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Analisi dei principali approcci per l’eco-design

2.3 Nuove metodologie per la progettazione sostenibile nell’ “early design”

2.3.6 Metodo MPDS

Il Method for Product Design and Sustainability (MPDS) è il tool sviluppato dal Politecnico di Milano per l’integrazione dei requisiti ambientali nell’attività progettuale al fine di ottenere soluzioni più sostenibili. Il metodo è frutto di diverse esperienze di studio e partnership con molti soggetti industriali (Rex Electrolux, Artemide, Parà, etc.) ed è strutturato in maniera flessibile e modulare, per essere utilizzato a vari livelli di progetto [Vezzoli et al. 2009].

Se ci si riferisce principalmente allo sviluppo di un nuovo prodotto, le macro-fasi che il team deve affrontare sono le seguenti:

1) Analisi strategica di prodotto; 2) Progettazione del concept; 3) Progettazione del prodotto; 4) Ingegnerizzazione.

Nella prima fase, dopo aver definito le strategie, si esegue l’LCA di un prodotto esistente ed equivalente dal punto di vista funzionale al prodotto che si intende progettare (almeno nella macro-funzione di partenza). Le priorità strategiche vengono definite ed, in seguito, vengono organizzate in maniera sintetica. Per l’LCA si può utilizzare un software specifico (SimaPro, GaBI) o un approccio semplificato, che in ogni caso, segue lo schema standard (DEFINIZIONE OBIETTIVO  LCI  INTERPRETAZIONE RISULTATI  INTERVENTI), dove l’output finale è costituito dagli obiettivi e dall’unità funzionale, dall’inventario dei dati, dai valori degli indicatori e dalla formulazione degli interventi prioritari.

Con i risultati dell’LCA possono essere compilate le schede di valutazione IPSA (figura 2.12) contenute nel tool “Ideazione Concept Sostenibili” (ICS). Nelle schede, in base a degli assi strategici, vengono indicati i processi ad impatto maggiore che necessitano di interventi ed è possibile calcolare, per ogni strategia, i valori potenziali di impatto ambientale normalizzati e classificati per importanza che è possibile ridurre. Alla fine si otterranno gli indicatori di priorità sia secondo le strategie, che secondo i processi.

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I risultati delle tabelle IPSA, che forniscono gli aspetti da migliorare nel nuovo prodotto, sono visualizzabili in modo aggregato sul diagramma radar multi-strategia (Figura 2.13) per avere un insieme di indicazioni chiare da seguire e per redigere una serie di istogrammi che misurino le priorità di ogni strategia.

Fig. 2.12 Esempio di tabella IPSA

Fig. 2.13 Diagramma radar del tool ICS

Nella fase di progettazione del concept vengono generate le idee che propongono di rendere il prodotto più sostenibile. Quest’attività è agevolata da uno spazio per le “eco-idee” (presente come sezione aggiunta alle tabelle IPSA) e può essere condotta tramite dei workshop. Le idee, una volta chiarificate ed elaborate, sono di input alla creazione uno o più concept, che vengono valutati ed eventualmente ridotti in numero, preferendo quelli con gli impatti potenziali migliori.

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Già in questa fase è possibile verificare gli impatti attraverso le checklist qualitative ICS applicate ai concept o con un LCA, che, eventualmente, può essere messo a confronto con l’ assessment del prodotto di partenza.

Nella fase di rappresentazione delle caratteristiche ambientali vengono fatte tutte le ipotesi sui processi che caratterizzeranno il ciclo di vita di ogni concept, ciò ha l’obiettivo di sviscerarli quando ancora il prodotto non è definito. Si procede con una prima formalizzazione dell’architettura del concept (con un modellatore di superfici o tridimensionale) distinguendo i vari componenti grezzi e ragionando sulle fasi di vita che li caratterizzeranno, dai materiali da utilizzare alle prime problematiche di dismissione.

Nella progettazione in dettaglio, le scelte e le valutazioni sulla sostenibilità della soluzione diventano più puntuali. Ogni componente progettato viene analizzato a livello di impatti sulla base delle scelte specifiche che sono state prese su geometrie, materiali e processi. Ciò non toglie che altre soluzioni funzionali e meno impattanti possano essere proposte (ad esempio per favorire un miglior riciclo o un buon disassemblaggio), a patto che le geometrie siano compatibili. L’obiettivo è quello di produrre delle specifiche tecniche più accurate e dei risultati da LCA di soluzioni alternative da confrontare fra loro.

