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Universitร degli Studi di Pisa
Dipartimento di Fisica
Corso di Laurea in Fisica
Anno Accademico 2018/19
Tesi di Laurea Magistrale
Studio di metodi per il miglioramento della
risoluzione spaziale in Microscopia di Forza
Elettrostatica
Candidato: Relatore:
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Indice
Introduzione 4
1 Materiali dielettrici nanostrutturati 6
1.1 I materiali dielettriciโฆโฆโฆ 6
1.1.1 Caratteristiche generaliโฆโฆโฆ 6
1.1.2Polarizzabilitร di materiali nanostrutturatiโฆโฆโฆ 9
1.1.3 Proprietร delle interfacceโฆโฆโฆ 10
1.1.4 I materiali nanodielettriciโฆโฆโฆ. 15
1.1.5 Doppio strato elettricoโฆโฆโฆ. 16
1.2 Studio delle interfacce dielettricheโฆโฆโฆ 22
2 Microscopia di Forza Elettrica 25
2.1 Microscopia a Forza Atomica (AFM)โฆโฆโฆ. 25
2.1.1 Aspetti generaliโฆโฆโฆ 27
2.1.2 Contributi di Forza Elettrica nella AFMโฆโฆโฆ. 29
2.1.3 Modalitร di operazioneโฆโฆโฆ 34
2.2 Microscopia di Forza Elettricaโฆโฆโฆ 34
2.2.1 Modello di interazione elettrica punta-campioneโฆโฆโฆ 36
2.2.1.1 Modello di Hudletโฆโฆโฆ 39
2.2.1.2 Modello Straightโฆโฆโฆ 42
2.2.2 Misura della Forza Elettrica in Lift Modeโฆโฆโฆ 44
2.3 Risoluzione spaziale in microscopia a forza elettrostatica (EFM)โฆ 46 2.3.1 Definizione e caratteristiche generaliโฆโฆโฆ 46
2.3.2 Force mode e Gradient modeโฆโฆโฆ 48
2.3.3 Caso di campione bimetallicoโฆโฆโฆ 50
3 Materiali e Metodi 55
3.1 Apparato sperimentale EFMโฆโฆโฆ 55
3.2 Materiali e Sondeโฆโฆโฆ 57
3.2.1 Campione metallico pianoโฆโฆโฆ 57
3.2.2 Multistrato PS/PLAโฆโฆโฆ 58
3.2.3 Punte conduttiveโฆโฆโฆ 60
3.3 Procedure di misuraโฆโฆโฆ 64
3.3.1 Caratterizzazione geometrica: curve di forzaโฆโฆโฆ 64
3
4 Risultati e discussione 69
4.1 Calibrazione sondeโฆโฆโฆ. 70
4.1.1 Modelli teoriciโฆโฆโฆ 70
4.1.2 Modello integraleโฆโฆโฆ 73
4.2 Risoluzione spaziale EFM 75
Conclusioni 86 Bibliografia 88
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Introduzione
Le tecniche di microscopia a scansione di sonda, come la microscopia a forza atomica (AFM), permettono di caratterizzare e manipolare superfici su scala nanometrica. In AFM la forza di interazione tra una punta acuminata e la superficie alla quale รจ avvicinata puรฒ essere misurata tramite un sensore di forza composto tipicamente da una leva elastica, detta cantilever. Nel caso si vogliano indagare proprietร elettriche, come ad esempio potenziali di superficie, distribuzione di carica o costanti dielettriche, si utilizza la AFM per misurare forze elettrostatiche (microscopia di forza elettrostatica EFM). Con la miniaturizzazione dei dispositivi elettronici e la realizzazione di materiali nanocompositi รจ diventato sempre piรน importante riuscire a misurare le proprietร elettriche di una superficie o di unโinterfaccia con alta risoluzione spaziale. Sono tuttโora in corso studi mirati al miglioramento della risoluzione spaziale EFM, che data la natura a lungo raggio delle forze elettrostatiche non riesce a equiparare quella atomica raggiungibile dalla AFM. In questo lavoro di tesi si รจ partiti da un metodo EFM normalmente utilizzato, chiamato a modulazione di frequenza (FM), e si sono sperimentate strategie capaci di migliorarne ulteriormente la risoluzione spaziale.
Questa tesi รจ organizzata in quattro Capitoli. Nel primo Capitolo viene introdotta una categoria di materiali, i cosiddetti nanodielettrici, che sono dei materiali isolanti nei quali le proprietร dielettriche macroscopiche sono dominate da una strutturazione, sulla scala micro o nanometrica, piuttosto che dalle proprietร intrinseche dei materiali. Tra questi si possono annoverare dielettrici compositi dove allโinterno di una matrice isolante sono disperse varie tipologie di particelle o nanostrutture, materiali con separazioni di fase sulla scala nanometrica, dielettrici multistrato. Eโ proprio per lโindagine di questo tipo di sistemi che la microscopia a forza elettrica ha bisogno di raggiungere una
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migliore performance, in quanto le proprietร elettriche alle interfacce delle nanostrutturazioni possono variare su scale che molto spesso sono al di sotto dei 10 nm. Nel Capitolo 2 viene illustrata la tecnica EFM, partendo dal metodi di base che รจ la Microscopia a Forza Atomica nei suoi vari modi di operazione, soffermandosi su quelli piรน pertinenti alla EFM stessa; in seguito si tratta il problema della misura delle proprietร elettriche locali tramite sonde di prossimitร e si affronta il tema della risoluzione spaziale delle stesse. Col Capitolo 3 si passa alla descrizione del lavoro sperimentale oggetto della tesi, nonchรฉ delle procedure di analisi dei dati utilizzate per le calibrazioni strumentali e la misura della risoluzione spaziale, per la quale รจ stato utilizzato uno speciale campione opportunamente concepito per facilitare lโinterpretazione dei risultati e ottenere un migliore raffronto con le previsioni teoriche. Infine, nel quarto Capitolo vengono presentati i risultati sperimentali sia riguardo alla calibrazione delle sonde, che รจ stata perfezionata applicando un metodo originale di analisi dei dati che tiene conto in maniera piรน puntuale delle condizioni di misura, sia per la determinazione della risoluzione vera e propria, condotta con quattro diversi modelli di sonda e in due diversi modi di operazione. Questa varietร di risultati ha consentito di fornire un quadro ben definito sulle potenzialitร della tecnica e sulle condizioni per la sua migliore applicabilitร per lo studio dei materiali dielettrici nanostrutturati.
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Capitolo 1
Materiali dielettrici nanostrutturati
1.1 I materiali dielettrici
1.1.1 Caratteristiche generali
I materiali dielettrici ideali si definiscono come di conducibilitร elettrica nulla, e sono quindi degli isolanti elettrici perfetti. Al loro interno puรฒ esistere un campo elettrico; infatti, in contrasto col caso dei conduttori perfetti (conducibilitร elettrica infinita), dove invece non puรฒ esistere, le cariche elettriche componenti il materiale sono legate ai siti atomici, e per effetto di un campo elettrico possono solo spostarsi dalle loro posizioni di equilibrio. Tale spostamento provoca la formazione di momenti di dipolo microscopici, la cui densitร di volume รจ detta polarizzazione elettrica, una grandezza vettoriale indicata con P
e funzione della posizione. In approssimazione lineare, cioรจ per campi elettrici sufficientemente poco intensi, la polarizzazione รจ proporzionale al campo elettrico locale Ecome:
0
P=๏ฅ ๏ฃE (1.1)
dove ๏ฃ รจ il coefficiente adimensionale di suscettivitร dielettrica, ed ๏ฅ0 la costante
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Lโapplicazione ad uno strato di materiale dielettrico di un campo esterno Eext
uniforme (Figura 1.1(a)) provoca una polarizzazione omogenea del materiale, che corrisponde allโaccumulo di due cariche di superficie uguali e opposte di densitร superficiale ๏ณp, mentre allโinterno il materiale rimane mediamente
neutro. Le due cariche sono tali da produrre allโinterno dello strato un campo elettrico di modulo ๏ณp/๏ฅ0, di verso opposto a quello esterno (campo di
depolarizzazione) per cui il campo elettrico allโinterno risulta Eext โ ๏ณp / ๏ฅ0. La
definizione di polarizzazione implica che il suo valore sia pari a ๏ณp, per cui il
campo interno risulta Eext โ P / ๏ฅ0. Dato che la polarizzazione รจ proporzionale al
campo interno, deve valere P = ๏ฅ0 ๏ฃ ( Eext โ P / ๏ฅ0), per cui P= ๏ฅ0 ๏ฃ Eext / (1 + ๏ฃ),
Definendo la costante dielettrica relativa ๏ฅr = 1 + ๏ฃ, si puรฒ scrivere r 0 ext r 1 ( ) P ๏ฅ ๏ฅ E ๏ฅ โ = (1.2)
Il valore della carica superficiale risulta quindi proporzionale ad Eext tramite il
fattore (๏ฅr -1) / ๏ฅr, che รจ nullo per ๏ฅr = 1 mentre tende ad 1 per ๏ฅr grandi. Per un conduttore perfetto ๏ฅr รจ infinita, e infatti il campo allโinterno si annulla.
