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Michel Gondry

Nel documento Music Video (pagine 150-154)

6. Musica elettronica e video

6.1 Una nuova forma d’arte

6.1.2 Michel Gondry

Michel Gondry ha un passato di musicista, ma soprattutto di ani- matore: è interessante notare come molti autori della “nuova ge- nerazione” di registi di video musicali abbiano un passato legato al fumetto o al disegno e all’animazione tradizionale. Dal punto di vista stilistico Gondry deve molto all’estetica di Rybczynski.

Il regista francese lavora su una serie di scelte formali ap- parentemente diverse fra loro ma che insieme restituiscono agli occhi dello spettatore un mondo infantilmente visionario, sicura- mente meno minaccioso di quello di Cunningham. In molta video- musica, l’immaginario, dichiaratamente infantile, domina l’estetica dei registi più creativi. Tutte le differenti modalità di elaborazione delle immagini che Gondry adotta, puntano a creare un universo labirintico, dove il corpo si muove in uno spazio caleidoscopico. Per ottenere questo effetto spesso il regista ricorre a set veri, molto elaborati dal punto di vista scenografico, mentre in altri casi usa il compositing digitale.

I suoi set, più che rappresentare scenari verosimili, sono spesso palchi teatrali filmati: i fondali sono a vista, gli sfondi sono retroproiezioni, gli oggetti di scena appaiono evidentemente po- sticci, l’ambientazione è dichiaratamente teatrale. Il regista è stato per anni il creatore dei video musicali di Björk, e ha contribuito non poco a costruire l’immagine tipica della cantante islandese, quella di un folletto infantile “caduto” dal mondo dei sogni o delle fiabe in quello degli adulti. Human Behaviour (1993) è una sorta di manifesto dello stile teatrale di Gondry: Björk si perde in un bosco dove si aggirano un cacciatore e un orso, ma tutto sembra fatto

di carta. In Army of Me (1995) l’ambientazione è una metropoli futurista ispirata a Brazil di Terry Gilliam, dove Björk compie una sorta di viaggio iniziatico per risvegliare con una bomba l’uomo che ama, congelato in una teca dentro un museo. Hyperballad (1996) è invece un affascinante video meno vincolato a un’idea narrativa: un vero e proprio omaggio al viso di Björk che diventa una sorta di statua fluttuante dentro scenari fatti di immagini da videogioco low-tech, specchi, fotografie in sequenza, il tutto giocato su un’idea di circolarità dei movimenti di macchina.

Il risultato migliore della collaborazione fra Michel Gondry e Björk è sicuramente Bachelorette (1997), una metafora suggestiva del paradosso che si può creare quando la fantasia viene mecca- nizzata e mercificata, e un video che più di ogni altro svela il de- siderio del regista francese di giocare con spazi caleidoscopici che ritorcono anche la narrazione in spirali incontrollabili. Björk trova in un bosco un libro magico con le pagine bianche che si scrivono da sole: la cantante esegue le indicazioni del libro, quindi si reca in una grande città, e trova un editore che le pubblica il libro e un regista che trasforma il testo in un’opera teatrale. Fra il regista e la cantante nasce una storia d’amore. Tutto è coronato dal successo, ma qualcosa nel meccanismo si inceppa, in una interessantissima mise en abîme narrativa.

Poiché il contenuto del libro è la medesima storia che ve- diamo come spettatori, ovvero quella di Björk che trova il libro, va nella metropoli, lo pubblica, conosce il regista ed è la protago- nista dello spettacolo, si vedono palchi sempre più piccoli che si aprono in teatri dove si mette in scena la storia, ospitando sem- pre gli stessi personaggi impersonati da attori via via sempre più brutti. Ma qualcosa nella storia finalmente cambia: la cantante e il regista si lasciano, il libro si cancella da solo, tutti buttano i libri oramai inservibili: è la rovina. Tutti gli ambienti sono invasi da rami e foglie che si riprendono il libro magico. Il video è un’in- teressante critica alla serializzazione del mondo dei media e del mercato che, una volta trovata una formula, tendono a reiterarla fino a esaurirla. Anche in Joga (1997) Gondry lavora sulla cir- colarità, questa volta di affascinanti paesaggi intorno ai quali il punto di vista vola verso l’immagine digitale di Björk che apre il suo torace, per farci vedere il suo interno, anch’esso costituito da paesaggi in movimento.

