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il modello dei club fields neozelandesi tra esperienzalità e sense of place

3. Metodologia della ricerca

3.1 Inquadramento e fasi della ricerca

Per la ricerca si è seguito un approccio case study mirato: la ricerca risulta essere un’analisi empirica che analizza in profondità un caso reale e attuale, considerando la difficoltà nel determinare i confini tra fenomeno e contesto (Gillham, 2000, pp. 1-7). Come suggerito in Yin (2006) lo studio di caso si avvale di approcci diversi adottando sia metodi quantitativi che qualitativi. Questo ha permesso di comprendere come manager, club members e soci attivi dell’associazione confezionino un’esperienza decisamente unica e come i visitatori percepiscano, e talvolta contribuiscano a creare, questa stessa esperienza. La componente quantitativa arricchisce la comprensione di quanto esplorato in modo soggettivo. L’interazione con stakeholder privilegiati e le interviste con gli sciatori del luogo hanno permesso di identificare dimensioni chiave dell’area sciistica sia da un punto di vista dell’offerta, sia da un punto di vista della domanda. L’organizzazione della ricerca in due fasi e la possibilità di condurre interviste in profondità ha consentito di adottare un approccio iterativo e incrementale come evidenziato in Eisenhardt (1989).

L’obiettivo principale di questa ricerca è stato quello di capire le forme di valore della winter

leisure, e come questa si sia sviluppata in una piccola area sciistica gestita da un’associazione. Il

analizzando l’esperienza e quanto può essere trasferito al territorio secondo il concetto analizzato in precedenza di “sense of place”.

Dopo aver illustrato le caratteristiche dell’area oggetto di indagine e del modello dei club fields (par. 3.2) e delle specificità della stazione sciistica eletta a caso di studio (par. 3.3), si presenta la metodologia adottata per condurre la ricerca sul campo (3.4) che si è avvalsa di un’analisi qualitativa (interviste personali in profondità elaborate avvalendosi della content analysis e thematic

analysis) e quantitativa (raccolta di 258 questionari e analisi di statistiche descrittive).

3.2 Area di indagine e modello di sviluppo delle stazioni minori: i Club Fields della Nuova Zelanda

La reputazione sciistica della Nuova Zelanda è nota in tutto il mondo, da giugno a ottobre le stazioni sciistiche sono frequentate da turisti neozelandesi e australiani, ma anche da sciatori provenienti dall’emisfero boreale. La Nuova Zelanda offre la possibilità di sciare in grandi spazi aperti, più o meno facili, che si adattano alle diverse capacità tecniche e alle preferenze degli sciatori. Sia nell’Isola del Nord che in quella del Sud è possibile trovare comprensori sciistici simili al modello europeo/nordamericano, con moderni impianti di risalita, ma l’elemento caratteristico è rappresentato da aree sciistiche di piccole dimensioni che sono sopravvissute negli anni e che costituiscono una realtà tipicamente neozelandese.

Nella regione vicino alla città di Christchurch si possono trovare i “club fields”, unici nel loro genere, dove i rudimentali impianti di risalita e l’assenza di piste battute ne fanno la meta preferita da parte degli sciatori che antepongono l’avventura alla comodità. Queste realtà si trovano nel distretto del Selwyn, noto principalmente per il suo ambiente rurale, per le magnifiche montagne che appartengono alla catena montuosa delle Alpi meridionali e per i grandi fiumi.

La storia dei club fields in Nuova Zelanda è quasi centenaria, avendo avuto origine tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’40, tassello di una lunga catena di passioni e tradizioni. Queste realtà sono nate dalla volontà di alcuni gruppi di giovani alimentati dalla passione per la neve e la voglia di divertimento, compagnia e avventura, che hanno realizzato il sogno di costruire delle piccole aree sciistiche. I club fields sono organizzazioni no-profit gestite da un gruppo di membri che investono tempo e denaro, con lo scopo di avere un luogo comodo e familiare in cui poter sciare. Solo recentemente i club fields sono stati aperti anche ai non membri, che possono trascorrere tranquille giornate o vacanze sulla neve. Spesso, queste località sono difficili da raggiungere, tra strade di montagna sterrate e lunghi sentieri percorribili solo a piedi con attrezzatura sportiva caricata sulle spalle o su teleferiche.

