• Non ci sono risultati.

Chirurgia robot-assistita per il trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto: esperienza preliminare monocentrica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Chirurgia robot-assistita per il trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto: esperienza preliminare monocentrica"

Copied!
60
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

Chirurgia robot-assistita per il trattamento delle metastasi epatiche

da carcinoma del colon-retto: esperienza preliminare monocentrica

RELATORE:

Chiar.mo Prof. Morelli Luca

CANDIDATO:

Guadagnucci Martina

(2)
(3)

Indice

Abstract ... 1

Introduzione ... 4

Epidemiologia... 4

Diagnosi e stadiazione delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto ... 6

Trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto ... 8

Trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto ... 11

Chirurgia robotica ... 16

Storia della chirurgia robotica ... 16

Sistema robotico da Vinci® ... 18

Vantaggi e svantaggi della chirurgia robot-assistita ... 29

Materiali e metodi ... 32

Selezione dei pazienti ... 32

Tecnica chirurgica ... 33 Analisi statistica ... 36 Risultati ... 37 Discussione ... 40 Conclusioni ... 48 Bibliografia ... 50

(4)

1

Abstract

Introduzione

Nonostante la chirurgia mini-invasiva (Minimally Invasive Surgery, MIS) del fegato si stia progressivamente affermando, il suo ruolo specifico nel trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto rimane tuttora incerto. In particolare, l’approccio mini-invasivo nel trattamento di questa specifica patologia presenta alcune problematiche inerenti alla praticabilità chirurgica e alla sicurezza oncologica, come la difficoltà nel trattamento di localizzazioni multiple, le limitazioni intrinseche delle sonde laparoscopiche nello studio intraoperatorio completo del fegato, l’eventuale presenza di tumore primitivo sincrono o la necessità di resezione in pazienti che hanno già subito interventi chirurgici. In questo contesto, il ruolo della chirurgia robot-assistita non è stato ancora valutato in letteratura. Lo scopo di questo studio è quello di riportare l’esperienza della S.D. Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana per quanto riguarda la chirurgia robotica applicata al trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto.

Materiali e metodi

I dati chirurgici ed oncologici delle resezioni robot-assistite di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto effettuate presso la S.D. Chirurgia Generale sono stati ricavati dal database istituzionale, costituito con modalità prospettica e successivamente analizzati retrospettivamente. Tutte le resezioni sono state effettuate con la piattaforma da Vinci®,

utilizzando, in particolare, il sistema Si dal 2012 e anche l’Xi dal 2015 (quest’ultima versione utilizzata in particolare per effettuare resezioni combinate primitivo-metastasi, quindi multi-quadrante). Le resezioni sono state eseguite tutte con l’uso combinato di forbici monopolari

(5)

2 (mano destra) e pinze bipolari tipo Maryland oppure Gyrus PK SuperPulse Generator (mano sinistra). Inoltre durante gli interventi, è stata eseguita un’ecografia intra-operatoria, utilizzando una sonda robotica dedicata con funzionalità TilePro™, in grado di garantire una visione multi-display.

Risultati

Da maggio 2012 a luglio 2017 sedici pazienti sono stati sottoposti a resezione di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto con tecnica mini-invasiva robot-assistita. Quattro di questi pazienti (25%) sono stati sottoposti a resezione di metastasi epatiche multiple e sincrone (mediana = 2; range 2 – 3). La dimensione media delle lesioni asportate è risultata 30 mm. Tutte le lesioni sono state rimosse utilizzando un approccio di tipo “parenchymal sparing”, ottenendo margini di resezione indenni (R0). In due casi, grazie alle nuove funzionalità del da Vinci® Xi, è

stato possibile effettuare una resezione sincrona del colon con tecnica completamente robotica, mentre negli altri casi il tumore primitivo era già stato rimosso (8/14, 57%, con chirurgia mini-invasiva e 6/14, 43%, con approccio tradizionale). Non ci sono state conversioni a chirurgia open né complicanze intraoperatorie. La degenza ospedaliera media è stata di 4.5 ± 1.4 giorni. Il follow up medio è stato di 27.3 ± 19 mesi. Durante il periodo di studio non ci sono state recidive locali, tuttavia 7 pazienti (43%) hanno sviluppato nuove metastasi sistemiche. Nove pazienti (56%) sono stati trattati con chemioterapia sistemica pre-operatoria, mentre in undici casi (68%) è stata effettuata una chemioterapia sistemica post-operatoria. Tutti i pazienti sono ancora in vita, con una sopravvivenza libera da malattia a 1 anno e a 3 anni rispettivamente del 77.5% e del 36.3%.

(6)

3

Conclusioni

Nella nostra esperienza, la chirurgia robot-assistita si è rivelata un’alternativa praticabile per il trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto, consentendo un approccio mini-invasivo di successo, anche nei casi di localizzazioni epatiche multiple, nei pazienti che devono essere sottoposti a interventi sincroni alla resezione epatica o in quelli con pregressa chirurgia addominale. La disponibilità di una sonda per l’ecografia intraoperatoria dedicata potrebbe essere in grado di aumentare il livello di sicurezza dell’intervento, in particolar modo per quanto riguarda la gestione delle localizzazioni multiple, poiché tale sonda viene guidata dalla console robotica direttamente dalla mano dominante del chirurgo, simulando così l’approccio open. Il da Vinci® Xi, inoltre, ha dimostrato di possedere maggiore versatilità

rispetto alle precedenti versioni negli interventi con approccio multi-quadrante, risultando particolarmente utile in presenza di tumori primitivi sincroni da resecare. Infine nella nostra esperienza la chirurgia robot-assistita si è rivelata oncologicamente sicura, come dimostrato dal fatto che nessuno dei pazienti ha presentato recidiva locale a livello dell’area trattata.

(7)

4

Introduzione

Epidemiologia

Il cancro del colon-retto è la terza neoplasia maligna più frequentemente diagnosticata a livello mondiale, con un tasso di mortalità all’incirca dell’8.5%, che lo rende una delle principali cause di morte in assoluto. Dati epidemiologici recenti mostrano che le nuove diagnosi sono circa 1.4 milioni l’anno1. Per quanto riguarda la situazione Europea, si colloca al secondo posto tra le

tipologie di cancro più frequentemente diagnosticate ed i tassi di incidenza di questo tumore sono lievemente superiori negli uomini rispetto alle donne. Elevati tassi di incidenza sono stati riscontrati nei paesi dell’Europa centrale per gli uomini (Slovacchia, 92/100.000 abitanti, Ungheria, 87 e Repubblica Ceca, 81), mentre per le donne in Norvegia (54), Danimarca (53) e Paesi Bassi (50). L’incidenza varia di cinque volte attraverso l’Europa, con i tassi più bassi nei paesi Balcanici della Bosnia Erzegovina, Grecia e Albania. I pattern geografici della mortalità seguono parzialmente l’incidenza, sebbene la mortalità sia alta anche in alcuni paesi con incidenza relativamente bassa.2 Secondo i dati AIRTUM, quindi relativi alla situazione italiana,

il tumore del colon-retto si trova al terzo posto per gli uomini, preceduto dal tumore della prostata e del polmone (13% di tutti i nuovi tumori), mentre per le donne si colloca al secondo posto, preceduto dal solo tumore della mammella. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni di questo tumore si avvicina al 60%3. Approssimativamente il 25% dei pazienti presenta metastasi già alla

diagnosi iniziale e quasi il 50% dei pazienti con carcinoma del colon-retto svilupperà metastasi successivamente, contribuendo così all’alto tasso di mortalità di questo tumore.3 Nell'ultimo

decennio, in particolare, è però migliorato l'esito clinico per i pazienti con carcinoma colon-rettale metastatico (mCRC). Oggi, la sopravvivenza globale mediana per i pazienti con mCRC trattati è di circa 30 mesi e più del doppio di 20 anni fa. Tuttavia, molteplici sono i progressi e i cambiamenti strategici nel trattamento e nella gestione dei pazienti con mCRC che negli ultimi anni sono stati responsabili del miglioramento di questi risultati. Hanno contribuito infatti

(8)

5 diversi fattori, tra cui la diagnosi più precoce di malattia metastatica grazie a un follow-up più stretto dopo la resezione del tumore primitivo, il potenziamento dell'efficacia delle terapie sistemiche, l’aumento del numero di pazienti sottoposti a chemioterapia al fine di facilitare la resezione delle metastasi, l'utilizzo di altre tecniche di terapia ablativa con l'obiettivo di raggiungere lo stesso risultato, l’implementazione di strategie di trattamento di "continuum of care" e l’integrazione precoce di misure di supporto ottimali.4 Tuttavia, il cancro del colon-retto

rappresenta ancora la seconda principale causa di decessi correlata al cancro. Infatti, nonostante l'85% dei pazienti con un primitivo del colon abbia tumori suscettibili di resezione curativa al momento della diagnosi, la malattia si ripresenta in più della metà dei pazienti, con il fegato coinvolto fino a due terzi dei casi5.

