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Il sistema urbano. Strutturazione dell’insediamento cenobitico nella città storica

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Academic year: 2021

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A

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A

cne

Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana

a cura di P

. Giandebiaggi, M.E. Melley

, C. V

ernizzi, D. Bontempi

Gli orGanismi reliGiosi

nella trasformazione urbana

analisi

e

rilievo

nella

città

di

parma

a cura di

Paolo Giandebiaggi

Maria Evelina Melley

Chiara Vernizzi

Donatella Bontempi

Presentazioni di

Monsignor Enrico Solmi

Paolo Andrei

65,00 euro

In copertina

Vincenzo Vernizzi, Forma urbis Parmae, 2019.

ISBN 978-88-255-2445-1

Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana

I

l volume presenta gli esiti di uno studio condotto sulla città di Parma attraverso letture

in-terdisciplinari volte a comprendere l’impatto degli organismi conventuali e monastici

sul-la strutturazione e sul-la trasformazione del tessuto urbano del centro storico delsul-la città. In

par-ticolare, il rilievo architettonico e urbano degli organismi religiosi diviene strumento e, nel

contempo, fine delle diverse tipologie di lettura e analisi svolte e raccolte nel volume,

indivi-duando una metodologia di studio complementare e integrata all’analisi storica e storico

ico-nografica, che elegge la conoscenza di organismi religiosi complessi a strumento di

compren-sione delle trasformazioni indotte sulla città.

Contributi di Giorgia Bianchi, Marco Bennicelli, Donatella Bontempi, Anna Còccioli, Mastroviti, Ilaria Fioretti, Agnese Ghini, Andrea Ghiretti, Paolo Giandebiaggi, Maria Evelina Melley, Michela Michelotti, Maria Carmen Nuzzo, Daniela Paltrinieri, Michela Rossi, Cecilia Tedeschi, Chiara Vernizzi, Andrea Zerbi.

P

aolo Giandebiaggi è professore ordinario di Disegno presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Parma. Responsabile di diversi progetti di ricerca, ha svolto attività di rilievo di architetture storico monumentali di prestigio in diverse città italiane e straniere. L’attività di ricerca nei set-tori dell’analisi grafica dell’architettura sset-torica, dell’elaborazione progettuale informatizzata e della rappresen-tazione urbana e ambientale è stata oggetto di pubblicazioni, di mostre d’architettura e di relazioni presso uni-versità e istituti culturali.

M

aria Evelina Melley, laureata in Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze, è specializzata in Ar-chitettura dei giardini, progettazione e assetto del paesaggio. Dal 2007 è ricercatrice presso il Dipartimen-to di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Parma. All’interno del gruppo di ricerca, coordina-to da Paolo Giandebiaggi, opera sui temi delle applicazioni informatiche e multimediali e sui temi del disegno e del rilievo dell’architettura della città e del paesaggio.

C

hiara Vernizzi, laureata in Architettura presso il Politecnico di Milano, è professore ordinario di Disegno presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Parma. La sua attività di ricerca si sviluppa nei settori del disegno e del rilievo architettonico e urbano. In particolare, sui metodi e gli strumenti di rilievo integrato, sulla restituzione grafica del rilevamento di architetture e contesti urbani storici, sull’evoluzione storica dell’iconografia urbana e sulla rappresentazione grafica moderna e contemporanea del progetto di architettura. Ha all’attivo oltre cento pubblicazioni sui temi della geometria descrittiva, del rilievo e del disegno dell’architettura e della rappresentazione della città.

D

onatella Bontempi, laureata in Architettura presso l’Università degli Studi di Parma, nel 2011 ha consegui-to il ticonsegui-tolo di dotconsegui-tore di ricerca in Forme e strutture dell’architettura. Insegna Fondamenti di disegno e do-cumentazione grafica presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università degli Studi di Pavia. Dal 2014 è assegnista di ricerca con tema “Rilievo e rappresentazione per la rigenerazione urbana”. La sua atti-vità di ricerca è affiancata da presentazioni e pubblicazioni in libri e riviste.

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Editing e Graphic design Donatella Bontempi

© Copyright 2018

DIA – DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA Università di Parma

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Gli organismi religiosi

nella trasformazione urbana

Analisi e rilievo nella città di Parma

a cura di

Paolo Giandebiaggi

Maria Evelina Melley

Chiara Vernizzi

Donatella Bontempi

Presentazioni di

Monsignor Enrico Solmi

Paolo Andrei

contributi di

Giorgia Bianchi, Marco Bennicelli, Donatella Bontempi

Anna Còccioli Mastroviti, Ilaria Fioretti, Agnese Ghini, Andrea Ghiretti

Paolo Giandebiaggi, Maria Evelina Melley, Michela Michelotti

Maria Carmen Nuzzo, Daniela Paltrinieri, Michela Rossi

Cecilia Tedeschi, Chiara Vernizzi, Andrea Zerbi

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Aracne editrice

www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it Copyright © MMXIX

Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale www.gioacchinoonoratieditore.it info@gioacchinoonoratieditore.it

via Vittorio Veneto, 20 00020 Canterano (RM)

(06) 45551463 isbn 978–88–255–2445–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore.

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(7)
(8)

V

S

ommario

Sommario

P

reSentazione monSignor Enrico Solmi pag. XI

P

reSentazione Paolo andrEi pag. XIII

i

ntroduzione

:

dallearchitetturereligioSe

al diSegnodellacittà Paolo Giandebiaggi pag. XV

g

loSSario Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo, Michela Rossi pag. XXI

Parte Prima

i

lSiStema urbano

. S

trutturazionedell

inSediamento

cenobiticonellacittàStorica Michela Rossi pag. 9

r

elazioni

. r

icadutedellacoStruzionedegliorganiSmi

religioSiSulteSSutourbano Chiara Vernizzi pag. 23

d

emolizionedelleStrutturedegliorganiSmi

architettonicieimPatto Sullacittà Andrea Zerbi pag. 35

S

iStemidiorganiSmireligioSiminorielororelazioniurbane

Marco Bennicelli pag. 51

g

liimPiantitiPologiciel

organizzazionedegliiSolati

Maria Carmen Nuzzo pag. 63

o

rganizzazioneinfraStrutturale alcontornoerelazioni

conleStrutture conventualiemonaStiche Andrea Ghiretti pag. 71

g

iardiniechioStri

. P

ermanenze

,

traSformazioni

,

SoStituzioni

Anna Còccioli Mastroviti pag. 79

a

rchitettura criStiana

:

filoSofiadelcomPorre

edeSPerienzecoStruttiveduranteiSec

.

xiv

-

xvi Michela Michelotti pag. 95

i

l

c

onventodei

m

inimidi

S

an

f

ranceScodi

P

aola

tra memoriaemutamento Agnese Ghini pag. 105

a

naliSidelledinamiche dimantenimento

,

traSformazionefiSica

efunzionaledegliorganiSmimonaSticieconventuali

Ilaria Fioretti, Cecilia Tedeschi, Maria E. Melley, Daniela Paltrinieri pag. 115

i

lSettore

n

ord

-e

St Ilaria Fioretti pag. 121

(9)

VI

i

l Settore

S

ud

-o

veSt Maria E. Melley pag. 143

i

l Settore

n

ord

-o

veSt Daniela Paltrinieri pag. 151

Parte Seconda

c

ontenitori

vuoti

Maria E. Melley pag. 161

e

dificieSiStenti Donatella Bontempi , Maria E. Melley, Michela Michelotti pag. 166

