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3 Materiali e Metodi

3.3 Procedure di misura

3.3.2 Misura della risoluzione spaziale EFM

Nella seconda parte della tesi si è studiata la risoluzione spaziale EFM, considerando un campione test multistrato. Sono state eseguite misure del gradiente di forza elettrica di seconda armonica operando in due modi: Lift Mode e Contatto Intermittente CE-FM. Per entrambe le modalità sono stati impostati gli stessi parametri di misura, come: la velocità di scansione, il numero di linee acquisite, il numero di campionamenti per linea, il tempo di acquisizione tra un campionamento e l’altro, la tensione fornita alla punta, la sensibilità del segnale in ingresso e la temperatura.

Lift Mode

Sono state realizzate alcune immagini di topografia in Tapping Mode, impostando diverse dimensioni di scansione, così da stabilizzare il sistema

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punta-campione ed individuare non solo zone omogenee del multistrato, ma anche l’interfaccia PS/PLA. È stata quindi acquisita l’immagine elettrica tramite doppia scansione (vedasi figura 2.9), applicando la tensione alla punta durante la modalità di Lift. Si è acquisita l’immagine per diversi valori dell’altezza hlift, fatta variare in un intervallo da 30 a -5 nm, in modo tale da

riuscire a misurare l’andamento del profilo di gradiente di forza elettrostatica attraverso l’interfaccia in funzione della distanza punta/campione. La distanza punta/campione effettiva risulta dalla somma dei valori di hlift sopra

menzionati con l’ampiezza di oscillazione della sonda durante la scansione in Tapping Mode.

Quindi, scansionando la superficie ortogonalmente all’interfaccia tra i due materiali, aventi proprietà dielettriche diverse, ed impostando una certa hlift, è

stato individuato uno step di segnale. Fittando con una opportuna funzione il gradino ottenuto per ogni hlift, è stato possibile esplicitare il valore della

risoluzione spaziale, calcolando l’80% della larghezza del gradino stesso (vedasi Capitolo 4).

Contatto Intermittente

Sono state acquisite diverse immagini topografiche in modalità CE, in modo da ridurre gli effetti di drift ed individuare l’interfaccia PS/PLA. Dunque, come nel caso precedente, è stata polarizzata la sonda e sono state acquisite le immagini elettriche e quindi i relativi profili dell’andamento del gradiente di forza in funzione della posizione laterale. A differenza del Lift Mode però, in questo caso si ha che la distanza punta-campione è definita dalla sola ampiezza di oscillazione della sonda, dato che si opera costantemente in condizioni di contatto intermittente. Anche in questo caso, come nella modalità Lift, una volta acquisiti i profili di segnale elettrico, è stato

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possibile, tramite best fit, risalire alla risoluzione spaziale EFM (vedasi capitolo 4).

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Capitolo 4

Risultati e discussione

In questo lavoro di tesi sono state sperimentate strategie capaci di migliorare la risoluzione spaziale EFM ottenibile operando in ambiente aria. Gli aspetti principali che sono stati analizzati sono:

1. Caratterizzazione geometrica delle sonde: è stato determinato il raggio apicale e l’angolo di cono delle punte utilizzate, tramite un confronto dell’andamento dell’interazione elettrostatica tra la punta ed il campione metallico con i modelli teorici noti in letteratura. Tali modelli risultano validi per piccole ampiezze di oscillazione, ma avendo operato in ambiente aria si ha che le ampiezze sono dell’ordine della decina di nanometri, quindi, per avere una buona stima della geometria della sonda è stato adoperato un altro metodo di calcolo, solitamente impiegato in letteratura per descrivere l’effetto delle forze atomiche.

2. Dipendenza della risoluzione spaziale dalla distanza punta/campione e dalle condizioni di contatto meccanico punta/superficie: a questo scopo è stato utilizzato un campione test ricavato da un multistrato composto di due polimeri con proprietà dielettriche diverse tra loro, avente il massimo grado possibile di simmetria ed una ben definita discontinuità della grandezza di interesse. Sono stati acquisiti profili trasversali del gradiente di forza attraverso l’interfaccia a vari valori della distanza z. In particolare, sono state messe a confronto due strategie di misura, il Lift Mode e la condizione di contatto intermittente, ottenuta operando in FM- CE-EFM.

