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metà di tutte le emissioni di CO2, mentre il 50% più povero è stato

Nel documento VIVING NEWS VOLUME 5 - OTTOBRE 2020 (pagine 23-27)

responsabile solo del 7% delle emissioni ”.

Quindi, se è vero che questa sfida ci coinvolge tutti allo stesso modo, le responsabilità sono tutt’altro che uniformi. Tutte le organizzazioni, aziende, città, nazioni e cittadini del mondo sono stati invitati a collaborare per agire a favore del clima.

E' un movimento aperto a tutti coloro che credono nel potere delle piccole azioni perchè ciascuno di noi ha un ruolo fondamentale da svolgere per fare la differenza. Per capire meglio come diventare parte di questo movimento, potete iniziare a seguire su Instagram l'account

@tedcountdown e guardare il live dell’evento su YouTube digitando "Ted Countdown Climate Change".

La causa ambientale vede schierati sullo stesso fronte personalità molto diverse tra loro. L'evento digitale è una chiamata all'azione e consiste nella discussione di idee riguardo soluzioni e possibili innovazioni da parte di più di 50 ospiti, tutti personaggi noti a livello mondiale, tra cui, per citarne solamente alcuni, ci sono il presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, il Principe Williams, Duca di Cambridge e Sua Santità Papa Francesco. Artisti, attivisti, imprenditori, scienziati, membri del parlamento, avvocati, professori scrittori, comici, CEOs, fisici, produttori, filosofi e molti altri ancora hanno apertamente discusso quali sono gli ostacoli e le opportunità lungo la strada verso la costruzione di un mondo sostenibile.

In questo articolo vengono presentate alcune delle idee discusse, intese come trasformazioni necessarie di tre attori indispensabili a vincere questa sfida: le grandi città, le aziende e i singoli cittadini di tutto il mondo.

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La scienziata Angel Hsu ha spiegato come il 60-80% delle risorse energetiche mondiali siano usate nelle città e come quest’ultime siano responsabili di approssimativamente il 70% delle emissioni mondiali di CO2 nell'aria. L’ironia è che, sebbene le città causano la maggior parte del problema, ne sono anche la soluzione. Infatti, molte di loro si stanno muovendo per rispondere al cambiamento climatico con politiche ambiziose. Copenhagen, per esempio, ambisce a diventare una città a “zero-carbon”

nel 2025; Glasgow in Scozia si augura lo stesso entro il 2030.

Diecimila città in tutto il mondo stanno concretizzando programmi ambiziosi che includono: target per la riduzione delle emissioni, la conversione ad energie rinnovabili e politiche per l’efficienza energetica, che potrebbero risparmiare a molte persone e città soldi ed energia.

Analisi recenti hanno dimostrato, spiega Hsu, come solo 6,000 città equivalgono al 4%

delle emissioni globali. L'obiettivo è portare un totale di 20,000 città verso l’innovazione.

Il direttore scientifico all’Università Pantheon-Sorbonne di Parigi, Carlos Moreno, ha presentato il concetto di “Città dei 15 minuti”. Seguendo quest’idea, gli spazi urbani dovrebbero essere ridisegnati così da permettere alle persone di vivere l’essenza della città senza perdere costantemente il tempo di pendolarismo.

Quindi in modo tale che possa essere garantito a tutti l’accesso allo svago, al lavoro, al cibo e alla propria abitazione, alla cultura, all’ educazione e alla sanità avendo tutto a portata di un massimo di 15 minuti di distanza.

L’idea ruota attorno quattro principi fondamentali:

1. Ecologia: promuovere la creazione di città con spazi verdi e parchi da usare come punti di ritrovo e di svago.

2. Prossimità: collocare tutte le attività essenziali nelle vicinanze.

3. Solidarietà: creare connessioni tra i cittadini in modo che possano aiutarsi a vicenda.

4. Partecipazione: cercare di coinvolgere direttamente i cittadini nella trasformazione di aree urbane.

Sostanzialmente, le nuove città si c o s t r u i s c o n o s u l c o n c e t t o d i decentralizzazione, con l’implementazione di nuovi servizi per ogni quartiere, più piste ciclabili, nuovi modelli economici per incoraggiare la nascita di negozi locali e più aree verdi ed infrastrutture multiuso.