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MUSICA ELETTRONICA E VIDEO

continuità spesso in Gondry diventa vero e proprio pianosequenza. Il più interessante è quello usato per un gruppo sempre apparte- nente all’area elettronica, i Massive Attack, nel video Protection (1995). Qui il regista francese costruisce un vero palazzo con una serie di stanze: la telecamera veleggia sugli ambienti a vista, mo- strandoci la vita quotidiana di un certo numero di personaggi. In realtà, da un certo punto in poi, lo spettatore si accorge che c’è qualcosa di strano nel comportamento dei corpi che abitano le stanze: infatti, il palazzo è costruito in orizzontale, quindi tutte le persone sono sdraiate, e la sensazione che stiano in piedi dipende unicamente dal punto di vista della telecamera. Altro virtuosismo interessante è il video Sugar Water (1996) per i Cibo Matto, dove in uno schermo diviso in due si inseguono due pianosequenza le cui vicende si incrociano: in questo caso Gondry usa l’immagine in reverse per spiazzare ancora di più lo spettatore.

Ma i video più interessanti prodotti da Michel Gondry sono quelli realizzati per il gruppo di musica elettronica Chemical Brothers. Svincolato da obblighi narrativi e dalla necessità di vi- sualizzare il gruppo, il regista francese libera la sua fantasia. In Let Forever Be (1999) Gondry mostra la sconcertante fusione del mondo dei sogni e della realtà che alberga nella mente di un personaggio femminile. Il mondo della realtà è rappresentato da riprese in video, piuttosto sporche e traballanti, in cui la prota- gonista compie semplici azioni quotidiane: si alza, va al lavoro a piedi (è una commessa di un negozio di profumi in un ipermer- cato), parla con i clienti, e così via, mentre il mondo dei sogni è rappresentato da riprese in pellicola in cui la protagonista, che diventa una danzatrice, e tutto ciò che la circonda sono molti- plicati sette volte. Questo effetto è ottenuto grazie all’utilizzo di sette danzatrici molto simili, mentre la composizione del set e gli effetti di transizione sono usati per passare dal mondo dei sogni a quello della realtà e viceversa, costruendo uno spazio labirintico e vorticoso. Il video è un interessante omaggio alle tecniche di scomposizione del quadro ottenibile tramite effetti ottico-mecca- nici, come il caleidoscopio, ma è anche un divertito riferimento all’immagine cardine della videoarte, il feedback. Anche in questo video il regista francese fa ampio uso delle immagini in reverse, e l’effetto sullo spettatore è quello di un vero e proprio spaesa- mento percettivo.

Star Guitar (2002) è un altro video che sconcerta per la sua apparente semplicità. A prima vista sembra essere un pianosequen- za effettuato dal finestrino di un treno in movimento. In realtà, a guardare bene il paesaggio rappresentato, vi sono delle moltiplica- zioni di parti dell’ambiente piuttosto poco realistiche, ma soprattut- to: gli elementi del paesaggio vanno a tempo di musica, ovvero tutti gli oggetti sfrecciano davanti al finestrino in perfetta sincronia con alcuni elementi ritmici del brano musicale. Star Guitar è un video esemplare del modo in cui la pratica del compositing è in grado di creare collage irreali a partire da immagini preesistenti. Del resto, lo stile di Gondry si sta concentrando sempre di più sull’uso di effetti digitali, ma nascondendoli agli occhi dello spettatore, o rendendoli visibili solo a uno sguardo attento o a una seconda visione del video. Lo spazio creato dal regista francese è ovviamente fittizio, in quanto tende all’infinito, almeno in alcune sue parti, e in quanto geometri- camente adattato alla ritmica del brano. È uno spazio musicale, o la rappresentazione non astratta ma ritmica di un brano musicale. Grazie a questa ambivalenza fra reale e fittizio, tra verosimile e ar- tificiale, Gondry riesce a superare i limiti spazio-temporali e a crea- re dei non-luoghi artificiali, ricostruiti attraverso la tecnologia, che sembrano proiezioni mentali, sogni, ma soprattutto ricordi.

22. Michel Gondry, Let Forever Be, 1999 (Chemical Brothers)

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