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4.1 Calibrazione sonde

Nel corso di questo lavoro sono stati adoperati e messi a confronto diversi tipi di punta. Ognuna di queste è stata opportunamente calibrata a partire dall’andamento del frequency shift/gradiente di forza elettrica (seconda armonica) in funzione della distanza punta-campione.

4.1.1 Modelli teorici

Le sonde sono state calibrate operando un best fit con i modelli teorici di Hudlet e Straight già noti in letteratura (Equazioni 2.20 e 2.23), l’andamento della componente di seconda armonica del gradiente di forza elettrica in funzione di z, ottenuto registrando curve di approccio (si veda Paragrafo 3.3). Per tutte le sonde è stata fissata la costante elastica k ad un valore pari a 40 N/m, l’angolo di semiapertura del cono è stato vincolato a variare in un intervallo di valori limite che comprenda il valore atteso, cioè tra 0 ed 1 rad, mentre la frequenza di risonanza è stata ottenuta sperimentalmente tramite l’apparato AFM.

In Tabella 4.1 si riportano, per ogni punta, i risultati ottenuti dal best fit. In Figura 4.1 e 4.2 si dà un esempio rappresentativo delle curve di fit ottenute operando con la punta χ.

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Tabella 4.1: Parametri ottenuti dai best fit eseguiti con i modelli teorici di

Hudlet e Straight sui dati di Δf(2Ω)/V2 acquisiti sul substrato metallico per le sonde χ, η e ξ, con k vincolato mentre R e θ0 liberi. In tabella non sono riportati gli errori di fit, poiché molto piccoli. In Figura 4.1 e 4.2 si riportano le curve di fit ottenute con la sonda χ.

Sonda f0 [kHz] R [nm] Force Gradient (Hudlet) R [nm] Force Gradient (Straight) θ0 [rad] Force Gradient (Hudlet) θ0 [rad] Force Gradient (Straight) χ 158 24 23 0.79 0.97 η 139 56.8 57.8 0.84 1 ξ 355 21.5 20.3 0.84 1 1E-8 1E-7 0.01 0.1 1 f (2  )  V 2 [H z /V 2 ] z [nm]

f(2)/V2 dati sperimentali: punta Fit gradient force Hudlet

Figura 4.1 Variazione della frequenza di risonanza di seconda armonica

divisa per il quadrato della tensione di polarizzazione, espressa in funzione della distanza punta-campione, su substrato metallico, per la sonda 𝜒

(fres=158 kHz, fissata nel fit), tutto riportato in scala bilogaritmica. In rosso la curva di fit dei dati sperimentali, ottenuta considerando il modello di

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Hudlet, espresso in termini di gradiente di forza, tramite approssimazione lineare, nell’intervallo 0-500nm, con k fissata.

1E-8 1E-7 0.01 0.1 1  f( 2  )  V 2 [ H z /V 2 ] z [nm]

f(2)/V2 dati sperimentali: punta 

Fit gradient force Straight

Figura 4.2 Come in Figura 4.1, per il modello Straight.

Analizzando i risultati ottenuti emerge come, acquisendo più di duemila campionamenti su un range esteso di distanze z, si ha che entrambi i modelli interpolano bene i punti su cui è stato eseguito il fit, almeno fino ad una distanza di circa 200nm, oltre la quale il contributo della leva non è più trascurabile (effetto che i modelli teorici non considerano, qualsiasi sia la distanza punta/campione). Confrontando però più in dettaglio i due modelli, si osserva come i risultati forniti dal modello di Hudlet siano migliori, soprattutto in relazione alla stima che si ottiene dell’angolo di cono.

In particolare, si vede che i raggi ottenuti dai fit risultano essere in buon accordo con quelli misurati osservando le immagini SEM, specialmente per la sonda χ e ξ. Per la sonda η invece si ha che essa presenta un raggio misurato con SEM più piccolo di quello ritrovato tramite fit. Questo può essere dettato dalla presenza di qualche irregolarità geometrica sulla parte apicale della sonda, per cui, non essendo più approssimabile ad una calotta sferica, viene descritta peggio dai modelli teorici.

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4.1.2 Modello integrale

I modelli teorici adoperati hanno però alcune limitazioni, difatti valgono esclusivamente nell’approssimazione di piccole ampiezze di oscillazione e per sonde formate da un cono troncato con apice sferico. In questo lavoro di tesi le misure sono state svolte operando in ambiente aria con ampiezze di oscillazione alte, dell’ordine di 5-10 nanometri. Per questa ragione, al fine di caratterizzare al meglio le sonde, è stato adottato un metodo di calcolo alternativo ai modelli teorici (si veda Sezione 2.2).