1. Seminario Maggiore pag. 167 2. Monastero di San Benedetto pag. 175 3. Monastero di San Giovanni Evangelista pag. 183 4. Monastero di San Paolo pag. 193 5. Monastero di Sant’Uldarico pag. 201 6. Palazzo Vescovile pag. 209 7. Monastero di San Sepolcro pag. 217 8. Monastero di San Quintino pag. 225 9. Convento di San Francesco del Prato pag. 233 10. Convento di Santa Maria del Tempio pag. 241 11. Santa Maria Maddalena pag. 249 12. Priorato di San Francesco di Paola pag. 257 13. Convento di San Luca degli Eremitani pag. 265 14. Monastero di San Cristoforo pag. 273 15. Priorato di Santa Maria dei Servi pag. 281 16. Monastero di Santa Caterina pag. 289 17. Convento di Santa Maria del Carmine pag. 297 18. Convento (claustrale) di San Tiburzio (non rilevato) pag. 305 19. Convento di Sant’Antonio Abate pag. 309 20. Monastero di San Salvatore pag. 317 21. Collegio di San Rocco pag. 325 22. Convento della Santissima Annunziata pag. 333 23. Convento di Santa Maria del Quartiere pag. 341 24. Collegio di Sant’Orsola pag. 349 25. Monastero (claustrale) di Santa Maria degli Angeli (non rilevato) pag. 357 26. Convento di San Pietro d’Alcantara pag. 361

e

dificidemolti Donatella Bontempi pag. 369

27. Monastero di Sant’Alessandro pag. 370 28. Monastero di San Basilide pag. 372 29. Monastero di Santa Maria delle Grazie pag. 374 30. Monastero di San Domenico pag. 376 31. Convento di San Pietro Martire pag. 378 32. Monastero di Santa Maria Maddalena (Nuova) pag. 380 33. Monastero di Santa Chiara pag. 382 34. Monastero di Sant’Agostino pag. 384 35. Convento (claustrale) di Sant’Elisabetta pag. 386 36. Convento della Presentazione di Maria Vergine pag. 388 37. Monastero di Santa Maria della Neve pag. 390 38. Monastero (claustrale) delle Bagnone pag. 392 39. Convento di Santa Maria Bianca pag. 394 40. Convento di Santa Cristina pag. 396 41. Convento di Santa Teresa pag. 398 42. Monastero (claustrale) dell’Immacolata Concezione pag. 400

e

dificiaridottoimPattourbano Donatella Bontempi pag. 403

o

ratoriconfraternali Giorgia Bianchi, Donatella Bontempi pag. 409

c

hieSeSenza Pertinenze Donatella Bontempi pag. 415

aPParati

b

ibliografia Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo pag. 419

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VII

Figura alla pagina seguente: EDIFICI ESISTENTI 1. Seminario Maggiore 2. Monastero di San Benedetto 3. Monastero di San Giovanni Evangelista 4. Monastero di San Paolo

5. Monastero di Sant’Uldarico 6. Palazzo Vescovile 7. Monastero di San Sepolcro 8. Monastero di San Quintino

9. Convento di San Francesco del Prato 10. Convento di Santa Maria del Tempio 11. Convento di Santa Maria Maddalena 12. Priorato di San Francesco di Paola 13. Convento di San Luca degli Eremitani 14. Monastero di San Cristoforo 15. Priorato di Santa Maria dei Servi 16. Monastero di Santa Caterina 17. Convento di Santa Maria del Carmine 18. Convento di San Tiburzio (non rilevato) 19. Convento di Sant’Antonio Abate 20. Monastero di San Salvatore 21. Collegio di San Rocco

22. Convento della Santissima Annunziata 23. Convento di Santa Maria del Quartiere 24. Collegio di Sant’Orsola

25. Monastero di Santa Maria degli Angeli (non rilevato)

26. Convento di San Pietro d’Alcantara EDIFICI DEMOLITI

27. Monastero di Sant’Alessandro 28. Monastero di San Basilide

29. Monastero di Santa Maria delle Grazie 30. Monastero di San Domenico 31. Convento di San Pietro Martire 32. Monastero di Santa Maria Maddalena (Nuova)

33. Monastero di Santa Chiara 34. Monastero di Sant’Agostino

35. Convento (claustrale) di Sant’Elisabetta 36. Convento della Presentazione di Maria Vergine

37. Monastero di Santa Maria della Neve 38. Monastero (claustrale) delle Bagnone 39. Convento di Santa Maria Bianca 40. Convento di Santa Cristina 41. Convento di Santa Teresa

42. Monastero (claustr.) dell’Immacolata Concezione

EDIFICI A RIDOTTO IMPATTO (nomi principali): 43. Convento di San Francesco Piccolo 44. Ospedale di Santo Spirito della Carità 45. Ospedale di S. Giovanni in Cò di Ponte 46. Conservatorio di San Michele delle Riconosciute (poi Sant’Apollonia) 47. Ospizio di San Giacomo

48. Ospedale di San Martino de’ Zoppellari 49. Convento di Santa Maria dei Taschieri 50. Convento di S. Michele in Bosco o Umiliati 51. Scuole Primarie e Artigianato

52. Ospedale di San Donnino

53. Monastero di S. Maria Nuova in Martorano 54. Ospedale di San Nicomede

55. Ospedale dei Santi Cosma e Damiano 56. Ospedale degli Incurabili o Ugolino da Neviano o delle Quattro Arti o Mestieri 57. Ospedale di San Quirino (già Sant’Angelo) 58. Ospedale della Disciplina di Porta Nuova o Cinque Piaghe e monastero dei Pp. Crociferi 59. Ospizio dei Pellegrini

60. Ospizio di San Girolamo

61. Ospedale di San Bernardino (Spirito Santo) 62. Ospedale della Misericordia o di Tanzi o Vecchio o Grande o Maggiore (e o. dei Pazzi) 63. Ospedale degli Esposti o Infermi o Sant’Ilario

64. Conservatorio o Luogo Pio delle Mendicanti

65. Ospizio della Ss. Trinità dei Rossi 66. Conservatorio di San Giuseppe o Giuseppine

67. Conservatorio di San Carlo poi delle Monache

68. Collegio di Santa Maria del Popolo 69. Conservatorio di San Domenico o Luigine 70. Conservatorio delle Margheritine

71. Ospizio delle Orfane poi Suore della Carità ORATORI CONFRATERNALI

(31). Inquisizione

(55). Santi Cosma e Damiano

(58). Ss. Trinità di Porta Nuova e Santa Maria Benedetta

(45). San Giovanni Battista (in Co’ di Ponte) (9). Immacolata Concezione

72. Santa Brigida (1) (57). San Quirino

73. Santa Maria del Torresino 74. Santa Maria della Steccata (61). San Bernardino (Spirito Santo)

(25). Santa Maria degli Angeli 75. San Giovanni Decollato 76. Santa Maria della Scala (59). Ss. Trinità (Vecchia) 77. Madonna del Ponte (23). Santa Maria del Quartiere (65). Ss. Trinità (Nuova o dei Rossi) (67). San Carlo

78. Santa Maria delle Grazie 79. San Claudio (della Morte) 80. San Simone (e Giuda) (18). San Filippo Neri 81. San Giobbe

82. Sant’Anna (già San Mattia) 83. Santa Croce

84. Santa Maria del Fiore (dei Diecimila Martiri)

85. San Vitale

86. San Lorenzo (Martire o degli Agonizzanti) 87. Santa Maria della Pace

88. Santa Brigida (2)

89. Sant’Ambrogio (Cinque Piaghe) CHIESE SENZA PERTINENZE 90. Chiesa di Sant’Apollinare 91. Chiesa di San Barnaba 92. Chiesa di San Bartolomeo

93. Chiesa di Santa Maria Assunta (Duomo) 94. Chiesa di San Pietro Apostolo

95. Chiesa di San Silvestro

96. Chiesa di San Tommaso (Apostolo) 97. Chiesa di Sant’Antonino (Martire) 98. Chiesa di San Marcellino 99. Chiesa di San Giorgio (dei Prati) 100. Chiesa di Santo Stefano (Protomartire) 101. Chiesa di San Michele (del Pertugio) 102. Chiesa di San Michele (dell’Arco) 103. Chiesa di Ognissanti

104. Chiesa di San Marco

105. Chiesa di Sant’Andrea (Apostolo) 106. Chiesa di San Nicolò

107. Chiesa di Santa Cecilia 108. Chiesa di San Giovanni Battista (Battistero)

109. Chiesa di San Biagio

110. Chiesa di Santa Lucia (già San Michele in Canale)

111. Chiesa di San Moderanno 112. Chiesa di San Siro 113. Chiesa di San Giuseppe

(11)

VIII 30 39 41 34 28 47 57 56 45 49 63 67 44 61 53 50 54 62 71 66 69 70 43 77 83 84 78 73 81 103 107 113 114 23 22 17 16 10 24 21 12

(12)

IX 42 27 35 37 38 29 31 36 40 33 32 55 65 59 60 64 68 58 46 48 51 52 85 78 71 74 86 76 87 75 79 82 88 89 92 102 91 111 97 100 104 112 95 106 93 108 109 110 99 101 105 96 98 94 90

Perimetro rosso: fabbricati demoliti ESISTENTI (area storica e rilievo)

EDIFICI DEMOLITI EDIFICI A RIDOTTO IMPATTO ORATORI CONFRATERNALI CHIESE SENZA PERTINENZE

14 2 15 11 8 19 6 20 13 7 18 5 4 1 9 3 25 26

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XI

P

resentazione

Monsignor Enrico Solmi

Vescovo di Parma

Una visita alla città di Parma, anche fugace e superficiale, sia navigando su una mappa che, ancor più, passeggiando per borghi e strade, mostra la ricchezza di edifici di carattere religioso. È un insieme di chiese, monasteri e conventi, hospitali e luoghi destinati alla formazione che testimoniano la varietà di una presenza che ha caratterizzato e che ancora segna profonda-mente l’identità della nostra città.

