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Selezione dei pazienti

Si tratta di uno studio retrospettivo su 16 pazienti sottoposti a resezione robot-assistita di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto, i cui dati sono stati raccolti in maniera prospettica in un database dedicato tra Maggio 2012 e Luglio 2017. Il da Vinci® Si è stata la

prima versione del sistema da Vinci® utilizzata in questo studio; successivamente, da Gennaio

2015, è stato possibile utilizzare anche l’ultima versione, il da Vinci® Xi. Dodici pazienti sono

stati operati con da Vinci® Si, mentre i rimanenti quattro con la versione Xi. Sono state

considerate come controindicazioni formali all’approccio robotico: coinvolgimento epatico esteso, precedenti interventi di chirurgia maggiore nella regione sovramesocolica e difficoltà anestesiologiche nel mantenimento dello pneumoperitoneo. Per lo studio preoperatorio tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esami ematochimici, ecografia addominale con o senza mezzo di contrasto e radiografia del torace e, in modo variabile, a esami strumentali come tomografia computerizzata (TC) con mezzo di contrasto, risonanza magnetica nucleare (RMN) con o senza mezzo di contrasto paramagnetico epato-specifico e tomografia a emissione di positroni (PET). I dati pre-operatori raccolti in questa analisi comprendono: caratteristiche demografiche dei pazienti (età, sesso), American Society of Anasthesiologists (ASA) scores, indice di massa corporea (BMI), eventuali comorbidità, sede della lesione, eventuale epatopatia, precedenti interventi chirurgici addominali, chemioterapia pre-operatoria. I dati peri-operatori coinvolgono: tempo operatorio, localizzazione, numero e dimensioni delle lesioni, eventuali interventi sincroni e complicanze intraoperatorie. Come dati post-operatori sono stati presi in considerazione: terapia post-operatoria, complicanze post-operatorie definite con la classificazione Clavien-Dindo44, la necessità di trasfusioni e la durata della degenza. Sono inoltre

33 microscopici di resezione. Da un punto di vista oncologico sono stati analizzati il tasso di recidiva, il sito della recidiva e i tassi a 1 e 3 anni di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da malattia.

Tecnica chirurgica

La posizione ottimale del paziente (decubito supino o laterale sinistro), così come quella degli accessi, è stata valutata sulla base della localizzazione pre-operatoria delle lesioni, del loro numero e della possibilità di effettuare un’eventuale resezione sincrona del tumore primitivo. Nel caso di metastasi esclusive a carico dei settori laterali o posteriori di destra i pazienti sono stati posizionati in decubito laterale sinistro, mentre nel caso di altre localizzazioni, localizzazioni multiple o nel caso di chirurgia colon-rettale associata è stata preferita la posizione supina a gambe divaricate. L’induzione dello pneumoperitoneo viene eseguita mediante ago di Veress o con tecnica open nei casi di pregressa chirurgia addominale e mantenuto con CO2 a 12-15

mmHg. Vengono quindi posizionati cinque trocars, secondo una disposizione curvilinea nel caso sia stato utilizzato il sistema da Vinci® Si, in modo tale da mantenere la triangolazione

ottimale e limitare le collisioni fra strumenti, oppure secondo una disposizione rettilinea nel caso del sistema da Vinci® Xi. Per i settori centrali, destri e sinistri, con paziente in decubito supino

(figura 9), l’accesso dell’endoscopio è stato generalmente effettuato a livello della linea para- rettale omolaterale in posizione sopra-ombelicale, i trocars robotici posizionati di conseguenza (con disposizione ad arco per il sistema Si, in linea retta per il sistema Xi) e il carrello chirurgico sistemato a livello della testa del paziente. Per le localizzazioni del settore laterale destro invece, con paziente in decubito laterale sinistro (figura 10), tutti i trocars sono stati posizionati al di sotto dell’arcata costale; in questo caso il carrello è stato collocato a livello della spalla destra del paziente.