Il metodo consiste nella seguente procedura:

1. Si è risolta l’equazione integrale (2.25) in modo numerico, tramite il programma di calcolo Mathematica, impostando come ampiezza di oscillazione il valore calibrato durante l’acquisizione del profilo di A vs z ed importando i valori di Δf(2Ω)/V2 in funzione di z (opportunamente

calibrata), elaborati dalle curve di approccio registrate.

2. Dalla risoluzione dell’integrale quindi si ritrovano le coppie di valori [F/V2, z]. In particolare, per distanze z maggiori di 500nm si è risolto l’integrale

assumendo ∆𝑓(2𝜔)~ 𝛼 𝑧+𝑧1 , con 𝛼 = 𝑓0 8𝑘𝜋𝜀0 (sin 𝜃0)2 (𝜋 2⁄ −𝜃0)2 e z1=R(1-sinθ0), in modo tale da far tendere, per grandi distanze, la forza ad un valore asintotico, diverso da zero.

3. Sono state graficate le coppie di valori ottenute. Quindi, sono state fittate le curve ottenute, adoperando i modelli di Hudlet e Straight, espressi in questo caso in termini di forza (equazioni (2.19) e (2.22), rispettivamente).

In Tabella 4.2 si riportano, per ogni punta, i risultati ottenuti, mentre in Figura 4.3 e 4.4 si dà un esempio rappresentativo delle curve di fit ottenute operando con la punta χ.

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Tabella 4.2: Parametri ottenuti dal fit eseguito con i Modelli teorici di

Hudlet e Straight in termini di forza, sui dati di F/V2 acquisiti sul substrato metallico per le sonde χ, η e ξ, con k vincolato mentre R e θ0 liberi. In tabella non sono riportati gli errori di fit, poiché molto piccoli. In Figura 4.3 e 4.4 si riportano le curve di fit ottenute con la sonda χ.

Sonda f0 [kHz] R [nm] Force (Hudlet) R [nm] Force (Straight) θ0 [rad] Force (Hudlet) θ0 [rad] Force (Straight) χ 158 22.8 33.4 0.51 0.48 η 139 31.2 42.9 0.61 0.57 ξ 355 12.3 22.8 0.55 0.49 1E-8 1E-7 1E-13 1E-12 1E-11 FV 2 [ H z /V 2 ] z [nm]

F/V2 dati sperimentali: punta 

Fit force Hudlet

Figura 4.3 Variazione della forza divisa per il quadrato della tensione di

polarizzazione, espressa in funzione della distanza punta-campione, su substrato metallico, per la sonda 𝜒 (fres=158 kHz, fissata nel fit), tutto

riportato in scala bilogaritmica. In rosso la curva di fit dei dati sperimentali, ottenuta considerando il modello di Hudlet, espresso in termini di forza, nell’intervallo 0-500nm, con k fissata.

75 1E-8 1E-7 1E-13 1E-12 1E-11 F (2  )  V 2 [ N /V 2 ] z [nm]

F/V2 dati sperimentali: punta 

Fit force Straight

Figura 4.4 Come in Figura 4.3, per il modello Straight.

Si osserva che il modello Straight interpola meglio i dati della curva (fino a distanze di quasi 500nm), sebbene restituisca un raggio superiore rispetto a quanto visto dalle immagini SEM.

Mettendo a confronto i due metodi adoperati per calibrare ciascuna sonda, quello che emerge con chiarezza è come il modello integrale dia una migliore stima dell’angolo di cono, rispetto ai modelli teorici, mentre il raggio apicale risulta, sia per uno che per l’altro modello, abbastanza in accordo con le immagini SEM. Volendo però calibrare al meglio la sonda, in base ai grafici ottenuti, sembrerebbe che il modello integrale resituisca una stima migliore della geometria della sonda.

4.2 Risoluzione spaziale EFM

Sono state acquisite in Tapping Mode le immagini di topografia del campione test, in modo da individuare l’interfaccia PS/PLA. Applicata poi una data tensione alla sonda, sono state effettuate immagini elettriche, in prossimità

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dell’interfaccia, prima operando in Lift e poi in condizioni di Contatto Intermittente. Per entrambe le modalità sono stati impostati gli stessi parametri, come: numero di campionamenti, tempo di acquisizione tra un campionamento e l’altro, velocità di scansione della superficie del campione e tensione applicata alla sonda.

