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Curatrice e membro del direttivo di Casa Sponge

Amare, un verbo forse eccessiva-mente usato e abusato, il cui signifi-cato puntuale è a volte ignoto, privo di risposte a un sentimento che è naturalmente illogico e istintivo, sin-tomo di grande cura e dedizione, di vita condivisa. È donare attenzione e riceverla, è innaffiare ogni istante un seme che diverrà un grande albero

e accogliere quell’acqua che ti per-metterà di crescere circondato dalla bellezza. La prima persona presente singolare, IO AMO, è ancor più una promessa, una rivelazione, un impe-gno verso un territorio.

Un acronimo è divenuto un verbo

colmo di senso e non-senso, legato a quello che è un impulso d’amore ver-so una regione, le Marche, portato avanti attraverso la diffusione dell’ar-te e della cultura condell’ar-temporanee.

E quindi arte, Marche, oltre. Oltre che cosa? Oltre tutto, per addentrarsi nei cunicoli più insidiosi e sperimentali, poco praticati, e perseguirli

immer-si nei luoghi di una terra che vanta un meraviglioso paesaggio collinare e marittimo in cui questi stessi pas-saggi sotterranei vengono portati alla luce e innalzati attraverso la parola.

Cura e parola quindi, strettamente correlati quando ci si trova a

collegar-si agli artisti e al loro lavoro per com-prenderli in profondità, per entrare nel vero io e sostenerli nella loro at-tività. Chi è il curatore? Molte volte me lo son chiesta e la domanda si ar-ricchisce di risposte ogni giorno, ogni istante in cui mi trovo a relazionarmi con onore e rispetto con chi dal sen-tire e dalla creatività costruisce. La

parola è necessaria, utile a palesare il non detto, ma non d’obbligo. La for-ma, se ben vista, rivela il contenuto, il gesto e l’immagine lo completano.

Perché parlare è anche gesticolare, è respirare, è sorridere o piangere presi dalle emozioni del fare uscire i

pensieri. Questo è lo sforzo che si fa per creare dialogo, comunicazione tra due o più parti.

a,m,o è stata la naturale evoluzione dell’attenzione, della cura e della pa-rola, per me un grande insegnamento dopo quasi cinque anni di personale attività con Casa Sponge, un corona-mento di un percorso di crescita la

cui natura era chiusa e custodita ge-losamente dal suo palesarsi.

a,m,o rappresenta lo sviluppo di Per-fect Number, un progetto che, sin dalla fondazione dell’associazione, ha sempre chiuso la stagione esposi-tiva, declinandosi ogni anno in forme

diverse e avendo come filo condut-tore il numero nove, corrispondente alle stanze del casolare. Da mostra è divenuto un campeggio itinerante che si prefigge la formazione di gio-vani curatori under 35, una kermes-se viaggiante che prevede numerosi appuntamenti tra cui talk, incontri, performance, presentazioni di libri ed esposizioni. Le iniziative toccano luoghi d’interesse storico-artistico delle Marche che si fanno conteni-tore della cultura contemporanea, con l’obiettivo di divenire un appun-tamento a cadenza biennale. La

pa-rola e il confronto dedicati alle arti visive contemporanee sono portatori di valori che emergono manifestan-dosi con il coinvolgimento di artisti, performer, curatori, galleristi, gior-nalisti, docenti, scrittori ed esperti di comunicazione che si presentano al pubblico e ai giovani curatori. Il muro è abbattuto e la trasmissione è fluida e diretta. L’arte contempora-nea non viene spiegata, ma assume una forma pregna di contenuto che può essere rivelata all’altro senza esitazioni. Quello che può esser de-finito il processo, la realizzazione e il

compimento, è esternato da chi l’ha eseguito ed è ricchezza inestimabi-le per chi ascolta e ha la fortuna di condividerlo. Tutto parte da questo:

la condivisione. Casa Sponge nasce per questo. Aprire le porte di una casa privata significa prima di ogni altra cosa cum-dividere. Una sorta di arte partecipata, termine ormai as-sai di moda, in cui anche il pubblico è parte, appunto, del racconto del lavoro e del processo e dichiara an-ch’esso un amore per quest’ultimo e per il luogo in cui è narrato. Quella della residenza, che nel caso specifi-co di a,m,o, è itinerante e in tenda,

è una conseguenza naturale della politica dell’associazione, incentrata sull’importanza e la potenza delle re-lazioni, della connessione tra perso-ne, progetti di ricerca e occasioni di incontro, permanenza e produzione in situ. Le Marche vengono tracciate seguendo percorsi che prevedono la registrazione visiva dei paesaggi e la divulgazione del suono delle parole che si unisce a quello della natura e della storia di luoghi di interesse, per valorizzare la regione e portarla con sé, per scovare con gli occhi e con il proprio sentire. Lontano dalle costri-zioni e dai ritmi cittadini, a,m,o

favo-risce lo spontaneo insorgere di spunti ed idee, seguendo una modalità affi-ne al concetto di otium creativo affi-nel quale i giovani curatori, il pubblico e gli ospiti della kermesse vivono all’u-nisono un ambiente che li accoglie e condivide con loro le proprie ricchezze.

Nel gennaio 2017, a seguito dell’e-sperienza vissuta con a,m,o, mi ri-trovai a riflettere sul format e a

vo-lerlo applicare ad un altro progetto.

Pensai agli incontri brevi ma intensi, a quelle pillole, come poi le definii, che vengono ingoiate velocemente e le ricollegai alla parola, davanti ad un pubblico, alla parola dell’artista che dialoga del proprio lavoro e inevita-bilmente della propria vita. Nacque ICEcubes, brevi incontri in gelateria immaginati appunto come pillole,

cu-betti di ghiaccio la cui forma è sciol-ta e smussasciol-ta nell’esatto issciol-tante del suo essere presentata in uno spazio lontano dai luoghi canonici dell’ar-te, la gelateria. Il passaggio casuale del pubblico è momento di ascolto attivo non calcolato in un momento di pausa dal viavai quotidiano. L’arte entra attraverso il suo protagonista indiscusso, l’artista, in uno spazio

inusuale per essa secondo quella che è una rigida visione della realtà che la vede spesso chiusa entro mura che le appartengono. La periferia cono-sciuta grazie a Casa Sponge è inevita-bilmente entrata anche in ICEcubes, una periferia del luogo lontano dal sistema ma allo stesso tempo inevi-tabilmente immerso in esso, senza possibilità di ipocrisie.

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