Non sono infatti opere statiche, chiuse o mute, ma indicano il dinamismo di un vissuto che ha contribuito a fare Parma e che ancora intende offrire un apporto ragguardevole.

L’opera degli studiosi di urbanistica e di architettura, pertanto, non si limita solo ad una ricerca e descrizione di un patrimonio edilizio, ma raccoglie un valore spirituale e antropologico che in esso si è trasfuso e bene ne evidenzia la ricaduta sociale.

Descrivere e ridisegnare piante e strutture significa infatti coglierne anche l’anima, lo spirito che le ha ispirate, certi che solo tale comprensione – nel profondo – può darne una presentazione adeguata. Di converso questo spirito – sia pure a volte segnato dalla fragilità umana – ha assunto la veste delle varie epoche e si è incarnato in edifici funzionali alla finalità religiosa, di formazione e di carità, così pure di aggregazione umana e sociale, come diremmo oggi. Ha dato nomi a strade e luoghi che, nonostante successive intitolazioni, mantengono nell’origi-naria toponomastica un segno chiaro e onesto di quanto lì veniva celebrato, vissuto, operato. Ha contribuito a configurare la nostra città donandole un’impronta che ancora oggi riconosciamo e apprezziamo.

Non a caso alcuni tra i simboli più significativi di Parma sono legati a questi luoghi e edifici: piazza Duomo con il Battistero, la Cattedrale e il campanile sormontato dalla statua dell’ar-cangelo Raffaele.

Ben venga questo studio – approfondito, completo, attraente anche per i non addetti ai lavori – che illustra questo patrimonio e ne mostra, come in filigrana, l’idealità e lo spirito che lo ha fatto sorgere. Si offre così un ulteriore, importante tassello per una comprensione più piena della città che non sarebbe completa senza la lettura attenta degli “organismi religiosi nella trasformazione urbana” come recita il titolo dell’opera. Ci complimentiamo, pertanto, con gli Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana

ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244511 pp. XI-XII (giugno 2019)

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XII

estensori e curatori perché, scavando nella storia, consentono pure una lettura prospettica della nostra città, consapevoli che il suo futuro attinge da queste testimonianze e si profila di arricchimenti che, lungi dal discostarsene, le arricchiscono. Un’ opera che, in questa linea, porta contenuti ulteriori e veri a Parma 2020 capitale della cultura.

(16)

XIII

P

reSentazione

Paolo Andrei

Magnifico rettore dell’Università di Parma

Comprendere le trasformazioni di una città lungo i secoli è operazione complessa che richiede senz’altro una interdisciplinarità di competenze che all’interno dell’Università possono essere ritrovate in modo articolato e complementare.

Il volume curato da Paolo Giandebiaggi, Maria Evelina Melley, Chiara Vernizzi e Donatella Bontempi, docenti e ricercatori afferenti all’Unità di Architettura del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, testimonia come partendo da operazioni di rilievo ar-chitettonico e urbano degli organismi religiosi, sia ancora esistenti che demoliti all’interno del centro storico di Parma, sia possibile leggere, analizzare e interpretare la storia evolutiva del tessuto urbano, qui divenuto strumento e, nel contempo, fine di studio interdisciplinare. Questo volume è il risultato di un contributo originale che l’Università di Parma, nel suo com-plesso, fornisce alla sua Città, ma costituisce anche un importante tassello disciplinare nell’am-bito degli studi urbani, proponendo metodologie di analisi che, attraverso lo studio dei sistemi complessi di tipo religioso e della ricaduta della loro genesi ed evoluzione sul tessuto cittadino, divengono chiave metodologica per la comprensione della realtà urbana attuale.

È motivo di soddisfazione vedere le competenze scientifiche presenti all’interno dell’Università di Parma esprimersi su un tema di tale importanza, mettendo le proprie conoscenze e abilità a servizio della Società nel tentativo di approfondire e proporre nuove chiavi di lettura alle molte conoscenze già note sul tema complesso della città.

Ed è particolarmente significativo che questi studi, dopo un lungo affinamento, possano avere ricadute di interesse pubblico verso la conoscenza e la tutela del patrimonio architettonico e urbano, descritto e compreso mediante letture multidisciplinari, in un continuo rimando tra scala architettonica e urbana attuato mediante analisi storiche, sincroniche e diacroniche.

Sempre più spesso l’Università offre alla Società, di cui è parte complementare, i frutti delle proprie conoscenze trasferendo, in un processo virtuoso, gli esiti dei propri studi. Questo ser-vizio dell’Università di Parma alla sua Comunità non può che rendermi orgoglioso di questa appartenenza.

Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244512 pp. XIII-XIII (giugno 2019)

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XV

Le città, in quanto grandi agglomerati di edifici pubblici e privati che si concentrano in alcune specifiche parti del territorio, compaiono almeno quattromila anni a.C. Dagli impianti urbani dei Sumeri, agli sviluppi in Mesopotamia, Egitto, Siria, Asia Minore si giunge alle polis greche, etrusche, romane, le quali hanno con le precedenti pochi aspetti comuni concreti, sia fondativi che in termini di sviluppo, se non quello di condividere un nucleo politicamente e/o religiosamente importante e rappresentativo. Il sito dei templi (l’acropoli) e quello degli affari (l’agorà) si distingueranno dai dettami platonici attraverso una disseminazione ed un accerchiamento dei quartieri posti attorno ad essi.

Questo scenario organizzato, che caratterizzerà le città greche prima e quelle romane poi, tende a mantenere la forma urbana dalla prima fondazione fino alla caduta dell’impero romano. In questo periodo, proprio la strutturazione di quella che oggi conosciamo come la città antica si contraddistingue per una grande vitalità, aperta alle diverse esperienze e tendenzialmente a costanti sviluppi dimensionali in presenza di aumenti di popolazione. Aristocrazie, democrazie, monarchie ed anche dittature, succedutesi nel tempo, hanno mantenuto l’idea creativa primigenia della polis, quale organizzazione atta a promuovere solidarietà umana e luogo in cui diritti e doveri, diversamente distribuiti, davano origine ad un luogo in cui si può vivere con dignità e regole.

Dalle fondazioni ai primi sviluppi nelle città europee (come Parma ad esempio), si è giunti alla fine del primo millennio, a questa impostazione di una piazza civica principale, in cui sono presenti i principali luoghi del governo, ed una omologa piazza religiosa principale, in cui il più alto potere religioso si insedia per coordinare il ministero nelle sue variegate attività. La disseminazione nei quartieri e nelle “periferie” (le distanze allora erano estremamente ridotte, ma le modalità aggregative molto simili a quelle in atto nelle epoche successive), già dai dettami insediativi, prevede una dislocazione di situazioni analoghe, ma a scala ridotta, di altri esempi costruttivi: altri piccoli templi ed altri edifici di culto attorno ai quali si amplia la città. Una situazione che permane sostanzialmente immutata fino al IX-X secolo d. C., e quindi per tutto il primo millennio della storia della città.

Analogamente per Parma, la città ad quadratum di fondazione romana, che aveva visto il consolidarsi della Piazza Grande all’incrocio originario di cardo e decumano, e della Mater

i

ntroduzione

:

dalle

architetture

religioSe

al

diSegno

della

città

Paolo Giandebiaggi

Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244513 pp. XV-XX (giugno 2019)

(19)

XVI

Ecclesia all’angolo nord orientale dei margini urbani, si consolida attorno a questi due luoghi

cardine. La critica dal modello della città antica quale forma suprema della convivenza umana, teorizzata da Aristotele nella Politica e realizzata concretamente nella esperienze greco-romane, inizia a rompere il rigore geometrico centuriale d’espansione, proprio sull’onda di quel

De Civitate Dei di Sant’Agostino, facendone la “metafora della convivenza dei beati al cospetto

di Dio”, e lasciandone immaginare una ideale forma radiale e concentrica.