Fig. 2.14 Sviluppo del concept (metodo MPDS) 2.4 Spunti per un nuovo tool di supporto

Ogni strumento di eco-design è caratterizzato da un proprio approccio e da una propria struttura, nonchè da una sua natura qualitativa o quantitativa. Per queste ragioni, i vari metodi sono stati classificati in gruppi con caratteristiche simili in modo tale da poter orientare i progettisti a scegliere lo strumento di supporto più adatto alle proprie esigenze. Anche nel caso del presente

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lavoro si è ritenuto opportuno classificare la nuova metodologia proposta tra quelle disponibili attualmente per supportare l’attività di eco-design.

Diverse ricerche hanno analizzato i metodi sviluppati per il Design for Environment (DfE) e di supporto alla sostenibilità. Ramani [Ramani et al., 2010], ad esempio, ha presentato una rassegna di metodi e di strumenti per la progettazione eco-compatibile raggruppati per ogni fase del ciclo di vita di un prodotto (dalla progettazione, alla supply chain e alla gestione del fine vita). In prima battuta, infatti, viene presentato un semplice modello che classifica i metodi in relazione a due fattori: il livello del processo di progettazione (concettuale-dettagliato) e l’uso della conoscenza, qualora lo sviluppo richieda grande intensità di esperienza o sia caratterizzato da un uso intensivo di dati. Dalla figura 2.15 si evince che la metodologia che si vuole proporre presenta un buon compromesso tra un utilizzo non eccessivo di dati, anche perché nell’early design non si ha una loro completa disponibilità, e la necessità di un’esperienza minima da parte del progettista nell’effettuare delle ipotesi di progetto.

Fig. 2.15 Un possibile posizionamento della metodologia A-DSM nella classificazione dei tool secondo Ramani

Un altro lavoro di review della letteratura recente [Bovea e Perez-Belis, 2011] classifica gli approcci in tre grandi tipologie: tecniche qualitative, semi-quantitative e quantitative. In questo terzo gruppo, possiamo trovare due degli approcci usati nella metodologia che si intende proporre: gli indicatori ambientali e l’LCA semplificato (SLCA). Considerando questa classificazione piuttosto recente, il metodo descritto nelle prossime sezioni può essere considerato un approccio quantitativo ed è caratterizzato dall’utilizzo di varie tecniche (da applicare in base a come è strutturata la procedura): quella basata sulla Design Structure Matrix, la valutazione effettuata in base a degli indicatori ambientali ed una tecnica multi-criterio per la comparazione delle soluzioni progettuali.

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Si aggiungono alcune considerazioni importanti evidenziate sempre nel lavoro di review di Bovea e Perez-Belis e che risultano di notevole interesse. Gli autori individuano tre fattori chiave necessari all’ottimizzazione del processo di eco-design e di cui può essere utile tenere conto nello sviluppo di una nuova metodologia:

1) la necessità dell’integrazione preventiva degli aspetti ambientali del prodotto in un processo di progettazione (e sviluppo), dal momento che ciò offre la possibilità di effettuare modifiche ed apportare miglioramenti il prima possibile. Al contrario, attendere fasi successive può escludere la possibilità di inserire requisiti ambientali utili (o desiderati), poiché le decisioni di massima sono già state prese;

2) l’utilizzo di un approccio basato sul ciclo di vita, che tiene conto di come il prodotto possa influenzare l’ambiente nelle diverse fasi;

3) l’utilizzo di tecniche multi-criterio, che tengano conto di tutti i requisiti tradizionali che influenzano un prodotto insieme agli aspetti ambientali ed agli impatti potenziali.

Queste considerazioni sono state prese fortemente in esame, al fine di ottenere una metodologia quanto più efficace. Gli approcci, che fanno riferimento ai tre fattori elencati, sono stati analizzati nella trattazione successiva e costituiscono (insieme alla Design Structure Matrix ed un approccio di tipo paretiano) parte degli elementi fondanti del contributo scientifico proposto nel presente lavoro.

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CAPITOLO 3