Nel Selwyn District sono presenti sei club fields (Porters, Cheeseman, Broken River, Craigieburn Valley, Temple Basin e Mt Olympus) che hanno come punto di riferimento la città di Christchurch. Sempre in quest’area, è possibile sciare anche a Mt Hutt Ski Area, un comprensorio molto più grande e moderno dotato di impianti nuovi e piste preparate. I sei club fields, seppure accomunati dallo stesso tipo di organizzazione e gestione, si distinguono fra loro per le caratteristiche morfologiche del terreno, oltre che per i diversi gruppi associativi e conseguenti animi “campanilistici”. La maggior parte non offre piste battute e nemmeno macchinari per produrre neve artificiale, e per questo sono sempre dipendenti dalle precipitazioni nevose naturali. La Tabella 1 riassume le principali caratteristiche dei Club Fields presenti nel Distretto di Selwyn. Una caratteristica tipica dei club fields neozelandesi è l’impianto di risalita: il “rope tow”. Questo tipo di attrezzatura risale agli anni ’40. Da allora niente è cambiato, eccetto a Porters e Cheeseman, dove sono state aggiunte una piccola seggiovia, dei tapis roulant e un T-bar. In tutti gli altri, è ancora presente il vecchio sistema del rope tow, che consiste in una corda di metallo posizionata a livello del bacino alla quale ci si deve aggrappare e agganciare tramite una pinza metallica (nutcracker) legata all’imbrago indossato per farsi trascinare in cima. È evidente che non è facile accedere a questo particolare sistema di risalita, che spesso spaventa gli sciatori. Tuttavia, questo tipo di impianto funziona da più di ottant’anni e ben si adatta alle condizioni climatiche del luogo (aree remote, spesso non servite da energia elettrica ed esposte al vento neozelandese, che sovente

costringe a tener chiusi gli impianti di risalita non a livello del suolo tipici di altre aree sciistiche). In più, anche l’impatto ambientale è molto limitato, in quanto, essendo di piccole dimensioni, non serve tanta energia per alimentare un rope tow. In passato erano azionati da motori di trattore agricolo, ora sono collegati perlopiù a un generatore elettrico.

Tab. 1: Elementi strutturali dei Club Fields nel Selwyn District

DIstance from Christchurch airport Lift Top elevation Bottom elevation Skiable terrain Access Portes 83,8 km 1x Chairlift, 3x T- Bars, 1x Platter, 1x Carpet Lift

1980m 1302m 285 etteri breve strada di accesso, 2WD con caterne da neve

Cheeseman 105 km 2x T-Bars, Learner Lifts, 1x Rope Tow

1860m 1540m 50 ettari 2WD con catene da neve

Broken River 106 km 5x Rope Tow 1820m 1425m 175 ettari 2WD con catene da neve più 30 miniti hiking

Craigieburn Valley 107 km 3x Rope Tow 1811m 1310m 290 ettari 2WD con catene da neve

Temple Basin 146 km 3x Rope Tow 1923m 1493m 380 ettari 45-60 minuti hiking

Mt Olympus 135 km 4x Rope Tow 1880m 1430m 60 ettari 4WD con catene da neve

Fonte: ns. elaborazioni su materiali originali

3.3 Il caso di studio: il Club Field Broken River

La ricerca si focalizza sul caso di studio dell’area sciistica di Broken River. Essa è nata grazie ad un gruppo di giovani tra i 20 e 28 anni. Per prima cosa venne realizzata la strada di accesso, presente tutt’ora, che dalla Statale 73 attraversa tutta la foresta di Craigieburn e arriva fino all’attuale parcheggio. Il legname tagliato per fare spazio alla nuova via di comunicazione è stato utilizzato per realizzare i rifugi dell’area. La data della prima sciata alpinistica a Broken River risale al 1951, e da lì a poco è stato realizzato il primo impianto di risalita rope tow. Tutti i lavori sono stati svolti volontariamente dai membri del club. Il clima che si respira nell’area sciistica è molto familiare e accogliente, adatto sia a famiglie che a gruppi di amici di ogni età.

Oggi Broken River vanta 400 membri, quattro huts (rifugi, di cui uno in quota), cinque rope

tows e un sistema funicolare che inizialmente era usato per il trasporto merci e nel 2009 è stato

collaudato anche per il trasporto passeggeri. Tuttavia, la svolta decisiva è avvenuta tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, quando è avvenuto il passaggio della fonte di alimentazione degli impianti di risalita da gasolio a elettrico, con l’allacciamento alla rete principale.