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Figura 9

Figura 10

La disponibilità dell’ultima versione della piattaforma robotica da Vinci®, grazie alle sue nuove

funzionalità, ha reso possibile anche la chirurgia multi-quadrante e ha velocizzato e agevolato la fase di docking. La prima fase dell’operazione consiste nell’esplorazione della cavità addominale e in particolare di tutti i segmenti epatici, in maniera tale da evidenziare eventuali metastasi occulte e localizzare invece quelle note. Per migliorare l’accuratezza diagnostica di lesioni epatiche note e non, soprattutto quando profonde, è stata eseguita sistematicamente l’ecografia intraoperatoria utilizzando una sonda a ultrasuoni da 12-5 MHz, la quale è stata progettata per adattarsi perfettamente alla strumentazione robotica ed essere inserita attraverso gli stessi

35 accessi, venendo poi direttamente controllata dal chirurgo. L’esame ecografico viene visualizzato in tempo reale dal primo operatore a livello della console, in una schermata contenente simultaneamente sia il sito chirurgico che la scansione ad ultrasuoni stessa, come un’ ”immagine dentro l’immagine”, grazie alla funzione integrativa Tilepro™. In questo modo è possibile valutare meglio il coinvolgimento vascolare da parte del tumore, i rapporti con le strutture contigue, la distanza dalla superficie e le lesioni situate più in profondità; successivamente a questa fase identificativa, l’area del tumore viene evidenziata a livello della capsula di Glisson, marcando la superficie tramite elettrobisturi. Dopo che l’area di interesse è stata resa ben visibile e si è verificato di poter agire in sicurezza, si prosegue con la mobilizzazione del fegato (in alcuni casi questa fase deve essere eseguita prima dell’esplorazione ecografica per permettere la corretta visualizzazione del parenchima epatico). Questa fase è variabile a seconda della localizzazione della lesione e quindi della necessità di dislocare l’organo per raggiungere il sito di interesse chirurgico; spesso, nelle resezioni riguardanti i segmenti postero-superiori (VII-VIII), sono stati sezionati i legamenti triangolare destro e coronarico e in alcuni casi si è resa necessaria una mobilizzazione epatica completa dal piano ante-cavale. Per queste manovre sono stati utilizzati appositi retrattori laparoscopici. La fase di resezione vera e propria della lesione epatica è stata effettuata utilizzando pinze bipolari tipo Maryland o Gyrus PK SuperPulse Generator guidate dalla mano sinistra e forbici monopolari guidate dalla destra; l’assistente ha a disposizione un trocar nel quale inserire, quando necessario, strumenti per aspirazione, irrigazione e apposizione di clip sui vasi maggiori. Grazie all’utilizzo di sonde ecografiche direttamente a contatto col parenchima, è stato possibile verificare il corretto piano di resezione ed eventualmente cambiarne la direzione durante la procedura stessa, al fine di ottenere un risultato ottimale. Successivamente, a resezione completata, il pezzo operatorio è stato inserito in una EndoBag e fatto passare attraverso il trocar di maggiori dimensioni, altrimenti, quando necessario, è stata effettuata una minilaparotomia sovrapubica di servizio secondo Pfannestiel; una volta estratto, il pezzo viene quindi inviato all’Anatomia Patologica

36 per un esame istologico estemporaneo per la valutazione del margine di resezione. Nei casi dove è stato ritenuto necessario, sono stati applicati agenti emostatici (Floseal; Tabotamp; Tabotamp Snow). Nel sito della resezione viene sempre lasciato almeno un drenaggio.

