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Il ruolo urbano della chiesa

Fin dalla sua origine, la Chiesa ha esercitato un ruolo evidente in tutto il mondo cristianizzato. Per molti secoli essa ha caratterizzato e condizionato molti aspetti del pensiero, della cultura e della società occidentale, con riflessi sull’etica, sulla morale e sulle consuetudini sociali, imponendosi non solo come riferimento religioso, ma realtà temporale di rilevanza sociale, economica, amministrativa e politica.

Con la sua storia plurimillenaria, essa ha lasciato un’eredità molto concreta anche nei segni fisici del costruito, che mettono in risalto la rilevanza urbana degli interventi legati alla sua presenza, non solo attraverso le grandi cattedrali con i loro capolavori d’arte, o le tante chiese minori che ricostruiscono l’evolversi dell’arte del costruire e della devozione popolare. L’insediamento religioso ha lasciato un segno pregnante, anche se meno conosciuto, nella strutturazione del paesaggio extraurbano nel suo complesso e della città in particolare, all’interno della quale vaste sono le porzioni che ne risultano condizionate fin dalla loro origine. Dopo la caduta dell’Impero Romano, la Chiesa ha ereditato l’impostazione amministrativa antica e nel Medioevo ne ha ripreso l’organizzazione come modello della sua struttura territoriale, con la creazione di un sistema analogo e parallelo a quello feudale1. Questo è

evidente nella struttura e nella localizzazione dell’insediamento territoriale dei sistemi religiosi, riconducibili alla rete delle pievi e delle cattedrali della chiesa secolare, come in quella dei grandi complessi abbaziali della chiesa regolare. Ma lo è anche, e forse in misura maggiore, nella lettura del tessuto urbano: al suo interno la residenza religiosa manifesta proporzioni inaspettate e assume caratteri peculiari riconoscibili nelle persistenze.

Nei secoli, avvenimenti diversi hanno contribuito alla continua trasformazione fisica di un sistema insediativo che, come quelli extraurbani delle pievi e delle abbazie, ha dimostrato una notevole capacità di adattamento ai grandi rivolgimenti che la storia ha riservato alle città europee. Numerosi sono stati gli eventi traumatici che hanno minacciato il sistema nel suo complesso, senza mai comprometterlo veramente; anche la dissoluzione attuale è più apparente che reale, e interessa più il centro storico che non la città nel suo complesso2.

A Parma, l’intero sistema si struttura lentamente a partire dall’Alto Medioevo, per consolidarsi nel corso del XIII Secolo, sino alla saturazione moderna che si consuma all’interno della città

Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244515 pp. 9-22 (giugno 2019)

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figg. 1-2 - Pianta della città di Parma e dei dintorni e dettaglio, fine XVI Secolo [Archivio di Stato di Parma, Miscellanea]. La carta, attribuita allo Smeraldi, riporta le planimetrie dei chiostri e delle chiese dei principali organismi religiosi. La quadrettatura della carta lascia supporre che fosse l'esemplare usato per la riproduzione delle copie, infatti non sono riportati i numeri della legenda dei principali edifici, né la dedica al Duca, riportati sulle altre copie conosciute. Al contrario, gli elementi che permettono il riconoscimento degli edifici sono disegnati con attenzione. In alcuni casi si leggono anche delle suddivisioni interne ai lotti, riconducibili a lottizzazioni in corso, come negli isolati prospicienti borgo Felino, borgo Regale e strada Nuova, o a frazionamenti interni al lotto di pertinenza dei complessi più importanti, i grandi monasteri di San Giovanni e San Paolo, che avevano case sui fronti secondari del lotto.

murata, superando i momenti critici di dissoluzione senza mai perdere la sua persistente vitalità, che si rafforza nella capacità di trasformazione e di rigenerazione funzionale dei suoi edifici specialistici, all’interno dei quali hanno spesso coesistito usi diversi3.

La ricostruzione del processo di insediamento del sistema permette di comprendere meglio quali sono le funzioni, le forme e le caratteristiche che l’insediamento religioso urbano assume in relazione al tessuto storico della città e nello stesso tempo mette in risalto il profondo condizionamento che esso ha esercitato sullo sviluppo urbano in un arco temporale di lunga durata. Questa analisi copre principalmente il periodo precedente la redazione dell’Atlante Sardi, che costituisce la soglia temporale dello studio più approfondito delle trasformazioni architettoniche dei singoli elementi, e si prolunga sino ai tempi più recenti, nei quali si osservano nuove realtà insediative.