La prospettiva cristiana denota perciò una rottura dei margini definiti, imposti, e sempre ripetibili, introducendone uno nuovo, fatto di continua possibile trasformazione, anche morfologica. Una incompiutezza costantemente modificabile attraverso una delineazione di ordine delle priorità, fatta più di contenuto che di forma. Le chiese e gli edifici religiosi di cui si è fatta carico la città nelle sua membra interne poco assomigliano architettonicamente alla grandiosità dei templi pagani e determinano un rapporto con la città del tutto differente. La basiliche cristiane e i luoghi religiosi che si insediano e che poi si trasformano all’interno della città dei primi otto-dieci secoli, non assomigliano (tranne il luogo deputato alla Mater Ecclesia) alla città prevalentemente fatta di grandi palazzi nobiliari, di terme, di teatri, di anfiteatri, di palazzi del governo, ma si diffondono con una eterogeneità di forme e dimensioni: fabbriche più “normali” con materiali, dimensioni e forme più popolari, dando alla complessità urbana, ed alla ibridazione, il ruolo eterogeneo e di indeterminatezza che nella città europea diviene un vero carattere distintivo.

Se si analizzano numericamente gli interventi dei differenti sistemi funzionali all’interno della città di Parma nei suoi sviluppi nel millennio successivo, appare subito chiaro come le architetture pur prestigiose dedicate alle funzioni di governo, o a quelle della giustizia o quelle scolastiche, non siano quelle numericamente più rilevanti. Sono stati gli interventi di insediamento, costruzione e trasformazione degli organismi religiosi quelli che più di tutti hanno determinato lo sviluppo fisico e formale della città, producendo l’accorpamento delle zone residenziali attorno ad essi e determinando il complessivo disegno della città.

Queste cellule “religiose” che nel correre della storia hanno pervaso la città, continuando sempre a cambiarla ed a modificarla, sono di fatto il vero DNA della città europea ed in particolare della città italiana, Parma compresa. È importante capire come questo rapporto si sia modificato nella propria natura attraverso una differenza endogena di funzioni specifiche e diversificate (l’abbazia non è un convento, un monastero differisce da un priorato, così come un collegio ha caratteristiche differenti da un santuario, ed un convitto da uno xenodochio), ma che rispetto alla città abbia visto nelle sue differenti fasi storiche, di modificazione fisica, una unicità di sistema complessivo che oggi conosciamo come “centro storico”, ma che ha sempre voluto dire “città”, solo città, tutta la città. I ripetuti abbattimenti di cinte murarie e i progressivi ampliamenti con conseguenti allargamenti e relative trasformazioni urbane di margine hanno visto negli organismi religiosi e nel loro prolificare e moltiplicarsi la ragione principale della forma insediativa urbana più intima.

Come è stata compiuta la ricerca? Come una tradizionale ricerca scientifica, ovvero partendo dalla lettura oggettiva dei fenomeni, dalla loro catalogazione ed interpretazione, dando ai risultati stessi la possibilità di far comprendere come quelle esperienze, quei fatti, possano essere utili nella comprensione dei fenomeni urbani contemporanei e nella miglior prefigurazione e pianificazione di quelli futuri.

Dalla lettura delle carte della città, almeno di quelle degli ultimi sei secoli, sono stati individuati, registrati, documentati e compresi tutti i fatti architettonici che si sono manifestati nella città di Parma, che avessero la caratteristica di essere organismi prodotti dalla volontà e per le funzioni

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figg. 1-6 - (pag. precedente) Schemi di sintesi dell’analisi “La diversificazione urbana: specializzazioni funzionali”, condotta dal gruppo di ricerca sul tema “Il mutevole disegno della città - trasformazioni architettoniche e funzionali di edifici e luoghi pubblici nel contesto urbano storico di Parma”. fig. 7 - Sovrapposizione dell’edificato interno alla cinta muraria a fine ‘700 con l’insieme degli organismi architettonici analizzati (elaborazione dalla georeferenziazione dell’Atlante Sardi, 1767).

religiose nelle differenti tipologie. Dalla lettura sincronica dei fatti diacronici di ognuno degli edifici interessati dalla funzione riconducibile al tema religioso (vuoi per esplicita ed evidente utilizzazione, vuoi per semplice registrazione della gestione), si è analizzata la reazione della città nel suo intorno ed in tal modo l’interessamento di tutti i luoghi urbani. Infatti non ci si è limitati alla mera registrazione dei fatti architettonici specifici, ma è stato indagato come questi al loro variare, alla variazione dei fatti costruttivi o al variare delle funzioni, abbiano determinato e contaminato funzionalmente ed organizzativamente i loro rispettivi contesti urbani, le strade, le piazze, la dislocazione di altre funzioni urbane, disegnandoli in modo quasi esclusivo. Ogni parte della città è stata in diverso modo generata, trasformata, modificata e infine rigenerata da fatti inerenti i numerosissimi e differenti organismi religiosi che l’hanno popolata.

Dalla evoluzione della forma urbana complessiva, risulta evidente come la realizzazione delle prime strutture medioevali (San Benedetto, San Giovanni, San Paolo, San Francesco, San Quintino) immediatamente fuori dalle mura dell’epoca, abbiano fin dall’inizio del secondo millennio caratterizzato la forma, l’organizzazione, la strutturazione della città, determinando un condizionamento impari rispetto ad ogni altra funzione, soprattutto in merito al suo sviluppo periferico. Il modo di aggregarsi attorno ad essi della “periferia urbana” con le sue strade, le sue piazze, le sue ulteriori funzioni specialistiche, ma soprattutto lo strutturarsi delle funzioni residenziali insediatevisi attorno, è diventato ed è tuttora la ragione principale della forma stessa della città di Parma, come anche della gran parte delle altre città italiane ed europee. L’ulteriore insediamento e successiva trasformazione a metà del secondo millennio di San Francesco di Paola, Santa Maria della Pace e tanti altri insediamenti religiosi ha costantemente determinato lo sviluppo urbano complessivo, la sua singolarità ed irripetibilità della situazione attuale. Così, nel successivo periodo che va dalla Controriforma alla prima meta del XVIII

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Secolo, le realizzazioni di San Rocco, le Orsoline, la Confraternita dei Rossi, le Cappuccine al Corso, Santa Maria del Quartiere, Santa Teresa, San Salvatore e tanti altri fino a San Pietro d’Alcantara, hanno compiuto un segno insediativo senza paragoni con alcuna altra funzione urbana.

Collegi, scuole, ospedali, conservatori, oratori sono, nella diversificazione di funzioni urbane indispensabili alla crescita culturale e di servizi, la quasi totalità delle architetture specialistiche che, in quanto tali, ne condizionano lo sviluppo, la crescita, la progressiva e costante trasformazione, alternando fasi di fondazione, di espansione e consolidamento, di saturazione ed anche di estinzione, in alcuni casi di intere zone della città. Funzioni quindi non solo di predicazione, ma anche di assistenza, carità, educazione e istruzione, ma anche di lavoro nella relazione fattiva delle attività produttive di questi organismi con mulini, opifici, luoghi di trasformazione e distribuzione di prodotti agricoli ed artigianali, spesso in contiguità con i corsi d’acqua ed i canali limitrofi.

Inoltre, alcuni di questi edifici sono rimasti avvolti da una permanenza spesso dettata dalla qualità architettonica ed artistica delle realizzazioni, ma anche da innumerevoli casi di riuso e trasformazione con funzioni laiche del tipo più generico. La lettura di questo fenomeno ci ha fatto comprendere l’estrema importanza di queste opere nella definizione di una identità specifica della città intera, investita costantemente della ridistribuzione delle funzioni principali. Per ciascun organismo religioso, indipendentemente dalle sue specificità, è stata analizzata la ricaduta che lo stesso ha avuto non solo sulla genesi e sulla trasformazione urbana pertinente, ma anche su quella adiacente e quindi su settori della città molto più ampi di quelli immaginati o anche percepiti. La sola saturazione degli ampi spazi liberi tra le mura ampliate in età farnesiana e la loro demolizione avvenuta il secolo scorso ha visto proprio il totale condizionamento delle realizzazioni religiose disposte ai margini delle mura precedenti (XIII sec.) diventando essi stessi elementi generatori di queste ampie porzioni urbane periferiche, ed in particolare nei settori Nord-Est e Sud-Est che hanno avuto il maggior effetto di riempimento otto-novecentesco all’interno della città murata.