Analisi statistica

Per l’analisi statistica sono stati utilizzati come software SPSS, versione 21.0 (IBM Corp., Armonk, NY, USA) e STATA, versione 13 (STATA Corp., TX, USA). Delle variabili continue viene dato il valor medio ± la deviazione standard (SD) e quest’ultimo viene comparato utilizzando il test t di Student; un valore di p<0.05 è stato considerato come statisticamente significativo. Le variabili con una distribuzione che non sia una distribuzione normale sono state espresse mediante la mediana e quest’ultima comparata con il test di Wilcoxon; la significatività statistica è stata fissata al 5%. Il tempo di sopravvivenza globale (overall survival, OS) è stato definito come il tempo tra il momento della diagnosi e quello della morte o dell’ultima visita di controllo; il tempo di sopravvivenza libero da malattia (disease-free survival, DFS) è stato definito come il tempo trascorso tra il momento della diagnosi e la progressione tumorale. I pazienti deceduti per altre cause o vivi al follow-up più recente sono stati esclusi dall’analisi del tempo di sopravvivenza libero da malattia. Le curve di sopravvivenza e gli intervalli liberi da malattia sono stati ottenuti utilizzando il metodo Kaplan-Meier.

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Risultati

In questo studio sono stati presi in considerazione sedici pazienti, dei quali dieci uomini e sei donne (tabella 1). L’età media è di 65 anni (range 43-83), mentre l’indice di massa corporeo (Body Mass Index, BMI) medio è risultato 24.2 kg/m2. L’ASA score medio è di 2,4 (range 2-3).

Nove pazienti presentano comorbidità, tra le quali le principali identificate sono: ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica cronica, pregresso IMA, fibrillazione atriale parossistica, TIA, prolasso e insufficienza mitralica) diabete mellito tipo II e insufficienza renale cronica. Tredici pazienti sono stati sottoposti a pregressa chirurgia addominale e in questi casi sono incluse emicolectomie e RAR (resezioni anteriori del retto) per l’asportazione del tumore primitivo. Nessuno dei pazienti è stato sottoposto prima dell’intervento a chirurgia epatica.

Tabella 1 - Caratteristiche dei pazienti

Età media 65 (range 43-83)

Rapporto M:F 10:6

BMI 24,2 (range 18,4-28,5)

ASA score 2,4 (range 2 - 3)

Interventi chirurgici addominali pregressi 13 (81,2%)

Comorbidità

Ipertensione arteriosa 5 (31,3 %) Malattie cardiovascolari 4 (25%) Diabete mellito tipo II

Insufficienza renale cronica

1 (6,3%) 1 (6,3%)

38 In quattro pazienti, il 25% del totale, erano presenti metastasi epatiche multiple, con una mediana di 2 lesioni (range 2-3); tra questi, in due soggetti le metastasi erano bi-lobari, in un caso al III e al V segmento, mentre nell’altro nel II e nel VII. Grazie alle nuove funzionalità del da Vinci® Xi, in grado di garantire una chirurgia multi-quadrante, in tre pazienti è stato possibile

eseguire un approccio mini-invasivo combinato con una resezione sincrona del tumore colico primitivo (due casi) e con una splenectomia per carcinosi localizzata (un caso). Nei pazienti rimanenti la lesione primitiva era già stata rimossa, in 8 casi su 14 (57%) con approccio mini- invasivo e in 6 pazienti su 14 (43%) con modalità tradizionale. La posizione in decubito laterale sinistro è stata utilizzata solamente in 7 pazienti, mentre negli altri casi è stata ritenuta preferibile la posizione supina, in particolare quando la resezione ha riguardato metastasi epatiche multiple o quando si è resa necessaria una chirurgia multi-quadrante. Il tempo operatorio medio è stato di 175,6 min. Non ci sono state complicanze intra-operatorie e non è stato necessario convertire all’approccio laparoscopico o open in nessuno dei casi esaminati; solamente in due pazienti si sono rese necessarie trasfusioni ematiche ed in entrambi i casi sono state somministrate due unità di sangue. In tutti gli interventi è stata utilizzata una tecnica “parenchymal sparing” e all’esame istologico tutti i pezzi operatori hanno presentato margini di resezione indenni (R0), con una dimensione media della lesione tumorale di 30 mm. La degenza ospedaliera media è stata di 4.5 giorni. Il tasso di complicanze globali, tutte inferiori al grado III sec. Clavien-Dindo44,