In particolare, mentre in modalità Lift Mode l’immagine elettrica viene eseguita ad una distanza punta/campione L, data dalla somma di hlift e dell’ampiezza di

Tapping Mode (Aset-point), in condizioni di Contatto Intermittente invece la

scansione elettrica avviene ad una distanza definita dalla sola ampiezza di oscillazione della leva.

Al fine di misurare la dipendenza della risoluzione spaziale dalla distanza punta/campione, sono state acquisite immagini a diverse distanze L, per entrambe le modalità. Tramite software WSxM, sono stati ricavati dalle immagini elettriche i relativi profili di Δ(2Ω) in funzione dell’asse di scansione

x. Ciò che si osserva è un gradino di segnale, dovuto alle diverse proprietà

dielettriche dei due polimeri che costituiscono il multistrato.

Per l’analisi dei profili è stata seguita la seguente procedura, per entrambi i modi:

1. Sono stati selezionati, per ogni immagine elettrica, i migliori cinque profili. Ognuno di questi è stato fittato tramite la funzione di Boltzmann:

𝑦 = 𝐴1−𝐴2

1+𝑒(𝑥−𝑥0)2/𝑑𝑥+ 𝐴2, con A1 ed A2 rispettivamente i valori iniziali e

finali dello step. Derivando la funzione rispetto ad x si ottiene: 𝑦 = (𝐴2− 𝐴1)/4𝑑𝑥, per cui la larghezza della transizione da A1 ad A2 risulta 4dx.

2. I parametri di fit che si ottengono sono A1, A2, e dx, quindi scelti cinque

profili, si sono ottenuti cinque valori di A1, A2, e dx, ognuno con il proprio

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3. È stata calcolata la media pesata, data da: 𝑥𝑚 = ∑𝑁𝑖=1𝑤𝑖𝑥𝑖

∑𝑁𝑖=1𝑤𝑖

con 𝑤𝑖 = 1

𝛿𝑖2,

dove gli xi sono i cinque valori di dx ottenuti tramite best fit, ognuno

moltiplicato per un fattore quattro e per 0.8, in modo da considerare l’80% della transizione, mentre δi sono gli errori statistici relativi a dx,

anche questi moltiplicati per 4 e per 0.8.

4. È stato calcolato poi l’errore sulla media pesata da: 𝜎̅ = 1

√∑ 𝑤𝑖 𝑖.

5. Dal valore di xm calcolato è stato quindi possibile derivare la risoluzione

spaziale EFM.

Operando in Lift Mode sono stati ottenuti sei o sette valori di risoluzione in funzione di L, avendo fatto variare hlift da 30 a -8 nm.

In condizioni di Contatto Intermittente invece sono stati ricavati due valori, per due diverse ampiezze di oscillazione Aset-point impostate.

Da tali analisi quindi è stato possibile ricavare la dipendenza della risoluzione spaziale EFM dalla distanza punta/campione, mettendo a confronto i due diversi modi di operazione.

In Figura 4.5 e 4.6 si riporta un esempio illustrativo delle immagini elettriche con i relativi profili, ottenuti operando in Lift Mode, ad una Ldi 5 nm, ed in condizioni di Contatto Intermittente ad un Aset-point di 13 nm.

78 0 200 400 600 800 1000 550 600 650 700 750 800 850 900 950 df ( 2  ) [ m V ] x [nm]

Figura 4.5 Confronto tra l’immagine elettrica del multistrato PS/PLA,

ottenuta operando in Lift Mode tramite sonda χ, ad una L=5 nm, e relativo profilo espresso in termini della variazione della frequenza di risonanza di seconda armonica in funzione della posizione laterale x. In rosso la curva di fit, utile per la determinazione della risoluzione spaziale. [29]

0 200 400 600 800 1000 400 500 600 700 800 900 1000 df ( 2  ) [ m V ] x [nm]

Figura 4.6 Come per la Figura 4.5, ma operando in contatto intermittente

79

In Figura 4.7, 4.8 e 4.9 si riporta l’andamento della risoluzione spaziale in funzione della distanza punta-campione L, ottenuto operando in Lift Mode ed in condizioni di Contatto Intermittente.

