico delle fibre sub-endocardiche del ventricolo sinistro che, come evidenziato dagli ultimi lavori sulla meccanica cardiaca, si dispongono essenzialmente lungo il piano longitudinale.

Se consideriamo lo Strain Rate, anche in questo caso le alterazioni significativeappaionoverificarsi solo sul piano longitudinale, a carico sia della onda “s” (espressione dell’accorciamento sistolico) che delle onde “e” (proto-diastolica) ed “a” (tele-diastolica).

L’analisi delle correlazioni fra i dati metabolici e quelli relativi alla funzioni cardiaca apparefondamentale: va anzitutto sottolineata l’importanza della durata del diabete nel determinismo delle alterazioni o modificazioni riscontrate nei parametri esplorati.

Se infatti prendiamo in considerazione la correlazione fra ilvolume del ventricolo sinistro (r=0,53; p<0,003) (Fig. 18) e la massa ventricolare sinistra (r=0,52; p<0,002) (Fig. 19) e la durata del diabete, si mette in evidenza per entrambiuna

correlazione positiva e significativa. A sua volta la frazione di eiezione del ventricolo sinistro correla in maniera inversa con la durata di malattia (r=-0,43; p<0,01) (Fig. 20) e con l’incremento della massa del ventricolo sinistro (r=-0,46; p<0,01) (Fig. 21).

Figura 18. Correlazione tra il volume del Figura19. Correlazione tra la massa ventricolare

ventricolo sinistro e la durata del diabete. sinistra e la durata del diabete.

Figura 20. Correlazione tra la frazione di Figura 21. Correlazione tra la frazione di eiezione

eiezione e la durata del diabete. e la massa del ventricolo sinistro.

Il GLS si riduce in senso assoluto significativamente in rapporto all’incremento del volume del ventricolo sinistro (r=0,42; p<0,02) (Fig. 22), ma soprattutto tende a ridursi significativamente all’aumentare della durata di malattia (r=0,78; p<0,0001) (Fig. 23). Concordemente l’onda “s” dello strain rate globale longitudinale si riduce

r=0,53 p<0,003 r=0,52 p<0,002 r=-0,46 p<0,01 r=-0,43 p<0,01

di ampiezza all’aumentare della durata di malattia (r=0,56; p<0.001) (Fig. 24). Per quanto riguarda le alterazioni della funzione diastolica, le uniche correlazioni significative si riscontrano tra la ampiezza dell’onda “e” dello SR globale longitudinale e la durata di malattia (r =-0,53; p<0,001) (Fig. 25).

Figura 22. Correlazione tra strain longitudinale Figura 23. Correlazione tra strain longitudinale globale e il volume del ventricolo sinistro globale e la durata del diabete.

Figura 24. Correlazione tra lo strain rate Figura 25. Correlazione tra lo strain rate Longitudinale “s” e la durata del diabete. longitudinale “e” e la durata del diabete.

I risultati di questa tesi hanno dimostrato la presenza di una disfunzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro in pazienti diabetici di tipo II, in assenza di complicanze diabetiche e in un buon controllo glicemico.

I soggetti diabetici di tipo II presentano allo studio ecocardiografico convenzionale un ventricolo sinistro lievemente dilatato, con spessori parietali e settali aumentati

r=0,42 p<0,02 r=0,56 p<0,001 r=-0,53p<0,001 r=0,78 p<0,0001

e con un incremento della massa ventricolare sinistra. All’analisi Doppler trans mitralica i diabetici evidenziano (36/50) una disfunzione diastolica di grado lieve, mentre la frazione di eiezione del ventricolo sinistro è entro il range di normalità. L’analisi con il Doppler tissutale consente di confermare la disfunzione diastolica a livello dell’anulus mitralico lungo il piano longitudinale e di aggiungere un’informazione importante circa il rapporto E/E’, espressione surrogata della stima della pressione telediastolica ventricolare sinistra. Tale parametro risulta essere alterato in 33/50 dei soggetti diabetici esaminati. Ma il dato più sorprendente è rappresentato da una lieve ma significativa riduzione dello strain globale longitudinale, espressione della deformabilità sistolica sul piano longitudinale. Al contrario appaiono entro limiti normali lo strain globale radiale, circonferenziale e la torsion del ventricolo sinistro. Concordemente lo SR globale longitudinale mostra una significativa alterazionedell’onda “s”(sistolica) e delle onde diastoliche “e” ed “a”.

Studi sperimentali hanno documentato che l’accumulo di acidi grassi a livello miocardico si associa a disfunzione mitocondriale, che innesca un danno cellulare fino all’apoptosi e alla fibrosi sostitutiva, che determina una disfunzione miocardica. Recenti studi hanno evidenziato la relazione fra la steatosi miocardica e la disfunzione ventricolare sinistra in soggetti diabetici di tipo II. Questo dato, ottenuto nell’uomo mediante risonanza magnetica spettroscopica tuttavia è ancora controverso; ciò almeno in parte appare dovuto alla diversa selezione della casistica dei diversi studi a confronto.

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