Figura 1.1. (a) Strato dielettrico sottoposto a un campo elettrico esterno Eext. (b)
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Nel caso piรน realistico nel quale lo strato dielettrico sia sottoposto ad un campo elettrico uniforme ma questa volta generato allโinterno di un condensatore le cui armature siano tenute ad una differenza di potenziale fissata ๏V (Figura 1.1(b)), la carica di polarizzazione ๏ณp che si forma sul dielettrico รจ in grado di indurre
una carica addizionale sulle armature stesse, richiamando altra carica fornita dai generatori di potenziale in modo da tenere questโultimo al valore fissato. Chiamando Ed ed Ev i campi elettrici allโinterno del dielettrico e dello spazio
vuoto rimanente, per definizione di potenziale si deve avere, con riferimento alla Figura 1.1(b), ๏V = Ed hd + Ev (h โ hd). Inoltre, applicando opportunamente il
teorema di Gauss, scegliendo delle superfici di Gauss che includano la carica superficiale presente sulle diverse superfici del condensatore e dello strato dielettrico, si ottiene che ๏ฅd Ed = Ev. La soluzione di questo sistema fornisce i
valori di Ed ed Ev, dati da:
d d d(1 d) V E h๏ฅ h ๏ฅ ๏ = + โ (1.3) d v d d(1 d) V E h h ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ = + โ (1.4)
Notiamo che sia il campo elettrico nel materiale che quello nel vuoto dipendono dalla costante dielettrica del materiale.
La capacitร C รจ definita come la carica che il generatore deve portare sulle armature del condensatore per ottenere una data differenza di potenziale fra le stesse. Nel caso del condensatore vuoto, questa capacitร vale, per unitร di area,
๏ฅ0 / h, mentre nel caso di condensatore pieno di dielettrico, essa vale ๏ฅ0 ๏ฅd / h, cioรจ ๏ฅd volte quella del condensatore vuoto. Per il condensatore parzialmente riempito, si puรฒ definire una costante dielettrica efficace ๏ฅeff che ne fornisca il valore della capacitร . Questa vale:
9 eff d d d 1 1 1 h h ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ = ๏ฆ โ ๏ถ + ๏ง ๏ท ๏จ ๏ธ (1.5)
In maniera analoga si puรฒ ricavare una costante dielettrica efficace di un sistema composto da piรน strati con diversa costante dielettrica.
1.1.2 Polarizzabilitร di materiali nanostrutturati
I materiali dielettrici esistenti in natura possono avere varia forma e struttura: cristalli, solidi amorfi e semicristallini, liquidi. Per un materiale omogeneo, la costante dielettrica รจ determinata dalla polarizzabilitร degli atomi o molecole costituenti. Possono esistere diversi tipi di processi che conferiscono polarizzabilitร al materiale, tra i quali:
- orientazionale, caratteristico delle molecole con momento di dipolo permanente, che tende ad orientarsi parallelamente al campo elettrico; - vibrazionale ionico, in cui i nuclei si spostano rispetto alla loro posizione
di equilibrio nella molecola o nel solido;
- vibrazionale elettronico, in cui gli elettroni degli atomi si spostano rispetto al proprio nucleo.
Esiste la possibilitร di ottenere materiali isolanti con polarizzabilitร elettrica piรน elevata rispetto a quella naturale, introducendo una strutturazione. Consideriamo come esempio delle particelle metalliche che vengano incluse in un materiale isolante, che diremo matrice. Gli elettroni del metallo possono muoversi liberamente lungo la superficie della particella, ma non possono allontanarsi da essa, in quanto racchiusi in un isolante. Un campo elettrico applicato รจ in grado di accumulare gli elettroni da un lato della particella, lasciando carico positivamente lโaltro lato, e creando cosรฌ un dipolo elettrico. La polarizzabilitร efficace di un materiale cosรฌ strutturato differisce da quella della matrice, rimanendo tuttavia il materiale globalmente isolante.
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Se le inclusioni nella matrice sono di piccole dimensioni e omogeneamente distribuite, il materiale apparirร macroscopicamente omogeneo, ma le sue proprietร dipenderanno dalla natura delle inclusioni e possibilmente anche dal fatto di avere creato delle interfacce fra inclusioni e matrice. Il comportamento della materia ad una interfaccia, infatti, si puรฒ differenziare notevolmente da quello dei singoli materiali componenti. Un esempio รจ quello appena discusso di particelle conduttive in matrice isolante, dove gli elettroni del conduttore sono costretti ad accumularsi presso lโinterfaccia. I casi in cui una specie, ad esempio gli elettroni, o piรน in generale una caratteristica chimico-fisica di un sistema risulti costretta in una regione spaziale limitata vengono detti di confinamento
spaziale. La creazione di interfacce fra due materiali risulta spesso in effetti di
confinamento. I materiali confinati possono esibire comportamenti che si discostano da quelli dei materiali componenti, e ciรฒ puรฒ essere sfruttato per produrre materiali con caratteristiche mirate.
La trattazione dei fenomeni allโinterfaccia viene svolta nella maniera piรน semplice considerando un problema unidimensionale, anche se nella pratica i sistemi possono essere mono-, bi- o tri-dimensionali. Qui di seguito introduciamo la definizione di interfaccia secondo Gibbs e alcune sue caratteristiche salienti.
1.1.3 Proprietร delle interfacce
Una superficie delimita un corpo, ad esempio un solido o un liquido dal gas circostante, oppure un solido dal liquido circostante. Piรน in generale si parla di interfaccia o interfase. Alcuni solidi possono esistere in due o piรน fasi, cosรฌ come alcuni liquidi. Un esempio di due fasi solide รจ quello delle fasi cristallina e amorfa di una stessa sostanza. Un esempio di liquido che puรฒ esibire due o piรน fasi รจ quello dei cristalli liquidi. Inoltre, due liquidi immiscibili, mescolati assieme, col tempo si separano formando interfacce di separazione.
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Si possono distinguere le fasi che compongono un sistema in fasi disperdenti, o continue o esterne, e fasi disperse, o discontinue o interne. Esiste inoltre il caso di fasi bicontinue, dove non รจ presente la fase dispersa. Ad esempio, nella miscela acqua/olio, l'acqua costituisce la fase continua e l'olio quella dispersa, nella forma di goccioline.
Una interfaccia รจ definita come la regione di spazio al confine fra due regioni composte di due diversi materiali o fasi, in cui una certa grandezza fisica subisce la variazione dal valore che essa assume in uno dei due materiali, inteso come il valore caratteristico del materiale bulk assunto allontanandosi sufficientemente dallโinterfaccia, al valore nellโaltro. Sottolineiamo che a seconda delle grandezze fisiche considerate, le relative interfacce non sono necessariamente coincidenti. La trattazione delle interfacce dal punto di vista termodinamico, quindi in condizioni di equilibrio, รจ dovuta a Gibbs. Consideriamo un sistema di due fasi
๏ก e ๏ข divise da una interfaccia s, ad esempio un sistema liquido-vapore, e per semplicitร consideriamo una interfaccia planare. Consideriamo una variabile estensiva Y la cui densitร y varia dal valore y๏ก della fase bulk ๏ก al valore y๏ข della fase bulk ๏ข, spostandosi lungo la coordinata x attraverso l'interfaccia. In Figura 1.2 viene rappresentato un esempio di questa situazione, dove la grandezza estensiva รจ il numero di molecole N e la relativa densitร รจ c (concentrazione molare). La regione di transizione presenta una variazione continua fra y๏ก e y๏ข. Scegliamo un piano arbitrario di divisione alla coordinata x = xs, di area A, che
divide il volume totale in V๏ก e V๏ข e rappresenta una interfaccia di volume Vs nullo (piano divisorio di Gibbs). Esistono anche altri modelli, piรน realistici, dove l'interfaccia ha volume Vs > 0, ad es. il modello di Guggenheim. Tuttavia, il
modello di Gibbs รจ il piรน semplice, seppur contenendo i concetti basilari, per cui viene usato per descrivere la fenomenologia di base.
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Figura 1.2. Il piano divisorio di Gibbs nel caso di una interfaccia liquido/vapore, posizionata in modo da fornire un valore dellโeccesso interfacciale nullo. Da Ref. [3].