Ancora, sono state analizzate anche le realizzazioni centrali che, per contro, hanno modificato radicalmente viabilità e urbanistica della città già insediata: tra i più rilevanti la costruzione del collegio San Rocco che di fatto è andata ad interrompere il primo, più ampio ed utilizzato percorso parallelo alla Via Emilia, che percorreva da Est a Ovest l’intera città, modificando definitivamente la viabilità principale della città.

Anche le demolizioni a volte, senza la successiva ricostruzione o modificazione, hanno lasciato interessanti livelli interpretativi sulla ri-pianificazione avvenuta in quell’area indipendentemente dai tracciati generatori che gli stessi avevano segnato. Le demolizioni, per differenti ragioni, di San Domenico, Sant’Agostino e Sant’Alessandro hanno generato un vuoto riempito da una impostazione totalmente diversa, mentre la demolizione di Santa Chiara o Santa Maria Maddalena Nuova, hanno di fatto dato l’imprinting alle realizzazioni sostitutive costruite successivamente.

Alcune di queste demolizioni, per lo più avvenute per ragioni belliche, rimangono tuttora prevalentemente irrisolte. È il caso di Sant’Elisabetta e San Pietro Martire al cui posto non è stato, a distanza di anni, avviato un ripensamento urbanistico che neghi o che consacri la precedente realizzazione religiosa presente nel tessuto urbano compatto. La risoluzione del disegno dell’isolato dell’ex Santa Teresa è recentissima.

Anche la miriade di organismi religiosi, solo dimensionalmente minori ma presenti quasi in ogni strada in ogni rione, hanno determinato quell’organicità della città costruita che oggi

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ffig. 8 - Foto aerea del centro storico di Parma con la sovrapposizione della totalità dei fatti architettonici analizzati [elaborazione da ortofoto aerea della Compagnia

Generale Riprese Aeree, 2000].

riconosciamo nella sua magnifica complessità e diversificazione di prospettive urbane con i suoi momenti di sospensione e sorpresa: tra i più noti gli oratori di San Quirino, San Tiburzio, Santa Maria delle Grazie, Sant’ Ambrogio, Santa Maria della Pace, la demolita Beata Vergine del Ponte. Molti di questi organismi cosiddetti “minori” sono stati oggetto di mutamento di destinazioni d’uso e tuttora sede di diverse funzioni, dal sociale allo scolastico, dal commerciale al residenziale, dal sanitario all’espositivo.

La stessa rete infrastrutturale della città è stata condizionata in qualche modo dalla presenza, dalla trasformazione, ed anche dalla demolizione degli organismi religiosi: si pensi alla realizzazione del Lungoparma o delle Porte urbane alle Barriere, dalla riduzione del Seminario Maggiore per l’apertura dell’attuale Via XX Marzo, all’arretramento di Santa Maria degli Angeli per il prolungamento dello Stradone.

Persino gli spazi verdi, fossero essi giardini o orti, hanno più volte modificato morfologicamente il loro tracciato strutturale, attraverso le innumerevoli trasformazioni di tali organismi all’interno ed all’esterno degli isolati urbani: alcuni di questi permangono (San Paolo, San Rocco, Annunziata), altri sono stati del tutto azzerati come l’Orto Botanico a San Francesco del Prato o i giardini all’italiana in Sant’ Alessandro. La permanenza di elementi architettonici si è alternata a realizzazioni trasformative ed al riuso, fino ai giorni nostri: ultimo caso in ordine di tempo la realizzazione della Biblioteca Universitaria in Via D’Azeglio in sito del tracciato a cielo aperto della chiesa di San Francesco di Paola (i Paolotti).

Nei quattro quadranti della città, generati dall’intersezione del Torrente Parma con la Via Emilia, la ricerca si è soffermata sugli aspetti urbanistici, volendo documentare l’influenza reciproca tra i tanti organismi religiosi e l’insieme di questi rispetto all’intero settore urbano: nella perimetrazione degli isolati, nel tracciamento delle strade, nella morfologia dei fabbricati

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limitrofi e persino nelle destinazioni d’uso degli edifici e nell’uso di materiali e stilemi conseguenti. Sono interessate intere porzioni urbane, in cui gli sviluppi di organismi vicini hanno di conseguenza determinato effetti anche contrastanti e contrapposti, piegando la città alle evoluzioni programmate degli organismi: tra i conflitti più evidenti l’angolo di città composto da San Luca degli Eremitani - Santa Maria Maddalena Nuova - San Pietro d’Alcantara e San Rocco - Sant’Orsola - Santa Maria del Carmine.

Questa relazione architettonica ed urbana persiste nella permanenza dei 26 complessi ancora esistenti e sparsi nei tre dei quattro quadranti. Ad Est nella città di qua da l’acqua ne insistono 21 dei 26 e i rimanenti 5 sono di là da l’acqua. Paradossalmente, anche i 15 complessi demoliti ed oggi scomparsi e/o integrati dalla sostituzione urbana incidono ancora in diversi casi sulla costruzione della città novecentesca.

Gli edifici che direttamente o indirettamente hanno avuto forte influenza sui rispettivi settori urbani, sia con esiti costruttivi, sia con rilevanti cambi di destinazioni d’uso conseguenti, sono stati circa 30 e sono complessi architettonici quali ospedali, convitti, priorati, ospizi e conservatori. Diciassette sono poi gli oratori confraternali che non ricadono nelle categorie precedenti e 25 le chiese che, pur prive di pertinenti organismi contigui hanno determinato quanto meno l’incremento della percezione della presenza religiosa all’interno della città e caratterizzato significativamente il paesaggio urbano.

La ricerca complessivamente ha interessato 114 organismi, tutti indagati, analizzati, verificati dal confronto cartografico dell’evoluzione urbana. I principali complessi architettonici di matrice religiosa tuttora presenti in città sono 26, per i quali sono stati realizzati rilievi architettonici e prodotti centinaia di disegni digitali alla scala 1:50, che auspichiamo costituiscano il più grande compendio di rilievi d’architettura svolto in età contemporanea.

Il grazie va doverosamente a tutti gli studenti dei differenti anni accademici che all’interno del corso di Rilievo dell’architettura da me tenuto, hanno operato con dedizione e responsabilità producendo questi rilievi, non senza l’aiuto sapiente dei numerosi miei collaboratori che hanno corretto, integrato, ricomposto spesso il quadro conoscitivo dei numerosi complessi religiosi analizzati.

Una indagine complessiva che ci ha permesso, tutti insieme, di dimostrare la matrice insediativa della città, l’evoluzione della sua forma, e le ragioni di quell’identità specifica che differenzia in modo irripetibile ogni città da un’altra, fatta certo anche di atti pianificatori ed organizzativi, ma che il costante e continuo trasformarsi dei fatti architettonici determina in maniera evolutiva ed organica, ed in cui la Chiesa, almeno in quella porzione che oggi chiamiamo storica, ha certamente il primato.

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MONASTERO

Casa abitata da una comunità religiosa cattolica di monaci o monache, obbligati da voti solenni a stretta clausura. Secondo il Codex Iuris Canonici, è la casa religiosa capace di ospitare la più piccola comunità, partecipe di un ordine religioso, che possa sussistere autonomamente. Risale alle prime esperienze di vita religiosa associata. Con larga accezione il termine può comprendere il caso particolare del convento, mentre cenobio è suo sinonimo.

Il monastero è detto sui iuris quando giuridicamente indipendente nelle cose temporali e spirituali e soggetto solo al superiore, eletto dalla comunità che vi risiede. A seconda che il superiore sia un priore o abate, il monastero prende il nome di “priorato” o “abbazia”.

Inizialmente, il monastero e la chiesa sorgono ai lati di cortili, mentre gli alloggi e i refettori sono serviti da chiostri a più piani. In seguito alla vita contemplativa si affiancano scuole e ospedali. Nuovo impulso e ricerca di una nuova organizzazione sono dovuti a S. Benedetto (547) e alla diffusione delle sue regole, fino alla definizione della tipologia abbaziale dal sec. IX.

