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Metodo e linguaggio: tecnica e costruzione

L’intento comunicativo ed espressivo è affidato da Gardella non al dise- gno, ma al momento in cui «viene rivolto il pensiero al muratore».121

Strettamente legato alla fase esecutiva del processo, il tema della fattibilità tecnica e concreta dell’opera entra fin da principio come finalità cui tende- re e come elemento determinante le scelte progettuali.

Dalla forma-funzione si passa in questo modo all’immagine, come sintesi di tutto ciò che il disegno ha regolato, ma anche come espressione delle valenze simboliche, emotive che non sono affidate al disegno, per quanto detto in precedenza sulla limitatezza dello strumento.

Com’è stato più volte sottolineato dalla critica, il procedimento di creazio- ne dell’immagine, avviene in Gardella per somma di parti. Nel momento della definizione del particolare, si ha la coscienza che si sta affrontando un dettaglio e che al tempo stesso questo concorre ad una chiara definizione del tutto. Per A. Rossi,122 l’immagine nelle opere di Gardella è composta da

un insieme di singole parti visive, composte a conferire all’opera un aspetto unitario. L’intento è quindi quello di stabilire una relazione visuale, attra- verso la messa in opera di strumenti “pittorici”, come la giustapposizione di materiali, l’accostamento di superficie scabre a superficie lisce, elementi formali e materiali moderni, accanto a motivi stilistici tradizionali, quando non antichi; e ancora il cromatismo, il valore affidato al tono di colore. In questo è presente nell’opera dell’autore, una forte sensibilità per le arti figurative, per la plasticità delle forme date dai chiaroscuri. È attraverso questo parallelismo che secondo lo stesso Gardella, si distingue l’architet- tura dall’edilizia,123 in quanto grazie alla costruzione di un’immagine, l’edi-

ficio travalica il solo aspetto funzionale o la sola coerenza formale, per di- ventare oggetto in comunicazione con l’universo sensibile dell’individuo. R. Moneo prendendo ad esempio il progetto della scala della Raccolta Grassi di Firenze, parla dell’uso delle tessiture, dei ritmi, del colore, come di un «abilissimo controllo visuale della forma».124 Lo stesso sottolinea

G.C. Argan, quando dice a proposito di Gardella, che «la forma non è più

121 A. Cortesi, Ricordo di Ignazio Gardella,…cit.

122 M. Porta, op cit., p. 67. A. Rossi dice che I. Gardella conduce un’operazione simile a quella che fa con il cinema, il regista Luchino Visconti (compagno di scuola di Gardella al liceo Berchet di Milano), che considera i dettagli e gli aspetti particolari, necessari, ma non prioritari rispetto alla visione corale.

123 I. Gardella, in S. Boidi, Il disegno dell’emozione,…cit.

riconducibile alle categorie del volume, della superficie e del colore, tutto si risolve nella sintesi di una visività piena, limpida, perfettamente aggiu- stata da non essere meno certa e definita di un concetto».125

È il dominio della tecnica, intesa non come ragione del progetto, a permet- tere la realizzazione di un’immagine concreta, né astratta né ideale.126 In

questo senso, la tecnica diventa strumento necessario per mettere in opera gli elementi in un linguaggio determinato dalla maniera di comporre le parti, in un tutto unitario. Questo è il vero obbiettivo della concezione ar- chitettonica di Gardella, espressa da molti suoi contemporanei come E.N. Rogers e che fissa anche una distanza rispetto all’esperienza di altri autori, F. Albini127 o M. Ridolfi, ad esempio. In Gardella secondo G.C. Argan,

come in F.L. Wright, A. Aalto e W. Gropius, si riscontra lo stesso uso della tecnica come elemento da cui trarre il linguaggio architettonico. La tecni- ca è ciò che permette di risolvere problemi, dando concretezza risolutrice, «la tecnica nasce dal problema»128 non è lo scopo dell’architettura o un

obbiettivo da ostentare.

Il procedimento tecnico diventa quindi parte del metodo progettuale, ne rappresenta il momento finale. Si può a ragione individuare nel lavoro di Gardella, il tema della costruzione nell’ambivalenza dei significati di pro- cesso e realizzazione.129 La coincidenza tra progetto e produzione che si

è citata in precedenza attraverso le parole di V. Gregotti, si manifesta in tutto l’arco della carriera dell’autore. Tutto il processo progettuale è orien- tato verso scelte risolvibili dal punto di vista tecnologico, dei materiali. Ciò è valido sicuramente nel caso delle prime opere, dei piccoli manufatti che si trova a progettare. Tuttavia lo stesso atteggiamento è visibile anche in un momento di maggior crescita dello studio e dell’attività professionale, quando entrano nel mercato, nuovi materiali e nuove tecnologie ed au- menta la complessità della produzione edilizia. A questo proposito l’auto- re dimostra la capacità di aggiornare la sua posizione, affermando che «in passato l’architetto poteva essere un fine conoscitore delle tecniche, per- ché erano poche. Ora (in un’epoca di maggiore disponibilità di tecnologie

125 G.C. Argan, Progetto e destino,…cit., p. 355.

126 G. Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975; G. Kepes, Il linguaggio della

visione, Dedalo, Bari, 1971.