La generica quantitร estensiva Y per l'intero sistema vale: s
Y = y V๏ก ๏ก +y V๏ข ๏ข +y A (1.6)
definendo ys come densitร superficiale di Y. Se la grandezza estensiva รจ ad
esempio il numero di molecole N, abbiamo s
N =c V๏ก ๏ก +c V๏ข ๏ข +c A. Per il volume, si ha V =V๏ก +V๏ข, essendo l'interfaccia ideale di Gibbs di volume nullo.
Definiamo l'eccesso interfacciale molare ๏i come:
s i i N A ๏ = (1.7)
dove assumiamo che il sistema possa essere composto da un certo numero di specie, indicate con l'indice i. L'eccesso interfacciale dipende dalla posizione del piano di Gibbs; come si vede in Figura 1.3, posizionando in maniera diversa il piano divisorio si ottiene un diverso valore di ๏. Nell'esempio di ๏ > 0 in figura, รจ come se la fase ๏ก fosse aumentata di un'area tratteggiata piccola, mentre la fase ๏ข fosse diminuita dell'area tratteggiata grande, e l'eccesso interfacciale fosse la differenza fra queste due aree, che รจ come se fosse accumulato nell'interfaccia ideale. Al contrario, per il caso ๏ < 0 la fase ๏ก รจ aumentata di un'area grande,
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mentre la fase ๏ข รจ diminuita di un'area piรน piccola, dando un impoverimento all'interfaccia.
Figura 1.3. Piano divisorio di Gibbs allโinterfaccia, la cui posizione determina lโeccesso interfacciale ๏. Da Ref. [3].
Esiste una quantitร , denominata eccesso interfacciale (o adsorbimento) relativo della componente i rispetto alla componente 1:
(1) 1 1 1 ( ) ( ) i i i i c c c c ๏ก ๏ข ๏ก ๏ข โ ๏ ๏บ ๏ โ ๏ โ (1.8)
il cui valore risulta indipendente dalla posizione del piano di Gibbs, ed รจ determinabile sperimentalmente, ad esempio tramite misure di tensione superficiale. Nel caso di un sistema solvente/soluto che esibisca una interfaccia con il proprio vapore, a seconda della natura delle specie si puรฒ verificare una situazione di arricchimento o impoverimento allโinterfaccia del soluto rispetto al solvente. In Figura 1.4 sono mostrati i profili di concentrazione di solvente (1) e soluto (2), nel caso in cui il soluto sia arricchito all'interfaccia. L'area in grigio corrisponde all'eccesso interfacciale relativo ๏2(1) del soluto rispetto al solvente.
Si puรฒ verificare che il secondo membro dell'equazione (1.8) che definisce l'adsorbimento relativo fornisce la misura di tale area.
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Figura 1.4. Andamento della concentrazione del solvente (1) e del soluto (2) allโinterfaccia col loro vapore, nel caso di soluto arricchito allโinterfaccia. Da Ref. [3].
Le interfacce sono importanti in fisica per alcune principali ragioni. Prima di
tutto, i processi e le trasformazioni fisico-chimiche avvengono
preferenzialmente alle interfacce. Dal punto di vista applicativo, la fisica delle interfacce รจ alla base della nanotecnologia, disciplina di importanza sempre crescente.
Inoltre, il comportamento dei cosiddetti sistemi colloidali รจ determinato prevalentemente dalle interfacce. Vengono detti colloidi le dispersioni con una delle fasi segregata sulla scala sub-micrometrica o nanometrica. Storicamente indicavano una miscela di due sostanze che sembravano disciolte una nell'altra, dall'aspetto omogeneo e somigliante a una colla, ma che non riusciva a superare una membrana porosa senza separarsi. Questo significa che su scala microscopica la miscela non era uniforme. Esempi sono l'albumina e l'amido. Il motivo per cui la fisica dei colloidi รจ dominata dalle proprietร di interfaccia piuttosto che da quelle di volume sta nel loro rapporto superficie/volume, ovvero lo sviluppo dell'area dell'interfaccia a paritร di volume del sistema. Ad esempio, per particelle micrometriche nell'aria l'effetto della gravitร , che รจ di volume,
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conta meno che quello di attrito viscoso, che รจ di superficie, se le particelle sono sempre piรน piccole. E' per questo motivo, ad esempio, che le nuvole e il fumo galleggiano nell'aria.
Il rapporto superficie/volume S/V in una dispersione, ad esempio gas/liquido con il liquido come fase dispersa in particelle sferiche di raggio r, si trova come
SN/VN, dove N รจ il numero di particelle considerate:
3 3 4 r N Nv VN = = ๏ฐ (1.9) r V S r N Ns S N N N 3 4 2 ๏ = = = ๏ฐ (1.10)
Quindi, a paritร di quantitร di materiale (proporzionale al volume), particelle di raggio minore presentano maggiore superficie esposta.
1.1.4 I materiali nanodielettrici
I nuovi sviluppi della nanoscienza e nanotecnologia considerano quali proprietร speciali possano essere esibite da sistemi strutturati al livello nanometrico, e come queste possano essere sfruttate. Si tratta di un mondo a metร fra la fisica del continuo e quella quantistica. Nel caso dei dielettrici, ciรฒ puรฒ riguardare unitร elementari come macromolecole, monostrati, membrane, e particelle micrometriche o nanometriche. Per sistemi dielettrici le cui lunghezze di scala siano al di sotto dei 200 nm, cioรจ dielettrici nanometrici [Lewis1] o nanodielettrici, le superfici e interfacce tra gli elementi dielettrici, anchโesse di dimensioni nanometriche, diventano gli elementi dominanti. Le consuete leggi di scala del mondo macroscopico e anche microscopico non possono piรน essere usate per predire le proprietร dei sistemi, e le forze tipicamente osservabili nei
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sistemi colloidali prevalgono. Dato che le interfacce dominano i fenomeni dielettrici a questo livello, i nanodielettrici e le interfacce diventano inestricabili. Una caratteristica delle interfacce dielettriche in equilibrio รจ che sono in grado di sostenere campi elettrici intensi, rendendoli adatti ad applicazioni di accumulo di energia (energy storage) [4]. Infatti, dato che lโenergia accumulata in un condensatore รจ pari a U = C V2 /2, a paritร di capacitร C e quindi di costante
dielettrica si puรฒ immagazzinare piรน energia se si puรฒ aumentare il potenziale elettrico applicabile prima che si verifichi la rottura (breakdown elettrico).
Inoltre, lโorganizzazione molecolare e la non-centrosimmetria, che sono caratteristiche comuni delle interfacce dielettriche, e le proprietร da queste derivate, le rendono candidate interessanti per la realizzazione di sensori ed attuatori. Lโavvento degli acronimi MEMS e NEMS per i dispositivi elettromeccanici sulla micro e nanoscala mostrano le possibilitร di sfruttamento tecnologico delle interfacce. Nel seguito verrร dato un esempio di una proprietร di interfaccia rilevante in questo tipo di sistemi.
1.1.5 Doppio strato elettrico
Analizziamo una interfaccia fra due diversi dielettrici, dei quali uno sia ideale e lโaltro presenti un certo grado di conducibilitร elettrica. Questo caso puรฒ generalizzare quello precedentemente proposto di particelle conduttrici in una matrice isolante. Supponiamo che il dielettrico ideale presenti sulla superficie una densitร di carica, ad esempio una carica di polarizzazione formata per lโapplicazione di un campo elettrico esterno.
La superficie solida carica attrae i portatori di carica liberi responsabili della conduzione nel dielettrico affacciato, che denominiamo controioni, e li fa accumulare allโinterfaccia stessa. Lo strato di superficie carica e controioni si
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chiama doppio strato elettrico. Il semplice strato di controioni idealmente legati alla superficie e che ne neutralizzano la carica si chiama strato di Helmholtz. Un modello piรน realistico รจ quello di Guoy-Chapman, che considera anche il moto termico degli ioni. Le fluttuazioni termiche tendono ad allontanare i controioni dalla superficie, formando uno strato diffuso, piรน esteso del semplice strato monomolecolare di Helmholtz. Il modello di Guoy-Chapman รจ comunque continuo, e ignora la natura molecolare del dielettrico. Lo strato complessivo formato dal monostrato di Helmholtz piรน quello diffuso viene detto di Stern.
Figura 1.5. Schema dello strato di Helmholtz (a sinistra) e di quello diffuso (a destra). Da Ref. [3].
