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Capitolo V: La comunità russo-israeliana

V.I Caratteristiche generali dell’enclave russo nello Stato d’Israele:

V.I.II. Medici, ingegneri e ricercatori russi in Israele

Come ho anticipato, negli anni Novanta Israele fu visibilmente arricchita dal cospicuo capitale umano dell’aliyah post sovietica, tra cui si distinsero i numerosissimi

olim ingegneri (75.000), insegnanti (40.000),374 circa 15.000 medici e 25.000 lavoratori in professioni mediche affiliate (soprattutto infermieri/e)375. In questo paragrafo mi soffermerò a parlare di come l’integrazione di quei medici e infermieri abbia reso Israele uno dei primi paesi al mondo per concentrazione di specialisti nel servizio medico, partendo da una situazione in cui per lacune relative all’operatività tecnica, alle competenze informatiche e alla conoscenza linguistica, nel 1990 il 70% degli olim non passò l’esame governativo per esercitare la professione in Israele.376Successivamente, tratterò delle iniziative che il governo israeliano intraprese al fine di impiegare la cospicua mole di ingegneri e le risorse ad alto profilo accademico nei corrispondenti settori dell’economia israeliana.

Come racconta Remennick377, negli anni Ottanta e Novanta il Ministero della Salute israeliano e l’Associazione dei Medici israeliani378 stabilirono nuove regole di accreditamento per i laureati in professioni mediche in vista della cosiddetta “invasione russa”. Le nuove regole prevedevano che tutti i medici con diploma di laurea sovietico (e di tutte le altre nazionalità ad accezione di Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna), fossero tenuti a sostenere esami di medicina aggiuntivi se gli anni di formazione fossero stati al di sotto di quattordici. Invece, coloro che avevano svolto più di quattordici anni di studio erano tenuti a esercitare la professione su supervisione semestrale di un tutor e in seguito a procedere con l’apposita sessione d’esame clinica. Già nel 2007 arrivarono i primi risultati dell’efficace sistema di integrazione israeliano :secondo il Ministero della Salute israeliana, nel 2007 risultava che più del 70% degli applicanti avesse ottenuto la licenza

374 L. Remennick, “Russian Jews on three continents: identity, integration and conflict”, Transaction Publishers, Piscataway, 2007, p.521

375 Ibid. p.80

376 C. Jones, “Soviet Jewish Aliyah 1989-1992” Impact and Implications for Israel and the Middle East”, Insitute for International Studies University of Leeds, Routledge, London, 1996, p.125

377 Remennick, op.cit., ibidem

378 Fondata nel 1912, vedasi www.ima.org.il. Di fronte all’ingente arrivo di medici russi, i medici israeliani temevano un calo del salario e della qualità delle prestazioni mediche in base alla discutibile qualità dell’istruzione medica in Unione Sovietica, così decisero di tutelarsi tramite quesa associazione.

medica e che la metà dei professionisti sotto i 45 anni e un quarto dei professionisti tra i 45 e i 65 anni avesse origine russa.379Nell’arco di meno di vent’anni il sistema israeliano aveva dunque provveduto a realizzare un’eccezionale inversione di tendenza, integrando un cospicuo numero di medici di provenienza sovietica e convertendo l’ “invasione medica russa” in una valida forza lavoro.

Meno efficiente fu l’integrazione della classe degli ingegneri, che come ho anticipato corrispondeva al maggior numero di professionisti coinvolti nell’aliyah degli anni Novanta. Abituati ad operare nell’industria mineraria, idroelettrica e metallurgica in Unione Sovietica, gli ingegneri non incontrarono la medesima domanda nella nuova società israeliana, così come gli economisti, abituati all’economia pianificata, furono inizialmente inadeguati al sistema del libero mercato. Con una scarsa conoscenza della lingua ebraica e un’insufficiente conoscenza informatica, la maggior parte di questi professionisti cercò impiego in altri settori a causa dell’inapplicabilità delle proprie competenze: nel 2003 solo il 25% aveva trovato lavoro o nel precedente ambito o in un nuovo campo dopo l’opportuna formazione380. Nonostante l’esistenza di prestigiosi istituti di ingegneria in Unione Sovietica (come il MIPT381 di Mosca), molti ingegneri si formavano in istituti meno conosciuti, di cui era difficile determinare la qualità di insegnamento, come dichiarava in un’intervista al NY Times la Direttrice Krichevskij di un centro per l’impiego israeliano: “Che genere di ingegneri sono? A che livello sono

stati istruiti? Mancano le risposte, sebbene non contino. Israele possiede già tutti gli ingegneri di cui ha bisogno”382.

La difficoltà maggiore degli olim con scarse risorse finanziarie era pertanto di coniugare l’istanza di individuare un lavoro soddisfacente con le necessità economiche, spesso temporeggiando in lavori manuali alla ricerca di un lavoro migliore, e contemporaneamente svolgendo i complementari aggiornamenti formativi in Israele.