Il clima che si respira a Broken River è quello di una grande famiglia che si ritrova nel tempo libero a sciare e passare del tempo in compagnia. Molti dei membri sono addirittura figli o nipoti dei soci fondatori, che portano avanti le passioni e le tradizioni dei propri antenati. Il concetto di giornata sciistica che si trova in questo luogo è molto diverso da quello percepito nei grandi resort commerciali. Qui si respira un’atmosfera di pura tranquillità, non ci sono code fuori dal ticket office, durante la pausa pranzo tutti sono liberi di cucinarsi il pranzo nel daily lodge grazie alla grande cucina e al barbecue messi a disposizione degli ospiti e a fine giornata si condividono i momenti pre e post cena nel lodge-rifugio giocando a carte e trascorrendo tempo assieme. In più, gli ospiti sono chiamati a svolgere delle mansioni per aiutare il personale del rifugio, come lavare i piatti, portare fuori la spazzatura o spalare la neve per liberare il sentiero a seguito di una grande nevicata, in quanto non sono presenti mezzi spartineve.

Il club field Broken River è stato scelto per la ricerca grazie alle sue caratteristiche strutturali e culturali, nettamente distinte sia da quelle dei grandi comprensori sciistici, sia degli altri club fields presenti a poca distanza. Rendono diverso Broken River il lodge presente in cima all’impianto, l’atmosfera di tranquillità e il tipo di terreno sciabile. In secondo luogo, il club field accetta volontari, e di conseguenza è stato possibile entrare a far parte dello staff della comunità per tutta la stagione invernale. Ciò ha garantito lo sviluppo di una posizione di favore per lo studio. In questo

modo è stato possibile osservare determinati fenomeni sociali e di “vita da club” da vicino.

In Figura 1 è presentata la mappa di Broken River con i cinque impianti di risalita e l’area in cui è possibile sciare. In questo club field la maggior parte del terreno è per sciatori medio-avanzati (in grado di sciare in qualsiasi tipo di terreno), tuttavia è disponibile anche un’area dedicata ai meno esperti e ai più piccoli.

Fig. 1: Mappa del Broken River Ski Field

Fonte: materiali originali

3.4 Fasi della ricerca sul campo: strumenti di indagine e tecniche di analisi

La prima fase della ricerca è stata condotta avvalendosi di interviste personali in profondità. La scelta della tecnica per le interviste è stata quella di condurre lunghe interviste semi-strutturate, di persona e sul sito. Seppure con dei costi elevati in termini di preparazione, analisi, e interpretazione, risulta essere il sistema più idoneo per studi esplorativi (Gillham, 2005, pp. 70-71). Lo schema utilizzato per le interviste include delle domande guida da rivolgere ai manager e a chi lavora nell’area, ma anche ai turisti. Per esplorare alcuni temi emersi durante la raccolta dati sono state proposte anche domande specifiche, al fine di ottenere un arricchimento dei dati seguendo motivazioni, informazioni e concettualizzazioni (Gillham, 2000).

La “interview guide” predisposta contiene una prima fase di presentazione, con l’obiettivo di orientare l’intervistato al progetto, a cui segue l’intervista vera e propria con la presentazione delle domande chiave. Segue una parte aperta per raccogliere ogni possibile input dal rispondente. La parte conclusiva è mirata invece ad alcune dimensioni specifiche dello studio che si vogliono raccogliere fra tutti i partecipanti, talvolta anche invitando l’intervistato a compilare autonomamente il questionario. Nel redigere la interview guide sono state seguite le sei fasi proposte da Ritchie e Lewis (2003, pp. 144-147):

1. arrivo: nel contesto in questione si è identificato il soggetto a cui proporre l’intervista e lo si è coinvolto nel progetto creando un ambiente il più possibile informale e amichevole;

2. introduzione del progetto: è stato presentato lo studio e gli obiettivi della ricerca, consegnando un “Research info sheet”;

3. inizio dell’intervista: presentazione delle domande chiave ed evoluzione della conversazione adattandola alle specifiche risposte dell’intervistato;

4. durante l’intervista: osservazioni e richiesta di chiarimenti;

5. fine dell’intervista: breve conclusione della conversazione in cui sono stati riassunti i punti chiave dell’intervista;

6. dopo l’intervista: a seguito del ringraziamento alla partecipazione dell’intervistato, e interruzione della registrazione, segue una chiacchierata informale con l’individuo allo scopo di mantenere un ambiente amichevole e familiare.