Il potenziale elettrico in funzione della distanza dall'interfaccia viene descritto dalla teoria di Poisson-Boltzmann. Consideriamo una superficie solida planare con densitร di carica superficiale ๏ณ, sulla quale il potenziale รจ ๏น0 = ๏น(x = 0), in contatto con il dielettrico, di costante dielettrica ๏ฅr. La densitร di carica di volume ๏ฒe deve soddisfare l'equazione di Poisson:
2 0 e r ๏ฒ ๏น ๏ฅ ๏ฅ ๏ = โ (1.11)
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Dato che gli ioni nel dielettrico sono mobili, non conosciamo la loro posizione, ma possiamo determinare la loro distribuzione termica tramite l'equazione di
Boltzmann: T k W i i B i e c c = 0 โ / (1.12)
dove Wi รจ il lavoro necessario a portare uno ione nel dielettrico dall'infinito a
una certa posizione piรน vicina alla superficie. Si assume che si debba compiere solo lavoro elettrico, e non ad esempio lavoro per spostare altre molecole.
Il lavoro per posizionare singoli ioni รจ W+ = e๏น, W- = โ e๏น. Le concentrazioni
degli ioni positivi e negativi sono:
T k e T k e B B e c c e c c / 0 / 0 ๏น ๏น = = โ โ + (1.13)
La densitร di carica locale รจ ) ( ) ( 0 e /kT e /kT e B B e e ec c c e ๏น ๏น ๏ฒ = + โ โ = โ โ (1.14) per cui: ( , , )/ ( , , )/ 2 0 0 ( , , ) ( e x y z k TB e x y z k TB ) r ec x y z e๏น e ๏น ๏น ๏ฅ ๏ฅ โ ๏ = โ (1.15)
Nel nostro caso di superficie planare, per simmetria si ottiene: 2 ( )/ ( )/ 0 2 0 ( e x k TB e x k TB ) r ec d e e dx ๏น ๏น ๏น ๏ฅ ๏ฅ โ = โ (1.16)
Per potenziali e|๏น|<<kBT, si puรฒ sviluppare in serie l'esponenziale:
2 2 0 0 2 0 0 2 ( ) ( ) (1 1 ) r B B r B ec c e d e x e x dx k T k T k T ๏น ๏น ๏น ๏น ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ = + โ + + ๏ป (1.17)
Dando luogo allโequazione di Poisson-Boltzmann linearizzata, che รจ risolubile analiticamente:
19 D D x x e c e c x ๏ฌ ๏ฌ ๏น / 2 / 1 ) ( = โ + (1.18)
con la lunghezza di Debye
0 2 0 2 r B D k T c e ๏ฅ ๏ฅ ๏ฌ = (1.19)
Le condizioni al contorno ๏น(0) = ๏น0 e ๏น(๏ฅ) = 0 ci danno:
D x e ๏ฌ ๏น ๏น / 0 โ = (1.20)
Questa descrizione linearizzata funziona abbastanza bene per potenziali fino a 50-80 mV, dopodichรฉ si deve utilizzare una soluzione completa dellโequazione. La situazione รจ illustrata in Figura 1.6.
Figura 1.6. (a) Schema dello strato di Stern che si forma allโinterfaccia (AB) fra una particella solida (A) e una matrice che contiene ioni mobili (B). (b) Andamento del potenziale nel caso di teoria di Poisson-Boltzmann linearizzata, dove ๏ฌd indica la lunghezza di Debye. Riadattata da Ref. [2].
Per un dato potenziale ๏น0 dell'elettrodo, รจ utile conoscere la corrispondente densitร di carica ๏ณ presente sulla sua superficie. Questo ci consente ad esempio
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di trovare d๏ณ/d๏น0, che corrisponde alla capacitร differenziale del doppio strato elettrico, che puรฒ essere misurata sperimentalmente.
Imponendo la condizione di neutralitร e sostituendo l'equazione di Poisson si ha: 2 0 2 0 0 0 0 0 0 e r r r x d d d dx dx dx dx dx ๏น ๏น ๏น ๏ณ ๏ฅ๏ฒ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ ๏ฅ = ๏ฉ ๏น = โ = = ๏ช ๏บ = โ ๏ซ ๏ป
๏ฒ
๏ฒ
(1.21)Usando il risultato della Poisson-Boltzmann linearizzata si ricava: 0 r 0 D ๏ฅ ๏ฅ ๏น ๏ณ ๏ฌ ๏ป (1.22)
Detta equazione di Grahame linearizzata. Infine, derivando rispetto a ๏น0 si ottiene: 0 0 r D d d ๏ฅ ๏ฅ ๏ณ ๏น ๏ป ๏ฌ . (1.23)
Vediamo quindi che il doppio strato elettrico si comporta, per piccoli potenziali, come un condensatore piano con spaziatura ๏ฌD. Il potenziale di un tale condensatore ha l'andamento lineare mostrato nella figura 1.6, dove la pendenza coincide con quella dellโandamento esponenziale in x = 0.
Consideriamo a questo punto il caso di una matrice dielettrica con inclusioni anchโesse dielettriche, e che uno dei due dielettrici presenti una certa conducibilitร . Ad esempio, si potrebbe considerare una matrice polimerica, con la presenza di ioni o impurezze che determinino la conducibilitร , con inclusioni di particelle ceramiche. Questo รจ un caso molto diffuso nel campo dei materiali dielettrici compositi, dove la matrice polimerica determina principalmente le proprietร meccaniche e di lavorabilitร del materiale, mentre le inclusioni di ceramiche con alta costante dielettrica determinano un miglioramento delle proprietร dielettriche del composito. La presenza di un campo elettrico determina la comparsa di una carica di polarizzazione sulle particelle ceramiche.
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Si realizza perciรฒ la formazione di un doppio strato elettrico alla loro interfaccia, dove i controioni della matrice vengono concentrati in prossimitร dellโinterfaccia stessa, ad una distanza dellโordine della lunghezza di Debye. Sebbene i portatori siano confinati nella direzione normale allโinterfaccia, questi hanno una certa libertร di muoversi parallelamente ad essa, e quindi di spostarsi in seguito a variazioni del potenziale, determinando correnti confinate sulle interfacce. Questo fenomeno รจ detto di conducibilitร interfacciale.
Lโattivitร del doppio strato ha un ruolo importante nel comportamento dielettrico dei compositi. Lโeffetto della conducibilitร interfacciale sulle proprietร dielettriche complessive fu studiato da OโKonski [5] nel caso di una sospensione random di particelle sferiche con una certa conducibilitร di superficie ๏ณs. I
parametri del sistema composito sono illustrati in Figura 1.7. A basse frequenze ๏ท di variazione del campo elettrico esterno o per elevati valori di ๏ณs, i portatori
di carica sono trasferiti efficacemente, per azione del campo, lungo lโinterfaccia, provocando una polarizzazione indotta alle estremitร polari della particella, che diventa un dipolo esteso. La costante dielettrica efficace ๏ฅeff puรฒ diventare molto
maggiore di quella del materiale che compone la particella (๏ฅ1). Ad alte
frequenze o piccole conducibilitร , questo non succede piรน, ed ๏ฅeff torna ad essere
determinata, in maniera analoga alla (1.5), unicamente dalle costanti dielettriche delle componenti e dalla geometria.
Figura 1.7. (a) I parametri del modello di OโKonski per particelle dielettriche in una matrice dielettrica; (b) il dipolo indotto risultante nella particella quando viene applicato un campo elettrico e si realizza conduzione lungo lo strato superficiale. Da Ref. [2].
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1.2 Studio delle interfacce dielettriche
Oggetto di questo lavoro di tesi รจ una tecnica di caratterizzazione superficiale, denominata Microscopia di Forza Elettrostatica (EFM), che puรฒ essere utilizzata per lo studio delle proprietร di interfacce dielettriche. Questa microscopia fa parte della famiglia delle microscopie a scansione di sonda (SPM), che sono state estesamente utilizzate per lโinvestigazione delle proprietร locali di superficie dei materiali, misurando interazioni a corto raggio fra una punta e un campione [6]. In EFM, una punta conduttiva di un Microscopio a Forza Atomica (AFM) viene polarizzata elettricamente e le forze elettrostatiche che si generano affacciando la punta ad un campione, tipicamente collegato a terra, vengono studiate [7], in genere, a distanze fra la punta e il campione tali da poter trascurare altri contributi. Queste metodologie sono state largamente usate nella comunitร scientifica per caratterizzare le proprietร dielettriche dei campioni sulla scala nanometrica [7,8].
