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Le fontiDesidero innanzitutto sottolineare che la presente comunicazione co
stituisce un’anticipazione di temi e problemi relativi ad una complessa ricerca ancora in corso sul mercato creditizio e finanziario romano nel Settecento. L ’obiettivo che mi propongo è quello di recuperare una vi
sione unitaria dell’evoluzione di due fondamentali istituzioni bancarie della piazza romana, con una vasta influenza su tutto lo Stato ecclesia
stico: il Sacro Monte della Pietà di Roma, fondato nel 1539 *, ed il Ban
co di S. Spirito, istituito nel 1605 2. Una visione unitaria che risulta in
dispensabile non soltanto per l ’impronta pubblicistica, in senso lato, del
l ’origine, della struttura gestionale e delle finalità statutarie di entrambe le istituzioni, ma soprattutto per il fatto che la loro attività operativa e le conseguenti vicende economiche e patrimoniali furono profondamen
te segnate da un comune denominatore: quello che oggi, in termini ge
nerali e neutri, potremmo definire la politica economica e finanziaria del governo pontificio.
Considerata l ’importanza dei due Banchi nella vita economica della Dominante e dello Stato, non sono mancati alcuni studi prevalentemente focalizzati sulla ricostruzione delle vicende istituzionali, ma non può es
sere segnalato alcun tentativo di un approccio unitario o comparati- vistico. Si riflette in quest’assenza probabilmente un duplice limite strut
turale di parte delle ricerche nel campo della storia della banca: da un lato il problema delle fonti, spesso di difficile reperibilità, accesso e non agevole interpretazione, e dall’altro il segno - se non talvolta il con
dizionamento - di una produzione storiografica fortemente legata o spes
1 Bolla di Paolo III del 9 settembre 1539, in Bolle et privilegi del Sacro Monte della Pietà di Roma, Roma 1658, pp. 25-30.
2 Breve di Paolo V del 13 dicembre 1605, in Bullarum Privilegiorum ac Diplo- matum Romanorum Pontificum Amplissima Collectio, tomo V, parte III, Roma 1753, pp. 168-170.
so determinata da occasioni celebrative e da intenti agiografici. È questo nello Stato pontificio. Sicuramente il Settecento segna una minore dina
micità e peso internazionale della finanza papale, ma questa considera
zione non può giustificare una carenza di studi sul mercato finanziario ferrarese e la politica economica dell’impero, Milano 1962; Francesco Trionfi ma
gnate e capitalista d’Ancona, Milano 1962; L’albero dei Belloni. Una dinastia di mercanti del Settecento, Bologna 1982. Caracciolo ha anche curato la pubblicazione della raccolta di scritti: G. Belloni, Scritture inedite e dissertazione « D e l Commer
t e lli11 e di V en tu ri12, solo per ricordare alcuni dei lavori più significativi.
Ho dianzi accennato alle difficoltà che presentano le fonti di storia della banca sotto vari profili; e questa considerazione ha una specifica rilevanza nel caso romano a partire dalla loro stessa individuazione ed indispensabile collegamento sia in senso verticale che orizzontale. In
fatti il Monte di Pietà e il Banco di Santo Spirito - oltre ad aver subito gravi perdite di documentazione per fatti « naturali »: scarti, trasferi
menti, incuria, sommovimenti politici - hanno le carte rimaste disperse in vari archivi e, nell’ambito dell’Archivio di Stato di Roma, in vari fondi e in diversi depositi. E non si tratta solo di difficoltà organizzative con
nesse alla gestione del nostro patrimonio culturale, quanto piuttosto di un complesso di ragioni, che investono in vario modo entrambe le istitu
zioni, legate sia all’articolazione delle loro attività (ad esempio, nel caso del Monte di Pietà, le diverse amministrazioni del « Monte degli Im
presti » da una parte e del « Banco dei Depositi » dall’a ltra ), sia alle dipendenze istituzionali ed anche alle confusioni gestionali (nel caso del Banco di Santo Spirito tra l ’amministrazione del Banco dei Depositi e quella più generale di tutto il patrimonio del Venerabile Archiospedale e Casa di Santo Spirito, ovvero, nel caso del Monte di Pietà, tra la Con
gregazione del Monte, il Tesorierato e la Camera Apostolica, passando attraverso la Depositeria generale della Camera e la Zecca pontificia), sia, infine, alle vicende storiche successive, quali l ’incorporazione del Mon
te di Pietà nella Cassa di Risparmio di Roma 13 o la separazione del Ban
co di Santo Spirito dall’amministrazione dell’omonimo ente ospedaliero.
