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Il mercato del software in Europa

6.2 : La Piattaforma del P2P Illegale

6.3 Il mercato del software in Europa

Arriva anche su internet e sul digitale il diritto a rivendere un prodotto usato. Il caso contrappone la nota multinazionale del software Oracle e Usedsoft e la sentenza è favorevole a quest'ultima. Usedsoft è un'impresa tedesca che commercializza licenze di software Oracle, la quale l'aveva portata di fronte ai giudici per via di una pratica che giudicava dannosa al proprio business.

I clienti della UsedSoft, non ancora in possesso del software Oracle, lo scaricano direttamente dopo aver acquistato una licenza "usata", dal sito Internet della Oracle. I clienti che dispongono già di tale software possono poi acquistare una licenza o una quota della licenza per utenti supplementari.

La questione è arrivata al Bundesgerichtshof, che chiamato a pronunciarsi sulla controversia in ultimo grado, si è rivolto alla

Corte di giustizia affinché questa interpreti, in tale contesto, la direttiva relativa alla protezione giuridica dei programmi per computer.

La direttiva stabilisce con la vendita di un programma il titolare di diritto d'autore esaurisce il diritto di distribuzione di tale copia all'interno dell'Unione. Finora il principio si è applicato ai prodotti con supporto fisico e ha significato per esempio che è possibile rivendere il proprio dvd di un videogame senza violare il diritto d'autore.

Oracle sostiene però che questo principio non si applica alle licenze per programmi scarica da internet.

La Corte ha invece stabilito che «il principio dell'esaurimento del diritto di distribuzione opera non solo quando il titolare del diritto d'autore commercializza le copie del proprio software su un supporto informatico tangibile (CD ROM o DVD), bensì parimenti quando le distribuisce mediante download dal proprio sito Internet», si legge nella nota della Corte di Giustizia UE.

Le ricadute legali interesseranno naturalmente tutti gli utenti del popolo cibernetico: la sentenza, infatti, ha legalizzato la compravendita tra privati cittadini di programmi usati, sancendo anche il diritto per chi li compra di diventarne “acquirente

legittimo”, con tutte le conseguenze del caso. L'unico limite sembra riguardare le licenze multiple: chi compra un software per distribuirlo ad un numero definito di utenti (ad esempio 25), poi non può "spezzare" il pacchetto per rivenderlo. L'acquirente originale ha anche l'obbligo di cancellare la propria copia o di renderla inutilizzabile in altri modi, perché se continua a usarla dopo aver rivenduto la licenza incorre nel reato di copia abusiva.

Il mercato del software in Europa, dunque è stato aperto con i vantaggi che l’utente potrà acquistare o scambiare programmi e applicativi, anche professionali e costosi, a prezzi decisamente più competitivi.

In verità, la sentenza della Corte, potrebbe snellire non di poco il sistema del reperimento di software on-line. Si pensi che la situazione dei programmi “pirata” che girano in Italia è davvero drammatica : il 48% del totale contro il 27% della Germania, il 28 dell’Olanda, il 26 della Gran Bretagna.

Questi i dati allarmanti del “Global Software Piracy Study 2011”80 della Business Software Alliance, l'organizzazione antipirateria che rappresenta oltre cento aziende di software di tutto il mondo. La ricerca parla chiaro: il tasso di pirateria in Italia è secondo solo a quello della Grecia (61%), e pari a quello di Cipro e Islanda.

80

La vicenda può essere analizzata e compresa, collegandola alla discussione sulla proprietà intellettuale online. L'Agcom, secondo la stessa organizzazione antipirateria, avrebbe dovuto presentare, una delibera che abbreviava i procedimenti contro i siti che vendono prodotti senza licenza (per renderli più efficaci) e prevedeva che entro 4 giorni dall'avviso ricevuto da Agcom il sito dovesse rimuovere i contenuti illegali. Inoltre era previsto che si attuassero anche provvedimenti rivolti ai siti esteri e a quelli recidivi.