Lo studio portato avanti in questa tesi mira a un miglioramento del potere risolutivo della EFM tramite lโindividuazione di modalitร e parametri di misura applicabili per misure in ambiente aria anche su apparati di ampia diffusione, non richiedendo quindi particolari modifiche o aggiornamenti degli strumenti giร in uso. Allo stesso tempo, in questa tesi si sono perfezionati i metodi di calibrazione delle sonde EFM giร diffusamente impiegati, rendendoli quantitativamente piรน affidabili soprattutto per situazioni di lavoro in ambiente aria, che sono quelli piรน praticate. Lโobiettivo a lungo termine di questa attivitร puรฒ essere la caratterizzazione delle proprietร dielettriche in prossimitร di interfacce presenti in varie tipologie di situazioni sperimentali che possano essere adatte allโapplicazione delle microscopie a scansione di sonda [9]. In particolare, la regione dellโinterfaccia deve essere accessibile alla sonda del microscopio; per questo, i campioni devono essere adeguatamente strutturati o
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preparati. Assumendo ad esempio che lโinterfaccia da studiare sia quella fra un dielettrico e una inclusione inorganica, il dielettrico dovrebbe essere depositato su un substrato composto della stessa sostanza dellโinclusione, con lโaltra faccia del dielettrico esposta (Figura 1.8). Se il film รจ sufficientemente sottile, lโinterfaccia con il dielettrico le cui proprietร vengono misurate รจ quella fra il supporto e il film (Figura 1.8(a)). Se particelle o altre nanostrutture sono incluse nel film per formare un composito, la loro interfaccia รจ quella in corrispondenza della particella, mentre lโeffetto dellโinterfaccia film/substrato puรฒ essere trascurato se il film รจ sufficientemente spesso (Figura 1.8(b)). Le particelle piรน vicine alla superficie superiore del film (al confine con lโaria o il vuoto) sarร quella preferenzialmente sondata dalla punta EFM, il che rappresenta una peculiaritร delle sonde locali. Anche interfasi diffuse possono essere sondate, almeno limitatamente alla regione piรน vicina alla superficie libera, come mostrato in Figura 1.8(c). Le proprietร in corrispondenza di una interfaccia estesa possono essere sondate, a patto di preparare opportunamente il campione effettuando una sezione trasversale (Figura 1.8(d)). In tal caso, si deve prestare attenzione a possibili effetti di ricostruzione che possono verificarsi dopo aver praticato la sezione. Dโaltro canto, la misura delle proprietร elettriche attraverso una sezione trasversale fornisce informazioni piรน dettagliate sui processi interfacciali presenti e sulla loro variazione spaziale.
Figure 1.8. Possibili strutture di campioni per analisi delle interfacce tramite EFM. (a) Film sottile dielettrico, dove viene sondata lโinterfaccia col substrato. (b) Inclusioni in film dielettrici, dove viene sondata lโinterfaccia con le nanostrutture piรน vicine alla superficie libera del film. (c) Interfase diffusa (le due fasi sono indicate con 1 e 2). (d) Sezione trasversale dellโinterfaccia fra dielettrico e substrato.
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Notiamo che il caso (a) puรฒ essere utile a studiare effetti di confinamento di un film dielettrico sottile allโinterfaccia con un altro materiale, ma non aiuta a stabilire come le proprietร del film cambino allontanandosi dallโinterfaccia. Invece, negli altri casi questa informazione puรฒ essere ottenuta, nel caso in cui la risoluzione spaziale del microscopio sia migliore della lunghezza caratteristica di variazione delle proprietร allโinterfaccia, e cioรจ, rifacendosi alla definizione, dello spessore dellโinterfaccia. Questo motiva la necessitร di migliorare il piรน possibile la risoluzione dei microscopi EFM.
La descrizione delle tecniche di microscopia oggetto della tesi e dello stato dellโarte riguardante le loro applicazioni sui materiali dielettrici nanostrutturati verrร esposta nel prossimo Capitolo.
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Capitolo 2
Microscopia di Forza Elettrica
2.1 Microscopia a Forza Atomica
2.1.1 Aspetti generali
La Microscopia a Forza Atomica (AFM) รจ una tecnica di Microscopia a Scansione di Sonda (SPM) che รจ stata inventata nel 1986 da G. Binnig, C. F. Quate e C. Gerber [10], per riuscire a misurare la topografia superficiale di campioni isolanti su scala atomica. A tale scopo รจ stata realizzata una sonda costituita da una punta acuminata fino a pochi nm, posta allโestremitร di una leva, detta cantilever, di lunghezza dellโordine di 100 ฮผm, capace di deflettersi a causa delle forze di interazione agenti tra la punta e gli atomi del campione. In prima approssimazione รจ possibile descrivere il comportamento della cantilever come elastico, per cui lโintensitร della forza agente sulla punta risulta proporzionale alla sua deflessione, ๐น = ๐ฮ๐ฅ, con k costante elastica della cantilever. Quindi, nota k e la deflessione della cantilever, รจ possibile ricavare la forza agente sulla punta. La deflessione solitamente viene misurata grazie ad un sistema a leva ottica, in cui un fascio laser colpisce il dorso della leva, che lo riflette su una coppia di fotodiodi, capaci di trasformare il segnale ottico in elettrico tramite effetto fotovoltaico. Conoscendo il raggio r dello spot luminoso e la sua intensitร ๏ฆ, cioรจ il flusso del fascio laser, รจ possibile risalire alla deflessione della cantilever grazie alla relazione โ(๐๐ดโ ๐๐ต) โ โ๐ฅ โ ๐ โ ฮฆ, con iA
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metodo รจ possibile raggiungere una sensibilitร dellโordine di frazioni di Angstrom [11].
Il campione puรฒ spostarsi lungo le tre direzioni spaziali, grazie allโazione di attuatori piezoelettrici sui quali รจ posto. Tali attuatori si presentano come cilindri cavi piezoelettrici, con un elettrodo metallico interno e quattro elettrodi esterni. In seguito allโapplicazione di opportuni potenziali elettrici si origina uno spostamento lungo z, quindi unโestensione o una contrazione omogenea del tubo, oppure uno spostamento lungo il piano xy, chiamato piano di scansione. In particolare, se si applica la stessa polaritร ai quattro elettrodi si ottiene lo spostamento verticale, mentre polarizzando una coppia di elettrodi in modo opposto si ha unโestensione del tubo da un lato ed una contrazione dallโaltro, che causa uno spostamento orizzontale. Per effettuare la scansione della superficie del campione si adotta la cosiddetta โscansione a rastrelloโ, per cui la punta avanza con velocitร costante in una direzione, ad esempio x, detto asse veloce, ed al contempo si muove a velocitร molto minore nellโaltra, y, detto asse lento. Un esempio di ciรฒ รจ riportato in Figura 2.1.
Altrettanto importante รจ la presenza di un sistema di controllo, detto sistema
feedback, utile a regolare, durante la scansione, la distanza punta/campione. Tale
sistema permette di mantenere ad un valore fissato, detto set-point, una grandezza di controllo, che dipende dalla distanza punta/campione z, come puรฒ essere ad esempio la deflessione della cantilever (ฮด). Lโaggiustamento avviene processando il segnale in ingresso al sistema, cioรจ il cosiddetto segnale di errore, ad esempio definito come ๐ = ๐ฟ โ ๐ฟ๐ ๐๐กโ๐๐๐๐๐ก, il quale deve risultare nullo. Per soddisfare tale condizione viene inviata una tensione al piezotubo, adatta a modificare la sua posizione in modo tale che, per questo esempio specifico, la deflessione della cantilever risulti uguale alla deflessione di set-point.
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Figura 2.1 Esempio di un tipico pattern di scansione di un piezotubo, data
dallโapplicazione di una tensione lineare applicata lungo lโasse lento di scansione e di una tensione triangolare applicata lungo lโasse veloce.
2.1.2 Contributi di forza elettrica nella AFM
Nella AFM esistono diverse forze di interazione di origine elettrica tra la punta ed il campione, pur in presenza di una sonda non conduttiva. Tra queste vi sono le forze di Van der Waals (VdW), dovute allโinterazione tra i momenti di dipolo del campione e quelli della punta. Queste forze sono di natura attrattiva e a lungo raggio. In generale si distinguono tre diverse componenti delle forze di VdW, in funzione alla natura del dipolo:
โข Forze di Keesom (forze permanenti). dipolo permanente rotante โ dipolo
permanente rotante (interazione tra molecole polari);
โข Forze di Debye (forze indotte), dipolo permanente rotante โ dipolo indotto (molecole polari immerse in campi elettrici, interazione tra una molecola polare ed una apolare);
โข Forze di London (forze istantanee), dipolo istantaneo โ dipolo indotto (interazione tra molecole apolari).
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Oltre alle forze di VdW sono presenti, a distanze punta/campione molto piccole, dellโordine dellโAngstrom, forze elettrostatiche di natura repulsiva, dovute allโinterazione degli elettroni dei materiali in gioco. Oppure, quando sono presenti cariche nette sulla punta e sul campione, ad esempio a causa della ionizzazione delle molecole in aria, si ha interazione coulombiana a lungo range [1].