Quest’idea prova a riconciliare le città con gli esseri umani che ci vivono, città che seguano lo stesso ritmo dei cittadini anziché quello delle macchine. Ad oggi, le città sono costruite attorno una bolla di accelerazione illusoria in cui la maggior parte del tempo è sprecato nel traffico, nonostante siano costruite con l’intenzione di far risparmiare tempo. La città dei 15 minuti accorcia realmente i tempi, suggerendo un ritmo di vita diverso.

Le città

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Un secondo grande cambiamento necessario parte dalle aziende. I CEO di IKEA ed Amazon sono stati intervistati affinché spiegassero li loro programmi per agire in maniera più sostenibile e contribuire alla costruzione di un futuro migliore.

IKEA si è impegnata a diventare “climate positive” entro il 2030. Questo significa che tutti i materiali utilizzati durante il processo di produzione verranno da fonti sostenibili o saranno riciclabili. IKEA, è responsabile di circa lo 0.1% delle emissioni globali, che sono una notevole quantità, anche per questo Jesper Brodin, CEO dell’

Ingka Group, responsabile di IKEA retail e Pia Heidenmark Cook, il capo della sostenibilità ad IKEA, stanno cercando opportunità per migliorare, studiando alternative sostenibili. L’azienda mira a diventare più sostenibile senza aumentare il prezzo dei propri prodotti. L’ obiettivo di IKEA è quello di riuscire a dimostrare che il guadagno non è in contrasto con l’operare eticamente. La sostenibilità è, secondo la vision IKEA, da implementare come un nuovo modello “low cost”, che non è in contrasto con fare business giustamente. L’organizzazione è infatti riuscita ad ingrandirsi del 6.5% e contemporaneamente a diminuire il suo impatto ecologico del 4.3% iniziando a separare la crescita dall’emissione.

Traguardo raggiunto grazie ad un team che ha analizzato il business nella sua interezza, puntando ad utilizzare soltanto materiali riciclabili o riciclati, come ad esempio il cotone organico per i divani o il legno proveniente esclusivamente da fonti sostenibili.

La crisi climatica è anche una crisi di giustizia ed uguaglianza, un problema di diritti umani.

Per questo motivo, IKEA ha raccolto 150 millioni di euro negli ultimi due anni, grazie alla sua fondazione filantropica, per sviluppare attività a favore del clima nei paesi in via di sviluppo: ad Ingka stanno lavorando con i rifugiati perché imparino la lingua e le abilità necessarie al lavoro.

In Amazon invece il settore della sostenibilità è stato unito alla squadra operativa così che il primo possa facilmente collaborare con chi concretizza i cambiamenti. Amazon si impegna ad utilizzare per il 100% energia rinnovabile entro il 2025. Per garantire ciò, è stato ideato il “carbon system of record”, uno strumento che aiuta l’azienda a considerare in quali passaggi c’è più urgenza di diminuire le emissioni.

Altro traguardo, che Amazon si è imposto, è quello di garantire un processo di produzione ad emissioni zero entro il 2040. L’azienda è consapevole di avere bisogno di alleati per raggiungere questo obiettivo e ha perciò invitato altre grandi realtà ad intraprendere la sua stessa strada. Fin’ora 11 grandi organizzazioni si sono unite ad Amazon nella sua missione.

Tutto ciò a dimostrazione che il mondo aziendale si sta sensibilizzando sempre più alla questione ambientale e sta velocemente passando all’azione a favore del clima.

Le aziende

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Le persone

Il terzo grande cambiamento necessario è quello che dovrebbe partire da tutti noi, singoli individui. Hanno partecipato all’evento anche molti cantanti ed artisti, tra cui Prince Royce che ha lanciato un appello al pubblico invitando a fare la differenza nel nostro piccolo: comprando cibo a km zero, camminando di più o muovendoci in bici, e, soprattutto, votando per persone che condividono la nostra visione per un futuro a zero emissioni.