Nel tardo Rinascimento il monastero, ormai diffuso nei centri abitati, e sotto l’influsso della tipologia del convento, si avvicina molto al tipo del palazzo civile; si formano i piani sovrapposti, i piani secondari per i magazzini e i servizi; si trasformano gli ambulatori scoperti in corridoi chiusi, mentre gli ambienti di rappresentanza assomigliano per grandiosità ai corrispondenti ambienti civili. Pur non alterando nella sua fisionomia originaria, assume spesso caratteri di ricchezza e sontuosità. Nei secoli seguenti fino al sec. XIX assume spesso nuove funzioni per accogliere ed assistere scolari e convittori: la sua architettura allora si avvicina a quella del

collegio.

Il monastero si presenta come una realtà chiusa in sé stessa dove il chiostro e la chiesa occupano il centro del complesso, circondato dagli edifici accessori destinati alle attività lavorative (il granaio, le officine, le stalle, le manifatture, il mulino...) e all’ospitalità e ai rapporti con l’esterno (l’infermeria, la foresteria, il noviziato, la scuola, la casa dell’abate). Il lavoro e la preghiera (ora et labora) caratterizzano la destinazione degli edifici organizzati in un complesso chiuso e autonomo.

I monasteri sono generalmente grandi complessi molto diversificati sul piano funzionale e architettonico, inseriti all’interno di isolati urbani di notevoli dimensioni, spesso più grossi di Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana

ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244514

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

quelli limitrofi, nei quali sono riconoscibili i frazionamenti con i quali sono state successivamente alienate le porzioni marginali lungo i confini, poste sul retro dell’insediamento. La presenza di case a schiera su lotto gotico caratterizza ad esempio il fronte stradale del Monastero di San Giovanni verso Borgo del Correggio e Via Saffi e di quello di San Paolo verso Via Garibaldi e via Pietro Giordani.

In genere essi presentano un affaccio principale, sottolineato dalla presenza di un portale, e ingressi secondari che danno accesso diretto ai cortili destinati alle attività produttive accessorie. Al loro interno sono organizzati intorno ad un insieme di chiostri con un disegno generale autonomo rispetto alla forma dell’isolato e all’andamento del tessuto viario. Anche se con il tempo i complessi hanno subito interventi importanti di ampliamenti e ricostruzione, dal punto di vista architettonico il monastero si presenta come una realtà formalmente autonoma, che si organizza all’interno del lotto senza sottostare alla maglia stradale, come nel caso dell’impianto dei chiostri di San Giovanni.

ABBAZIA, BADÌA

Comunità autonoma di religiosi non inferiore a 12 e relativo monastero (il complesso degli edifici della comunità e degli altri fabbricati produttivi da essa dipendenti) retto da un abate. Nel medioevo il termine indicò più genericamente l’insieme dei beni della comunità, i cui frutti erano messi, per beneficio conferito da sovrani e signori, a disposizione dell’abate. Il termine rimane nel nome anche se la comunità si scioglie. A Parma, oltre al famoso San Giovanni, si ha Sant’Antonio Abate e San Marcellino.

PRIORATO, PRIORÌA

Il termine indica nello specifico la carica ecclesiastica e le attività di priore, ovvero il superiore di una comunità religiosa in particolare monastica, e per estensione il monastero retto da un priore. Il priorato semplice è un monastero dipendente da un monastero sui iuris. Santa Maria dei Servi, San Francesco di Paola, Santa Croce e San Giacomo erano i principali priorati della città.

COMMENDA

La Commenda in latino In commendam, è l’espressione latina con cui iniziava il documento in cui la Chiesa indicava l’affidamento dei redditi di un’abbazia ad un abate commendatario, che poteva essere un ecclesiastico od anche un laico. Venne introdotto inizialmente per soccorrere vescovi cacciati dalle loro sedi episcopali a causa di invasioni o di guerre, o a cavalieri distinitsi nel loro operato (il termine commendatore in seguito divenne un grado cavalleresco), per permettere loro di avere un mezzo di sostentamento, senza tuttavia dover abbracciare lo stato monastico. In seguito l’istituto degenerò, queste rendite furono oggetto di brame politiche e usate come moneta di scambio per favori ricevuti. L’abate commendatario non risiedeva quasi mai nel convento, la gestione veniva affidata a personale che, a sua volta, si sentiva più legato al suo padrone che all’abbazia.

L’Abate Commendatario è un ecclesiastico, o qualche volta un laico, che tiene un’abbazia in commendam, cioè ne percepisce i redditi e, se ecclesiastico, può avervi anche giurisdizione, ma in ogni caso non esercita alcuna autorità sulla disciplina monastica interna. In origine furono affidate solo le abbazie vacanti, o quelle che si trovavano temporaneamente senza un

superiore. ACCOGLIENZALAVORO

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

Un’abbazia è eretta o tenuta in commendam, si distingue da quella tenuta in titulum, che è un beneficio permanente.

A Parma si trova Sant’Antonio Abate, convertita nel 1493 e retta da un precettore ecclesiastico secolare dopo la scomparsa dei religiosi viennesi a cui era stata affidata alla sua ricostruzione nel 1404.

CONVENTO

Per convento si intende l’edificio in cui convive una famiglia di religiosi di un ordine monacale non regolare, di religiosi cioè non vincolati da voti solenni da stretta clausura papale. In particolare è proprio delle residenze collettive degli ordini mendicanti. Per estensione il termine indica anche l’insieme di religiosi, suore o frati soggetti alla medesima regola e viventi nello stesso edificio.

L’origine del termine Conventus si fa risalire al sec.II. ed indicava dapprima l’adunanza religiosa ed in seguito l’insieme dei locali in cui abitavano i religiosi, contigui alla sala delle riunioni liturgiche. La tipologia architettonica si delinea dal Duecento, alla nascita degli ordini mendicanti Francescani e Domenicani.

Il convento è una realtà che sorge in centri abitati ed è aperta alla città, alla quale si relaziona attraverso la grande piazza sulla quale si apre la chiesa, che diventa l’interfaccia tra lo spazio privato dei frati (il chiostro) e quello pubblico del sagrato. Nell’impianto conventuale non è evidente la presenza di edifici specialistici dedicati alle attività lavorative. La chiesa, aperta al pubblico, assume dimensioni rilevanti e si trova sul margine della proprietà. I conventi si inseriscono quasi sempre in isolati di dimensioni più contenute rispetto ai monasteri, saturi lungo il perimetro, con edifici organizzati intorno ad un solo chiostro e a uno o più cortili secondari. Essi si insediavano in posizioni urbane marginali e numerosi sono quelli situati in prossimità del greto del torrente - come il Convento del Carmine, il Convento di Santa Teresa, il Convento dei Cappuccini e Santa Maria degli Angeli - o delle mura trecentesche, come San Francesco, San Salvatore e San Domenico. Diversi erano anche quelli fuori le mura, abbattuti alla metà del XVI Secolo per fare spazio alla tagliata voluta da Alessandro Farnese, e rilocalizzati all’interno, come il convento francescano della Santissima Annunziata.

L’esempio più importante dal punto di vista dimensionale e più significativo come impianto tipologico è il convento di San Francesco del Prato, che è l’unico caso parmigiano nel quale si osserva la presenza di una piazza di grandi dimensioni di fronte alla chiesa, elemento caratteristico dei modelli architettonici di riferimento dell’ordine mendicante.

PRECETTORIA, CHIESA PRECETTORIALE

Titolo attribuito alla chiesa dal nome precettore attribuito all’abate superiore del convento di frati. Sant’Antonio Abate è stata precettoria dal 1404 alla sua secolarizzazione.

CERTOSA

Una certosa è un monastero di monaci certosini, di norma situato in zone solitarie. Il nome deriva dalla montagna Chartreuse sulle Alpi francesi dove si trova la Grande Chartreuse, monastero principale in cui fu costituito l’Ordine Certosino. Nei dintorni di Parma ci sono due certose, escluse dalla ricerca e dalla mappatura per la loro posizione periferica: si tratta di San Girolamo fondata nel 1285 lungo via Mantova a 3 km dalla città, e il complesso che è conosciuto con diversi nomi: Monastero cistercense di San Martino dei Bocci o Abbazia di Valserena/Valle Serena o Certosa di Paradigna o Certosa di Parma (identificata con quella

Abbazia di S.Gallo in Svizzera: planimetria e schema interretativo. Confronto con lo schema di S. Paolo a Parma.

