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Metodi innovativi per la mitigazione delle emissioni gassose: la biofiltrazione

CAPITOLO 1 BACKGROUND E MOTIVAZIONI

1.4 Sistemi per il controllo delle emissioni gassose e la riduzione degli impatti

1.4.1 Metodi innovativi per la mitigazione delle emissioni gassose: la biofiltrazione

La naturale diminuzione della produzione di gas per l’esaurimento della frazione biodegradabile presente nei rifiuti conferiti, in combinazione con la non corretta progettazione, costruzione e manutenzione delle coperture definitive, può portare nei vecchi siti di discarica ad emissioni incontrollate in atmosfera di CH4 e

composti in traccia anche per decenni dopo la chiusura dell’impianto (Rӧwer et al., 2011). Come precedentemente illustrato il sistema di estrazione e le coperture giornaliere e definitive sono i metodi previsti per il controllo del gas di discarica prodotto (IPCC, 2007) tuttavia numerosi studi hanno dimostrato che l’efficienza del sistema di estrazione è fortemente correlata alle condizioni operative delle coperture stesse. I coefficienti di estrazione, che indicano quindi l’efficienza del sistema di trattamento dei gas, possono variare infatti fra il 50 ed il 90% a seconda del tipo di copertura presente (giornaliere, provvisorie e definitive) non garantendo di fatto un efficienza complessiva del 100% (Sadasivam e Reddy, 2014). Inoltre, il metodo convenzionalmente utilizzato per la riduzione degli impatti e il trattamento termico dei gas estratti o attraverso la combustione in torcia o con recupero di energia in MCI (Lombardi et al., 2006); tuttavia la naturale diminuzione dei quantitativi di gas prodotti e la riduzione delle concentrazioni di CH4

presenti rendono di fatto i trattamenti termici tecnicamente ed economicamente inapplicabili (Felske et al., 2005). In questo contesto l’ossidazione biologica del CH4 in sistemi di biofiltrazione è considerata una

misura complementare nella gestione dei gas di discarica utile sia all’ossidazione del CH4 nelle emissioni

fuggitive (Gebert et al., 2011) che all’abbattimento dei composti in traccia (Capanema et al., 2014). I contro gradienti di CH4 e O2 che sono di norma presenti nelle coperture di discarica per le emissioni di

CH4 dai rifiuti ed per la diffusione di aria dall’esterno all’interno della copertura stessa, sono le condizioni

necessarie per lo sviluppo di flore batteriche metanotrofiche che sono in grado di ossidare naturalmente il metano secondo la reazione 1-1.

𝐶𝐻4+ 2𝑂2→ 𝐶𝑂2+ 2𝐻2𝑂 + ℎ𝑒𝑎𝑡 (1-1)

I batteri metanotrofici (o metanotrofi) sono un sottoinsieme di un gruppo fisiologico di batteri noti come methylotrophs, unici nella loro capacità di utilizzare il CH4 come fonte di carbonio ed energia, le cui proprietà

sono state ampiamente studiate da Hanson e Hanson (1996).

L’attività delle flore batteriche metanotrofiche nelle coperture dipende dalla presenza di concentrazioni sufficienti sia di CH4 che di O2, e quindi tendono a svilupparsi in strette fasce orizzontali, limitati nella loro

distribuzione dalla diffusione verso il basso dell’ossigeno atmosferico e dalla diffusione verso l'alto di CH4.

Nelle coperture di discarica la zona metanotrofica attiva è di norma individuabile nei primi 30-40 cm, con una zona di massima attività compresa tra 15-20 cm di profondità (Jones e Nedwell, 1993; Czepiel et al., 1996; Scheutz et al. 2004).

I processi batterici di ossidazione dipendono da numerosi fattori, fra cui i principali sono come il rapporto fra le concentrazioni CH4/O2, la temperatura, l’umidità del materiale, la presenza di azoto inorganico, la

formazione di alcuni composti inibenti ed il pH (Sadasivam e Reddy, 2014).