Per quanto riguarda l’incidenza e la prevalenza delle metastasi epatiche in particolare, in letteratura si rileva una sostanziale difficoltà nel reperire dati epidemiologici su larga scala, mentre i dati più aggiornati derivano da studi di popolazioni ristrette, quali quelli di Manfredi in Francia e di Mantke in Germania. In particolare, dal primo si evince che circa il 14,5% dei pazienti presenta metastasi epatiche sincrone, identificate durante l’iter diagnostico o in corso di trattamento, e il 12,8% sviluppa invece metastasi epatiche metacrone nei 5 anni successivi alla diagnosi6. Il gruppo tedesco conferma sostanzialmente l’incidenza delle metastasi sincrone

(14.7%) e rileva inoltre una significativa differenza di incidenza di metastasi epatiche da carcinoma del colon (15.4%) rispetto a quelle da carcinoma del retto (13.5%)7. In ogni caso,

questi tassi di incidenza non possono essere considerati come valori di riferimento per l'intera popolazione. Piuttosto, gli studi epidemiologici su larga scala sarebbero essenziali per fornire dati veramente rappresentativi sull'incidenza, la gestione e la prognosi di metastasi epatiche sincrone e metacrone. Tuttavia, tali studi sono rari a causa dei problemi inerenti la raccolta dei dati di tutta la popolazione di pazienti con cancro del colon-retto5.

(9)

6 Diagnosi e stadiazione delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto Nei pazienti con mCRC l’imaging gioca un ruolo determinante nello screening della malattia secondaria, nella stadiazione del tumore, nella valutazione della risposta al trattamento e nella sorveglianza post-operatoria. Negli ultimi decenni i tassi di sopravvivenza a 5 anni dopo resezione delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto sono quasi raddoppiati, da circa il 30% a circa il 60%. Questo aumento della sopravvivenza è stato attribuito almeno in parte proprio all’implementazione delle tecniche di imaging pre-operatorio, che ha consentito un miglioramento nella selezione dei pazienti e di conseguenza ha permesso di definire con più precisione i candidati all’intervento8,9. In questi pazienti dovrebbe essere eseguito un accurato

studio prima dell’operazione, per valutare l’estensione della malattia e l’eventuale invasione vascolare5. Attualmente non è chiaro quale sia la strategia migliore da adottare per la stadiazione,

motivo per cui la scelta di un esame piuttosto che di un altro è tuttora fortemente influenzata dalla disponibilità delle risorse e dall’esperienza del team specifico.

L’ecografia addominale si dimostra una tecnica rapida e non invasiva per lo screening dei pazienti con sospetto di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto. L’ecografia convenzionale viene eseguita utilizzando un trasduttore curvo da 3.5 MHz e l'esame viene eseguito valutando sia i piani longitudinali che trasversali del fegato. La somministrazione di mezzo di contrasto per via endovenosa (CEUS, Contrast-Enhanced UltraSound) sembra migliorare la capacità di rilevamento delle lesioni. La sensibilità della metodica ecografica risulta ridotta nei pazienti obesi, nelle situazioni in cui l’intestino si interpone tra la sonda e il fegato e nel caso di soggetti poco collaborativi. Tuttavia, gli ultrasuoni sono utili nel caratterizzare le lesioni di natura indeterminata scoperte con altre modalità di imaging e si dimostrano una guida rapida ed efficace per l’esecuzione di eventuali biopsie10,11. Un altro dei perni dell’imaging

pre-operatorio epatico è la tomografia computerizzata (TC), soprattutto grazie all’avvento dei macchinari multi-detettore e grazie all’utilizzo del mezzo di contrasto. Questa metodica

(10)

7 permette non solo un accurato studio del parenchima epatico, ma, nell’ambito di una patologia sistemica, permette anche la valutazione della malattia extra-epatica. Le scansioni vengono generalmente eseguite in due fasi, la prima senza mezzo di contrasto, per valutare eventuali calcificazioni o formazioni cistiche, mentre la seconda con infusione del mezzo, per valutare la captazione dello stesso da parte della lesione rispetto al parenchima circostante. Tra le possibilità della TC rientra anche quella di ricostruzione vascolare, che talvolta può rivelarsi importante per il planning chirurgico10,12-14. La risonanza magnetica nucleare (RMN) è diventata un'importante

modalità di rilevamento e caratterizzazione delle metastasi epatiche colorettali e viene

solitamente eseguita con macchinari da 1,5 o 3 Tesla. Anche in questo caso sono stati sviluppati

dei mezzi di contrasto, alcuni di essi epato-specifici, con lo scopo di migliorare il rilevamento e

la caratterizzazione delle lesioni epatiche. La scelta di TC o RM viene ponderata sulla base delle

caratteristiche specifiche delle due metodiche in rapporto alla situazione specifica del paziente: la RMN si presenta inferiore alla TC nella valutazione di malattia extra-epatica, ma si mostra decisamente vantaggiosa nello studio del fegato dopo trattamento con chemioterapia pre-operatoria. Infine, vale la pena menzionare tra le metodiche di imaging la PET/TC o la FDG-PET, che si rivelano fondamentali nell’individuazione di metastasi non rilevate dagli altri esami strumentali in pazienti con rialzo dei markers tumorali5.

In generale, l’esame più utilizzato nel follow-up e per la stadiazione di malattia è la TC con mezzo di contrasto, in quanto, in una sola seduta, è possibile ricercare con buona sensibilità la presenza di malattia a livello epatico, ma anche toracico e addominale. A causa dei costi più elevati la PET/TC non viene utilizzata routinariamente, ma può essere indirizzata selettivamente verso i pazienti con un rischio più elevato di recidiva, come i pazienti con metastasi multiple o sincrone, in quanto in questa popolazione è maggiore la probabilità di ottenere un risultato positivo, annullando il divario tra costi e benefici. La RMN è invece indicata nella valutazione pre-operatoria di pazienti con metastasi potenzialmente resecabili, soprattutto quando associata al mezzo di contrasto epato-specifico. Come accennato precedentemente, la risonanza, inoltre,

(11)

8 si rivela estremamente utile nello studio post-chemioterapia neo-adiuvante, in quanto la steatosi indotta dai farmaci altera la normale densità del parenchima epatico e abbassa la capacità di detezione delle altre metodiche di imaging5. Nonostante l’elevata sensibilità degli esami

strumentali utilizzati prima dell’intervento, non si può prescindere dall’utilizzo dell’ecografia intraoperatoria (IOUS), la quale, come vedremo, ha tra i suoi vantaggi anche quello di aumentare la capacità di individuazione di lesioni occulte15.

Trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto

La resezione chirurgica R0 (ed anche la ri-resezione) delle CRLM, quando possibile, è considerata il trattamento più efficace per raggiungere la guarigione o il miglior controllo di malattia a lungo termine16. I continui progressi terapeutici nel trattamento delle CRLM

(colorectal liver metastases) permettono al giorno d’oggi il down-staging di numerosi pazienti, ottenendo quindi come risultato l’aumento del numero di coloro che sono trattabili chirurgicamente, con il raggiungimento dei suddetti traguardi17. A tale scopo si rivela

fondamentale selezionare in modo ottimale i candidati, tramite l’utilizzo di tecniche di imaging ed il coinvolgimento di un team multidisciplinare, per ridurre così al minimo le complicanze chirurgiche e raggiungere risultati ottimali a lungo termine18. È importante ricordare che

comunque viene riconosciuto un valore a resezioni R1, in particolare se possono fornire beneficio al paziente e soprattutto in coloro i quali hanno ricevuto un trattamento pre-operatorio.