è stato del 25%; in tre casi le complicanze erano di II grado e in uno di I grado. Non ci sono stati decessi intra-ospedalieri e, nei 90 giorni successivi alla dimissione, non si è in nessun caso rilevata la necessità di riammettere il paziente in ospedale o sottoporlo a re-intervento per cause direttamente collegate alla resezione di metastasi epatiche. Il tempo di follow-up medio è stato di 27.3 ± 19 mesi. Nove pazienti (56%) sono stati trattati con chemioterapia pre-operatoria, mentre undici pazienti (68%) sono stati sottoposti a chemioterapia post-operatoria. Durante il periodo di studio non sono state riscontrate recidive locali, mentre 7 pazienti (43%) hanno sviluppato nuove metastasi sistemiche; di queste, nel 66% dei casi hanno interessato il polmone

39 e a seguire il fegato (22%), in segmenti diversi da quello operato, e il peritoneo (12%).Non sono state registrate recidive esclusivamente epatiche, mentre le stesse in associazione a localizzazioni metastatiche in altri siti si sono verificate in 2 pazienti (12%). In questi due casi come opzione terapeutica è stato considerato il re-intervento, successivo alla chemioterapia: in un paziente è stato utilizzato un approccio open, rivolto alla resezione epatica e peritoneale, mentre nell’altro caso è stato possibile ripetere l’intervento con tecnica robot-assistita. Tutti i pazienti sono attualmente in vita, con un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 1 anno e a 3 anni rispettivamente del 77.5% e del 36.3%.

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Discussione

Il cancro del colon-retto è la terza neoplasia più frequentemente diagnosticata a livello mondiale e al momento della diagnosi sono spesso associate ad esso anche metastasi epatiche1,6. La

resezione epatica viene considerata ad oggi la prima scelta per il trattamento delle CRLM4, in

quanto associata ad un aumento della sopravvivenza nei pazienti che possono beneficiarne20.

Sempre per quanto riguarda la terapia delle CRLM, è importante menzionare l’introduzione della terapia pre-operatoria, la quale permette il down-staging e quindi il ricorso all’approccio chirurgico in pazienti inizialmente non resecabili45; da questo risultato si ottiene un numero

maggiore di pazienti vivi con controllo della malattia metastatica a lungo termine o addirittura guariti. Come trattato nei precedenti capitoli, l’indicazione alla resezione chirurgica viene posta nel momento in cui si ritiene possibile ottenere la rimozione completa della malattia tumorale e, al contempo, lasciare un adeguato volume di fegato residuo (FRL)17,20. Bisogna comunque

considerare che non è sempre facile trovare totale accordo nel team multidisciplinare nel fornire l’indicazione all’approccio chirurgico: da ciò deriva la necessità urgente di aumentare la diffusione delle prove e delle linee guida sulla gestione delle CRLM46. La resezione epatica può

essere effettuata come intervento unico o anche contestualmente alla rimozione del tumore primitivo; inoltre, viene ugualmente considerata come opzione di trattamento anche nel caso di malattia metastatica extra-epatica, purché, in questo caso, sia chirurgicamente o farmacologicamente controllabile20. Nonostante queste considerazioni, non è ancora stato

raggiunto un consenso unanime a livello della comunità scientifica internazionale per quanto riguarda la tecnica chirurgica da adottare per le resezioni delle CRLM4; l’unico modo per valutare

quelli che sono gli attuali trend è consultare le esperienze chirurgiche riportate in letteratura. L’approccio laparoscopico mini-invasivo sta progressivamente acquisendo consensi anche nel campo della chirurgia epatica, venendo spesso considerato come tecnica di prima scelta grazie