Il rapporto CH4/O2 ha un ruolo fondamentale nel controllo dell’attività di ossidazione delle flore batteriche

metanotrofiche (Hrad et al., 2012) in quanto i metanotrofi sono batteri aerobi obbligati, tuttavia numerose sperimentazioni hanno dimostrato che ottimi ratei di ossidazione del CH4 possono essere raggiunti anche

a basse concentrazioni di O2. Secondo quanto riportato dalla letteratura scientifica i rapporti O2/CH4 ottimali

sono quelli maggiori superiori a 3:1 (Sadasivam e Reddy, 2014; Scheutz et al., 2009). La composizione del suolo, la sua granulometria e la sua porosità sono quindi caratteristiche fondamentale da cui dipende la diffusione dell’O2, la cui disponibilità è un fattore limitante per i processi ossidativi all’interno della copertura.

I risultati dei test in colonna presentati dagli autori Groengroeft et al. (2009) mostrano infatti che il coefficiente di diffusione effettivo, che regola il trasporto di O2 attraverso il suolo, è correlato

esponenzialmente alla porosità e decresce con il grado di compattazione del materiale. L’efficienza di ossidazione inoltre è inversamente proporzionale al carico di metano ingresso (Gebert e Groengroeft, 2006). Questo, se molto elevato, impedisce infatti all’ossigeno di penetrare nel mezzo poroso limitando l’attività batterica aerobica. Un’altra caratteristica della copertura molto importante è l'umidità. L’acqua presente del suolo è infatti un fattore essenziale per l'attività dei microrganismi, sia per il trasporto delle sostanze nutritive che per la rimozione dei composti metabolici residui. Tuttavia, un’eccessiva umidità può rallentare i processi di trasporto dei gas nel terreno poiché la diffusione molecolare in acqua è circa 104

di umidità ottimali sono quelli compresi fra 10 e 20% p/p (Chanton et al., 2011; Spokas e Bogner, 2011). Il valore specifico di umidità dipende tuttavia dalla tessitura del materiale filtrante e quindi dalla distribuzione e dalle dimensioni dei pori; in generale un elevato indice dei vuoti, con dimensioni maggiori di 50 μm è desiderabile (Scheutz et al., 2009).

La maggior parte dei metanotrofi disponibili in colture pure sono di tipo mesofilo (Hanson & Hanson 1996); i range di temperatura ottimali sono quindi compresi fra 25-35 °C, sebbene l’ossidazione del CH4 sia stata

rilevata anche fino 1-2 ° C (Prime e Christensen, 1997; Christophersen et al., 2000; Scheutz et al. 2004; Einola et al., 2007).

I valori ottimali per lo sviluppo delle flore batteriche metanotrofiche e l’efficiente ossidazione del CH4 sono

quelli compresi fra 5.5 e 8.5 ed anche in questo caso il suo valore dipende dalle caratteristiche del materiale utilizzato in copertura (Scheutz et al., 2009). Sadasivam e Reddy (2014) riportano che le flore batteriche metanotrofiche hanno in ogni caso una buona capacità di adattamento alle condizioni di pH presenti; il pH non rappresenta pertanto un fattore particolarmente limitante per la ossidazione biologica del CH4.

I batteri metanotrofi sono inoltre caratterizzati da una elevata domanda di azoto, per ogni mole di carbonio assimilata sono infatti richieste 0.25 moli di azoto (Sadasivam e Reddy, 2014) tuttavia un’eccessiva presenza di azoto ammoniacale può inibire il processo di ossidazione del CH4 (Borjesson et al, 2004; He

et al. 2011). Tuttavia i fenomeni stimolazione o inibizione dei metanotrofi per la presenza dell’azoto sono complessi e non ancora chiaramente compresi e dipendono dalla forma e dalla di azoto, dalla concentrazione di CH4, dal pH e dal tipo di metanotrofi presenti (Scheutz et al., 2008).