Relativamente alla possibilità di poter intervenire sulle metastasi epatiche, similmente a quelle polmonari, le linee guida AIOM 2016 parlano di due possibili scenari clinici, che prevedono due approcci differenti: pazienti con malattia limitata e resecabile, da sottoporre ad intervento chirurgico e/o terapia medica peri-operatoria con FOLFOX o XELOX e pazienti con malattia limitata al fegato non resecabile, che necessitano di terapie ad alta percentuale di risposta per

(12)

9 “convertire” la malattia in resecabile16. Nei casi in cui risulti possibile il raggiungimento di una

resezione R0 (margini microscopicamente indenni), anche secondo le linee guida ESMO è comunque consigliabile prendere in considerazione una chemioterapia sistemica, strutturandola secondo due possibili strategie: chemioterapia adiuvante post-operatoria con FOLFOX per 6 mesi o chemioterapia peri-operatoria (3 mesi prima e 3 mesi dopo la resezione)3. Nonostante la

terapia adiuvante sia fortemente consigliata, restano comunque alcuni dubbi riguardo i protocolli standardizzati attualmente in uso17 ed il suo utilizzo va attentamente valutato sulla base dei

fattori prognostici e sulle difficoltà tecniche del caso specifico. In linea di massima, comunque, ogni paziente con malattia metastatica epatica limitata meriterebbe di essere considerato come un potenziale candidato ad una resezione, dal momento che non ci sono ancora criteri che ci permettano di distinguere tra quei pazienti per i quali si rivelerebbe un trattamento puramente palliativo da quelli per i quali sarebbe invece potenzialmente curativo. La terapia sistemica somministrata con l’intento di rendere resecabili metastasi tecnicamente non resecabili è chiamata “terapia di conversione”, perché appunto converte una situazione in cui è impossibile intervenire chirurgicamente in una in cui invece è possibile4. Come accennato precedentemente,

per questa tipologia di terapia sono consigliati approcci ad alta percentuale di risposta, come una chemioterapia pre-operatoria aggressiva, associando terapie a bersaglio molecolare con FOLFOX o FOLFIRI. Ove possibile, nel contesto di trials clinici o meno, in questi casi bisognerebbe incoraggiare appunto la triplice terapia (tre farmaci o doppietta di farmaci + farmaco biologico)16, in quanto è potenzialmente capace di aumentare le chances di resecabilità,

ottimizzando la risposta al trattamento18. L’impiego di queste combinazioni nei casi con malattia

esclusivamente a livello epatico consente la conversione di una percentuale di pazienti che può arrivare oltre il 50% in alcuni studi, con possibilità di ottenere lunghe sopravvivenze. Il trattamento andrebbe sospeso non appena la malattia risulti resecabile, anche perché il suo proseguimento aumenterebbe solamente il rischio di tossicità epatica e di complicanze chirurgiche16. Il ruolo dei trattamenti loco-regionali in aggiunta alla terapia sistemica e alla

(13)

10 chirurgia rimane incerto, ma è comunque consigliabile una valutazione caso per caso.18 Si

ricordano a tal proposito tecniche ablative alternative, come la termoablazione o la radiochirurgia stereotassica (SBRT), le quali possono essere utilizzate a completamento della chirurgia, per raggiungere l’R0, o essere proposte proprio come alternative alla resezione nel caso di localizzazioni anatomiche sfavorevoli3,4 o nei pazienti che non possono essere sottoposti

ad intervento chirurgico per elevato rischio anestesiologico. Il loro utilizzo sta infatti progressivamente aumentando, ma non è comunque indicato proporle come trattamento di prima linea anche nel caso di CRLM non resecabili17.

La resezione chirurgica delle CRLM resecabili, per le quali è quindi possibile raggiungere l’R0, si presenta come un trattamento potenzialmente curativo, con tassi di sopravvivenza a 5 anni pari al 20-45%, motivo per cui quasi sempre si offre come prima scelta, compatibilmente con le caratteristiche cliniche e di malattia del paziente. I criteri per una resecabilità R0 non sono standardizzati ed è la causa per la quale si rileva elemento decisionale fondamentale l’esperienza del team multidisciplinare. La possibilità di ricorrere alla resezione non è in ogni caso limitata dal numero, dalle dimensioni o dal coinvolgimento epatico bilobare3, rifacendosi piuttosto ai

suddetti criteri chirurgici e prognostici, ovviamente adattati caso per caso e sulla base della competenza del team specifico. La decisione riguardo la resecabilità “tecnica” (chirurgica) può basarsi su diversi fattori, coinvolgendo appunto aspetti piuttosto tecnici, come la possibilità di effettuare una resezione R0 con sufficiente fegato residuo17 (Future Remnant Liver, FRL, >30%

del volume totale del fegato, in pazienti con fegato sano) e la possibilità di effettuare manovre chirurgiche specifiche, ma anche aspetti legati alla malattia, come la presenza di malattia extraepatica resecabile.3 Si rivela inoltre estremamente utile la mappatura dettagliata del

coinvolgimento epatico da parte delle metastasi, per definire appunto l’approccio più efficace ed adeguato5. Per quanto riguarda la resecabilità “oncologica” (prognostica), che si basa sulla

biologia della malattia, si incontrano ulteriori difficoltà nella valutazione, in quanto devono essere prese in considerazione fattori quali la presenza di metastasi sincrone piuttosto che

(14)

11 metacrone, l’aggressività del tumore e il tempo di progressione. Devono essere valutati inoltre fattori generali, non quindi legati alla procedura chirurgica specifica, come la presenza di comorbidità e la Perfomance Status del paziente, per ottimizzare il tipo di trattamento. Anche a tal proposito vengono eseguite valutazioni pre-operatorie attraverso esecuzione di esami ematochimici completi, per determinare la funzione epatica (ALT, AST), lo stato coagulativo, i livelli di bilirubina e creatinina e dei markers tumorali, ad esempio il CEA17. Nell’ambito della

resecabilità o comunque della resecabiltà ottenuta tramite downstaging, va infine tenuto presente che fino al 75% dei pazienti presenterà una recidiva successiva alla resezione delle metastasi epatiche e la maggior parte di esse sarà proprio a livello epatico. Studi recenti hanno messo in relazione alcuni fattori prognostici correlati alla malattia con una sopravvivenza inferiore; tra questi troviamo la positività dei margini di resezione, la presenza di malattia extra-epatica, elevati livelli del CEA, diametro del tumore, linfonodi positivi. In particolare alcuni tra questi potrebbero rivelarsi utili per la valutazione a priori del piano terapeutico ottimale per il paziente19. Nel caso specifico delle metastasi sincrone attualmente non c’è accordo unanime

riguardo la sequenza corretta per la resezione del cancro primitivo e della malattia metastatica17;

c’è appunto incertezza riguardo il timing di intervento più opportuno . E’ possibile prendere in considerazione la resezione in un unico step nel momento in cui il chirurgo dispone dell’esperienza e della competenza necessaria, altrimenti la resezione della malattia metastatica dovrebbe essere eseguita 6-8 settimane dopo la resezione del primitivo o viceversa.18

Trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto Come detto nel precedente capitolo, per i pazienti con metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto, la strategia di trattamento dovrebbe essere diretta, quando possibile, alla resezione chirurgica completa4, dal momento che è stata dimostrata la sua associazione con l’aumento

(15)

12 Negli ultimi decenni è stato seguito un approccio chirurgico aggressivo, motivato dal fatto che il fegato è il primo sito di localizzazione delle metastasi da carcinoma del colon-retto e il loro trattamento diretto può prevenire la disseminazione della malattia verso altri siti21. Nel corso del

tempo, sempre seguendo questa linea di pensiero, sono state sviluppate diverse strategie per promuovere epatectomie estensive, cercando di aumentare il volume del FLR (Future Liver Remnant), quali embolizzazione della vena porta (portal vein embolization, PVE), epatectomie in due stadi e più recentemente partizione del fegato associata alla legatura della vena porta (Associating Liver Partition with Portal vein ligation for Staged hepatectomy, ALPPS). Va tenuto presente che questo approccio multistep talvolta porta ad una radicalità incompleta dell’intervento, a causa della progressione del tumore durante il tempo di attesa. Inoltre, quando CRLM localizzate profondamente si trovano anche bilateralmente, l’epatectomia estensiva necessita un’associazione con una terapia ablativa, della quale non è ancora stato stabilito del tutto il livello di radicalità.22 A ciò si aggiunge il fatto che l’approccio tramite epatectomia

maggiore in associazione all’utilizzo di chemioterapia preoperatoria, che abbiamo già visto essere una delle possibili somministrazioni della terapia medica in fase avanzata, trova in quest’ultima un possibile ostacolo, in quanto può influire negativamente sulla rigenerazione del volume del fegato residuo23.