41 agli esiti incoraggianti. Tra questi in particolare troviamo: diminuita perdita ematica, tempi operatori ridotti, miglior controllo del dolore post-operatorio, risultati a lungo termine sovrapponibili e non inferiori alla tecnica open tradizionale28,30. La resezione epatica

laparoscopica (LLR, laparoscopic liver resection), infatti, si è dimostrata in diversi studi un’alternativa all’approccio open sicura ed efficace, senza compromettere, al tempo stesso, i risultati oncologici30,31. Le metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto rappresentano

comunque una sorta di eccezione rispetto ai tumori epatici primitivi, a causa di alcune problematiche relative alla loro stessa natura; tra queste, in particolar modo, possiamo elencare: difficoltà nell’identificazione di tutte le lesioni metastatiche, diffusione multifocale e possibilità di recidiva, complessità tecnica nel determinare la giusta direzione della dissezione, necessità di gestione concomitante del tumore colon-rettale primitivo. L’adozione di un approccio “parenchymal-sparing” associato a tecnica mini-invasiva sembrerebbe il metodo migliore per preservare il parenchima residuo e ridurre contemporaneamente l’impatto chirurgico, soprattutto considerando l’eventualità che si manifestino lesioni multiple, più o meno in tempi successivi. Questo tipo di chirurgia permette, infatti, di incrementare le possibilità di re- intervento precoce e al tempo stesso migliorare la sopravvivenza globale, grazie anche ad una traumaticità chirurgica inferiore sul parenchima24,47. Questa considerazione acquista

ulteriormente valore dal momento che, come detto precedentemente, la laparoscopia si è rivelata oncologicamente equivalente rispetto all’approccio open30. Lo stato microscopico del margine

resecato è il fattore prognostico più importante per la sopravvivenza globale e la rimozione incompleta del tumore è spesso dannosa per il risultato complessivo a lungo termine48, ma, in

aggiunta a questo, sembrerebbe che l’incidenza della recidiva delle CRLM sia collegata anche alla biologia del tumore, piuttosto che all’ampliamento di alcuni millimetri dei margini di resezione24, motivo per cui perde ulteriormente di senso l’esecuzione di una resezione estesa. Si

potrebbe supporre che la natura non-anatomica dell’approccio “parenchymal-sparing” possa portare a una maggiore perdita ematica e di conseguenza a un numero maggiore di complicanze

42 post-operatorie rispetto alle epatectomie maggiori, anche se studi recenti, focalizzati su CRLM situate profondamente, non hanno rilevato differenze sostanziali tra le due metodiche22. Questo

fatto potrebbe diventare invece rilevante soprattutto per l’asportazione delle CRLM con metodo laparoscopico, a causa delle limitazioni proprie della tecnica stessa, come la visione 2D, la difficoltà di movimento degli strumenti lunghi e rigidi ed il conseguente effetto fulcro49.

L’ecografia intraoperatoria (IOUS) può permettere, in mani esperte, di esplorare le porzioni più profonde del parenchima, offrendosi da guida in tempo reale durante le resezioni atipiche mini- invasive50. Questo aspetto è particolarmente rilevante nel determinare i corretti margini di

resezione e i rapporti con i vasi maggiori, riducendo significativamente il rischio emorragico. Le sonde laparoscopiche, tuttavia, sono ingombranti, la loro possibilità di movimento è limitata e aderiscono poco alla superficie epatica36, motivo per cui, soprattutto per i segmenti laterali destri,

può diventare difficile esplorare il fegato in maniera completa. Inoltre, la tecnica laparoscopica differisce da quella open per la mobilizzazione e l’esposizione epatica limitata, riducendo ulteriormente la possibilità di accesso e di esplorazione con la sonda22. L’utilizzo crescente ed i

conseguenti progressi della tecnica laparoscopica hanno però reso possibile la resezione combinata del tumore colico primitivo e delle metastasi epatiche sincrone ad esso. Questa tipologia di resezione simultanea ha mostrato risultati incoraggianti, quali la riduzione dell’impatto chirurgico sul paziente e una diminuzione dei giorni di ricovero ospedaliero47.

L’approccio laparoscopico combinato ha riscosso consensi in letteratura, in quanto tecnicamente realizzabile, sicuro ed associato a buoni risultati oncologici51. Inoltre,

confrontandolo con la resezione a due stadi, mostra il vantaggio di una procedura singola e quindi di un tempo operatorio inferiore, ma al tempo stesso non presenta un aumento della morbidità, malgrado la complessità maggiore47.