Così l ’archivio del Monte di Pietà è conservato parte presso l ’Archivio storico della Cassa di Risparmio di Roma 14 e parte presso l ’Archivio di Stato di Roma in un fondo specifico, ma documentazione di grande ri
11 E. Piscitelli, La riforma di Pio V I e gli scrittori economici romani, Milano 1958.
12 F. Venturi, Elementi e tentativi di riforme nello Stato pontifìcio nel Set
tecento, in «R ivista storica italiana», L X X V (1963), pp. 778-817.
13 È avvenuta nel 1937. (Regio Decreto Legge 18 febbraio 1937, XV, n. 117 ).
14 La sezione più antica della documentazione si trova nella sede storica del
l ’istituto proprio in piazza del Monte. Per un primo orientamento: G. Balis Crema, A. Santucci, Cassa di Risparmio di Roma. Inventario-guida dell’Archìvio storico, in Archìvi storici delle Aziende dì credito, Roma 1956, voi. II, pp. 139-155.
lievo si trova anche - sempre a ll’Archivio di Stato di Roma - in vari fondi governativi dal Camerale III alla Zecca, dalle Congregazioni par
ticolari alla Congregazione economica, al Commissariato generale della Reverenda Camera. Un discorso sostanzialmente analogo può essere fat
to anche per il Banco di Santo Spirito la cui documentazione è parimenti divisa tra l ’Archivio storico del Banco 15 e l ’Archivio di Stato. Né il la
voro dello storico è agevolato da adeguati strumenti di ricerca, poiché gli inventari sono estremamente sommari oppure mancano affatto come, sostanzialmente, nel caso dell’Archivio storico della Cassa di Risparmio, ove occorre orientarsi a vista e procedere per sondaggi w.
L ’accento che intendo porre con il presente contributo sulla neces
sità del recupero di una visione unitaria dell’attività dei due banchi ro
mani non deve ovviamente far dimenticare la diversità delle storie dei due enti sia sotto il profilo delle origini che delle vicende istituzionali e delle finalità precipue; in definitiva non va certo sottovalutata la rile
vanza delle differenze e delle specificità.
Non è certamente possibile in questa sede procedere ad un’analisi approfondita del ruolo e delle vicende dei due enti nel ’700 economico romano, si cercherà tuttavia di tracciare un profilo di alcuni aspetti fon
damentali e in particolare delle finalità istituzionali, delle forme della raccolta e della politica degli impieghi, dei rapporti con lo Stato.
2. O rigini e finalità statutarie
Entrambe le istituzioni sorsero con una precisa caratterizzazione e finalità di tipo pubblicistico che sono materialmente fissate nei loro atti di nascita e regole statutarie, sempre determinati o modificati con prov
vedimenti di esclusiva prerogativa del potere sovrano.
15 Attualmente collocato presso la filiale di piazza del Parlamento e in fase di riordinamento e di inventariazione. Per alcune sommarie indicazioni: Banco dì Santo Spirito. Inventario-guida dell’Archivio storico, in Archivi storici.. ., cit., voi.
II, pp. 53-72.
16 È da auspicare che la fusione dei due Istituti di credito romani possa con
durre in tempi brevi ad una migliore sistemazione e valorizzazione del loro ricco patrimonio documentario.