Attualmente, in contrapposizione all’aggressività tipica degli anni passati, il trend a livello mondiale è quello di adottare una filosofia di tipo “parenchymal-sparing”, sostanzialmente quindi resezioni non anatomiche, le quali sono diventate parte essenziale della chirurgia moderna. Per far sì che questo tipo di approccio si riveli appropriato e sicuro è fondamentale la conoscenza dell’anatomia epatica, così come una certa abilità nell’utilizzo dell’ecografia intra-operatoria (IntraOperative UltraSound, IOUS). In particolare, la IOUS si è rivelata essenziale per ridurre al minimo i margini di resezione, mantenendo al contempo la radicalità oncologica e diminuendo così la necessità di ricorrere ad epatectomie maggiori. La IOUS dovrebbe essere

(16)

13 il primo step in qualsiasi intervento chirurgico a livello epatico, in quanto consente di confermare i risultati dell’imaging pre-operatorio (anch’esso fondamentale), valutare l’anatomia vascolare, studiare le relazioni tra vasi, valutare la direzione del flusso del portale e guidare il piano di resezione. E’ consigliata quindi la presenza in sala operatoria di attrezzatura per ecografia color Doppler, sonde convesse standard, microconvesse e a forma di T, utilizzando per il fegato frequenze di 5 e 7,5 MHz24. Se paragonate alle epatectomie maggiori, le resezioni minori

non-anatomiche, anche dette “parenchymal-preserving”, permettono una sopravvivenza prolungata, dimostrandosi inoltre oncologicamente equivalenti25 e con una minore incidenza di insufficienza

epatica successiva all’intervento26. I pazienti con cancro colon-rettale in stadio IV sono candidati

a ripetere le resezioni, motivo per cui la conservazione del parenchima epatico ha assunto importanza crescente nell'impostazione di approcci terapeutici multimodali e ripetuti, anche perché il miglioramento e l’efficacia della terapia medica permettono l’aumento della sopravvivenza e di pari passo della possibilità che si ripresentino metastasi epatiche, con necessità appunto di risparmio del fegato residuo per un eventuale reintervento25. Gli unici

requisiti locali che necessitano di essere soddisfatti sono la previsione del raggiungimento di un margine microscopico negativo (R0) e contemporaneamente il già citato mantenimento di un adeguato fegato residuo (future liver remnant, FLR)20. Si ribadisce comunque il concetto che

non esistono valutazioni prospettiche né per criteri "oncologici" né per criteri "tecnici" e per molti di questi non esiste un consenso a livello internazionale4.

Un’ulteriore evoluzione dell’approccio chirurgico può essere considerato il passaggio dalla tradizionale chirurgia open a quella mini-invasiva (Minimally Invasive Surgery, MIS), ovviamente in presenza di condizioni permissive. In letteratura troviamo un’ampia casistica che mostra come l’approccio laparoscopico offra al paziente benefici considerevoli rispetto a quello tradizionale. In modo particolare si documenta una diminuita perdita ematica (estimated blood loss, EBL), minore necessità di trasfusioni, durata inferiore della degenza e minore incidenza di

(17)

14 complicanze post-operatorie, mantenendo comunque risultati simili nel raggiungimento di una resezione con margini indenni (R0) ed in termini di sopravvivenza a lungo termine27-30. Inoltre,

l'approccio laparoscopico, grazie ad una minore traumaticità, permette una maggiore possibilità di re-intervento durante il follow up29, diminuzione del dolore post-operatorio e recupero più

veloce31; a tutto ciò si aggiunge anche la possibilità di iniziare più precocemente una eventuale

terapia adiuvante32. Si è così constatato che la chirurgia laparoscopica epatica consente risultati

oncologici equivalenti con esiti peri-operatori migliori rispetto alla chirurgia epatica con approccio open, motivo per cui è diventata il trattamento di preferenza per le resezioni epatiche minori33.

Lo step successivo è stato l’introduzione della chirurgia robotica epatica, la cui ambizione è quella di superare alcune delle limitazioni proprie della laparoscopia, tra le quali anche la necessità di un training impegnativo34. Potenziali vantaggi della chirurgia robotica includono

l’agevolazione di ricostruzioni complesse, come anastomosi biliari o vascolari, ma anche la possibilità di effettuare resezioni di lesioni localizzate nei segmenti postero-superiori del fegato (IVa, VII e VIII) e di seguire piani di resezione curvilinei in tali porzioni per poter mantenere un approccio parenchymal-sparing34,35. Tutto questo è stato possibile grazie a caratteristiche

aggiuntive dei sistemi robotici rispetto a quelli laparoscopici, con particolare riferimento al da Vinci® Surgical System, come visione stereoscopica ad alta definizione, strumentazione

EndoWrist, filtraggio dei tremori, motion scaling34. Oltre a questo è importante menzionare lo

sviluppo di sonde ecografiche dedicate (Robotic Laparoscopic US Tool, RLUS), in grado di unire i vantaggi dell’approccio laparoscopico rispetto a quello open con il superamento dei limiti presentati dalle sonde ecografiche laparoscopiche. Come detto precedentemente, infatti, nel trattamento delle CRLM il successo della chirurgia laparoscopica come di quella open sono strettamente dipendenti dalla possibilità di utilizzare IOUS per la valutazione dell’anatomia vascolare e biliare, per l’identificazione di lesioni note o occulte e per la pianificazione e

(18)

15 modificazione intra-operatoria della strategia di intervento. La chirurgia robot-assistita permette prestazioni di livello elevato, mantenendo i vantaggi dell’approccio mini-invasivo, ma necessitando comunque del supporto degli ultrasuoni. Vi è la possibilità in questo senso di utilizzare la sonda laparoscopica direttamente manovrata dalla mano dell’assistente piuttosto che del primo operatore, ma il suo utilizzo non è agevole. Tra le limitazioni principali, inoltre, troviamo la possibilità di angolazione limitata, la necessità di movimenti di torsione per mantenere il contatto con la superficie, meno gradi di libertà per un corretto orientamento e difficoltà nell’ottimizzazione dell’allineamento della sonda per effettuare biopsie o ablazioni. Si è così vista la necessità di implementare la tecnologia robotica dedicata, ottenendo come risultato sonde più ergonomiche, minore affaticamento del chirurgo, agevolazione dell’esplorazione epatica e della manipolazione degli strumenti36, oltre alla possibilità di vedere

contemporaneamente sullo stesso monitor le immagini chirurgiche e quelle della sonda ecografica grazie alla funzionalità Tile Pro™.Per tutti questi motivi la piattaforma robotica si

presenta come uno strumento innovativo, in grado di superare le limitazioni della laparoscopia standard37, con possibilità di effettuare metastasectomie multiple, raggiungere siti sfavorevoli ed

effettuare interventi multipli su quadranti diversi. Riguardo il trattamento robot-assistito delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto la letteratura scarseggia in merito a riflessioni specifiche; tramite uno studio retrospettivo si vuole quindi riportare l’esperienza del nostro centro, con lo scopo di valutare i risultati chirurgici e oncologici a medio termine della procedura.

(19)

16

Chirurgia robotica

Storia della chirurgia robotica

La chirurgia robotica ha necessitato di tempo dalla sua introduzione per superare le resistenze iniziali ed essere pienamente inserita nel mondo della medicina, ma ad oggi si può affermare che i robot siano ormai parte integrante della chirurgia moderna. La spinta che ha portato allo sviluppo dei robot chirurgici è stata in gran parte data dal bisogno di superare le limitazioni delle attuali tecnologie laparoscopiche, continuando però a beneficiare della chirurgia mininvasiva. È il 1983 quando viene effettuato il primo intervento di chirurgia robot-assistita in ambito ortopedico con l'ausilio di ARTHROBOT®. Nel 1985 Kwoh usò una versione modificata di