Nonostante i successi ottenuti, si è sentita comunque l’esigenza di apportare delle importanti modifiche all’approccio mini-invasivo, con lo scopo di superare i limiti propri della laparoscopia tradizionale. Con la chirurgia robot-assistita sono state infatti introdotte alcune innovazioni

43 tecniche, volte a migliorare la qualità degli interventi in chirurgia addominale. C’è stato quindi una sorta di upgrade nel campo della chirurgia epatica, il quale si è realizzato attraverso alcune agevolazioni tecniche determinanti, come la visione tridimensionale ad alta risoluzione, in grado di fornire la percezione della profondità e la magnificazione delle immagini. Si è dimostrato inoltre fondamentale l’utilizzo di strumentazione EndoWrist, la quale permette una maggiore precisione nell’effettuazione della resezione e migliora la capacità di sutura e legatura del nodo, sostanziali per il controllo vascolare e l’emostasi. A questo scopo si rivela utile anche l’utilizzo di dispositivi robotici dedicati (forbici monopolari, Gyrus PK, pinze bipolari tipo Maryland), determinanti durante le manovre più fini, quali quelle che coinvolgono appunto l’isolamento e la legatura dei piccoli vasi32. Questi progressi vengono raggiunti mantenendo bassi tassi di

conversione a chirurgia open e contenendo le perdite ematiche e la morbidità post-operatoria. La chirurgia robotica, inoltre, migliora notevolmente alcune fasi della procedura di resezione epatica, tra cui la dissezione epato-cavale e ilare, ritenute particolarmente difficili e rischiose se eseguite in laparoscopia52.

Per quanto riguarda le lesioni epatiche minori, studi recenti sembrano dimostrare che, in termini di risultati chirurgici, l’approccio robotico sia sostanzialmente equivalente a quello laparoscopico37,53. La tecnica robotica fornisce invece vantaggi consistenti per le epatectomie

maggiori, le ricostruzioni biliari complesse e le resezioni localizzate a livello dei segmenti postero-superiori e in prossimità di vasi maggiori52,54-57. Per quanto riguarda le epatectomie

maggiori, uno dei fattori a favore della chirurgia robotica rispetto alla laparoscopia è la possibilità di eseguire l’intervento evitando la manovra di Pringle; questo sembrerebbe dovuto al maggior controllo emostatico58. L’aspetto più importante, però, sul quale sono stati condotti diversi studi,

è quello che riguarda la possibilità di trattare casi complessi, come quelli riguardanti lesioni localizzate nei segmenti postero-superiori (VII e VII segmento). In questo caso il beneficio rispetto alla laparoscopia tradizionale è decisamente evidente, soprattutto perché, a questo livello, gli strumenti laparoscopici presentano effettivamente delle difficoltà tecniche, a causa

44 della loro rigidità e dei ridotti gradi di libertà rispetto a quelli offerti dalla piattaforma robotica. Inoltre, la laparoscopia presenta alti tassi di conversione dell’intervento a epatectomie maggiori, dovendo rinunciare all’approccio “parenchymal-sparing” e conseguentemente perdendo ampie porzioni di parenchima. La tecnologia robotica permette di superare i suddetti limiti: grazie alla capacità di angolazione degli strumenti è più facile operare sulle aree del parenchima epatico più difficilmente raggiungibili, senza la necessità di ricorrere a epatectomie estese. Inoltre, in caso di sanguinamento maggiore, la possibilità di commutazione tra i bracci robotici offre ulteriori agevolazioni per la risoluzione della problematica34,54,59,60.

Come detto precedentemente, con l’introduzione della tecnologia robotica ci si è posti l’obiettivo di superare alcuni dei limiti propri dell’approccio laparoscopico, tra questi anche quelli riscontrati durante l’approccio simultaneo del tumore colico primitivo e delle metastasi epatiche. Studi recenti hanno in effetti dimostrato come la tecnica laparoscopica robot-assistita possa aumentare il numero dei pazienti reclutati in questo tipo di procedura61. Valutando

globalmente sia la tecnica laparoscopica che quella robotica e comparandole con la chirurgia

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