Nelle stesse figure, tali andamenti vengono confrontati con la ben nota definizione teorica di risoluzione, per cui: 𝑟 = 𝑐0√𝑅𝐿, dove ad R è stato sostituito il valore trovato dai best fit, mentre la costante moltiplicativa c0

vale in questo caso 2.15, avendo scelto di considerare l’80% della transizione (si veda capitolo 2).

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=23.5nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R=23.2nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=22.8nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=33.4nm (fit force Straight)

  n m ] L [nm]

Figura 4.7 Dipendenza della risoluzione spaziale dalla distanza punta campione media L, per la sonda χ.

In figura sono riportati i dati sperimentali ottenuti operando in Lift (quadratini blu) ed in Constant Excitation (Contatto Intermittente, quadratini verdi), ad ognuno di questi si è associato il relativo errore statistico (barra verticale) e l’ampiezza di oscillazione della sonda (barra orizzontale): in Lift pari a 3.7nm ed in CE 13.5nm. I dati sperimentali ottenuti sono confrontati con l’andamento teorico 𝑟 = 2.15√𝑅𝐿, dove con R si indica il raggio della sonda e con L la distanza punta-campione. In particolare, si distinguono quattro curve teoriche: in rosso (linea continua) R=23.5 nm, in nero (linea continua) R=23.2 nm, in rosso (linea tratteggiata) R= 22.8 nm ed in nero (linea tratteggiata) R=33.4 nm. I raggi sono stati ottenuti fittando l’andamento dell’interazione elettrostatica in funzione della distanza punta-campione, tramite i modelli teorici di Hudlet e Straight nella versione di forza (modello integrale) e gradiente di forza.

80 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140

dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=56.8nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R=57.8nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=31.2nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=42.9nm (fit force Straight)

[ n m ] L [nm]

Figura 4.8 Come in Figura 4.7, per la sonda η. L’ampiezza di oscillazione

della sonda è qui pari a 16.5nm nel modo CE. I raggi relativi alle curve teoriche sono indicati in figura.

0 10 20 30 40 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=21.5nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R=20.3nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=12.3nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=22.8nm (fit force Straight)

[n

m

]

L [nm]

Figura 4.9 Come in Figura 4.7, per la sonda ξ. Le ampiezze di oscillazione

della sonda sono qui pari a 1.7nm per il Lift Mode e a 5nm nel modo CE. I raggi relativi alle curve teoriche sono indicati in figura.

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Dai grafici ottenuti si osserva che i valori sperimentali, operando in Lift Mode, sono in ottimo accordo, per distanze minori del raggio apicale, con le risoluzioni previste dai modelli in letteratura; mentre nel caso di contatto intermittente, la risoluzione è coerente con quella attesa alla distanza di massimo avvicinamento. Confrontando i dati ottenuti in Lift con quelli in Contatto Intermittente si osserva che, nel primo caso, la migliore risoluzione raggiunta è dell’ordine di grandezza del raggio apicale della sonda, mentre nel secondo caso si misurano risoluzioni di pochi nanometri, sebbene sia la distanza media L che il raggio apicale siano dell’ordine delle decine di nanometri. Questo è dovuto al fatto che l’interazione elettrostatica nel punto di massimo avvicinamento punta-superficie domina su quella durante tutto il resto dell’oscillazione. Quindi si deduce che risulta più vantaggioso lavorare in condizioni di contatto intermittente piuttosto che nel più comune Lift Mode.

Per avere una buona conferma di quale, tra le quattro curve teoriche, interseca meglio i risultati sperimentali, è preferibile graficare l’andamento della risoluzione spaziale in funzione della distanza di massimo avvicinamento zc, come rappresentato nelle Figure 4.10, 4.11 e 4.12, invece

che di L come nelle figure precedenti.

Come emerge dai grafici, si osserva che le previsioni basate sul modello integrale siano in miglior accordo con l’andamento dei dati sperimentali per tutte e tre le punte considerate, rispetto a quelle basate sul modello di gradiente di forza.