In genere, per rappresentare come varia il potenziale di interazione molecolare con la distanza punta/campione, si ricorre al modello di Lennard-Jones [71],
๐๐ฟ๐ฝ(๐ง) = ๐ [(๐ ๐ง) 12 โ 2 (๐ ๐ง) 6 ] (2.1) dove ฯ rappresenta la distanza al di sotto della quale il potenziale da attrattivo diventa repulsivo, mentre ฮต รจ lโenergia di interazione. Il primo termine in parentesi quadra fornisce il contributo repulsivo, relativo allโinterazione elettrone/elettrone, mentre il secondo quello attrattivo, contributo tipico dellโinterazione dipolo/dipolo. Quindi, variando la distanza z vengono esplorate diverse regioni, in cui la sonda รจ sottoposta a valori di forza caratteristici. La dipendenza del potenziale da z viene riportata in Figura 2.2.
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2.1.3 Modalitร di operazione
In Microscopia a Forza Atomica รจ possibile operare in due condizioni, in funzione della presenza o meno di una forzante esterna:
โข Statiche (Fext = 0)
La punta รจ in equilibrio statico, cioรจ la forza totale che agisce su di essa รจ nulla, quindi la forza di interazione tra la sonda ed il campione produce una deformazione della cantilever, che tramite la forza di richiamo elastica riporta la punta allโequilibrio. In tal caso vale la seguente equazione:
๐น๐๐(๐ง) + ๐น๐๐(๐ฟ) = 0 (2.2)
con Fpc (z) forza di interazione punta/campione, Fel (ฮด) forza di richiamo elastica,
ฮด = z โ L deflessione della cantilever, dove L รจ la separazione punta-campione,
che rappresenta la posizione z della punta quando non cโรจ deflessione. La soluzione associata allโEq. 2.2 risulta pari a ๐ฟ๐๐ = ๐ง๐๐ โ ๐ฟ, che rappresenta la posizione di equilibrio della punta. Misurando come varia la deflessione ฮด con L durante lโintero ciclo di approccio e ritrazione della sonda rispetto al campione, รจ possibile, data la relazione ๐น๐๐ = ๐๐ฟ๐๐ con ๐ง = ๐ฟ + ๐ฟ๐๐, ricavare le cosiddette
curve forza/distanza. Esistono anche altri tipi di curve di approccio e ritrazione,
nelle quali vengono registrate altre quantitร in funzione di L. Ad esempio, รจ possibile registrare la forza elettrostatica, che sarร oggetto dei prossimi paragrafi.
In condizioni statiche si opera nella cosiddetta modalitร di contatto (CM). In questo caso la AFM lavora in regime di forza repulsiva. Tale metodo รจ semplice da adoperare ma risulta rischioso per la sonda, a causa della presenza di elevate forze di contatto o di attrito.
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โข Dinamiche (Fext โ 0)
La punta, a differenza di prima, non rimane in equilibrio, poichรฉ la cantilever viene eccitata tramite uno stimolo esterno armonico, ๐น๐๐ฅ๐ก = ๐น0cos(๐๐๐ฅ๐ก๐ก). La cantilever ha un comportamento assimilabile a quello di un oscillatore armonico, e in genere รจ conveniente eccitare la cantilever con una frequenza uguale alla sua frequenza di risonanza. Di solito lโeccitazione avviene in modo meccanico, cioรจ sfruttando un piccolo attuatore piezoelettrico che supporta la leva. In seguito a tale stimolo, la cantilever compie un moto sinusoidale lungo lโasse z. Lโequazione del moto viene quindi scritta considerando un oscillatore armonico smorzato e forzato:
๐๐งฬ + ๐พ0๐งฬ + ๐(๐ง โ ๐ฟ) = ๐น๐๐(๐ง) + ๐น๐๐ฅ๐ก(๐ก) (2.3) con m massa efficace, cioรจ massa corrispondente a un sistema ideale massa-molla, e ฮณ0 il coefficiente di dissipazione.
In condizioni dinamiche รจ possibile operare principalmente in due modi: modalitร di non contatto (NCM) e modalitร di contatto intermittente (Tapping Mode).
La NCM viene realizzata mantenendo lโampiezza di oscillazione piccola rispetto allโestensione del potenziale di interazione (A < 1nm). Per questa ragione รจ possibile linearizzare lโequazione del moto (2.3). Quando la punta รจ in interazione, si considera un oscillatore armonico soggetto ad un ulteriore campo di forza lineare, che fa variare la frequenza di risonanza come:
๐โฒ = โ๐โฒ ๐ = โ ๐โ๐๐น๐๐/๐๐ง ๐ = ๐0โ 1โ๐๐น๐๐/๐๐ง ๐ (2.4)
La nuova frequenza di risonanza varia in funzione del gradiente di forza tra la punta ed il campione; in particolare se esso risulta maggiore di zero, cioรจ in corrispondenza di forze attrattive si ha uno spostamento di ฯโ verso le basse
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frequenze, viceversa in corrispondenza di forze repulsive, per cui il gradiente risulta negativo, lo spostamento avviene verso frequenze piรน alte.
Se la frequenza di eccitazione rimane costante e si adopera lโampiezza di oscillazione come grandezza di controllo della distanza punta/campione, si parla di modulazione di ampiezza (AM). In modalitร AM, i tempi di variazione dellโampiezza sono dellโordine ๐~ ๐ ๐โ 0, con Q fattore di merito della cantilever. Per Q alti, come nel caso di operazione in vuoto (Q > 10000), questi risultano troppo lunghi per permettere lโeffettuazione di scansioni in tempi praticabili [12]. Per ovviare a ciรฒ, nel 1991 รจ stata introdotta la modalitร cosiddetta in modulazione di frequenza (FM) [13]. Questa consiste nel variare istante per istante la frequenza di eccitazione cosรฌ da avere una cantilever sempre oscillante alla propria frequenza di risonanza, la quale varia in virtรน dellโinterazione punta/campione. In questo caso, la grandezza usata per controllare la distanza punta/campione รจ la frequenza di risonanza istantanea, che non รจ soggetta al limite legato al fattore Q. Per ottenere questa condizione si adotta un sistema di phase-locked-loop. Esso รจ costituito da tre componenti principali (Figura 2.10):
1. Phase Detector (PD), che produce un segnale proporzionale alla
differenza tra le fasi dellโoscillazione della cantilever (โReference signalโ in Fig. 2.3) e quella dellโeccitazione (โSignal phase-locked to referenceโ in Fig. 2.3);
2. Loop Filter, รจ un circuito di feedback integrale che genera un segnale di
correzione tale da portare la differenza di fase sopra menzionata al valore desiderato, ad esempio a ๏ฐ/2 se si vuole fare oscillare la cantilever a risonanza;
3. Voltage-controlled oscillator (VCO), che genera un segnale sinusoidale
di eccitazione la cui frequenza istantanea viene controllata da una tensione, in questo caso il segnale di correzione prodotto dal Loop Filter.
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Figura 2.3. Configurazione base del PLL. Il rivelatore di fase confronta la fase
del segnale di riferimento in ingresso con la fase del segnale in uscita dal VCO e produce un segnale di errore, che viene elaborato in modo da aggiustare istante per istante la frequenza del VCO, in modo da mantenere lโerrore di fase invariato e produrre quindi un segnale con fase costante rispetto al riferimento.
In modulazione di frequenza, in generale esistono due modi di operare:
constant-amplitude (CA) mode e constant-excitation (CE) mode. In CA viene
regolata lโampiezza di eccitazione in funzione di come cambia lโampiezza di oscillazione della cantilever in seguito allโinterazione punta/campione, per ottenere una ampiezza di oscillazione della leva costante. Qui il tempo di risposta non รจ limitato dal fattore Q della leva, quindi tale modalitร risulta particolarmente vantaggiosa in vuoto. In CE lโampiezza di eccitazione viene mantenuta costante, per cui, durante lโapproccio o ritrazione della punta rispetto al campione, lโampiezza di oscillazione della cantilever puรฒ cambiare. A differenza del caso CA, in CE il tempo di risposta della variazione di ampiezza รจ limitato da Q, quindi questo modo trova maggiore applicabilitร in aria. In generale, la modalitร CE risulta piรน vantaggiosa della CA, perchรฉ questโultima, mantenendo lโampiezza costante, รจ piรน soggetta ad eventuali danneggiamenti della punta, specialmente a piccole distanze punta/campione, alle quali, grazie alla presenza di effetti dissipativi, si registra generalmente uno smorzamento dellโampiezza di oscillazione. Tale smorzamento perรฒ in CA viene corretto dallโaumento dellโampiezza di eccitazione fornita dal VCO, cosรฌ da riportare
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lโampiezza di oscillazione della leva al valore iniziale. In questo modo la punta รจ piรน soggetta a danneggiamenti.