127 A. Piva, Questioni di metodo, in “Edilizia popolare”, vol. 1, n. 237, 1995, pp. 4-6. Molti tratti del metodo di Albini evidenziati dell’autore, sono riconoscibili anche in Gardella, tuttavia è sull’aspetto tecnico che appare possibile rimarcare alcune interes- santi differenze. Se il primo esercita un gusto per il dettaglio, condotto attraverso in- numerevoli tentativi, fino ad affinarlo, il secondo considera la tecnica ed il particolare costruttivo come fondamentali per la realizzazione dell’immagine dell’edificio, ma in modo più pragmatico e strumentale. Scrive Argan, «Gardella tende a specificare la tec- nologia industriale in tecnica architettonica, Albini a generalizzare la tecnica architet- tonica in tecnologia industriale» in Presentazione, in M. Porta, L’architettura di Ignazio

Gardella, cit., p. 11.

128 G.C. Argan, Progetto e destino…cit., p. 354. 129 C. Martì Aris, La centina e l’arco,…cit., p. 28.

adottabili) l’architetto deve possedere un linguaggio capace di parlare agli specialisti».130 La costituzione della Mario Valle eng. nel 1977, rappresenta

un dimostrazione di quanto affermato. Gardella tiene ferma la sua idea di metodo e di architettura, portandola all’interno di una struttura capa- ce di gestire i contributi specialistici, anche provenienti dall’esterno, in particolare nella fase esecutiva e di cantiere. L’obbiettivo tanto nel lavoro con pochi assistenti, quanto in collaborazione con la società d’ ingegne- ria, è sempre quello di poter controllare le scelte costruttive all’interno del processo progettuale. È in questo senso che il suo profilo di “architetto costruttore”,131 viene riportato a quella dimensione professionale di cui si è

già parlato, aiutando a chiarirlo meglio. Gardella tenta infatti di fare con- vergere all’interno del metodo progettuale le due figure, anche quando nel corso del tempo, si assiste ad una sempre maggiore divaricazione dei compiti del progettista e dell’esecutore dell’opera. In questo modo l’auto- re cerca di unificare alla struttura formale e funzionale vista in precedenza, una struttura tecnologica e una struttura figurativa. Per L. Quaroni, la di- mensione del progettare si misura con l’affrontare questi aspetti: la strut- tura dei contenuti, quella resistente e quella linguistica.

In particolare individua nella terza, vale a dire il linguaggio, il principio, mezzo e fine, nell’operazione di unificare le altre due.

Nello specifico del pensiero di Gardella sul linguaggio, che nell’ultima parte si affronterà analizzando le opere realizzate, si dice che le finestre, gli archi, l’ingresso, esistono già e derivano per la maggior parte dalla storia. Un’analisi delle fonti bibliografiche e d’archivio, rivela in gran parte come questa scelta interessi le parti semplici ed essenziali dell’architettura, gli «elementi costitutivi, suddivisibili in classi di segni elementari (…) con le quali l’architetto compie l’atto del costruire con queste e queste sole».132

In particolar modo il lavoro di studio dei dettagli, riguarda il disegno dei serramenti, delle chiusure orizzontali, delle pareti divisorie, interne ed esterne. L’immagine delle architetture di Gardella dunque, crea i propri si- gnificati attingendo da un vocabolario di segni, appartenenti ad una classe «tecnologico-costruttivo».133

Con questi presupposti in conclusione, è possibile condurre una lettura dell’opera dell’autore basata sulla differenza che sottolinea M. Tafuri,134

tra critica fatta per immagini e analisi critica fatta con gli strumenti del lin- guaggio che viene indagato come esito del processo metodologico.

130 S. Boidi (a c. di), Il mestiere smarrito, in “Costruire”, n. 142, mar. 1995, pp. 130-134. 131 A. Castellano, Architetto e costruttore. Un dibattito ancora aperto, in O. Selvafolta…, cit., pp. 138-139.

132 G.C. Koenig, op. cit., p. 69. 133 Ivi, p. 42.