Uno studio finalizzato alla comprensione del condizionamento esercitato dalla residenza religiosa sulla struttura urbana assume come presupposto ovvio che gli elementi della presenza cenobitica siano riconoscibili nella sedimentazione del tessuto urbano come elementi ‘rilevabili’ e quindi siano riconoscibili nella cartografia come sistema.

Le fonti

La definizione della struttura del sistema prevede l’individuazione degli elementi che lo costituiscono, con la loro catalogazione e datazione. La difficoltà principale deriva dall’ampiezza temporale del periodo interessato e dalla scarsità di informazioni relative alle sue origini, alla quale si somma la diversificazione della denominazione delle strutture, costituite non solo da

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fig. 3 - Pianta schematica dell’Oltretorrente con l’individuazione delle funzioni specialistiche, XVII Secolo [ASPr, Mappe e Disegni - 3/63]. fig. 4 - Pianta schematica della parte orientale della città nella quale sono riportati molti edifici conventuali oggi scomparsi, XVIII Secolo [ASPr, Mappe e Disegni - 2/28]. fig. 5 - Eidotipi di rilievo dell'Oltretorrente, fine XVI Secolo [ASPr, Mappe e Disegni - 2/51]. Nella carta, oltre a molte proprietà e destinazioni, sono riportate le misure dei fronti stradali. Nelle tre carte che ricostruiscono l'organizzazione del tessuto e della viabilità cittadina sono indicati con cura gli elementi notevoli e le principali destinazioni urbane, tra cui gli organismi religiosi, a documentazione della loro importanza per la caratterizzazione e la riconoscibilità urbana, quindi per il rilievo della città. A riprova dell'attendibilità dei documenti iconografici, si evidenzia il fatto che gli organismi che non sono stati riportati nella carta dello Smeraldi risultano fondati dopo la sua redazione (cfr. A. Schiavi).

conventi e monasteri, ma anche da ospizi, ospedali, conservatori... Inoltre il frequente cambio di sedi e funzioni si sovrappone alla persistente promiscuità di funzioni che caratterizza i complessi maggiori.

All’interno dei grandi complessi religiosi, costituiti da un insieme organizzato di edifici e di spazi aperti a destinazione diversa, infatti coesistono spesso funzioni accessorie a quella principale della residenza religiosa, che implica sempre attività collaterali a quelle direttamente connesse alla preghiera e al culto. Queste sottolineano il ruolo economico, sociale e culturale della presenza urbana delle comunità religiose, cui anche in passato si sono sovente affiancate confraternite laiche di volontariato.

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Esiste quindi una doppia diversificazione tipologica/filologica (monasteri, conventi, collegi, conservatori, ospizi, ospedali) e funzionale (preghiera, isolamento, produzione, accoglienza, predicazione, carità, servizio e istruzione) legata alla complessità delle funzioni esercitate all’interno degli organismi religiosi e al loro frequente cambio d’uso all’interno dello stesso sistema. Il fattore comune è costituito dall’aspetto residenziale delle strutture, sempre caratterizzate dalla presenza di clero cenobita, con relazioni più o meno aperte alla popolazione urbana, che determinano la presenza di spazi e attività accessorie che costituiscono la fonte di sostentamento e/o la motivazione di servizio della comunità religiosa.

Le relazioni qualitative e quantitative tra gli spazi e le funzioni cambiano in funzione della categoria di appartenenza e quindi sono legate, in ultima analisi, alle regole religiose che contraddistinguono gli ordini, ma questo può essere letto solo con un confronto tipologico dopo l’individuazione degli oggetti e delle loro trasformazioni.

Sulla base della documentazione bibliografica4 e cartografica consultabile è stato redatto

un elenco degli elementi del sistema, che tenesse conto della cronologia di fondazione, della successione delle destinazioni/titolazioni e dell’eventuale spostamento diacronico degli elementi. La ricostruzione dell’intero processo è quindi basata sull’individuazione dei complessi, delle denominazioni e dei passaggi d’uso e di possesso.