82 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=23.5nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R=23.2nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=22.8nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=33.4nm (fit force Straight)

r  n m ] z C [nm]

Figura 4.10 Dipendenza della risoluzione spaziale dalla distanza di massimo

avvicinamento della punta al campione, per la sonda χ. In figura sono riportati i dati sperimentali ottenuti operando in Lift (quadratini blu) ed in Constant Excitation (quadratini verdi), ad ognuno di questi si è associato il relativo errore statistico (barra verticale). I dati sperimentali ottenuti vengono posti a confronto con l’andamento teorico 𝑟 = 2.15√𝑅𝑧𝑐, dove con R si indica il

raggio della sonda e con zc la distanza di massimo avvicinamento. In particolare, si distinguono quattro curve teoriche: in rosso (linea continua) R=23.5 nm, in nero (linea continua) R=23.2 nm, in rosso (linea tratteggiata) R= 22.8 nm ed in nero (linea tratteggiata) R=33.4 nm. I raggi sono stati ottenuti fittando l’andamento dell’interazione elettrostatica in funzione della distanza punta-campione, tramite modelli teorici e modello integrale.

83 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140

dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=56.8nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R057.8nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=31.2nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=42.9nm (fit force Straight)

r [n m ] z C [nm]

Figura 4.11 Come in Figura 4.10, per la sonda η. L’ampiezza di oscillazione della sonda è qui pari a 16.5nm

nel modo CE. I raggi relativi alle curve teoriche sono indicati in figura.

0 10 20 30 40 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

110 dati sperimentali -LIFT dati sperimentali -CE

modello teorico: R=21.5nm (fit gradient force Hudlet) modello teorico: R=20.3nm (fit gradient force Straight) modello integrale: R=12.3nm (fit force Hudlet) modello integrale: R=22.8nm (fit force Straight)

 [ n m ] zC [nm]

Figura 4.12 Come in Figura 4.7, per la sonda ξ. Le ampiezze di oscillazione della sonda sono qui pari a

84

Al fine di dimostrare quanto la risoluzione spaziale sia fortemente influenzata dalla geometria di una sonda, si riporta in Figura 4.13 l’andamento della risoluzione in funzione della distanza media L ottenuta operando con le sonde cilindriche nanoneedles.

0 5 10 15 20 25 30 35 0 50 100 150 200 250 300 350 400

dati sperimentali nanoneedle-LIFT dati sperimentali nanoneedle-CE

modello teorico: R=378nm (fit gradient force Fumagalli) modello teorico: R=256nm (fit gradient force Straight-apice) modello integrale: R=222nm (fit force Fumagalli)

modello integrale: R=359nm (fit force Straight-apice)

 [ n m ] L [nm]

Figura 4.13 Dipendenza della risoluzione spaziale dalla distanza punta

campione media L, per la nanoneedle. In figura sono riportati i dati sperimentali ottenuti operando in Lift (quadratini blu) ed in Constant Excitation (Contatto Intermittente, quadratini verdi), ad ognuno di questi si è associato il relativo errore statistico (barra verticale) e l’ampiezza di oscillazione della sonda (barra orizzontale): in Lift pari a 0.55nm ed in CE 2.5nm. I dati sperimentali ottenuti confrontati con l’andamento teorico 𝑟 =

2.15√𝑅𝐿, dove con R si indica il raggio della sonda e con l la distanza

punta-campione. In particolare, si distinguono quattro curve teoriche: in rosso (linea continua) R=378 nm, in nero (linea continua) R=256 nm, in rosso (linea tratteggiata) R=222 nm ed in nero (linea tratteggiata) R=359 nm. I raggi sono stati ottenuti fittando l’andamento dell’interazione elettrostatica in funzione della distanza punta-campione, tramite modelli teorici e modello integrale. Il modello Fumagalli [30] corrisponde al modello Hudlet considerando solo l’apice della sonda, così come il modello Straight-apice considera solo la parte di apice del modello Straight.

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Dal grafico emerge come per raggi apicali elevati la risoluzione peggiori notevolemente, sia operando in Lift Mode che in condizione di Contatto Intermittente. Inoltre i dati sperimentali non sono affatto in accordo con le curve teoriche. Si deduce quindi che lavorare con sonde aventi raggi apicali sufficientemente piccoli risulta fondamentale per l’ottenimento delle elevate risoluzioni spaziali desiderate.

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Conclusioni

La corretta definizione di risoluzione spaziale si deve basare sulla conoscenza precisa sia della geometria della sonda che del campione da analizzare. Il raggio apicale della punta AFM viene tipicamente determinato dall’andamento

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