L’intervistatore ha anche assunto il ruolo di facilitatore per mettere a proprio agio gli intervistati e stimolare dichiarazioni relative a sentimenti ed esperienze (Ritchie e Lewis, 2003, pp. 147-148). Sono state raccolte nella stagione invernale 2019 un totale di quindici interviste face to

face, cinque delle quali proposte a membri dello staff e ad alcuni soci con ruoli strategici all’interno

dell’associazione. Le interviste hanno avuto una durata variabile tra i venticinque e cinquantacinque minuti.

L’analisi qualitativa dei dati scaturiti dalle interviste personali in profondità è stata condotta attraverso la content analysis, con una fase successiva più vicina alla thematic analysis (Vaismorandi et al., 2013). Nella prima fase di codifica è stata seguita la content analysis, che ha permesso di ottenere una serie di codici che sono stati poi utilizzati per l’interpretazione dei dati e sono serviti nella fase successiva in cui, grazie alla thematic analysis, è stato possibile determinare i temi chiave per rispondere alla domanda di ricerca.

I dati provenienti dalle interviste sono stati classificati in base alla loro rilevanza per ciascuna delle principali domande di ricerca. Inoltre, dalla trascrizione dell’intervista, sono stati individuati significati impliciti per garantire che tutti i punti delle narrazioni autentiche fossero collegati tra loro. Le interviste sono state trascritte. Per otto di esse è stata fatta una trascrizione completa, indicando per ogni dichiarazione dell’individuo il minuto corrispondente. Per le altre sette si è fatta una trascrizione parziale per le sezioni ritenute salienti dopo averne svolto una prima riproduzione.

Una volta esplorate le informazioni sono stati elaborati dei codici che hanno permesso di categorizzare e ordinare i dati raccolti. Per la determinazione dei codici è stata seguita la content

analysis perché considerata migliore per analizzare la sfaccettatura, l’importanza e la sensitività del

fenomeno in questione (Vaismorandi et al., 2013). Per la fase di codifica è stato usato il software NVivo, che ha facilitato la comprensione e il processo di categorizzazione delle citazioni nei vari codici individuati. Utilizzando la metodologia di Babbie (2015, pp. 388-392) sono stati creati tre diversi tipi di codici: aperti, assiali e selettivi. Creati i codici, si è passati alla fase operativa, avvenuta attraverso NVivo. Analizzando una ad una le interviste si è potuto determinare l’appartenenza delle dichiarazioni a uno o più codici. I risultati di questa fase di ricerca sono illustrati nel paragrafo 4.1.

La seconda fase della ricerca si è avvalsa della somministrazione di questionari che presentavano sia domande aperte che domande chiuse (dicotomiche e a scelta multipla). La decisione di avere anche domande aperte nel questionario è stata presa per adattarsi alle peculiarità di una collezione dati in rifugio dove i partecipanti dispongono di tempo libero per poter elaborare le loro opinioni su un questionario cartaceo. La selezione dei partecipanti da intervistare è stata mirata e sono stati scelti individui in base alla loro conoscenza del club (membri di lungo termine o con un ruolo strategico all’interno del consiglio dell’associazione, manager dell’area) unitamente a semplici sciatori ospiti della struttura. Per quanto riguarda i questionari sono stati invitati prevalentemente ospiti. I questionari raccolti sono 258. In media per rispondere alle domande del questionario il tempo richiesto è stato di circa venti minuti.

L’analisi dei dati si è basata su analisi delle frequenze e di alcune misure di statistica descrittiva. Per identificare gli elementi di attrattività si è adottata una scala di desiderabilità con valori da 1 a 5: sono stati considerati valori alti gli elementi con una media superiore a 4 e valori stabili quelli con una deviazione standard inferiore a 1. Per questa seconda fase i dati raccolti sono stati analizzati utilizzando il software SPSS. I risultati di questa fase di ricerca sono illustrati nel paragrafo 4.2.

4. Principali risultati della ricerca

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