La cronologia di fondazione del sistema è stata ricostruita confrontando le informazioni riportate dalle principali fonti bibliografiche relative alla storia della città, con la cartografia storica disponibile. In particolare i documenti iconografici fondamentali sono stati la carta di Parma disegnata da S. Smeraldi alla fine del XVI Secolo5, nella quale sono disegnati ed

identificati in legenda i principali complessi religiosi, dei quali è disegnato il chiostro e i principali frazionamenti dell’isolato; una planimetria della parte orientale della città nella quale sono riportale un gran numero di istituzioni religiose6 e due carte dell’Oltretorrente, con un

rilievo approssimato ma ricco di riferimenti7, il catasto settecentesco redatto da G.B. Sardi8;

le carte urbane del XIX Secolo, alcune delle quali evidenziavano le proprietà della chiesa all’interno della cinta muraria. Per quanto riguarda altre fonti, essenziali sono le ricerche di A. Schiavi9 e gli elenchi del fondo Conventi e Confraternite dell’Archivio di Stato.

Quasi tutti gli elementi dei quali si è trovata traccia documentaria sono ancora ben riconoscibili nel catasto del Sardi, dalla cui lettura è partita la ricerca delle proprietà ecclesiastiche riferibili

fig. 6 - Organismi religiosi regolari individuati sulla pianta dello Smeraldi con gli isolati di pertinenza, in bianco le strutture scomparse. I complessi maggiori sono riconoscibili per la rappresentazione schematica dell’impianto generale e del disegno del chiostro. Il polo della chiesa secolare, costituito dalla Cattedrale con il Battistero, dal Vescovado e dal Seminario non è stato evidenziato perché ben riconoscibile.

In molti casi la carta riporta frazionamenti interni agli isolati che possono essere riferiti a lotti di pertinenza ancora riconoscibili nel successivo catasto settecentesco, nel quale le presenze sono molto più numerose, ma sembra ridursi l’estensione delle pertinenze. L’insediamento religioso interessa maggiormente la fascia esterna della città murata.

fig. 7 - (pag. seguente) . Localizzazione sulla carta dello Smeraldi degli insediamenti religiosi nella città storica documentati e riportati nel rilievo catastale settecentesco dell’Atlante Sardi (1756). In bianco le preesistenze già scomparse nel XVIII sec. Il grande numero di organismi fondati nel periodo che intercorre tra i due documenti sottolinea come il sistema religioso urbano fosse ancora in corso di saturazione. Dal confronto tra le due situazioni, si nota come le nuove presenze interessino anche la parte più antica della città, ma solo a sud della Via Emilia, mentre a nord il quadrilatero della città romana resta dominato dalla sola presenza del polo episcopale della chiesa secolare. Alcuni insediamenti interessano isolati lottizzati nel corso del secolo precedente, spesso in testata. Circa un quarto delle insule censite dal Sardi risulta interessata dalla presenza di insediamenti ecclesiastici regolari, individuati nel registro delle proprietà come monasteri, conventi, case, collegi, convitti, conservatori o ospizi. In tuttti i casi è possibile individuare l’estensione della proprietà riferibile in modo diretto all’organismo religioso. La denominazione degli oggetti appare quindi abbastanza diversificata.

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fig. 8 - La fondazione. La fase fondativa del sistema inizia nel IX Secolo, con l’insediamento dei primi monasteri femminili nella parte nord- occidentale della città, e si protrae sino al

XII Secolo. Per molto tempo i monasteri di Cunegonda rimasero gli unici all’interno della I cinta; l’insediamento avviene prevalentemente nella fascia compresa tra la prima e la seconda cinta e solo in pochi casi (San Giovanni, San Quintino e San Basilide) a ridosso delle stesse. Gli insediamenti più importanti interessano la fascia settentrionale, dove la chiesa possedeva ampi terreni (prato regio) che il Vescovo concede per la fondazione dei monasteri. Verso la città e ai fianchi la forma del lotto risulta definita dai percorsi viari preesistenti, anche se l’orientamento dell’organizzazione interna dell’isolato segue altre regole: in alcuni casi l’orientamento centuriale (San Paolo, San Benedetto, San Quintino, San Sepolcro e in genere tutti quelli attestati sulla via Emilia), in altri è poco diverso (San Giovanni), ma solo in un caso risulta definito dall’andamento delle mura (San Basilide).