Rispetto alla CM, in NCM la sensibilitร รจ molto maggiore; questo รจ possibile grazie allโutilizzo di leve rigide (k = 10-100 N/m), per cui vengono ridotti i rumori termici (โ 1
โ๐
โ ), ed anche perchรฉ essendo il segnale misurato ad una frequenza dellโordine delle centinaia di kHz, lโuso di tecniche di demodulazione lock-in consente di migliorare il rapporto segnale/rumore, rendendo possibili misure di forze di interazione di alcuni ordini di grandezza inferiori rispetto al CM [14].
La modalitร di contatto intermittente o Tapping Mode, a differenza della NCM, viene realizzata usando grandi ampiezze di oscillazione, A = 10-100 nm. In questo caso quindi, considerando sempre lโEq. 2.3, utile a descrivere il moto della sonda, si ha che non รจ piรน possibile linearizzare il campo di forze, per cui risulta piรน complicata la risoluzione dellโequazione stessa. Inoltre, poichรฉ si lavora con ampiezze elevate, si ha che durante la traiettoria di oscillazione, la punta esplora una regione di distanze che si estende sino al regime repulsivo, e questo ha varie ripercussioni sulla curva di risonanza della cantilever. In particolare lโampiezza di oscillazione subisce uno smorzamento indotto dai fenomeni dissipativi di superficie, che si va ad aggiungere allo spostamento della frequenza della curva di risonanza, dovuto alla presenza di interazioni conservative, come descritto nel caso NCM [12].
2.2 Microscopia di Forza Elettrica
Nel 1988, H. K. Wickramasinghe e suoi collaboratori introdussero una nuova tecnica detta Microscopia di Forza Elettrostatica (EFM), per cui applicando un potenziale elettrico alla sonda, elettricamente conduttiva, si manifestava una forza elettrica indotta, che una volta misurata consente di indagare quali siano le
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proprietร elettriche del campione analizzato [15]. Per ricavare in modo semplice la forza elettrostatica indotta tra la punta ed il campione si modellizza in prima approssimazione il sistema come un condensatore a piani paralleli, di area S e spaziatura d minore rispetto allo spessore dei piani stessi, cosรฌ da avere un campo elettrico omogeneo tra i due piani e gli effetti di bordo trascurabili. Applicando una differenza di potenziale ai piani si verifica che le cariche si accumulino sulla superficie di questi, e si genera un campo elettrico tra essi. Quindi un piano accumula carica positiva e lโaltro carica negativa originando cosรฌ una carica [16]:
๐ = ๐ถโ๐ (2.5) con ฮV differenza di potenziale applicata tra i piani e C capacitร , che per il condensatore piano vale:
๐ถ =๐0๐
๐ (2.6)
A questo punto, calcolando il lavoro W necessario a muovere un elemento di carica da un piano allโaltro, sotto lโazione del campo elettrico, ed integrando da 0 a Q, si ha: ๐ = ๐2 2๐ถ = 1 2๐ถโ๐ 2 (2.7)
Sapendo che il lavoro rappresenta proprio lโenergia potenziale immagazzinata e che la forza รจ legata al gradiente dellโenergia potenziale, tramite la relazione:
๐น๐๐ = โ๐๐๐ (2.8) valida nel caso in cui dei generatori esterni mantengano fissati i potenziali delle armature, รจ possibile ricavare lโespressione della forza elettrostatica,
๐น๐๐(๐ง, ๐ก) = 1
2 ๐๐ถ
๐๐ง(๐ง)โ๐
2(๐ก) (2.9)
35 ๐๐น๐๐ ๐๐ง (๐ง, ๐ก) = 1 2 ๐2๐ถ ๐๐ง2(๐ง)โ๐ 2(๐ก) (2.10)
Tutto questo ha validitร se si considera il caso in cui lโinduzione sia completa, cioรจ la somma delle cariche indotte sui due piani sia nulla [15,17]. Nel caso della EFM, lโinduzione completa si ha se si considerano distanze punta-campione molto minori rispetto alla lunghezza caratteristica data dalla media geometrica delle dimensioni tipiche della sonda e del campione analizzato.
Volendo esplicitare la forza elettrostatica nel caso EFM, si considera che ฮV =
Vpunta โ Vcampione, per cui, applicando sia una tensione continua che alternata tra la
punta ed il campione, il loro quadrato risulta:
โ๐2 = (๐๐๐ + ๐๐๐cos(ฮฉ๐ก) + ๐๐ถ๐๐ท)2 (2.11)
dove VCPD rappresenta il potenziale di contatto, cioรจ la differenza dei potenziali
superficiali fra punta e campione. Sviluppando e sostituendo il ฮV2 ottenuto
nellโEq. (2.9), si individuano tre contributi alla forza elettrostatica, rispettivamente, uno continuo, uno di prima ed un altro di seconda armonica:
๐น๐๐,๐ ๐(๐ง) =1 2 ๐๐ถ ๐๐ง(๐ง) [(๐๐๐ + ๐๐ถ๐๐ท) 2โ๐๐๐ 2 ] ๐น๐๐,๐(๐ง, ๐ก) = 1 2 ๐๐ถ ๐๐ง(๐ง)[2(๐๐๐ + ๐๐ถ๐๐ท)๐๐๐cos(ฮฉ๐ก)] (2.12) ๐น๐๐,๐๐(๐ง, ๐ก) = 1 2 ๐๐ถ ๐๐ง(๐ง) [ ๐๐๐2 2 cos(2ฮฉ๐ก)]
Si noti che, misurando la componente di seconda armonica della forza, รจ possibile avere informazioni esclusivamente sul contributo capacitivo, in quanto รจ lโunico termine indipendente dal potenziale di contatto.
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2.2.1 Modello di interazione elettrica
punta-campione
La modellizzazione fatta finora riguardo la geometria punta/campione รจ sรฌ utile allo studio della forza elettrostatica, ma non รจ molto fedele a quella che รจ la vera geometria del sistema, che risulta invece piรน complessa. In generale, la schematizzazione punta/campione piรน diffusa e adoperata in letteratura รจ la seguente. Si assume prima di tutto che il campione sia costituito da uno strato di materiale dielettrico di spessore omogeneo hd, con superficie perfettamente
piatta e posto al di sopra di un elettrodo portacampione. La punta viene assunta con un apice a forma di calotta sferica di raggio di curvatura R, supportata da un tronco di cono di semi apertura ฮธ0 e altezza H, fissata ad una cantilever
rettangolare, di lunghezza l, larghezza w e spessore t, come riportato da Figura 2.4. Considerando un sistema di questo genere, si ha quindi che la capacitร totale sarร data dalla somma di tre termini: la capacitร apice-campione Capice, la
capacitร cono-campione Ccono e la capacitร cantilever-campione Ccantilever:
๐ถ๐ก๐๐ก = ๐ถ๐๐๐๐๐ + ๐ถ๐๐๐๐ + ๐ถ๐๐๐๐ก๐๐๐๐ฃ๐๐ (2.13)
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Generalmente per le applicazioni EFM le quantitร rilevanti da studiare sono proprio la derivata prima e seconda della capacitร rispetto alla distanza apice-campione. Infatti, dalla prima derivata si determina come varia la forza elettrica in funzione della distanza z e dalla seconda il gradiente di forza in funzione di z. In base alla grandezza misurata si distinguono due modalitร di lavoro: Force
Mode (corrispondente alla modalitร AM) e Gradient Mode (FM). Nelle Figure
2.5 e 2.6 sono riportati dei grafici illustrativi, ottenuti per ciascun modo di operazione.
Figura 2.5 Andamento della forza elettrica al variare della distanza e relativi
contributi di apice, cono e cantilever. Tale dipendenza รจ stata calcolata considerando una tensione di 1 V e R=20nm, l=100 ฮผm, w=20 ฮผm, H~ 3ฮผm e ฮธleva= ฯ/8 [18].
38
Figura 2.6 Andamento del gradiente della forza elettrica al variare della
distanza e relativi contributi di apice, cono e cantilever. Tale dipendenza รจ stata ottenuta applicando una tensione di 1 V e considerando R=20nm, l=100 ฮผm, w=20 ฮผm, H~ 3ฮผm e ฮธleva= ฯ/8 [18].
Nel caso Force Mode emerge come per distanze punta/campione inferiori a 5nm domini il contributo di apice, e invece per z maggiori inizino a diventare piรน influenti i contributi dati dal cono e dalla cantilever. In particolare, si nota come per lโintero intervallo di distanze, il contributo di cantilever risulta maggiore di quello di cono. Nel caso Gradient Mode si ha che fino a distanze di circa 100nm lโapice domina sugli altri due contributi e fino a 600nm il contributo di cono risulta maggiore rispetto a quello di cantilever. Quindi, a differenza del caso Force Mode, nel Gradient Mode รจ possibile trascurare totalmente il contributo della cantilever [18].