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Il Monte di Pietà venne fondato a Roma su ispirazione ed inizia
tiva francescana ma con diversi decenni di ritardo rispetto a molte cit
tà dell’Italia centrale 17. Il fatto non può considerarsi certamente casuale, alla luce dell’aspra disputa teologica che accompagnò a lungo la fase co
stituente e l ’affermazione dei monti, per il significato emblematico che veniva comunque ad assumere la creazione di un nuovo istituto nel cen
tro della cristianità, n ell’ambito della diretta, duplice giurisdizione - spi
rituale e temporale - del romano pontefice. Tuttavia, nel vasto panora
ma italiano, il Monte di Pietà di Roma occupa un posto di eccezionale rilievo, trascendendo nettamente il tratto prevalentemente localistico e perfino assistenziale che contraddistingue molte di queste istituzioni. In effetti il Monte giunse a costituire nel tempo la principale struttura fi
nanziaria dello Stato pontificio per il quale assolse anche in parte ad al
cune delle funzioni proprie di una banca centrale per un lungo periodo del Settecento 18,
Il Monte faticò nei primi decenni a raccogliere mezzi finanziari ade
guati a soddisfare l ’elevata domanda di credito al consumo che rappre
sentava l ’obiettivo primario dell’istituzione; tanto che fino agli inizi del
’600 vari bandi testimoniano dei timori delle autorità per l ’egemonia an
cora esercitata dai prestatori ebraici e per i loro tentativi di inserirsi nel
le attività del Monte da cui erano stati originariamente esclusi19. Il prov
vedimento di Gregorio X III del 1584 con cui venne affidata al Monte
17 Per alcuni sommari riferimenti bibliografici rinvio ad un mio precedente saggio: II Monte dì Pietà di Roma in periodo francese, in Credito e sviluppo eco
nomico in Italia dal Medio Evo all’Età contemporanea, Verona 1988, pp. 463-482, pp. 463-466.
18 La prima edizione a stampa degli statuti è del 1618 (Statuti del Sacro Monte della Pietà di Roma, in Roma, nella stamperia della Reverenda Camera Apo
stolica), ristampata nel 1658 e poi nel 1714. Una nuova edizione degli statuti - modificati sulla base dei decreti emanati nella visita del cardinale Castelli - venne pubblicata nel 1767 (Statuti del Sacro Monte della Pietà di Roma rinnovati nel
l’anno M D C CLX VII).
15 Breve di Gregorio X III del 5 aprile 1576; Motu proprio di Sisto V del 4 gennaio 1588; Breve di Clemente V i l i del 18 luglio 1602; Editto del cardinale Camerlengo Pietro Aldobrandino del 20 agosto 1605, del 22 dicembre 1605, del 12 febbraio 1618, in Bolle et privilegi. . . cit., pp. 58-60, pp. 76-90, pp, 100-113, pp. 124-127, pp. 142-147, pp. 148-158.
di Pietà di Roma la cura dei depositi giudiziari superiori a 5 scu d i20 rappresentò una svolta nella vita dell’istituto che a fianco del Monte degli Imprestiti vide crescere ed affermarsi, conquistando una larga fi
ducia, il Banco dei Depositi. Le nuove disponibilità, il reinvestimento parziale di queste in attività finanziare fruttifere come i luoghi di monte consentirono di raggiungere nel 1615 il grande risultato del prestito gratuito fino a ben 10 scudi e poi, nel 1659, fino a 30 scudi.
Si erano andati nel frattempo sempre più arricchendo i privilegi concessi dal potere sovrano, accompagnati tuttavia da una contemporanea accentuazione del carattere e delle funzioni pubbliche dell’istituzione: dal
l ’esenzione della sequestrabilità dei depositi21 alla giudicatura particola
re 22, fino alla diretta responsabilità del Tesoriere generale pro-tempore nella gestione del Monte ricoprendone per consuetudine - poi parzialmen
te recepita dagli statuti — la carica di primo provisore continuativamente a partire dalla fine del Seicento.