Sul retro, il disegno è riferibile alle mura duecentesche successive e pertanto si può suppore che la forma dell’isolato sia stata ridefinita in seguito alla costruzione delle mura e alla cessione di porzioni marginali sui fronti secondari, o alla costruzione di case poi cedute (San Giovanni, San Paolo).

alla residenza del clero ed alle sue attività non pastorali. L’impianto urbano disegnato dallo Smeraldi non è sovrapponibile in modo esatto alla cartografia attuale, ma è molto attendibile per quanto riguarda l’organizzazione del tessuto e costituisce il primo documento grafico geometricamente rilevato della città moderna, quindi la carta rappresenta la situazione più vicina a quella nella quale si è formato e consolidato il sistema.

La dimensione quantitativa dell’impatto della presenza della chiesa sulla città storica risulta evidente dal ricongiungimento dei dati ricavati dai diversi documenti dell’iconografia storica. Essa si rafforza con l’ulteriore confronto con la bibliografia più recente10.

Quando, con due successivi decreti del 1805 e del 1811, fu decretata la soppressione degli ordini religiosi e l’esproprio dei relativi beni, il provvedimento riguardò in tutto 31 complessi, che furono inventariati11 e in parte rilevati da Giuseppe Cocconcelli, ma gli insediamenti religiosi

individuati sulle tavole dell’Atlante Sardi, redatto meno di quarant’anni prima, sono molto più numerosi. Gli elenchi dei proprietari delle insule evidenziano come su un totale di 196 isolati, ben 51 fossero interessati dalla presenza di un organismo cenobitico. Se aggiungiamo le chiese parrocchiali, alcune delle quali erano collegiate, e le confraternite laiche, che spesso gestivano una chiesa o una cappella e avevano un’impronta devozionale, possiamo farci un’idea dell’incombenza della presenza ecclesiastica sulla città.

La situazione settecentesca riconferma quanto già rilevato dallo Smeraldi, che restituisce la localizzazione di 48 elementi fisicamente localizzati. Il rilievo catastale del Sardi, con il suo elevato grado di dettaglio e l’indicazione delle intestazioni, costituisce il principale documento di riscontro tra le indicazioni contenute sulle altre carte e sui testi di riferimento.

La redazione di elenchi omogenei ha permesso di confrontare informazioni relative alla strutturazione del sistema, considerando la fondazione delle singole istituzioni, la loro tipologia e destinazione originaria, il loro inserimento urbano in relazione alla crescita della città e ai suoi elementi morfologici importanti, come i canali, gli assi stradali e le mura.

Su questa base è stato quindi possibile organizzare le letture sincroniche descritte dalle tavole illustrate, che nella loro successione evidenziano tre grandi fasi rispettivamente di insediamento, consolidamento e saturazione nel sistema urbano e sottolineano le sue trasformazioni generali in relazione ai grandi avvenimenti storici e urbanistici.

Il sistema religioso: fondazione, espansione, consolidamento

Le notizie relative alla città altomedievale sono naturalmente scarne, ma il confronto degli studi degli storici locali con le principali opere di storia urbana, permette di ricostruire un quadro generale che pur non essendo esaustivo, è quantomeno significativo.

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Dopo la caduta dell’impero romano, le città che persero in parte il loro ruolo economico, divennero le sedi della residenza episcopale attraverso la quale la chiesa romana instaurò e mantenne per secoli un controllo del territorio, che nella vacanza di altri poteri allargò alla gestione politica e amministrativa.

In questo contesto la presenza religiosa diventa un elemento di riferimento urbano e territoriale, caratterizzato alla sua origine da una rete paritetica, facente capo al vescovo, individuata fisicamente dalla pieve urbana e dalle pievi rurali, che inizialmente godevano degli stessi diritti della chiesa madre. Nell’alto medioevo la densità urbana era bassa e non c’era alcuna particolare differenziazione tra la città e il contado, pertanto tutte le pievi della diocesi erano chiese battesimali e residenze episcopali. Quando i vescovi iniziarono a risiedere stabilmente nelle città, la pieve urbana acquisì un’importanza maggiore, divenendo cattedrale. Questo passaggio sembra avere un riscontro nella costruzione dei battisteri, concepiti come edifici autonomi, situati a fianco della chiesa12.