PUMA 200® (PUMA 560), un robot nato a fini industriali, per eseguire biopsie neurochirurgiche

con lo scopo di ottenere precisione maggiore rispetto alla procedura tradizionale38. Qualche

anno più tardi, Davies e colleghi eseguirono una resezione transuretrale prostatica (TURP) usando il PUMA 560®. Questo sistema portò poi allo sviluppo di PROBOT®, un robot

designato specificamente alle resezioni transuretrali della prostata (TURP)39. Nel frattempo

invece, International Business Machine (IBM) stava sviluppando ROBODOC®, un sistema

robotico per eseguire protesi d’anca40. Nei primi anni ’90 alcuni scienziati della NASA si unirono

assieme ai ricercatori dello Stanford Research Insititute (SRI): il team elaborò così un tele-manipolatore per la chirurgia manuale. Alcuni chirurghi ed endoscopisti si unirono al team di scienziati in modo da utilizzare il potenziale di questi sistemi per migliorare la chirurgia laparoscopica convenzionale. Questo lavoro fu poi ripreso dall’esercito degli Stati Uniti per fornire soccorso chirurgico ai soldati feriti in località distanti attraverso la telechirurgia, la quale divenne quindi uno dei fattori trainanti della chirurgia robotica. In seguito i principi della chirurgia robotica militare vennero applicati in ambito civile, infatti molti dei chirurghi e degli ingegneri che lavoravano al progetto di chirurgia robotica per l’esercito formarono in seguito

(20)

17 una società che si proponeva l’obiettivo di introdurre la chirurgia robotica presso la comunità chirurgica civile. La Computer Motion Inc. di Santa Barbara, California, utilizzò il denaro fornito dalla Difesa per sviluppare AESOP® (Automated Endoscopic System for Optimal Positioning),

un sistema costituito da un braccio articolato, montato su un tavolo, che controllava i movimenti del laparoscopio durante gli interventi; nella versione originale AESOP® veniva regolato tramite

controlli manuali o a pedali, successivamente fu integrato un software per il controllo tramite comandi vocali.41 La vera svolta si ebbe però con la generazione di sistemi robotici tipo

“master-slave”, i quali sono costituiti da una console (master) dove si posiziona il chirurgo, che comanda un sistema robotico (slave) attaccato al letto del paziente. Il primo fu ZEUS® (Computer

Motion, Inc.), reso famoso grazie all’intervento di Lindbergh, in cui Morescaux realizzò per la prima volta una colecistectomia in telechirurgia transatlantica fra Strasburgo e New York, segnando di fatto l’ingresso in una nuova fase della chirurgia robotica. Un altro sistema introdotto in quegli anni fu il sistema ViKY, che permetteva il controllo dell’ottica con comandi vocali in procedure a porta singola42. Alla fine del secolo, la “Intuitive Surgical Systems” in

California produsse lo SRI Green Telepresence Surgery System, rinominato poi sistema da Vinci®. Questo si basava sul concetto della “immersive telepresence”, cioè far sentire il chirurgo

come se si trovasse all’interno della stanza operatoria anche operando a distanza da questa. Il robot da Vinci®, dopo iniziali applicazioni in campo cardio-chirurgico, si è largamente diffuso

ed ha trovato impiego in diverse applicazioni in urologia, ginecologia, chirurgia toracica e generale. In quest’ultimo ambito il da Vinci® è stato il primo sistema robotico approvato dalla

FDA nel 2000 per l'utilizzo in chirurgia laparoscopica ed è attualmente l'unico sistema robotico in uso in MIS, grazie anche all'acquisizione da parte di Intuitive Surgical della rivale Computer Motion, con conseguente ritiro dal commercio di ZEUS®. I sistemi da Vinci® e ZEUS® sono

simili nelle loro capacità, ma differenti per vari aspetti. Entrambi, infatti, sono sistemi master-slave, ossia sistemi robotici in cui è, di fatto, il chirurgo a comandare (master), ma il robot ad eseguire (slave), con bracci multipli controllati in remoto attraverso una console, con

(21)

18 visualizzazione video-assistita. Il sistema da Vinci®, che è l’evoluzione dei macchinari per la

telechirurgia sviluppati per la NASA e per l’esercito degli Stati Uniti, possiede tre componenti essenziali: un carrello che contiene le attrezzature destinate a una prima elaborazione dell’immagine proveniente dalle due video-camere montate sul video-endoscopio, una console dove si siede l’operatore e un carrello mobile dove sono montati il braccio della camera e i bracci per gli strumenti. Il sistema ZEUS® è composto invece da una console di controllo e tre braccia

robotiche. Il braccio destro e sinistro replicano le braccia del chirurgo e il terzo braccio è un endoscopio AESOP® che risponde ai comandi vocali per la visualizzazione. Nel sistema ZEUS®

il chirurgo è seduto al di sopra, con gli strumenti che manipola posti in maniera ergonomica per massimizzare la destrezza e consentire una completa visione del capo operatorio. Il sistema utilizza sia strumenti endoscopici rigidi simili all’endoscopia convenzionale, sia strumenti con articolazioni che consentono sette gradi di libertà. Rimanendo unicamente il sistema da Vinci®

la sua continua evoluzione ha portato al susseguirsi di vari modelli. Bisogna però ricordare che sulla chirurgia robotica gravano ancora due importanti svantaggi: la mancanza di feedback tattile e gli elevati costi di acquisto e gestione37. Cercando di superare questi limiti, numerose aziende

ed enti di ricerca sembrano interessati a trasformare il monopolio della chirurgia robotica in un affollato mondo di domanda ed offerta, anche se attualmente il sistema da Vinci® rimane l’unico

robot in uso.

Sistema robotico da Vinci®

Il sistema da Vinci® è stato progettato per rappresentare l’estensione naturale degli occhi e delle

mani del chirurgo e le sue possibilità di movimento sono tese a mimare quelle del suo operatore umano, in modo molto simile alla chirurgia open35. Gli strumenti robotici permettono sette gradi

(22)

19 il naturale allineamento occhio-mano-strumento, a differenza degli strumenti laparoscopici tradizionali35.

Il Sistema Robotico da Vinci® è costituito dalle seguenti componenti (figura 1):

I. Console chirurgica II. Carrello paziente

III. Strumentario chirurgico EndoWrist IV. Carrello visore

Figura 1

Console chirurgica: è la parte dove il chirurgo operatore è seduto e controlla il sistema da Vinci®

(figura 2). Si trova al di fuori del campo sterile e comprende un sistema di visione stereo 3D che proietta il campo operatorio, i due manipolatori o master controllers impugnati dal chirurgo ed una pedaliera.

(23)

20

Figura 2

Con il movimento dei manipoli il chirurgo comanda l’endoscopio e i micro-strumenti endoscopici inseriti nei bracci del carrello robotico. In questo modo gli strumenti endoscopici, introdotti nell’addome attraverso incisioni cutanee di circa 1 cm, si muovono all’interno del paziente. Il chirurgo si siede alla postazione e deve regolare l’altezza del poggia-braccia e della sedia in maniera tale da ottenere la conformazione più ergonomica possibile, riducendo quindi l’affaticamento durante l’intervento. Appoggia gli avambracci sulla console, scaricando il peso degli stessi e inserisce la testa in un apposito vano, appoggiando la fronte e direzionando lo sguardo nei due oculari posti al centro del vano stesso. Infila quindi le dita delle mani nei master controllers, posti esattamente sotto il vano di visione, così da avere la percezione di aver recuperato l’allineamento della coordinazione occhio-mano. Nella versione Si, a tal proposito, è stata posta particolare attenzione alla postura del chirurgo durante l’operazione. La chirurgia robotica offre infatti significativi vantaggi in termini di ergonomia fisica, poiché il chirurgo, anziché rimanere in piedi come durante la chirurgia laparoscopica tradizionale, controlla il sistema robotico mentre è seduto comodamente di fronte alla console. Alla base della console sono presenti i pedali con i quali l’operatore gestisce la strumentazione endoscopica e, mediante

(24)