379 Remennick, op.cit. nota 374, ibidem

380 L. Remennick, “Russian Jews on three continents: identity, integration and conflict”, Transaction Publishers, Piscataway, 2007, p.79

381 Moscow Institue of Physics and Technology, fondata nel 1946. Tra i primi professori vantava i nomi dei premi Nobel Kapitsa, Semenov, Landau.

382 M. Specter, “An Unusable windfall: Israel’s soviet scientists”, The New York Times, 4 febbraio 1992, www.nytimes.com/1992/02/04/science/an-unusable-windfall-israel-s-soviet-scientists.html, (ultimo accesso 1/02/2020)

Tuttavia, Remennick sottolinea che un buon numero di ingegneri russi confluì non solo nell’aviazione e nell’industria degli armamenti israeliani, ma anche nei progetti sperimentali e nelle aziende dell’alta tecnologia di cui parlerò tra poco, distinguendosi per bagaglio di conoscenze di base, spirito di gruppo ed etica del lavoro.383 Per facilitare l’adesione a queste attività, nel 2003 il Ministero dell’Assorbimento intraprese l’iniziativa di stanziamento fondi per l’apertura delle cosiddette “Case degli ingegneri” in 40 municipalità, dei veri e propri laboratori dove i professionisti potevano confrontarsi e discutere allo sviluppo di nuove idee.

Diversa è la storia dei 14.000 specialisti e ricercatori russi384 che diedero un impulso straordinario alla ricerca israeliana in fisica, matematica, ingegneria, informatica, biochimica e neurofisiologia, raddoppiando le pubblicazioni israeliane nelle riviste specifiche internazionali verso degli anni Novanta.385

Nei primi anni successivi alla Grande Aliyah (1989-1993) era chiaro che non tutti i ricercatori avrebbero mantenuto il medesimo impiego, considerando che le “sole” cinque università israeliane (Bar-Ilan e Università di Tel Aviv, Hebrew University di Gerusalemme, Università di Haifa, Università Ben Gurion di Beer Sheva) erano impreparate all’integrazione di una così ampia mole di esperti nei propri dipartimenti e laboratori. Ruth Arnon, Vice Presidente degli Affari Accademici presso l’Istituto Weizmann386 di Rechovot dichiarava in un’intervista al NY Times: “Possiamo assorbire

solo una piccola percentuale di ricercatori negli impieghi tradizionali. Riceveremo 2000 fisici entro il 1995, cosa saremo in grado di offrirgli?387 . Oggi alcuni dipartimenti dell’Istituto Weizmann di Rechovot (come quello di matematica e fisica) e

383 L.Remennick, “Retired and Making a Fresh Start: Older Russian Immigrants Discuss their Adjustment

in Israel, Internation Organization for Migration, 2004, Wiley Online Library

www.onlinelibrary.wiley.com, ultimo accesso 16/11/2019

384 Ministry of Immigrant Absoprtion, Scientists and Researchers, Internet Version www.moia.gov.il/nr/rdonlyres/a40ea264-d440-4607-8644-2875d8408d0c/0/scientist_en.pdf (ultimo accesso 14/11/2019)

385 O. Gloeckner, “Immigrated Russian Jewish Elites in Israel and Germany after 1990 – their Integration, Self Image and Role in Community Building”, Institutional Repository of the University of Potsdam, Potsdam, 2010, p.83

386 Fondato nel 1934 e interamente dedicato alla ricerca scientifica, il Weizmann è uno degli istituti più prestigiosi in Israele nonché uno degli istituti di ricerca più noti al mondo. www.weizmann.ac.il (ultimo accesso 14/11/2019)

387 M. Specter, “An Unusable windfall: Israel’s soviet scientists”, The New York Times, 4 febbraio 1992, www.nytimes.com/1992/02/04/science/an-unusable-windfall-israel-s-soviet-scientists.html, (ultimo accesso 1/02/2020)

dell’Università Bar-Ilan sono stati più o meno “russificati” dal valore aggiunto degli specialisti proveniente dall’ex Unione Sovietica. Ma come si è arrivati a questo risultato? In un ristretto spazio temporale il Ministero dell’Assorbimento israeliano fu in grado di attivare un serie di strategie volte ad evitare il cosiddetto “brain waste”, come il ripristino del CAS (Centre for Absorption in Science), già fondato nel 1974 in occasione dell’aliyah degli anni Settanta e divenuto cruciale negli anni Novanta per lo stanziamento di fondi a supporto dell’occupazione degli olim ad alto profilo accademico. Nel suo studio388, Gloeckner si dilunga nella descrizione particolareggiata di alcuni di questi fondi: lo “Shapiro”, introdotto all’inizio degli anni Novanta, garantiva sulla base dell’esistenza di un certo numero di articoli già pubblicati la retribuzione fino al 68% del salario, finanziato dal Ministero dell’Assorbimento per un periodo quadriennale; il “Giladi”, retribuito per un periodo di cinque anni, era accessibile solo con un certo numero di pubblicazioni posteriori alla data di immigrazione in Israele, e si reggeva sulla retribuzione congiunta (al 50%) da parte di università e istituti di ricerca; il “Cameya”, ottenuto specialmente grazie alla campagna politica del partito di Sharanskij-Edelstein Israel Ba’Aliya (di cui parleremo più avanti) e alla richiesta del rettore dell’Università di Tel Aviv Dan Amir, veniva concesso a un numero circoscritto di specialisti eccellenti, cinquecento, che avevano già beneficiato dei programmi Shapiro e Giladi ma che erano ritenuti indispensabili per determinati dipartimenti universitari o istituti di alto livello. Proprio grazie alle loro competenze, specialisti del programma Cameya godevano di un’occupazione garantita fino al pensionamento. Shmuel Adler, Direttore del Dipartimento di Ricerca al Ministro dell’Assorbimento, dichiarò a tal proposito in un’intervista del 2003 che fosse “difficile al giorno d’oggi immaginarsi l’economia