Cristiana Figueres, diplomatica di nazionalità costaricana, racconta di come il suo Paese, oggi noto per l’alto livello di educazione, per il profondo impegno alla pace e la gestione lungimirante della natura, non è sempre stato così. Il padre, giovane contadino, coltivava il sogno di un Paese fondato su giustizia e guidato dalla legge e quando, nel 1948, il governo rifiutò il risultato delle elezioni democratiche facendo ricorso ai militari, suo padre optò per l’azione, lanciando un esercito rivoluzionario composto da uomini e donne coraggiosi, che sconfissero le forze del governo per stabilire valori che il paese conserva ancora oggi. Figueres spiega come da suo padre abbia imparato l’arte

“dell’ottimismo testardo”, il mindset necessario a trasformare la realtà che ci viene data in quella che vogliamo.

Oggi, a livello mondiale, siamo di fronte una crisi urgente, che sta rapidamente peggiorando poiché abbiamo continuato a rimandare per troppo tempo. Questo decennio sarà decisivo per invertire il senso di marcia: se continuiamo per la strada che il mondo sta percorrendo, condanniamo i nostri figli ad un mondo inabitabile.

Diversamente, se riusciamo a tagliare le emissioni, ci muoviamo verso un mondo con città verdi, energie e trasporti efficienti, economie giuste e abbondanti. Un mondo più sano e sicuro, più equo e giusto di quello che abbiamo oggi.

Davanti agli avvenimenti del nostro tempo, possiamo scegliere se restare indifferenti e fare niente, se sperare che il problema si risolva da solo oppure diventare ottimisti testardi e credere che abbiamo il dovere di affrontare la sfida. Il vero ottimismo di cui parla la Figures è l’input necessario ad intraprendere una sfida.

Ad oggi, come spiega Figueres, non abbiamo

“il diritto di arrenderci”. L’ottimismo testardo è quell’atteggiamento che fornisce la motivazione per continuare a voler fare la differenza ogni giorno, è quello spirito che ci fa saltare giù dal letto ogni mattina con la voglia di combattere e pieni di speranza. Ed è proprio quando molte altre emergenze ostacoleranno la realizzazione del mondo che vogliamo o quando accadimenti politici freneranno il nostro ottimismo, che deve entrare in gioco la testardaggine.

Figueres ci propone di iniziare ogni giorno chiedendoci quale sia il futuro che vogliamo e che cosa stiamo facendo per trasformarlo in realtà, ci invita a fare un p r i m o g r a n d e p a s s o : c a m b i a r e l’atteggiamento di fronte al problema.

Ciascuno di noi può incominciare unendosi alla numerosa famiglia di ottimisti testardi già presenti in ogni parte del mondo.

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"Bisogna coltivare il nostro giardino” - Candido, o l'ottimismo (1959) - Voltaire

Secondo un sondaggio social che il Corriere ha proposto ai suoi lettori, il Covid non sembra aver allentato la nostra attenzione sui comportamenti green. 

Ci siamo lasciati alle spalle un intenso 2019 che ha portato nelle piazze di tutto il mondo milioni di ragazzi (insieme a tanti altri adulti) che chiedevano interventi per prevenire il riscaldamento globale ed il cambiamento climatico. 

Dal sondaggio emerge che il 55%

dei votanti ha confermato l’interesse per il futuro del nostro pianeta. Le p e r c e n t u a l i s o n o s a l i t e ulteriormente quando è stato chiesto se si è disposti a spendere di più per acquistare un prodotto attento all’ambiente (68%) e se è

stato ridotto il consumo di plastica in casa (62%). Infine, raggiunge il 78% il numero dei lettori che hanno trovato nel lockdown un amico che ha contribuito ad insegnare in famiglia che il cibo non va sprecato. 

La vera nuova consapevolezza acquisita durante il lockdown è che il verde è un bene prezioso e la sua presenza non ci è soltanto piacevole ma necessaria. Il verde ha potere terapeutico sulle nostre vite, non è solo ornamento per i nostri balconi. 

Durante il lockdown, infatti, secondo i dati Istat, quasi un terzo della popolazione si è dedicata al giardinaggio, coronando il sogno di 6 italiani su 10 (62%): coltivare la terra. 

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