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

immaginata da Stendhal), fondata nel 1297 lungo la strada provinciale per Colorno a 5 km dalle mura. La prima oggi ospita la scuola per agenti di custodia, dopo essere stata riformatorio e prima ancora manifattura tabacchi; la seconda è da qualche anno sede dello CSAC di Parma dopo essere anch’essa stata oggetto di trasformazioni e mutazioni d’uso, tra cui sede militare, fabbrica di conserve e deposito agricolo.

REGOLA DI CLAUSURA

La regola di clausura, dal latino claudere “chiudere”, disciplina l’ingresso e l’uscita per alcuni ordini religiosi. Per gli uomini è passiva (non consente l’ingresso delle donne) mentre per le donne è attiva e passiva (proibito sia l’ingresso degli esterni, sia l’uscita delle monache). Gli edifici che accolgono ordini che seguono questa regola sono presenze interne ma apparentemente estranee alla città, in cui la presenza religiosa è circoscritta e delimitata, talvolta chiusa in sé stessa. La clausura si manifesta nella chiusura dell’architettura entro alti muri privi di finestre e altri affacci.

Significativi in questo senso sono i monasteri benedettini di San Paolo e San Quintino, le cui monache, per emendare una vita dissoluta, furono indotte ad una forzata clausura che contribuì a aumentare la separazione fisica dell’architettura monastica dal contesto urbano. Anche Sant’Elisabetta, San Tiburzio e Santa Maria degli Angeli osservavano la regola di clausura.

PARROCCHIA, CHIESA PARROCCHIALE

Dal greco “vicinato”, indica nell’ordinamento ecclesiastico, la più piccola circoscrizione territoriale compresa in una diocesi, dotata di personalità giuridica, che comprende un numero più o meno grande di fedeli affidati alle cure pastorali di un sacerdote (il parroco), nominato dal Vescovo diocesano. Sono solitamente territoriali e raramente personali, ovvero legate a un corpo militare, a una famiglia reale, ecc. Indica comunemente anche la chiesa in cui il parroco esercita le funzioni pastorali che gli sono attribuite.

Numerose chiese di Parma anche molto piccole sono state in passato parrocchie, man mano ridotte in numero. Le due piante di Evangelista Azzi del 1829 e 1847 mostrano l’elenco delle parrocchiali con relativi abitanti.

Nello studio, le chiese prive di annessi oltre alla sagrestia ed all’ufficio parrocchiale o parrocchietta sono state considerate globalmente in cartografia senza approfondimenti specifici.

BASILICA, CHIESA BASILICALE

La Basilica in origine era un edificio pubblico utilizzato nell’antica Roma. Una delle prime basiliche cristiane fu quella di San Pietro a Roma che conservava la tomba dell’apostolo. Nel Cristianesimo il termine è passato a significare una chiesa di particolare rilevanza per motivi storici, architettonici o pastorali. A Parma ha la designazione di Basilica Magistrale dal 2008 la chiesa di Santa Maria della Steccata, tempio sede dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio. CATTEDRALE, CHIESA CATTEDRALE

La Chiesa Cattedrale o più brevemente Cattedrale è la chiesa principale della Diocesi dove ha sede la cattedra (trono) vescovile.

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

COLLEGIATA, CHIESA COLLEGIALE

Collegiata è il titolo attribuito a quelle chiese in cui la Santa Sede ha istituito un Capitolo o

Collegio di Canonici, pur non essendo Cattedrale. Il titolo generalmente si mantiene anche se il capitolo viene a cessare. L’origine risale al VI secolo, quando vi era l’usanza che i signori di un territorio facessero costruire delle chiese e le affidassero per il culto ad un Capitolo di religiosi, spesso benedettini, per assicurarsi preghiera quotidiana e per far porre la propria tomba all’interno della chiesa. Il fondatore provvedeva a fornire le risorse materiali per sostenersi, solitamente una dote di terreni e beni immobili, che producevano una rendita.

La Collegiata non necessariamente risponde a una tipologia architettonica determinata, tuttavia per consentire la celebrazione della Liturgia delle Ore e dell’Ufficio Divino in forma comunitaria, solitamente è di ampie dimensioni e dotata di un Coro capiente e di altri elementi comuni anche alle chiese dei monasteri benedettini o cistercensi. Sono istituite a Parma la Collegiata Insigne di S. Giovanni Battista o Battistero, San Pietro Apostolo su Piazza Garibaldi, San Vitale accanto ai portici del Comune e San Giuseppe in Oltretorrente.

PREVOSTURA, PREPOSTURA

Il termine indica la dignità di Prevosto (fino al 1749), titolo che in alcuni monasteri si dà al primo dignitario dopo l’abate, e in alcuni capitoli di canonici a chi ne cura i beni e la disciplina. Specialmente nel nord Italia si indica con questo nome il parroco e quindi il suo luogo di residenza.

Nell’atlante Sardi, la chiesa di S. Spirito presso Santa Teresa in Capo di Ponte è così nominata. RETTORIA

Per rettoria si intende una chiesa urbana che non svolge funzioni di parrocchia e dipende da una vicina chiesa parrocchiale per quanto riguarda le questioni canoniche e le direttive pastorali. Sono rettorie le chiese di istituti secolari, congregazioni clericali e laicali, le cappelle, i santuari non elevati a parrocchia e le chiese dei seminari. Il presbitero che officia in un rettoria è denominato rettore, e viene nominato dal Vescovo. Il Diritto Canonico prevede per la rettoria determinate attività concesse al rettore della chiesa e altre di esclusiva competenza del parroco che al rettore sono interdette, tra le quali l’amministrazione dei Sacramenti del Battesimo e della Confermazione. A Parma sono denominate Rettoria Santa Cecilia e Santa Maria dei Taschieri/degli Ascheri.

SANTUARIO

Con il termine santuario si indica un luogo venerato per la presenza di sacre reliquie o per il ricordo di eventi miracolosi. Il santuario mariano più importante di Parma è la Basilica Magistrale di Santa Maria della Steccata, riedificata nel 1521 dai confratelli della Confraternita intitolata alla Vergine Annunciata su un oratorio preesistente dove era venerata una immagine miracolosa della madonna allattante protetta da uno steccato (da qui il nome). Anche la chiesa di San Quintino, una delle più antiche della città, nel 1936 è stata eretta Santuario mariano della Beata Vergine dell’Aiuto, per la presenza di una immagine miracolosa ivi venerata che era stata affrescata nell’oratorio delle agostiniane di San Cristoforo nel secondo quarto del Cinquecento, poi scomparsa sotto nuove intonacature e riemersa nel 1723 durante lavori di restauro e trasportata nella parrocchiale di San Quintino nel 1811 in seguito alla soppressione dei conventi.

Convento di S. Francesco ad Assisi, Basilica inferiore: planimetria e schema interretativo. Confronto con lo schema di S. Francesco a Parma.

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

ORATORIO/CHIESA CONFRATERNALE

La parola oratorium deriva da orao “orare/pregare”. Il termine indica un luogo sacro destinato al culto, talvolta riservato solo a determinate persone della famiglia (oratorio privato o cappella domestica) o della comunità (oratorio semipubblico) per la quale è stato costruito, in altri casi aperto anche al pubblico (oratorio pubblico, di libero accesso ai fedeli). In genere è una chiesetta o cappella di piccole dimensioni che può essere inglobata in una chiesa, oppure isolata o attigua a monasteri o a chiese, o anche annessa ad altri edifici non di culto (ospizi, collegi ecc. come le cinque cappelle private interne al Collegio delle Orsoline di Parma). Non ha caratteristiche architettoniche precise che lo distinguano dalle altre costruzioni religiose. Hanno origine molto antica ed erano costruiti per motivi disparati: sia la presenza di una immagine venerata o un luogo miracoloso, sia dove un gruppo di fedeli sentiva la necessità di avere un luogo dove ritrovarsi per pregare. Il Concilio di Adge nel 506 stabilì la possibilità di riunirsi quotidianamente negli oratori per chi abitava lontano dalla città, ma al contempo istituì l’obbligo di fare riferimento alla parrocchia di appartenenza per le ricorrenze solenni ed i sacramenti. A partire dalla Controriforma, in seguito al proliferare di confraternite e compagnie religiose, ebbe grande sviluppo e fu spesso ricavato in sale di altre chiese o edifici diversi. Nella ricerca, che raccoglie gli esiti della Tesi di Laurea di G. Bianchi (2010), sono state prese in considerazione le chiese che nel tempo sono state sede di confraternite laicali, composte da gruppi di persone mosse dalla comune intenzione di onorare un particolare aspetto della vita religiosa (un santo, un mistero...) e/o svolgere attività caritatevoli ed assistenziali, ed erano chiamate indifferentemente in entrambi i modi, eventualmente con una sfumatura di significato relativa alla dimensione.