21 un meccanismo di frizione, esegue il riposizionamento in asse dei manipoli con i bracci robotici per una migliore coordinazione oculo-motoria e per evitare il mantenimento prolungato di posizioni scomode. La pedaliera consente inoltre di scambiare le braccia con l’ottica e di scambiare la funzione dello strumento numero due con il terzo braccio, quindi di attivare in sicurezza i diversi tipi di elettrificazione (bipolare o unipolare) a seconda dello strumento controllato. La console di comando è collegata al carrello chirurgico mediante un cavo a fibre ottiche e la riproduzione fedele dei movimenti eseguiti in console a livello del carrello paziente avviene grazie ad un sistema di tipo master-slave. I master controllers vengono impugnati con il dito indice ed il pollice ed i loro movimenti sono trasmessi mediante connessioni elettriche allo strumentario, dopo essere stati filtrati e scalati dal sistema centrale. Gli strumenti tradizionali laparoscopici infatti aumentano il tremore anziché diminuirlo, mentre il sistema robotico ha la possibilità di eliminare il tremore della mano filtrando i movimenti ad alta frequenza, aumentando così la precisione e al tempo stesso la sicurezza nell’esecuzione di manovre chirurgiche fini. La precisione è ulteriormente implementata grazie alla possibilità del sistema di scalare i movimenti del chirurgo, ovvero ridurli proporzionalmente. Questo significa che i movimenti ampi eseguiti alla console vengono tradotti in movimenti microscopici proporzionali sulla punta dello strumento chirurgico all’interno del paziente. La scala di movimento può essere impostata alla console (1:1, 1:3, 1:5) e questa opzione può essere anche cambiata nel corso di una stessa operazione chirurgica, in modo tale da avere una diversa finezza di movimento in fasi che lo richiedono. Allo stesso tempo è possibile amplificare i movimenti, passando ad esempio da un movimento del chirurgo di 45° ad un movimento di 90° dello strumento. I movimenti della mano, del polso e delle dita vengono tradotti in tempo reale in precisi movimenti degli strumenti chirurgici posti all’interno del corpo del paziente. Sempre a livello della console abbiamo un sistema di visualizzazione 3D HD (InSite®Vision System) e visore stereo. Il sistema

“In Site®Vision” aumenta il livello di realismo, fornendo l’impressione di operare direttamente

(25)

22 che si ha nella chirurgia open e questo si traduce in un grosso vantaggio rispetto alla chirurgia laparoscopica, dove lo sguardo è rivolto al monitor mentre con gli strumenti il chirurgo opera all’interno dell’addome del paziente. La visione tridimensionale nel sistema robotico è assicurata da due diversi canali ottici montati parallelamente a livello dell’endoscopio visore (figura 3), così da inviare immagini stereotassiche alla console e la visione in 1080i dà una percezione magnificata del target anatomico.

Figura 3

La console chirurgica possiede inoltre dei sensori infrarossi, mediante i quali gli strumenti vengono direttamente disattivati non appena l’operatore allontana gli occhi dalla console, per evitare movimenti non intenzionali dei bracci all’interno dell’addome del paziente, inoltre a livello del visore ottico il chirurgo potrà visionare specifiche icone o messaggi che potranno avvisarlo di eventuali errori del sistema. La versione Si-HD presenta un touchpad collocato sul poggia-braccia per la comunicazione di eventuali problematiche, il controllo completo delle funzioni video, audio, di sistema e di settaggio ergonomico. Molto importante è l’introduzione di una modalità integrata (Tile-Pro™, figura 4) che, oltre al campo chirurgico, rende possibile la

(26)

23 visualizzazione integrata delle immagini, ad esempio ecografiche, provenienti da apparecchiature ausiliarie, ma anche di esami strumentali (TC, RM, etc.).

Figura 4

Carrello Paziente: è la parte del “robot” vero e proprio, dove sono presenti i bracci manovrati dal chirurgo e l’ottica (figura 5).

(27)

24 Presenta un basamento con forma simile ad una H, dotato di ruote e motorizzato, il quale è fondamentale per spostare il carrello nella posizione corretta prima dell’inizio dell’intervento. E’ presente poi una colonna da cui si dipartono 4 bracci snodabili, uno per l’ottica e tre per i vari strumenti che possono essere manovrati dal chirurgo, due principali e uno ausiliario. Ogni braccio presenta due pulsanti “clutch”, utilizzati per i movimenti più grossolani nel posizionamento dei bracci e un pulsante sull’estremità distale, usato per gli aggiustamenti più fini che servono per il docking e per inserire e rimuovere gli strumenti sui vari bracci durante la procedura chirurgica. Sono presenti inoltre a questo livello dei led che, illuminandosi in diverse colorazioni, indicano in ogni momento lo stato del braccio. Si fa inoltre ricorso a rivestimenti sterili, i quali ricoprono le parti mobili del sistema che operano all’interno del campo sterile. Il sistema da Vinci® fa uso della tecnologia a centro remoto, consentendo quindi di manipolare gli

strumenti all’interno del sito chirurgico minimizzando le forze esercitate sulla parete addominale del paziente.

Strumentazione chirurgica EndoWrist: presenta notevoli vantaggi rispetto alla chirurgia laparoscopica, dove il fulcro creato dai trocar inseriti nella parete addominale limita i movimenti interni della punta dello strumento a 4 gradi di libertà, distribuiti in 3 DOF di rotazione a livello del punto di inserzione e 1 DOF di traslazione attraverso il punto di ingresso. Inoltre, a causa dell’effetto del fulcro, la direzione del movimento della mano del chirurgo ha come risultato lo spostamento dell’estremità dello strumento laparoscopico nella direzione opposta. Il movimento libero di un oggetto in uno spazio tridimensionale richiede 7 DOF, quindi con gli strumenti laparoscopici disponibili ci sono movimenti che non possono essere eseguiti. Il sistema robotico con strumentazione chirurgica EndoWrist permette al chirurgo di eseguire movimenti con maggiori gradi di libertà, raggiungendo 7 DOF di movimento e potendo arrivare

(28)

25 anche a 180° di articolazione e 540° di rotazione, di modo tale che la manipolazione degli strumenti simuli la mano e il polso di un chirurgo (figura 6).

Figura 6

L’uso di questo sistema ripristina la naturale coordinazione mano-occhio, poiché il movimento della mano e del polso può essere tradotta nel corrispettivo movimento della punta dello strumento. Ogni strumento presenta la base di alloggio con le leve di sgancio, il semiasse, il wrist e la punta. L’endoscopio, invece, è disponibile in 2 modelli, uno con angolazione di 30° e uno di 0°. Nella versione Standard e S del da Vinci® possiede una videocamera stereo ad alta

magnificazione (45° gradi di visione con zoom 15x) oppure una videocamera ad ampio angolo (60°-10x). La versione Si presenta solo una videocamera a ampio angolo. L’immagine del sito chirurgico viene catturata dall’endoscopio e ritrasmessa alla testa video-camera attraverso il canale sinistro e destro dello stesso; gli impulsi ottici vengono quindi elaborati da tre chip di unità di controllo camera che elaborano l’immagine e la ritrasmettono alla console chirurgica. Questi procedimenti ne permettono la visualizzazione tridimensionale (sistema di visualizzazione InSite® Vision 3D System). Se i primi modelli HD presentavano una risoluzione

(29)

26 ulteriore upgrade fino a 1080i (1920x1080), uno zoom digitale e una singola connessione per fonte luce e unità di controllo della videocamera. Oltre a questo, attraverso comandi presenti sulla console chirurgica, l‘operatore ha a disposizione uno zoom digitale (fino a 7 gradi di ingrandimento), in modo da poter ingrandire l’immagine senza muovere l’endoscopio; questo può rivelarsi utile in alcuni frangenti dell’intervento.

Carrello visore: è una torre in cui sono presenti le componenti ausiliarie che sono utili alle varie funzioni del sistema (figura 7).

Figura 7

Contiene le attrezzature destinate a una prima elaborazione dell’immagine proveniente dalle due videocamere montate sul video-endoscopio e alla sua successiva visualizzazione. Comprende inoltre un monitor touchscreen e le componenti centrali dell’insufflatore di CO2 e degli elettromedicali. A questo livello troviamo anche il core del sistema, il quale rappresenta la componente centrale alla quale si collegano tutte le altre. Tra queste troviamo anche la fonte di erogazione della luce bianca ad alta intensità, che tramite l’endoscopio illumina il sito chirurgico.

(30)

27 Il da Vinci® Xi (figura 8) rappresenta l’ultimo modello della Intuitive, uscito nel 2014. Mantiene

la struttura in 3 componenti (console, carrello paziente e carrello visore) e la tecnologia sia dell’immagine (visione 3D in 1080i) sia dello strumentario (EndoWrist) presenti sul sistema precedente da Vinci® Si, ma vengono aggiunte diverse caratteristiche.

Figura 8

• Il carrello paziente è stato strutturato in maniera differente, di modo tale che sia più agevole raggiungere tutti i quadranti dell’addome, potendo essere posizionato ovunque intorno al paziente. Questa possibilità viene garantita da un sistema di rotazione dei bracci sul sistema di supporto, assente nelle precedenti versioni del sistema; inoltre, da una disposizione dei bracci a raggiera tipica del da Vinci® Si, si è passati ad una disposizione rettilinea, con bracci

più vicini da loro, così da facilitarne l’utilizzo anche in previsione di una chirurgia multi-quadrante.