In parallelo alla struttura episcopale-plebana si forma un’altra rete, controllata dai religiosi regolari direttamente sottomessi al papa, che ne aveva approvato le regole, e che per questo godeva di una sua relativa autonomia dall’episcopato. Nei primi secoli, questa è caratterizzata soprattutto dagli insediamenti dei monaci che seguivano la regola di San Benedetto, conosciuta attraverso il motto “ora et labora”. I primi monasteri venivano fondati sulle grandi proprietà terriere concesse dai sovrani dei regni barbarici, che avevano interesse a garantirsi presenze amiche sul territorio. I monaci bonificavano e dissodavano, assicurando con la loro operosità l’autonomia economica del monastero e la sopravvivenza della popolazione che faceva capo all’abbazia.

Il complesso monastico si struttura come una corte autonoma di dimensioni rilevanti, all’interno della quale convivono attività molto diverse tra loro, produttive, culturali e di servizio, come l’ospitalità e l’assistenza.

La presenza più antica è soprattutto extraurbana ed è legata alla bonifica delle lande paludose, ad eccezione dei monasteri femminili, che si insediavano entro le mura per motivi di sicurezza. Quando la città ricominciò ad esercitare la sua attrattiva, anche i monasteri cercarono nuovi insediamenti urbani. Poiché la costruzione di grandi complessi polifunzionali all’interno di un tessuto consolidato non era facile, essi si stabilirono in genere in prossimità delle mura, ma all’esterno delle stesse.

La distribuzione e la posizione di questi insediamenti nel territorio parmense è abbastanza significativa del loro ruolo e peso politico-economico, attuato anche attraverso il controllo delle risorse idriche. Infatti le principali corti e proprietà monastiche del contado sono in posizione strategica rispetto ai corsi d’acqua, ai canali e alla grande viabilità13.

Nell’alto medioevo, all’interno della prima cinta urbana di Parma è documentata la presenza di poche chiese e di un unico complesso monastico oltre alla sede episcopale, situata nella curtis

regia e protetta da una cinta contigua alla città murata. Si tratta del monastero femminile di San

Bartolomeo, nel quale nell’830 si ritirò la regina Cunegonda dopo la deposizione e la morte del re Bernardo, facendo una ricca donazione per la costruzione del nuovo monastero di sant’Alessandro (835), che aveva anche un ospizio e più tardi risulta dotato di un acquedotto privato.

Il complesso dei monasteri di Cunegonda, ai quali la regina aveva regalato anche la corte di Sacca, dove esistevano una dogana e un porto fluviale, si trovava nell’angolo nord-occidentale delle mura, delimitato dal fiume e dall’attuale via Garibaldi e forse era cintato da mura. L’estensione complessiva doveva essere pari a una doppia insula della città romana, analoga a quella del recinto fortificato della terza mater ecclesia, costruita nel 870 nella curtis regia, all’esterno dell’angolo nord orientale delle mura, dove era già stata la prima14.

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figg. 9 e 10 - Posizione dei principali complessi religiosi in relazione al sistema dei canali a scala territoriale ed urbana. Tutti i principali monasteri della città antica risultano serviti di acqua dai canali, e posseggono dei mulini (in bianco). La maggior parte dei mulini storici della città sono riferibili ai monasteri, che spesso possedevano folli anche fuori dalle mura. Solo due conventi (San Francesco e San Domenico) avranno un loro mulino. Anche se la diversa regola può aver determinato un diverso atteggiamento nei confronti delle attività produttive, questo sembra anche indicare una coincidenza temporale tra l'affermazione del mulino idraulico e la fondazione dei monasteri.

Verso la fine del X Secolo la città sembra esercitare una maggiore attrattiva sugli ordini monastici, che iniziano a costruire nuove sedi intorno alla città. Il primo ad insediarsi è il monastero di San Benedetto, ricordato nel 947, che aveva anche un ospizio.

Nel 981 i monaci di Monte Bardone fondarono un nuovo monastero dedicato a San Giovanni, situato a ridosso delle mura e della sede episcopale, che ebbe un ospedale, una farmacia e un mulino. I monaci di San Giovanni possedevano le corti di Sanguigna e Giarola, la badia di Torrechiara e la sede primitiva di Monte Bardone, controllando di fatto i confini della colonia parmense. Nei pressi di San Giovanni esisteva il monastero femminile di San Pietro in Vincoli, la cui posizione esatta non è stata individuata, demolito nella seconda metà del XVI Secolo,

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