Il significato moderno di locali della parrocchia dedicati alle attività ricreative dei ragazzi non rientra invece in questo studio.

CASA, CASA MADRE, CASA PROFESSA

La Domus professa o professorum nell’ordine gesuitico è una residenza di religiosi formati addetti ai ministeri apostolici e si distingue dalle altre residenze per essere sottoposta ad una forma particolare di povertà, non potendo avere rendite fisse, ma dovendo vivere di elemosine. Furono poche e situate nelle grandi città, la prima fu quella di Roma ed è famosa la Chiesa del Gesù di Palermo.

Sempre a Roma, Borromini fu scelto come architetto dei Padri della Congregazione di San Filippo Neri e spiega così come abbia concepito il disegno architettonico del complesso in base alle loro esigenze: il complesso era diviso in più cortili nei quali affacciavano, in modo separato, le camere degli ospiti e quelle dei padri. Uno dei cortili era collocato a fianco della chiesa e collegava il complesso con l’esterno.

Per estensione, si può parlare di casa madre per il primo dei conventi di ciascun ordine religioso, che sono solitamente integrati con l’isolato urbano, ma chiusi in sé stessi negli spazi privati, caratterizzati da una grande corte interna attorno alla quale si affacciano e si relazionano gli spazi dedicati all’istruzione e alle attività religiose. La casa gesuitica per eccellenza a Parma è il Collegio gesuitico di San Rocco, che ha mantenuto fino ad oggi la vocazione all’istruzione accogliendo la sede storica dell’università cittadina.

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

COLLEGIO, CONVITTO

Nei complessi degli ordini militari la denominazione più frequente è convitto o collegio, con esplicito riferimento alla funzione scolastica destinata a laici chiamati a convivere a fianco dei precettori. Sono edifici compatti, organizzati intorno ad un cortile centrale direttamente collegato all’esterno. A Parma la casa, il collegio e la chiesa sono parti autonome dal punto di vista funzionale ma formalmente accorpate in un unico palazzo. Questo occupa un intero isolato urbano, senza che l’architettura dia particolare risalto esterno alla presenza della chiesa, che assume una posizione marginale, in un angolo dell’isolato, quasi sempre senza nessuno spazio aperto antistante. Significativo in città, oltre al già citato San Rocco, il Collegio delle Orsoline che tutt’oggi ha funzione di convitto, mentre le scuole sono state recentemente delocalizzate.

CONSERVATORIO, EDUCANDATO, ISTITUTO

Il termine indica un istituto di istruzione per fanciulle, prevalentemente povere, generalmente tenuto da monache. Più estesamente indica un luogo di ricovero per poveri, specialmente donne e fanciulli. A Parma vi erano alcuni istituti per fanciulle molto famosi, dedicati alle relative chiese o ordini religiosi di appartenenza: delle Luigine (maestre, più sedi e le scuole sono attive ancora oggi), Vincenzine (maestre di S. Vincenzo de Paul), Margheritine, di San Carlo. C’erano poi il Conservatorio delle Preservate Teutoniane (seguaci dei Frati di S. Antonio Abate e residenti in parte del loro convento), delle Bagnone (Congregazione delle Figlie di Maria dette monache bagnone salesiane) e delle Mendicanti anche denominato ospizio o Luogo Pio, poi orfanotrofio femminile e infine accorpato negli Istituti Femminili Raggruppati assieme alle Giuseppine e Vincenzine e all’Istituto delle Suore della Carità.

OSPIZIO

Il termine viene dal latino hospitium “ospitalità; alloggio” derivato di hospes “ospite”, ed indica sia un edificio per lo più fondato e mantenuto da ordini religiosi dove forestieri e pellegrini possono trovare temporaneamente alloggio e assistenza, sia un edificio destinato a ospitare e dare ricovero a persone prive di mezzi di sussistenza e di alloggio proprio (fanciulli, orfani, convalescenti, mendicanti). Solo recentemente indica in prevalenza il ricovero per anziani non autosufficienti. Nelle cartografie e fonti storiche consultate durante la ricerca il termine è generalmente attribuito sia a conservatori che a ospedali, indicando probabilmente il fatto che le persone nullatenenti vi dimorassero all’interno per lunghi periodi.

Si chiama brefotrofio l’istituto che assiste e alleva i neonati illegittimi e abbandonati. OSPEDALE, SPEDALE, HOSPITALE

Il nome deriva dalla stessa radice di “ospizio” e quindi talvolta nelle fonti indica l’alloggio per i forestieri o per i poveri e non necessariamente dotato di assistenza sanitaria, quindi attrezzato per il ricovero e le cure mediche. Si è cercato di distinguere le funzioni ma non sempre è stato possibile in base alle fonti.

A Parma fino al Sec. IX l’autorità vescovile detiene quasi in esclusiva l’attività ospedaliera presso l’ospedale annesso alla Cattedrale, successivamente l’attività passa nelle mani di molti piccoli organismi laici o ecclesiastici, tra cui le confraternite, formalmente dipendenti dal Vescovo. Il “laicato religioso” tra i due poli del cenobio e della vita privata è figura chiave nella fondazione e gestione degli ospedali. Via via la loro funzione è sostituita da un lato da taverne ed alberghi per i pellegrini detti osterie (ospiteria o piccolo ospizio) e da alcuni

Complesso di Santa Maria in Vallicella comprendente l’Oratorio dei Filippini a Roma nel 1697: planimetria della casa professa e schema interpretativo. Confronto con lo schema di S. Rocco a Parma.

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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi

ospedali importanti gestiti da religiosi e spesso adiacenti a chiese, a partire dall’Ospedale della Misericordia o Ospedale Grande o Vecchio o di Rodolfo Tanzi o degl’Infermi fondato nel 1201 in Oltretorrente attorno a cui gravitavano l’ospedale di Sant’Ilario o degli Esposti di cui rimane l’oratorio, quello dei Pazzi o Pazzerelli poi dei bambini presso San Francesco di Paola, quello di San Nicodemo o Nicomede dall’altro lato della strada. Sempre in Oltretorrente l’Ospedale degli Incurabili o delle Quattro Arti e Mestieri o di Santa Maria Vergine fondato nel 1322 da Ugolino da Neviano in via Bixio e poi trasferito in Santa Maria del Quartiere con il nome di Santa Maria Assunta, sede in cui è ancora oggi. Oltre a queste strutture principali, nelle fonti si trova che molti conventi e monasteri ospitassero ospedali, tra cui il San Lazzaro dei Lebbrosi presso San Giovanni Evangelista di cui si hanno poche notizie e sopravvive la famosa farmacia, e l’Hospitale Militum affidato ai frati di Sant’Antonio Abate. Si ricordano tra i maggiori Santa Mara del Carmine e tra i minori nella città vecchia Sant’Angelo presso San Quirino e in Oltretorrente San Giacomo e Santo Spirito. Fuori le mura si ricordano per importanza San Bartolomeo di Strada Rotta e San Lazzaro nella posizione dell’odierno quartiere.

XENODOCHIO

Dal greco “ospite” e “ricevere”, era una struttura più piccola di un ospedale che nel Medioevo ospitava anche gratuitamente i pellegrini ed i forestieri in viaggio, specialmente lungo la via Francigena ed altri cammini. In ambito urbano, ospitava attività assistenziali e furono gradualmente sostituiti dalle “osterie”. A Parma si possono vedere i ruderi di un importante xenodochio pre-quattrocentesco sulla via Emilia tra San Prospero e la periferia della città. Perduti, in città c’erano: Santi Cosma e Damiano (o della Sacra Spina o della Disciplina Vecchia), dei Padri Crociferi o della Disciplina di Porta Nuova o delle Cinque Piaghe annesso all’oratorio della Santissima Trinità di Porta Nuova; della Santissima Trinità, dapprima presso l’oratorio di borgo della Trinità e poi presso l’oratorio dei Rossi in Strada Garibaldi. In Oltretorrente San Bernardino o dello Spirito Santo e San Giovanni Battista in Co’ di Ponte.

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