Dall’analisi della letteratura scientifica emerge inoltre la presenza di numerose condizioni che possono inibire le flore batteriche. In particolare la produzione da parte dei microrganismi stessi di sostanze polimeriche extrecellulari (EPS). Questi biofilm, che vengono prodotti dai microrganismi stessi come forma di protezione e per migliorare la loro aderenza alla superficie solida, possono provocare la diminuzione delle efficienze di ossidazione in quanto possono ridurre la porosità del materiale filtrante limitando la diffusione dei gas all’interno della copertura (Hilger et al., 2000; Wilshusen et al., 2004, Streese and Stegmann, 2003). Altri effetti inibenti sono provocati da sostanze che possono essere presenti all’interno del gas di discarica come il dicloro- e difluoro-metano, l’etilene, l’acetilene, ammoniaca, alcuni pesticidi (Sadsivam e Reddy, 2014).

Oltre l’ossidazione del CH4 numerose ricerche hanno individuato nelle coperture processi di attenuazione

delle emissioni dei VOC contenuti nei gas di discarica, dimostrando di fatto un potenziale di co-ossidazione significativo dei VOC da parte delle flore batteriche presenti (Scheutz, 2002; Scheutz et al., 2003; Su et al, 2014; Kong et al., 2014). In particolare alcuni test a scala di laboratorio hanno dimostrato la potenzialità di utilizzo di biocoperture anche per la mitigazione dei composti in traccia come il toluene, idrocarburi aromatici e composti organoclorurat, idrogeno solforato (Su et al., 2015; Scheutz, 2002; Xu et al., 2010 )

Come le indagini sui processi di ossidazione biologica del CH4 nelle coperture di discarica progredivano,

la potenzialità di utilizzare questi processi in sistemi ingegnerizzati è stata subito riconosciuta. Avendo osservato in campo che alte efficienze di ossidazione del CH4 potevano essere raggiunte in materiali porosi,

con tessitura grossolana e ricchi in sostanza organica, le ricerche di laboratorio si sono focalizzate sullo studio delle efficienze di ossidazione raggiungibili con materiali a basso costo che possedevano queste caratteristiche (Scheutz et al., 2009), in particolare ammendante compostato misto, compost da frazione organica da raccolta differenziata, fanghi compostati e FOS. Numerose indagini relative allo studio delle condizioni che influenzano i processi di ossidazione biologica sono state condotte in test di laboratorio (test di incubazione e test in colonna) e in test pilota (lisimetri), di cui le complete review realizzate dagli autori Sheutz et al. (2009) e Sadasivam e Reddy (2014) ne riportano i principali risultati. Tuttavia, nonostante l’ossidazione biologica del CH4 sia stata largamente studiata in condizioni di laboratorio, l’esperienza di

applicazioni in contesti reali di questi sistemi è ancora limitata considerando che non sono ancora molti i test pilota e full-scale ad oggi realizzati (Tabella 1.6).

Tabella 1.6: Sintesi degli studi in campo di sistemi di biofiltrazione pilota

Location Cover type Cover area [m2] Material used

Cover Layer [cm] Monitoring period [d] CH4 oxidation efficency [%] Reference

Outer loop landfill,

Kentucky, USA Biocover

2200, two application composted yard waste 100 - 55 Barlaz et al., 2004 Leon Country Landfill, Tallahassee, FL

Biocover cell 57,76 Chipped Yard Waste

(3 years) 10-50 ~300 64

Stern et al., 2007

Outdoor facility, Tallahassee, FL

Biofilter 1,1 Chipped Yard waste

compost (4 years) 16-58 86 63 Powelson et al., 2006 Water- spreading soil cover

1,7 Concrete sand & fill

sand 46-46 86 64

Aikkala landfill,

Finland Biocover

39000 the entire landfill

mixture of peat and

sludge compost - - >46%

Einola et al., 2009

Austrian landfills

Biocover cell 625 each, four and one control. sewage sludge compost MSW compost 90-40 30 4 years 68,1-99,7 Huber-Humer, 2004 Huber-Humer et al., 2009 Biocover cell Six cell, about 900

each

composted municipal

solid waste several 4 years Leon country landfill,

FL

Shallow

biocover 576 Fresh garden waste 15-30 ~540 0-40 Bogner e tal., 2010

Deep biocover 15-60 20-70

Saint-Nicéphore Landfill Quebec,

Canada

PMOB2 26,8 Compost, sand (5:1) 10-80 730 ~100 Cabral et al., 2010 Roncato e Cabral, 2012 PMOB3B 26,8 Compost ,sand (5:1)

w/gravel 90-30 730 ~100 Fakse Landfill, Denmark Biowindow 160 Garden waste compost (4 year) 15-100 ~450 41 Scheutz et al., 2011 Austrian landfill