• Sono state apportate delle modifiche anche ai bracci robotici: aumento del range di movimento di ogni braccio grazie al nuovo sistema di giunzione FLEX, per facilitare la

(31)

28 disposizione delle porte di accesso; introduzione di “elbow” propri di ogni braccio, per diminuire ulteriormente i loro conflitti esterni; struttura più piccola e sottile; nuovo sistema di aggancio dei trocar alle braccia robotiche che, oltre al sistema meccanico, rivisto rispetto al precedente da Vinci® Si, presenta anche un meccanismo magnetico che rende la fase di

docking più semplice e rapida.

• È stata aggiunta al carrello paziente una interfaccia di guida, che semplifica lo spostamento della macchina nel raggiungimento della regione chirurgica e una nuova funzione laser e “targeting”, che facilita il docking e il settaggio iniziale della macchina. La funzione di “targeting” risulta fondamentale, in quanto, una volta introdotto l’endoscopio, permette il puntamento della regione chirurgica di interesse, velocizzando il docking e diminuendo i conflitti esterni dei vari bracci, in modo da rendere più fluida la manovra chirurgica. Una volta effettuato il docking delle braccia operative, l’introduzione degli strumenti e la loro visualizzazione iniziale è favorita da opportuni segnali visivi ai lati dello schermo che ne indicano la direzione e il movimento sia sul Touchscreen che a livello del visore ottico. • Sono state apportate alcune migliorie anche al sistema delle immagini: la videocamera,

l’endoscopio e il sistema ottico sono stati montati su un sistema integrato portatile delle dimensioni di 8 mm. La dimensione di 8 mm rende possibile il posizionamento dell’ottica in qualsiasi trocar robotico (“Camera Port Hopping”), incrementando così la versatilità del robot senza che sia necessario uno spostamento del boma.

• Il “focusing” o il White-balance non risultano più necessari, in quanto è tutto automatizzato. Il sistema è stato inoltre progettato per l’imaging a fluorescenza (Fire-Fly™ Fluorescence

Imaging System) in modo da rendere possibile durante la procedura chirurgica la visualizzazione in tempo reale dei vasi e dei dotti biliari e la perfusione dei vari tessuti. • Un'ulteriore modifica è rappresentata dalla possibilità di connessione, tramite tecnologia

Wireless, al tavolo operatorio TruSystem 7000 dV. La possibilità di comunicazione di questi due sistemi permette di muovere il tavolo operatorio su cui è posizionato il paziente, senza

(32)

29 che sia necessario rimuovere gli strumenti dall’addome oppure senza avere la necessità di compiere l’undocking del robot. Questo permette di ridurre le tempistiche operatorie nel caso di interventi multi-quadrante e migliorare l’esposizione del campo operatorio in qualsiasi momento.

• È inoltre aumentato il numero di strumenti chirurgici a disposizione del robot. Tra questi si menzionano nuove suturatrici meccaniche robotiche, completamente comandate a livello della console, dotate della funzione “Smart Clamp Feedback”, la quale riconosce lo spessore del tessuto da sezionare e entra in funzione soltanto se, tramite le cariche che riconosce montate sulla stessa, può essere compiuta una sezione sicura e completa.

Vantaggi e svantaggi della chirurgia robot-assistita

Ai fini di questa trattazione può rivelarsi utile confrontare brevemente la chirurgia robotica con la laparoscopia tradizionale e l’approccio open, con l’obiettivo di capire perché, rispetto alle due tecniche precedenti, l’ultima possa migliorare almeno in certi aspetti la performance chirurgica nel trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto.

Confronto tra chirurgia laparoscopica e robotica43

Chirurgia laparoscopica tradizionale

Chirurgia robotica

Vantaggi - Tecnologia ben sviluppata - Affidabile e diffusa - Efficacia riconosciuta - Visualizzazione 3D - Manualità migliorata - 7 gradi di libertà - Eliminazione

(33)

30 fisiologico tremore - Possibilità di eseguire movimenti in scala - Micro-anastomosi possibili - Telechirurgia - Posizione ergonomica

Svantaggi - Perdita della sensibilità tattile - Visione bidimensionale - Gradi di movimento limitati - Effetto fulcro - Amplificazione del fisiologico tremore - Assenza della sensibilità tattile - Costi di gestione elevati - Personale extra dedicato

- Benefici non ancora dimostrati

- Tecnologia di recente sviluppo

Confronto tra chirurgia open e chirurgia robotica43 Vantaggi chirurgia open Svantaggi chirurgia open Vantaggi chirurgia robotica Svantaggi chirurgia robotica - Coordinazione occhio-mano elevata - Abilità manuale - Adattabilità e flessibilità - Limitata manualità al di fuori della naturale scala di dimensioni - Incline al - Buona accuratezza geometrica - Elevata stabilità e instancabile - Possibilità - No capacità di giudizio - Incapace di utilizzare informazioni qualitative

(34)

31 - Capacità di integrare tante informazioni diverse - Feedback tattile - Possibilità di utilizzare informazioni qualitative - Facile da insegnare tremore e alla fatica - Limitata accuratezza geometrica - Limitata abilità nell’uso di informazioni quantitative - Minore sterilità - Suscettibilità alle radiazioni e infezioni di eseguire movimenti in scala - Possibilità di utilizzo di diversi sensori per il controllo - Maggiore sterilità - Resistente alle radiazioni e alle infezioni - Assenza di feedback tattile - Molto costosa - Tecnologia in continuo sviluppo - Necessari più studi

(35)

32

Materiali e metodi

Selezione dei pazienti

Si tratta di uno studio retrospettivo su 16 pazienti sottoposti a resezione robot-assistita di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto, i cui dati sono stati raccolti in maniera prospettica in un database dedicato tra Maggio 2012 e Luglio 2017. Il da Vinci® Si è stata la

prima versione del sistema da Vinci® utilizzata in questo studio; successivamente, da Gennaio

2015, è stato possibile utilizzare anche l’ultima versione, il da Vinci® Xi. Dodici pazienti sono

stati operati con da Vinci® Si, mentre i rimanenti quattro con la versione Xi. Sono state

considerate come controindicazioni formali all’approccio robotico: coinvolgimento epatico esteso, precedenti interventi di chirurgia maggiore nella regione sovramesocolica e difficoltà anestesiologiche nel mantenimento dello pneumoperitoneo. Per lo studio preoperatorio tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esami ematochimici, ecografia addominale con o senza mezzo di contrasto e radiografia del torace e, in modo variabile, a esami strumentali come tomografia computerizzata (TC) con mezzo di contrasto, risonanza magnetica nucleare (RMN) con o senza mezzo di contrasto paramagnetico epato-specifico e tomografia a emissione di positroni (PET). I dati pre-operatori raccolti in questa analisi comprendono: caratteristiche demografiche dei pazienti (età, sesso), American Society of Anasthesiologists (ASA) scores, indice di massa corporea (BMI), eventuali comorbidità, sede della lesione, eventuale epatopatia, precedenti interventi chirurgici addominali, chemioterapia pre-operatoria. I dati peri-operatori coinvolgono: tempo operatorio, localizzazione, numero e dimensioni delle lesioni, eventuali interventi sincroni e complicanze intraoperatorie. Come dati post-operatori sono stati presi in considerazione: terapia post-operatoria, complicanze post-operatorie definite con la classificazione Clavien-Dindo44, la necessità di trasfusioni e la durata della degenza. Sono inoltre

(36)

33 microscopici di resezione. Da un punto di vista oncologico sono stati analizzati il tasso di recidiva, il sito della recidiva e i tassi a 1 e 3 anni di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da malattia.