Esistono diverse metodologie di governance della pirateria dei software in rete; “Ci sono metodi per acquisire software a costi più vantaggiosi, come il cloud, che permette di pagarne l’impiego a canone. Cosa si aspetta per regolamentare questo mercato? I dati della ricerca non lasciano dubbi.

A livello globale il 57% degli utenti intervistati ammettono di aver impiegato software illegale, anche se la maggioranza solo occasionalmente o raramente.

La pirateria del software continua a drenare risorse all’economia legale nel mondo intero, rallentando l’innovazione nel settore e danneggiando l’occupazione. I governi devono accelerare l’evoluzione normativa a tutela della proprietà intellettuale ed

intensificare l’impegno, per garantire la certezza delle sanzioni a carico dei pirati”81.

In verità, come già osservato nei capitoli precedenti, l’Unione Europea, nel tutelare i programmi per elaboratore ha dimostrato un colpevole ritardo rispetto ai suoi principali partners economici82, introducendo con dieci anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti la normativa sul diritto d’autore per il software, espressa dalla

Direttiva Comunitaria 91/250/CEE83 , e proponendo solo

recentemente una Direttiva per l’armonizzazione delle legislazioni in materia di brevettabilità del software, necessaria alla risoluzione dell’attuale confusa e contraddittoria situazione normativa.

A complicare la tutela del software in Europa , è senza dubbio la situazione relativa alla brevettabilità del software: benché in linea di principio la concessione della tutela brevettuale al software sia corretta e opportuna, a livello pratico la situazione appare incerta e richiede molta attenzione da parte del legislatore.

81

Matteo Mille , presidente BSA Italia su http://www.repubblica.it/economia/affari-e- finanza/2012/05/21/news/mercato_del_software_la_met_pirata-35587095/, consultato il 23/06/2012

82

Giustino Fumagalli, La tutela del software nell’Unione Europea. Brevetto e diritto d’autore, II edizione, Milano – Nyberg edizioni 2005

83

Direttiva 91/250/CEE del Consiglio, 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore

Oggi in Europa la Convenzione sul Brevetto Europeo pone all’art. 52 il divieto di brevettazione dei programmi per elaboratore “in

quanto tali”84, una formulazione che ha causato una certa confusione

e differenti orientamenti all’interno dell’Unione Europea, da qui l’esigenza di armonizzare le normative all’interno dell’Unione per mezzo di una Direttiva.

Il risultato di tale situazione è che nonostante il divieto di brevettabilità sono stati rilasciati 30.000 brevetti europei riguardanti il software, il 75% dei quali detenuti da grandi imprese non europee85.

Al contrario, negli Stati Uniti non vi è nessun vincolo alla brevettabilità del software, dopo che una sentenza della Corte, in tema di brevettabilità del vivente86, ha sancito che è brevettabile

84 La European Patent Convention, del 5 ottobre 1973, non è una normativa comunitaria,

benchè vi aderiscano tutti i paesi dell’Unione Europea. http://www.european-patent- office.org.

85

Op. Cit. Fumagalli

86

Salvatore Amato , Biogiurisprudenza. Dal mercato genetico al self-service normativo, Giappichelli, Torino 2006.

«anything under the sun that is made by man»87, purché sia nuovo e utile88.

Alla luce di ciò, l’Unione Europea, nel regolare giuridicamente la brevettabilità e il mercato del software on-line, ha la grande opportunità di dimostrare di essere un soggetto internazionalmente attivo, coinvolgendo i suoi principali partners economici, quali Stati Uniti e Giappone, per formulare un sistema normativo internazionale che sia in grado di garantire e di gestire le richieste di tutela sui prodotti realmente

innovativi, penalizzando chiunque utilizzi il brevetto per limitare la concorrenza e condizionare, a proprio vantaggio, il mercato e lo sviluppo tecnologico.