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Misura delle proprietà reologiche

cementizi per 3DCP

2.3.4 Misura delle proprietà reologiche

La robustezza della 3DCP dipende anche dal raggiungimento di prestazioni ripetibili e proprietà reologiche coerenti prima e durante la stampa, rendendo la misurazione di queste proprietà un “challenge” di fondamentale importanza.

53 Attualmente, le misurazioni della viscosità plastica, della tensione di snervamento e della tixotropia vengono effettuate utilizzando la reometria rotazionale o oscillatoria di cui si parlerà in modo diffuso appresso, ma questi metodi possono essere problematici per la valutazione delle proprietà allo stato fresco dei materiali utilizzati in 3DCP, che hanno uno stress e una viscosità elevati. Nel successivo paragrafo pertanto si affronterà lo studio delle proprietà reologiche delle paste cementizie.

2.4

La reologia delle paste cementizie

Le caratteristiche reologiche di una pasta cementizia, come ampiamente discusso nei precedenti paragrafi, risultano di primaria importanza nello studio sull’utilizzo di prodotti commerciali nell’ambito della stampa 3D, a causa della metodologia di stampaggio degli elementi da realizzare e soprattutto per l’assenza di casseforme che contengano il getto nelle immediate fasi successive allo stampaggio stesso.

2.4.1 Reologia

Con il termine reologia s’individua quella disciplina che studia lo scorrimento e la deformazione della materia, specialmente dei fluidi, in seguito all’azione di una forza ed in relazione a:

• intensità della forza;

• durata di applicazione della forza; • velocità di applicazione della forza.

La reologia applicata ai sistemi liquidi o semisolidi studia essenzialmente il flusso, mentre quella applicata ai sistemi solidi (ed a semisolidi molto consistenti) si occupa della deformazione.

54 Nello specifico, i due tipi di deformazioni osservabili sono:

ε

(extensional strain), che rappresenta l’aumento di lunghezza in allungamento (o anche in compressione) diviso la lunghezza originaria

γ

(Shear strain) che rappresenta lo spostamento laterale diviso la distanza perpendicolare.

Affinché un materiale scorra o si deformi è necessario che venga applicata una certa forza. In realtà, in reologia, la forza viene sempre convertita in pressione e definita sforzo, carico o stress (

σ

, unità di misura Pa).

Lo stress può essere applicato perpendicolarmente alla superficie del corpo (normal stress o sforzo normale) o parallelamente (shear stress o sforzo di taglio). Naturalmente, se viene applicato da qualsiasi altra direzione, sarà composto da entrambe le componenti. Lo sforzo normale è definito sforzo di trazione (tensile stress) se si allontana dalla superficie o sforzo di compressione (compressive stress) se è diretto verso la superficie. Se, invece, viene applicato uno shear stress ad un liquido o ad un semisolido, si genererà un flusso di taglio. Tale flusso può essere immaginato come una serie di piani paralleli che scorrono uno sull’altro, con gli strati più vicini alla superficie dove è applicato lo sforzo che scorrono più velocemente di quelli sottostanti.

Nel caso più semplice la differenza di velocità è proporzionale alla distanza. In questo modo la differenza di velocità di ogni strato è costante. Tale parametro è definito velocità di taglio (shear rate o anche gradiente di velocità). Lo shear rate (eq. 8) è espresso dal simbolo D e l’unità di misura è s-1.

55 (8)

L’applicazione di un carico crescente e la contemporanea misura delle deformazioni è definito test stress-strain. Idealmente, un materiale elastico genera una risposta lineare indipendentemente dallo stress o dallo strain. Tuttavia, nella realtà, oltre un certo valore di carico applicato (yield point o carico di snervamento) la risposta tende a divenire non lineare e, continuando ad applicare stress, il materiale può rompersi. Il valore a cui avviene la rottura è definito ultimate strength (o failure).

Figura 14- Energia richiesta per rompere il materiale

Per un solido, puramente elastico, la deformazione è istantanea e completamente reversibile. Il solido elastico ha una forma ben definita, in seguito all’applicazione di forze esterne viene deformato fino a raggiungere

56 una nuova forma all’equilibrio in cui le forze esterne sono bilanciate

perfettamente da quelle interne. Alla rimozione delle forze esterne corrisponde un istantaneo ritorno alla forma originaria. Tutta l’energia fornita da stimoli esterni viene immagazzinata e restituita immediatamente alla rimozione dello stimolo.

Nei liquidi puramente viscosi si osserva scorrimento in seguito all’applicazione di uno sforzo di taglio. La shear rate osservata dipende solamente dallo shear stress applicato; tali liquidi seguono cioè la legge di Newton:

(9)

La costante di proporzionalità tra lo shear stress e lo shear rate è definita viscosità ed è in relazione con la resistenza di un materiale allo scorrimento. La viscosità ha le dimensioni di una pressione per il tempo (Pa*s). L’applicazione di uno sforzo di taglio crescente e la contemporanea misura dello shear rate viene definito test viscometry o curva di flusso. La maggior parte dei materiali reali ha in realtà un comportamento intermedio rispetto a quello previsto per un liquido puramente viscoso o un solido puramente elastico. Naturalmente i materiali reali potranno assomigliare al solido puramente elastico (solidi viscoelastici o materiali solid-like) o al liquido puramente viscoso (fluidi liquid-like o liquidi viscoelastici), in ogni modo in tutti è riscontrabile:

• un comportamento tempo-dipendente,

• la deformazione osservata può essere considerata come la somma della componente elastica e della componente viscosa.