Il Banco di Santo Spirito segue un’evoluzione per vari aspetti ana
loga a quella del Monte di Pietà. Venne fondato agli inizi del Seicento, quando era già attivo il banco del Monte, allo scopo di creare un nuovo istituto di deposito sotto il controllo dell’autorità pontifician . L ’obiet
tivo dichiarato era di tutelare le disponibilità monetarie di opere pie, enti religiosi e particolari soggetti privati (ad esempio minori e vedove), anche a seguito di una serie di gravi insolvenze dei banchi privati.
20 Breve del 1° ottobre 1584, in Bolle et privilegi. . . cit., pp. 61-64. La di
sposizione venne successivamente confermata da Clemente V i l i con il breve del 20 maggio 1593, in Bolle et privilegi. .. cit., pp. 91-99.
21 Dichiarazione del cardinale Vastavillano, Camerlengo e Protettore del Mon
te, anno 1585, in Bolle et privilegi. . . cit., pp. 67-68.
22 Breve di Gregorio X V del 18 giugno 1622, in Bolle et privilegi. . . cit., pp. 159-165.
23 Anche sulla piazza di Napoli - e in misura ancora più rilevante - si ar
rivò tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento all’istituzione di una plu
ralità di banchi pubblici (Cfr. R. Filangieri, I Banchi dì Napoli dalle origini alla costituzione del Banco delle Due Sicilie (1539-1808), in Storia del Banco di Na
poli, Napoli 1940, voi. I; L. De Rosa, Il Mezzogiorno spagnolo tra crescita e de
cadenza, Milano 1987; D. Demarco, Banca e credito in Italia nell’Età del Risorgi
mento: 1750-1870, in Credito e sviluppo economico .. ., cit,, pp. 335-385).
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Secondo l ’atto costitutivo, confermato con alcuni aggiornamenti da Benedetto XIV nel 1750 24, i depositi dovevano essere ricevuti gratui
tamente, né potevano essere assoggettati a sequestro da parte di terzi sot
to qualsiasi pretesto. Inoltre tutto il vasto patrimonio fondiario dell’Ar- chiospedale era posto a garanzia dei depositanti.
Grazie a queste norme di salvaguardia il Banco ebbe una rapida fortuna e fu capace di attirare notevoli entità di capitali liquidi valoriz
zando in modo particolare alcuni servizi di cassa a favore dei propri clienti nell’ambito dei rapporti di conto corrente.
Le norme istitutive fissavano altresì rigidi criteri gestionali a ga
ranzia dei depositanti prevedendo « che li denari depositati siano sepa
rati da quelli che sono provenienti dall’Entrate del (detto) Archiospedale, acciò li primi non abbino a derogarsi in altr’uso che nel divisato delli Luoghi de Monti, e in detta Cassa vi sia sempre una quantità di denaro che sia espediente per le necessarie restituzioni che di giorno in giorno dovranno farsi » 25. Circa gli impieghi delle somme depositate le norme stabilivano tassativamente « che nessuno de Superiori o M inistri di detto Banco possa servirsi delli denari depositati, e quelli mettere in giro sot
to nome di cambio o altra sorte di negoziazione, ma il predetto Teso
riere, o sia Cassiere di detto Banco non sia che mero e semplice depo
sitario né possa convertire il detto denaro in altr’uso che nella compra divisata de Luoghi de Monti ». Benedetto XIV introdusse inoltre una responsabilità civile, in aggiunta a quella penale, per i ministri del Banco che avessero concesso credito al di fuori di specifiche deroghe scritte del pontefice.
Sul piano organizzativo e gestionale il Monte conservò a lungo una gelosa autonomia operativa, governato da una congregazione presieduta da un « primo provisore » avente dignità prelatizia26; l ’autonomia tese
24 Costituzione « Communis Aerari lo ca. . . », in Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi: A .S.R .), Ospedale dì S. Spirito (d’ora in poi: S. Spirito), b. 1408.