Scegliendo di operare in FM, si ha che per avere una misura indiretta del gradiente di forza si puรฒ studiare lo spostamento della frequenza di risonanza della cantilever, detto Frequency Shift, dato da:
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con ฯ0 frequenza di oscillazione propria della leva in assenza di interazioni e ฯโ
definito come nellโEq. (2.4). Esplicitando ฯโ si ricava:
ฮ๐ = ๐0(โ1 โ ๐๐น๐๐ ๐๐ง โ ๐ โ 1) ~ โ ๐0 2๐ ๐๐น๐๐ ๐๐ง (2.15)
dove lโultima relazione si รจ ottenuta tramite sviluppo di Taylor al primo ordine ed รจ valida nel limite in cui ฮฯ<<ฯ0.
Si noti come dallโequazione 2.15, in particolare dalla proporzionalitร tra il frequency shift ed il gradiente di forza, emerge che anche per ฮฯ, cosรฌ come per la forza e per il suo gradiente, si distingueranno tre contributi: uno continuo, uno di prima armonica ed un altro di seconda armonica.
In generale, i contributi di apice, cono, cantilever della forza elettrica o del gradiente di forza, e quindi la capacitร del sistema punta/campione e la sua dipendenza dalla distanza z e dalla geometria della sonda, vengono esplicitati ricorrendo ad un modello interpretativo. Negli anni sono stati creati diversi modelli empirici; di seguito se ne descrivono alcuni.
2.2.1.1 Modello di Hudlet
Uno dei primi e piรน accettati modelli presentati in letteratura รจ stato proposto da Hudlet e collaboratori [16]. Qui la sonda viene schematizzata come un cono troncato con apice sferico, vedasi Figura 2.7. In questo caso si trascura il contributo della cantilever. Questo modello, inoltre, รจ relativo ad un campione conduttore, senza lo strato dielettrico sovrapposto.
40
Figura 2.7 Rappresentazione schematica della punta nel modello di Hudlet.
La forza elettrica verticale agente sulla punta viene calcolata sommando tutti i contributi della componente z della forza, che agiscono sulle superfici infinitesime della sonda, per cui si ha:
๐น๐ง = 1
2โฌ ๐๐ธโ โ ๐งฬ๐๐ (2.16)
con ฯ densitร di carica superficiale. Considerando la relazione E = ฯ / ฮต0 e
sostituendola nellโEq. 2.16, si ritrova che la forza elettrica verticale totale agente sulla punta risulta:
๐น๐ง =๐0
2 โฌ ๐ธ
2๐ฬ โ ๐งฬ๐๐ (2.17)
Per esplicitare la forza bisogna ricavare quale sia il campo elettrico presente su ogni punto della superficie della sonda. Per fare ciรฒ รจ necessario semplificare il problema adottando delle approssimazioni, essendo la geometria del sistema abbastanza complessa. In questo caso si adotta unโapprossimazione cosiddetta diedra, cioรจ ciascun elemento infinitesimale M della superficie della punta รจ
41
considerato come parte di area dS di un piatto di un capacitore piano, inclinato di un certo angolo ฮธ rispetto al piano del substrato (Figura 2.8).
Figura 2.8 Rappresentazione delle linee di campo generate adottando
lโapprossimazione diedra.
In questo caso si assume che le linee di campo elettrico, che connettono le due superfici elementari sulla punta e sul substrato, siano di forma circolare, ortogonail ad entrambe le superfici, ed il campo lungo ciascuna linea abbia modulo costante, cioรจ il potenziale elettrico diminuisca in modo lineare lungo la linea. In questo modo si puรฒ calcolare facilmente il campo elettrico, relativo ad ogni porzione infinitesimale della superficie della punta, come la differenza di potenziale divisa la lunghezza della linea di campo. Quindi, una volta esplicitata la componente z del campo elettrico e conoscendo la densitร di carica presente sullโarea elementare dS, รจ possibile ricavare la forza elettrica lungo z. Per trovare la forza elettrica totale lungo z, basterร sommare la componente elementare della forza sullโintera superficie della punta. Il risultato di tale calcolo, effettuando alcune integrazioni, รจ:
๐น๐ป๐ข๐๐๐๐ก = ๐น๐๐๐๐๐๐ป + ๐น๐๐๐๐๐ป (2.18) ๐น๐๐๐๐๐๐ป = ๐๐0๐2{ ๐ 2(1โsin ๐0)
42 ๐น๐๐๐๐๐ป = ๐๐0๐ 2 [๐๐ tan (๐0 2 โ )]2 [๐๐ ๐ป ๐ง + ๐ (1 โ sin ๐0)โ 1 + ๐ 2๐๐๐ 2๐0/ sin ๐0 ๐ง + ๐ (1 โ sin ๐0)]
dove R รจ il raggio di curvatura dellโapice della punta, ฮธ0 lโangolo di
semi-apertura del cono, H lโaltezza del cono, V la tensione applicata tra la punta e il substrato, e z la distanza punta/campione. La stessa notazione verrร adottata anche successivamente.
Considerando lโEq. (2.15) รจ possibile riscrivere tutto in termini del frequency shift, per cui si ricava la seguente espressione:
โ๐๐ป๐ข๐๐๐๐ก ๐2 = โ ๐0๐๐0 2๐ [ ๐ ๐ง2 โ ๐ [๐ง+๐ (1โsin ๐0)]2+ ๐ ๐๐๐ 2๐0๐ ๐๐๐0/(๐2โ๐0) [๐ง+๐ (1โsin ๐0)]2 + ๐ ๐๐2๐0 (๐ 2โ โ๐0)2[[๐ง+๐ (1โsin ๐ 0)]]] (2.20) 2.2.1.2 Modello Straight
Lโapprossimazione diedra adottata per il modello di Hudlet presenta un problema sostanziale che riguarda la terza legge di Newton. Infatti, risolvendo lโintegrale dellโequazione 2.17, si ritrova un risultato diverso a seconda della superficie considerata, cioรจ, la forza elettrica agente sulla superficie della punta risulta diversa rispetto a quella che si avrebbe considerando il substrato. Per risolvere ciรฒ si puรฒ ricorre al cosiddetto modello โStraightโ [19], consistente con lโapprossimazione di Derjaguin [20], descritta di seguito. Viene usata unโapprossimazione a piani paralleli, per cui si decompone la superficie della punta in tanti anelli circolari, giacenti nel piano ortogonale a z, la cui area elementare dATP corrisponde alla proiezione dellโarea elementare della punta,
dAT, sul piano orizzontale, e a sua volta la proiezione dATP sulla superficie del
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Figura 2.9 (a) Approssimazione diedra e (b) approssimazione a piani paralleli,
con lโindicazione delle linee di campo elettrico.
Con tale modello, oltre ad avere che le linee di campo risultanti sono lungo lโasse z, si ritrova che le aree elementari coinvolte risultano uguali, per cui integrando in relazione alla punta oppure al substrato, la forza elettrica resta la stessa e la terza legge di Newton รจ cosรฌ soddisfatta. Le espressioni risultanti per tale modello sono:
๐น๐๐๐๐๐๐ = โ๐๐0๐ ๐2[1 ๐งโ 1 ๐ง+๐ (1โsin ๐0)โ 1 ๐ ๐๐ ( ๐ง+๐ (1โsin ๐0) ๐ง )] (2.21) ๐น๐๐๐๐๐ = โ๐๐0๐2๐ก๐๐2๐0[๐๐ ( ๐ป ๐ง+๐ (1โsin ๐0) โ 1 + ๐ ๐๐๐ 2๐0/๐ ๐๐๐0 ๐ง+๐ (1โsin ๐0)]
Si nota come il termine di apice, rispetto al modello precedente, presenta una dipendenza logaritmica in piรน, mentre il termine di cono รจ lo stesso, eccetto per un fattore di proporzionalitร . In termini di frequency shift si ha:
โ๐๐๐ก๐๐๐๐โ๐ก ๐2 = โ ๐0๐๐0 2๐ [ ๐ ๐ง2 โ ๐ (1โsin ๐0) [๐ง+๐ (1โsin ๐0)]2 + 1 ๐ง+ 1/๐๐๐ ๐0 [๐ง+๐ (1โsin ๐0)]] (2.22) I modelli descritti finora perรฒ sono validi nel caso in cui si considerino ampiezze di oscillazione piccole, cioรจ minori rispetto alla lunghezza di decadimento dellโinterazione. Volendo invece esplicitare la forza elettrica per ampiezze di oscillazione arbitrarie, cioรจ 0.1 < A/ฯ <10, con ฯ distanza a cui si ha il massimo