57 Se c’è proporzionalità tra carico e deformazione, allora ci troviamo all’interno del regime viscoelastico lineare ed il comportamento può essere descritto da modelli matematici ottenuti combinando in modo additivo le equazioni di Newton ed Hooke. Oltre un certo valore di carico o deformazione anche il comportamento viscoelastico diviene non lineare. La viscoelasticità può essere evidenziata da test stress-strain o curve di flusso quando il comportamento dei materiali si allontana marcatamente da quello dei materiali ideali. Abbiamo già visto che i materiali possono essere classificati come liquidi, viscoelastici o solidi in relazione al loro comportamento in risposta a stimoli meccanici. In particolare, la maggior parte dei materiali reali è di tipo viscoelastico, tuttavia, noi li percepiamo come liquidi o solidi in funzione della scala temporale in cui possiamo osservarli. Da un punto di vista pratico definiamo liquid-like tutto ciò che scorre in relazione all’applicazione di un carico, sia esso blando (forza di gravità) o meno. Le malte cementizie possono essere efficacemente considerate, da un punto di vista reologico, come sospensioni concentrate (liquid-like), ovvero dei sistemi bifasici in cui solitamente una fase solida risulta finemente dispersa in un mezzo disperdente liquido. Il comportamento reologico delle sospensioni concentrate è molto complesso e varia in base alla natura fisico-chimica delle fasi in gioco; in particolare, esso è funzione della forma e della distribuzione delle particelle, dell’eventuale presenza di cariche superficiali, della frazione volumetrica in solido e del tipo di flusso. Infatti, i fattori appena richiamati, determinano una gerarchia nelle possibili interazioni all’interno della sospensione concentrata, condizionando il comportamento reologico macroscopico del sistema stesso. Le malte risultano dei sistemi a più componenti dove gli aggregati nel caso generale, rappresentano la fase dispersa nel liquido viscoso disperdente, rappresentato dalla pasta di cemento; quest’ultima, a sua volta, può essere interpretata come

58 una sospensione concentrata caratterizzata dalla distribuzione dei grani di

cemento in una sospensione acquosa. Tale sistema, in una situazione di quiete si conforma come una rete tridimensionale continua di particelle disperse nella pasta cementizia per cui, solo la rottura di questa struttura tridimensionale può consentire il flusso del sistema sospensione stesso. Esiste dunque un valore minimo di sollecitazione esterna in corrispondenza del quale il materiale mostra una transizione dal comportamento solido a quello liquido, riducendo il valore di viscosità al minimo: tale valore di sollecitazione è indicato con il termine “yield stress” o carico di snervamento.

Yield stress

Una delle definizioni più generali è quella che descrive l’yield stress come quel valore dello sforzo di taglio in corrispondenza del quale si registra una variazione significativa della risposta del materiale [15]. In base a ciò è possibile determinare due valori significativi dell’yield stress, illustrati graficamente in Figura 15, dove viene riportato il tipico andamento dello sforzo di taglio al variare del tempo di prova, in corrispondenza dei quali il materiale esibisce una variazione del proprio comportamento, più un terzo associato al raggiungimento di uno stato stazionario:

• yield stress di snervamento statico in corrispondenza del punto A, che sancisce il termine della fase di andamento lineare dello stress nel tempo, durante la quale si registra la deformazione elastica della struttura della sospensione senza il verificarsi del flusso macroscopico;

• yield stress di snervamento dinamico in corrispondenza del punto B, che suggella il termine del tratto viscoelastico in cui la crescita dello sforzo di taglio, che raggiunge il punto di massimo proprio in

59 coincidenza di B, non è più lineare; in questo secondo tratto il materiale è caratterizzato da un flusso viscoelastico durante il quale, avendo superato il limite elastico, si registra una parziale distruzione dei vincoli locali del network della struttura stessa fino all’inizio del flusso viscoso al superamento di B;

• superato l’yield stress di picco che segna il collasso dei legami della struttura particellare con l’avvio, come detto, di un flusso viscoso, nella terza fase si registra una graduale riduzione della resistenza al taglio offerta dal materiale fino al raggiungimento di un valore di stato stazionario in corrispondenza del quale il materiale fluisce indefinitamente: a questo stato si potrebbe ancora associare un yield

stress, detto di flusso completamente viscoso.

Figura 15. Andamento tipico dello sforzo di taglio al variare del tempo in cui vengono evidenziate la fase di crescita lineare (I), il tratto viscoelastico (II) e il raggiungimento di uno stato stazionario (III) a); andamenti tipici di curve di flusso relative a fluidi caratterizzati da un diverso comportamento reologico: 1 - fluido newtoniano; 2 - fluido dilatante con comportamento shear thickening; 3 e 4 - fluido pseudoplastico con comportamento shear thinning; 5 - fluido plastico ideale; 6 - fluido plastico non ideale

Alla luce di ciò, molti concordano nell’asserire che il “vero e proprio” valore da considerarsi come yield stress debba essere quello di snervamento dinamico [24], che permette di affermare che per valori dello sforzo di taglio inferiori, il materiale si comporta sostanzialmente come un solido, mentre •

60 per valori superiori a tale soglia esso inizia a fluire come un liquido; nel

primo caso il comportamento del materiale è associato all’elasticità, nel secondo caso alla viscosità: questo conduce proprio all’ulteriore definizione dell’yield stress secondo cui esso rappresenta il valore dello sforzo di taglio in corrispondenza del quale si ha la transizione dal comportamento elastico tipico dei solidi a quello viscoso proprio dei liquidi.