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Capitolo V Il caso empirico

5.1 La metodologia e i dati

Come spiegato all’inizio del quarto capitolo, i dati e le osservazioni qui presentate derivano dalla partecipazione dell’autrice al progetto Alte Dolomiti. Essendo stata coinvolta direttamente con l’obiettivo di apportare un contributo concreto al progetto, l’approccio adottato è quello dell’action research, che consente una forma di collaborazione diretta con gli altri attori della rete, istituendo dei protocolli di osservazione che consentano la raccolta di dati qualitativi.

5.1.1 Metodologia

L’action research è una pratica che è stata storicamente applicata al dominio dell’insegnamento e dell’educazione (Kemmis & McTaggart, 1988), e che ha conquistato con fatica lo status di “metodologia” (McNiff, 2002) per la criticità legata alla raccolta dei dati contestuale alla partecipazione attiva, elemento che può modificare la ricerca stessa (Argyris, Putnam & Smith, 1985). Tuttavia, ha guadagnato sempre più credito, per il valore legato all’incontro tra teoria e pratica (Argyris, Putnam & Smith, 1985), e per la presa in considerazione di necessità di inclusione ed empowerment (Berg, 2004). In particolar modo, fondamentali in questa metodologia sono le potenzialità di riflessione, discussione, decisione e azione, che devono essere sviluppate nelle persone comuni che partecipano a processi di ricerca collettiva (Adelman, 1993), con l’intento di migliorare la propria condizione o posizione sociale.

Fondato da Lewin (1946), con successivi adattamenti che lo portano a trascendere il campo della psicologia da cui è nato, questo approccio ingloba elementi antropologici e sociologici. Alcuni elementi di base caratterizzano questa metodologia:

- L’intervento e la partecipazione attiva del ricercatore;

- La collaborazione con il gruppo su cui si sta svolgendo la ricerca, in un framework condiviso e accettato;

- Il raggiungimento di un qualche tipo di risultato pratico e immediato; - Un processo di apprendimento e studio riflessivo e/o interpretativo, di

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Ancora, la motivazione dell’action research è produrre un cambiamento sociale positivo, catalizzando l’azione di un gruppo sociale e costruendo una teoria fortemente contestualizzata (Reason, 1994; Stringer, 1999). Si tratta di un approccio di “democratizzazione della conoscenza, del suo uso e della sua produzione” (Berg, 2004, p. 196), che punta a trasferire conoscenza anche e soprattutto alla “persona media” del gruppo, fornendogli più strumenti per l’autonomia e per risolvere problemi specifici.

In questa prospettiva, i metodi e le tecniche di ricerca non sono fissi e dati, ma al contrario si evolvono rispetto alle caratteristiche del gruppo studiato, alla sua cultura e alla sua storia. Allo stesso modo, anche il linguaggio utilizzato deve risultare quanto più ampiamente comprensibile (Berg, 2004).

Come è stato accennato, si sostanzia in un andamento spiralico: differenti fasi si susseguono in modo ciclico, ripartendo ogni volta dalla conoscenza accumulata. Autori differenti indicano in modi diversi queste fasi: secondo Kemmis e McTaggart (1988), le fasi sono “pianificare, agire, osservare e riflettere”; per Stringer (1999) la sequenza è “guardare, pensare, agire”. Si tratta, in effetti, di azioni analoghe, descritte in modi e in sequenze differenti, stanti anche i differenti campi di applicazione dell’action research.

L’andamento spiralico qui utilizzato è quello proposto da Berg (2004): 1) identificazione delle domande/problematiche; 2) raccolta delle informazioni necessarie per rispondere alle domande identificate; 3) analisi e interpretazione delle informazioni e 4) condivisione dei risultati con i partecipanti. Fermo restando che si tratta di una metodologia che si adatta al contesto i cui viene utilizzata, nella fase 1 il ricercatore assiste il gruppo nell’identificare le domande, o le identifica per poi portarle all’attenzione del gruppo. Nella scelta di quali domande identificare, il ricercatore sarà guidato dalle problematiche chiave per il gruppo, non di semplice interesse per la ricerca. Nella fase 2, il ricercatore è guidato sia dalle domande poste sia dalle proprie scelte, e questo “dipende largamente dalle limitazioni poste dagli stakeholders o dalla natura del problema o dal contesto” (Berg, 2004, p.199). Nella fase 3, il ricercatore e il gruppo riflettono sulle informazioni raccolte come possibili soluzioni alle problematiche poste nella fase 1. Naturalmente si tratta di una fase diversificata dalla modalità di raccolta dei dati: interviste e note raccolte sul campo, comunque, possono

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essere registrate in macro-categorie (protocollo di osservazione), che serviranno a costruire l’ossatura di una sintesi evolutiva, o di una descrizione. Questo andrà poi condiviso (fase 4), sia con l’andare dello studio che alla conclusione dello stesso.

Si è fatto più volte riferimento a come l’action research possa essere inteso secondo differenti prospettive. Berg (2004) sintetizza le classificazioni poste da differenti autori (Grundy, 1988; McKernan, 1991; Holter & Schwartz-Barcott, 1993) identificando tre tipi di action research: tecnico-scientifico, in cui l’azione del ricercatore è mediata e non esiste un contatto diretto con il gruppo, collaborativo, in cui l’azione e l’intervento prevedono modalità più pratiche, dirette e flessibili, a volte a scapito del rigore, e, per ultimo, il tipo emancipatore, che in un approccio strettamente pratico punta a rendere il gruppo in grado di agire autonomamente, senza la presenza del ricercatore. 5.1.2 I dati

I dati sono stati raccolti tra gennaio e luglio 2017 attraverso la partecipazione a quattro incontri tra tutti i referenti/attori della rete, due incontri con le imprese, turistiche e non, del territorio (rispettivamente, gli imprenditori di Comelico Superiore e quelli di Santo Stefano, San Pietro, San Nicolò), due incontri con i sindaci presso l’Unione Montana, sei incontri singoli con i referenti comunali e uno con due di essi.

Dopo un iniziale tentativo di registrazione audio degli incontri, questo metodo di raccolta dei dati è stato abbandonato, per la resistenza degli attori della rete: dato il clima molto informale, e l’alto livello di embeddedness, la registrazione è stata percepita come un limite alla spontaneità, e perciò sospesa.

I dati sono stati dunque raccolti secondo un protocollo di osservazione che è andato via via implementandosi: le variabili osservate (Figura 9) saranno utilizzate per costruire una rappresentazione dinamica della rete secondo un approccio multidimensionale.

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