israeliana senza gli specialisti russi”389.

Un differente programma di integrazione per olim altamente qualificati, avulso dalle istituzioni accademiche ma altrettanto efficace, furono gli “Incubatori Tecnologici”, organizzazioni no-profit nate nell’agosto 1991 all’interno dell’OCS (Office of Chief Scientists), organico al Ministero dell’Industria e del Commercio, con lo scopo di

388 O. Gloeckner, “Immigrated Russian Jewish Elites in Israel and Germany after 1990 – their Integration, Self Image and Role in Community Building”, Institutional Repository of the University of Potsdam, Potsdam, 2010, p.98

389 O. Gloeckner, “Immigrated Russian Jewish Elites in Israel and Germany after 1990 – their Integration, Self Image and Role in Community Building”, Institutional Repository of the University of Potsdam, Potsdam, 2010, p.100

stanziare gli strumenti e l’assistenza necessaria alla creazione di nuove compagnie di ricerca. Queste compagnie avrebbero dovuto promuovere nel lasso di due anni l’imprenditorialità tecnologica in Israele, realizzando prodotti ad alta tecnologia da immettere nel mercato estero. Nel 1996 il numero di incubatori ammontava a 26, e nel 2005, secondo i dati dell’OCS, la distribuzione dei progetti per settore era la seguente: elettronica e comunicazioni 11%; software 11%; scienze mediche 18%; chimica dei materiali 20%; biotecnologie 20%; altri 23%390. La regola principale era che il 50% dello staff dovesse essere costituito da olim e che i costi fossero finanziati all’85% dal Ministero dell’Industria e del Commercio e al 15% da imprese private. Dei 600 progetti finanziati dagli incubatori circa la metà sono tutt’ora operati da compagnie del settore dell’alta tecnologia391 anche a livello internazionale: Phonor è per esempio diventata partner di Motorola, Compugene è una compagnia israeliana leader nelle biotecnologie. Come riporta Haaretz, oggi ogni quattro impiegati nella fiorente industria ad alta tecnologia vi è un oleh russo392.

Il fatto che circa la metà dei progetti non abbia riscontrato il successo prefissato non determina che non sia stata fornita formazione di livello a tutti gli specialisti partecipanti. Gli incubatori, così come il programma Shapiro, Giladi e Cameya non avrebbero materialmente potuto fornire prospettive d’impiego reali per tutti gli olim, considerando che alcuni degli stessi preferirono virare autonomamente verso attività imprenditoriali diverse dalle gettonante professioni accademiche, soprattutto in favore di quelle reti imprenditoriali internazionali (negli Stati Uniti, Israele, Russia, Europa) di cui ho pocanzi trattato.393 Complessivamente, si può dire pertanto che l’integrazione dei ricercatori russi fu una delle più efficaci, sostentata da considerevoli finanziamenti e

390 D. Breznitz, “Innovation and the State: Political Choice and Strategies for Growth in Israel, Taiwan, and Ireland”, Yale University Press, New Haven, London, 2007, p.79

Per ulteriori dettagli sui programmi di startup vedasi www.start-up.co.il , ultimo accesso 16/11/2019 391 Vedasi www.incubators.org.il, si parla di 41% di aziende tutt’ora operanti a partire dall’inizio del programma nel 1991, (ultimo accesso 16/11/2019)

392 The Associated Press, “The face of Russian speaking emigres in Israel”, Haaretz, 3 gennaio 2013, www.haaretz.com/the-face-of-russian-speaking-emigres-in-israel-1.5287237, (ultimo accesso 1/02/2020) 393 O. Gloeckner, “Immigrated Russian Jewish Elites in Israel and Germany after 1990 – their Integration, Self Image and Role in Community Building”, Institutional Repository of the University of Potsdam, Potsdam, 2010, p.100

finalizzata al raggiungimento di importanti obiettivi nell’alta tecnologia, uno dei settori chiave che il governo israeliano intendeva implementare.