25 Breve Ristretto del contenuto della Bolla della S.M. Paolo V sopra l ere- zìone del Banco di S. Spirito e di ciò che vi è stato aggiunto nella conferma fatta dalla S.tà di N.ro Signore PP. Benedetto X IV in data delli X Agosto MDCCL, in A.S.R., S. Spirito, b. 1104.
26 II primo provisore era assistito da altri tre provisori - « Gentil’huomini d’autorità» (Statuti del Sacro Monte della Pietà di Roma, Roma 1658, p. 12) —
necessariamente ad affievolirsi in relazione sia ai sempre più stretti le
gami con la finanza pubblica, sia alla crescente influenza, sul piano della circolazione monetaria, delle attività e delle decisioni discrezionali del Monte, la cui gestione della liquidità poteva avere importanti riflessi sul credito finanziario dell’intero Stato. Del resto non è certamente ca
suale che gli Statuti pubblicati nel 1618 prevedessero esplicitamente per i provisori del Monte l ’obbligo di conferire sulle « cose gravi » con il cardinale protettore « e bisognando anco con il Papa, riferendo in Con- gregatione la loro volontà » 27.
Per il Banco va indubbiamente registrata invece una minore auto
nomia sia sul piano degli organi amministrativi che delle scelte operative riguardanti l ’impiego delle attività finanziarie. La stretta dipendenza degli organi gestionali del Banco, pur nell’ambito delle garanzie previste dallo statuto, dalla struttura gerarchica dell’Archiospedale non poteva non pie
gare agli interessi ed alle necessità di questo l ’amministrazione del Ban
co, giungendo a determinare uno scoperto di oltre un milione e mezzo di scudi nel rapporto di conto corrente dell’Archiospedale presso il Ban
co 28. Peraltro tale distorsione negli impieghi venne paradossalmente in
centivata dalle norme statutarie che, come abbiamo dianzi accennato, escludevano l ’esercizio del credito in alcuna forma e limitavano gli ambiti di manovra nella gestione della liquidità alla compravendita dei luoghi di monte non vacabili. Nella pratica quotidiana i responsabili della ge
stione furono sovente indotti a travalicare questi lim iti per mantenere buoni rapporti con la clientela, ma lo fecero co n tr a l e g e m e talvolta furono chiamati a risponderne personalmente.
insieme ai quali esercitava una funzione di coordinamento generale e di supervi
sione di tutte le attività del Monte.
27 S tatu ti. . ., cit., p. 23.
28 Secondo il Ristretto generale dello Stato dell’Archiospedale e Banco di S.
Spirito a tutto decembre 1736 il Banco risultava creditore dell’Ospedale di 1.504.843 scudi (Accademia Nazionale dei Lincei, Biblioteca Corsini, Fondo manoscritti, co
dice 1163).
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3. D isponibilità finanziarie e p olitica d e g l i im p ie g h i
Per il Banco di S. Spirito le disponibilità finanziarie traevano esclu
sivamente origine dalla raccolta dei depositi e dall’emissione delle co
siddette cedole allo scoperto, senza cioè il corrispettivo dei relativi depo
siti, effettuata in prevalenza per sovvenire alle esigenze di cassa dell’Ospe- dale, del Tesoro e di altre amministrazioni pubbliche senza depauperare pericolosamente le riserve di numerario in oro ed argento. Il carattere delle cedole era infatti venuto evolvendosi nel corso del tem po29 da mera attestazione a certificazione del deposito, fino a titolo di credito pagabile a vista al portatore. Le cedole erano quindi venute assumendo già agli inizi del Settecento, grazie sia alla fiducia conquistatasi dalle due istituzioni bancarie di diritto pubblico romane a livello dell’intero Sta
to sia alla scarsità di moneta metallica circolante30, la caratteristica di una vera e propria carta moneta e i due banchi quella, sia pure embrio
nale, di istituti di emissione sotto il controllo del Tesoro.