Lysimeter A 4 Sewage sludge

compost 0,2-1 ~210 ~100

Hrad et al., 2012 Lysimeter B 4 Sand and sewage

sludge compost 0,2-1 ~210 ~100 Lysimeter C 4 Subsoil loess and top

soil silt 0,2-1 ~210 38

Lysimeter D 4 Subsoil loess 0,7-0,5 ~210 3

A partire dall’analisi dei vari contesti applicativi e con riferimento alle esperienze presentate in Tabella 1.6, ad oggi sono state definite essenzialmente quattro modalità di utilizzo della filtrazione biologica dei gas di discarica (Huber-Humer et al., 2008):

- Biocoperture, sistema di biofiltrazione nel quale strati di drenaggio del gas di discarica e di materiale biofiltrante vengono inclusi nel pacchetto di copertura definitiva o provvisoria. L’effettiva applicazione di questi sistemi ha tuttavia incontrato alcune difficoltà autorizzative, viste le stringenti indicazioni della Landfill Directive in merito alle caratteristiche della copertura definitiva; alcune criticità tecniche vengono invece riportate rispetto alla necessità di prevedere, date le caratteristiche di porosità dei materiali biofiltranti, un sistema di minimizzazione dell’afflusso meteorico all’interno della copertura. Un’ulteriore criticità tecnica potrebbe derivare dalla probabile necessità di attività di manutenzione sulle coperture finalizzate a garantire nel tempo elevate efficienze di ossidazione. Ad oggi si riporta un caso di applicazione full-scale autorizzato di questa tecnologia presentato dagli autori Gebert et al. (2015);

- Biofiltri, che rappresentano sicuramente i sistemi di biofiltrazione ad oggi più diffusi. Questi prevedono la realizzazione di un letto fisso di materiale biofiltrante che può essere alloggiato direttamente dentro il terreno alla profondità desiderata oppure operante come unità esterna. Per questa tecnologia possono essere previste due modalità di funzionamento: il funzionamento attivo, in cui le portate del gas da trattare sono addotte all’unità filtrante sfruttando il sistema di estrazione già presente in discarica, ed il funzionamento passivo, in cui l’unità biofiltrante viene accoppiata ad un sistema di drenaggio passivo che, tramite gradienti di pressione, convoglia il gas di discarica all’interno del letto filtrante. I biofiltri possono inoltre essere accoppiati a sistemi di regolazione del flusso di CH4 o O2, della temperatura o dell’umidità del letto filtrante.

- Biowindow, sistemi composti da un modulo di biofiltrazione alloggiato direttamente all’interno della copertura definitiva della discarica ed un sistema passivo di drenaggio per l’adduzione del gas da trattare, utilizzabili in corrispondenza di punti emissivi localizzati. Tali sistemi vengono proposti dagli autori Kjeldsen et al. (2007) come sistemi a basso costo applicabili a vecchie discariche in cui non è presente un sistema di estrazione del biogas. I gas di discarica infatti migrano dal corpo di discarica all’interno della biowindow per diffusione, dovuta principalmente a gradienti di pressione. Il materiale con cui vengono costruite è caratterizzato infatti da una permeabilità al gas maggiore di quella dello strato di copertura.

- Biotarp: proposta dagli autori Hilger et al. (2007) come sistema per l’ossidazione biologica del CH4

in moduli di coltivazione attivi. Questo sistema prevede l’immobilizzazione ed il fissaggio di flore batteriche metanotrofiche in uno strato di materiale che possa essere depositato sulla superficie della vasca di coltivazione al termine delle attività di conferimento giornaliere per essere rimosso e riutilizzato nei giorni successivi. Per dettagli in merito si rimanda a Huber-Humer et al. (2008).

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