Tecnica chirurgica

La posizione ottimale del paziente (decubito supino o laterale sinistro), così come quella degli accessi, è stata valutata sulla base della localizzazione pre-operatoria delle lesioni, del loro numero e della possibilità di effettuare un’eventuale resezione sincrona del tumore primitivo. Nel caso di metastasi esclusive a carico dei settori laterali o posteriori di destra i pazienti sono stati posizionati in decubito laterale sinistro, mentre nel caso di altre localizzazioni, localizzazioni multiple o nel caso di chirurgia colon-rettale associata è stata preferita la posizione supina a gambe divaricate. L’induzione dello pneumoperitoneo viene eseguita mediante ago di Veress o con tecnica open nei casi di pregressa chirurgia addominale e mantenuto con CO2 a 12-15

mmHg. Vengono quindi posizionati cinque trocars, secondo una disposizione curvilinea nel caso sia stato utilizzato il sistema da Vinci® Si, in modo tale da mantenere la triangolazione

ottimale e limitare le collisioni fra strumenti, oppure secondo una disposizione rettilinea nel caso del sistema da Vinci® Xi. Per i settori centrali, destri e sinistri, con paziente in decubito supino

(figura 9), l’accesso dell’endoscopio è stato generalmente effettuato a livello della linea para-rettale omolaterale in posizione sopra-ombelicale, i trocars robotici posizionati di conseguenza (con disposizione ad arco per il sistema Si, in linea retta per il sistema Xi) e il carrello chirurgico sistemato a livello della testa del paziente. Per le localizzazioni del settore laterale destro invece, con paziente in decubito laterale sinistro (figura 10), tutti i trocars sono stati posizionati al di sotto dell’arcata costale; in questo caso il carrello è stato collocato a livello della spalla destra del paziente.

(37)

34

Figura 9

Figura 10

La disponibilità dell’ultima versione della piattaforma robotica da Vinci®, grazie alle sue nuove

funzionalità, ha reso possibile anche la chirurgia multi-quadrante e ha velocizzato e agevolato la fase di docking. La prima fase dell’operazione consiste nell’esplorazione della cavità addominale e in particolare di tutti i segmenti epatici, in maniera tale da evidenziare eventuali metastasi occulte e localizzare invece quelle note. Per migliorare l’accuratezza diagnostica di lesioni epatiche note e non, soprattutto quando profonde, è stata eseguita sistematicamente l’ecografia intraoperatoria utilizzando una sonda a ultrasuoni da 12-5 MHz, la quale è stata progettata per adattarsi perfettamente alla strumentazione robotica ed essere inserita attraverso gli stessi

(38)

35 accessi, venendo poi direttamente controllata dal chirurgo. L’esame ecografico viene visualizzato in tempo reale dal primo operatore a livello della console, in una schermata contenente simultaneamente sia il sito chirurgico che la scansione ad ultrasuoni stessa, come un’ ”immagine dentro l’immagine”, grazie alla funzione integrativa Tilepro™. In questo modo è possibile valutare meglio il coinvolgimento vascolare da parte del tumore, i rapporti con le strutture contigue, la distanza dalla superficie e le lesioni situate più in profondità; successivamente a questa fase identificativa, l’area del tumore viene evidenziata a livello della capsula di Glisson, marcando la superficie tramite elettrobisturi. Dopo che l’area di interesse è stata resa ben visibile e si è verificato di poter agire in sicurezza, si prosegue con la mobilizzazione del fegato (in alcuni casi questa fase deve essere eseguita prima dell’esplorazione ecografica per permettere la corretta visualizzazione del parenchima epatico). Questa fase è variabile a seconda della localizzazione della lesione e quindi della necessità di dislocare l’organo per raggiungere il sito di interesse chirurgico; spesso, nelle resezioni riguardanti i segmenti postero-superiori (VII-VIII), sono stati sezionati i legamenti triangolare destro e coronarico e in alcuni casi si è resa necessaria una mobilizzazione epatica completa dal piano ante-cavale. Per queste manovre sono stati utilizzati appositi retrattori laparoscopici. La fase di resezione vera e propria della lesione epatica è stata effettuata utilizzando pinze bipolari tipo Maryland o Gyrus PK SuperPulse Generator guidate dalla mano sinistra e forbici monopolari guidate dalla destra; l’assistente ha a disposizione un trocar nel quale inserire, quando necessario, strumenti per aspirazione, irrigazione e apposizione di clip sui vasi maggiori. Grazie all’utilizzo di sonde ecografiche direttamente a contatto col parenchima, è stato possibile verificare il corretto piano di resezione ed eventualmente cambiarne la direzione durante la procedura stessa, al fine di ottenere un risultato ottimale. Successivamente, a resezione completata, il pezzo operatorio è stato inserito in una EndoBag e fatto passare attraverso il trocar di maggiori dimensioni, altrimenti, quando necessario, è stata effettuata una minilaparotomia sovrapubica di servizio secondo Pfannestiel; una volta estratto, il pezzo viene quindi inviato all’Anatomia Patologica

(39)

36 per un esame istologico estemporaneo per la valutazione del margine di resezione. Nei casi dove è stato ritenuto necessario, sono stati applicati agenti emostatici (Floseal; Tabotamp; Tabotamp Snow). Nel sito della resezione viene sempre lasciato almeno un drenaggio.

Analisi statistica

Per l’analisi statistica sono stati utilizzati come software SPSS, versione 21.0 (IBM Corp., Armonk, NY, USA) e STATA, versione 13 (STATA Corp., TX, USA). Delle variabili continue viene dato il valor medio ± la deviazione standard (SD) e quest’ultimo viene comparato utilizzando il test t di Student; un valore di p<0.05 è stato considerato come statisticamente significativo. Le variabili con una distribuzione che non sia una distribuzione normale sono state espresse mediante la mediana e quest’ultima comparata con il test di Wilcoxon; la significatività statistica è stata fissata al 5%. Il tempo di sopravvivenza globale (overall survival, OS) è stato definito come il tempo tra il momento della diagnosi e quello della morte o dell’ultima visita di controllo; il tempo di sopravvivenza libero da malattia (disease-free survival, DFS) è stato definito come il tempo trascorso tra il momento della diagnosi e la progressione tumorale. I pazienti deceduti per altre cause o vivi al follow-up più recente sono stati esclusi dall’analisi del tempo di sopravvivenza libero da malattia. Le curve di sopravvivenza e gli intervalli liberi da malattia sono stati ottenuti utilizzando il metodo Kaplan-Meier.

(40)

37

Risultati

In questo studio sono stati presi in considerazione sedici pazienti, dei quali dieci uomini e sei donne (tabella 1). L’età media è di 65 anni (range 43-83), mentre l’indice di massa corporeo (Body Mass Index, BMI) medio è risultato 24.2 kg/m2. L’ASA score medio è di 2,4 (range 2-3).

Nove pazienti presentano comorbidità, tra le quali le principali identificate sono: ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica cronica, pregresso IMA, fibrillazione atriale parossistica, TIA, prolasso e insufficienza mitralica) diabete mellito tipo II e insufficienza renale cronica. Tredici pazienti sono stati sottoposti a pregressa chirurgia addominale e in questi casi sono incluse emicolectomie e RAR (resezioni anteriori del retto) per l’asportazione del tumore primitivo. Nessuno dei pazienti è stato sottoposto prima dell’intervento a chirurgia epatica.

Tabella 1 - Caratteristiche dei pazienti

Età media 65 (range 43-83)

Rapporto M:F 10:6

BMI 24,2 (range 18,4-28,5)

ASA score 2,4 (range 2 - 3)

Interventi chirurgici addominali pregressi 13 (81,2%)

Comorbidità

Ipertensione arteriosa 5 (31,3 %) Malattie cardiovascolari 4 (25%) Diabete mellito tipo II

Insufficienza renale cronica

1 (6,3%) 1 (6,3%)

Riferimenti

Documenti correlati

This paper assesses the impact of the economic recession caused by the global financial crisis on income poverty and deprivation in Italy and Spain to identify the most

Summary: The present work deals with the contact problem of a Timoshenko beam bonded to an elastic semi-infinite substrate under different loading conditions. The

In the first experiment, we trained three multi-modal models that use all the four contrast modalities, i.e., T1, T1c, T2, FLAIR, available in the datasets: (i) a model that

Comitato Scientifico: Francesco Badessi, Nuoro • Felice Borghi, Cuneo • Ferdinando Cafiero, Genova Paolo De Paolis, Torino • Carlo de Werra, Napoli • Mauro Salizzoni, Torino..

Nel settore delle hu- manities, già da tempo ricettivo alle opportunità fornite dagli stru- menti digitali, l’applicazione delle tecnologie virtuali può generare modalità

Presented By Michael Morse at 2018 ASCO Annual Meeting... Response rate to anti-PD1 and mutational

La recente disponibilità di nuovi farmaci, i miglioramenti delle tecniche chirurgiche, la maggior e disponibilità di trattamenti locoregionali legate ai progressi

Using tumor control modeling, we were able to demonstrate a dose-response relation between dose and local control by lesion at 12 months….. Liver SBRT is well tolerated