Nella stessa tenuta delle registrazioni contabili dei depositi si ven
ne così ad operare una netta distinzione tra quelli effettuati dalla clien
tela senza la pretesa del corrispettivo di una cedola, e quindi da utiliz
zare mediante ordini di pagamento a firma del depositante, e quelli cosiddetti con cedola preferiti dalla clientela che desiderava detenere di
rettamente nelle proprie mani un mezzo di pagamento ampiamente rico
nosciuto dal mercato oltre che dalle autorità pubbliche.
Queste considerazioni valgono per entrambi i banchi romani per
ché quanto affermato per il S. Spirito a proposito delle disponibilità finanziarie può essere replicato per il Monte di Pietà, con tuttavia una significativa integrazione per quest’ultimo, costituita dalla disponibilità di un ragguardevole capitale proprio formatosi nel tempo grazie a lasciti, donazioni e utili derivanti dalle attività di prestito. Tale capitale era però in parte consistente impiegato in immobilizzazioni fondiare rela
29 Su tale argomento esiste un’abbondante letteratura soprattutto per quanto concerne l ’attività dei Banchi pubblici napoletani.
30 H. Gross, Rome in the Age of Enlightenment. The post-Tridentine syn
drome and the ancien régime, Cambridge 1990, pp. 142-147 (traduz, it.: Roma nel Settecento, Bari 1990), Particolarmente interessanti sono le osservazioni di un acuto viaggiatore francese: C, De Brosses, Lettres familières ecrites d Italie en 1739 et 1 7 4 0 .. ., Paris 18582.
tive anche agli edifici occupati dalla complessa attività del M onte31.
L ’integrazione nell’attività dei due banchi è messa in rilievo dalla esistenza di un rapporto di c/c tra i due Istituti con una stanza di com
pensazione settimanale delle cedole ricevute in pagamento o in deposito 32, mentre erano pure accettati, salvo buon fine, gli ordini di pagamento a valere su disponibilità depositate presso l ’altro banco33.
La politica degli impieghi risulta naturalmente strettamente connes
sa con le forme di raccolta delle disponibilità finanzarie come è chiara
mente messo in evidenza da una memoria di un alto funzionario del Mon
te: « Di fatti la somma fiducia che il Popolo aveva presa per il detto Monte faceva colare denaro in gran copia nel Banco de’ Depositi dal quale i Deponenti niente curavansi di ritirarlo, perché la cedola di de
posito, che essi ricevevano nell’atto della consegna del denaro serviva loro per effettuare i dovuti pagamenti mentre ognuno per la comodità, presti, la vendita de Pegni, Banco de Depositi, Cappella, Sagrestia, Suppelleteli sagre ed altre Case, che possiede in Roma »; il « Capitale netto d’ogni debito » ammontava a 1,548.976 scudi (Stati Generali e Bilanci 1762-1767, in Archivio Storico della Cassa di Risparmio di Roma (d’ora in poi A.S.C.R.R.), tomo 743.
32 Secondo un sondaggio effettuato sulle registrazioni contabili del Banco di S, Spirito, con riferimento sempre al solo mese di novembre di vari anni, risulta
¥ivi
tal modo aveva una rendita di più che serviva a soddisfare le spese del ministero o ad aumentare i capitali del Monte » 34.
Per il Monte, settore istituzionalmente privilegiato degli impieghi era costituito dai prestiti su pegno che si mantennero su livelli elevati nel corso del Settecento: erano pari a 1.194.581 scudi nel 1701 per corn- plesivi 189.938 p eg n i35 e a 1.260.007 scudi per complessivi 161.323 pe
gni nel 1766 36. Si tratta di cifre di stock, registrate come consistenze
gni nel 1766 36. Si tratta di cifre di stock, registrate come consistenze