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Le misure meteorologiche per la comprensione dei fenomeni di inquinamento. Caso del particolato

PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLA COGENERAZIONE

2.1 Caratterizzazione meteorologica

2.1.4 Le misure meteorologiche per la comprensione dei fenomeni di inquinamento. Caso del particolato

Nei diagrammi seguenti sono mostrati i valori medi del PM10e PM2.5nelle quattro postazioni e il loro rapporto nei giorni di campionamento.

Figura 41 – Valori medi di PM10e PM2,5nelle quattro postazioni

Il rapporto PM2.5/PM10 mostra una elevata variabilità, anche se i valori medi risultano presso-ché identici intorno al 60%.

In relazione all’andamento delle condizioni meteorologiche, i dati di concentrazione del parti-colato atmosferico presentano caratteristiche peculiari legate principalmente all’intensità del vento oltre che alla configurazione barica. Nel diagramma seguente sono messe a confronto le condizioni meteorologiche (tipi di tempo) con l’andamento delle concentrazioni di PM10e PM2.5.

È interessante notare come l’incremento delle concentrazioni si sia manifestato alla fine di un periodo prolungato di condizioni di alta pressione e/o tipi di tempo anticiclonici e che la suc-cessiva diminuzione coincida con il passaggio a condizioni perturbate e forte intensità del vento. Altri casi di diminuzione delle concentrazioni si presentano con una intensità del vento mediamente inferiore ma associate ad un circolazione generale da NE (tipi 8 e 10) come acca-de tra il 4 e il 7 di marzo.

Figura 43 – Andamento delle concentrazioni giornaliere di PM10, PM2.5, Pressione atmosferica, Tipi di tempo

47 2.2. Applicazione della modellistica di recettore per la stima dell’apporzionamento

dell’inquinamento aerodisperso

Per la quantificazione dei contributi derivanti dalle sorgenti emissive che insistono sul territo-rio in esame, si è utilizzato l’approccio della modellistica di recettore; in particolare ci è avval-si del modello di recettore Chemical Mass Balance, veravval-sione 8.0 (CMB-8), sviluppato dal Desert Research Institute, University of Nevada System, ed indicato da US- Environmental Protection Agency come modello di riferimento per tali valutazioni.

Il modello consente la stima del contributo delle sorgenti alle concentrazioni misurate speri-mentalmente in ambiente di particolato (PM10oppure PM2,5), dei suoi componenti inorganici e delle sostanze volatili organiche totali (VOC). Questo tipo di modello non è pertanto uno stru-mento predittivo, ma è un ausilio interpretativo dei dati di monitoraggio ambientale.

Il modello si applica quando, per il territorio in esame, sussistono le seguenti condizioni: 1. Sia noto il profilo di emissione delle sorgenti, che contribuiscono alle concentrazioni al suolo

di inquinanti aerodispersi di interesse, e si possa supporre in prima approssimazione che tali specie si conservino in massa, durante il percorso dal punto di emissione al punto di cam-pionamento;

2. siano disponibili nei siti recettori considerati, risultati sperimentali relativi a misure di con-centrazione delle stesse specie.

Se sono identificate correttamente tutte le sorgenti degli inquinanti considerati (o almeno quel-le più significative), che influenzano il comprensorio in esame, è possibiquel-le valutare la bontà delle attribuzioni operate, confrontando i valori di concentrazione misurati con quelli calcolati dal modello, per ogni specie chimica.

Tuttavia, anche nel caso in cui non siano state identificate tutte le sorgenti importanti, il model-lo valuta ugualmente il contributo delle sorgenti considerate: in questa situazione, ovviamen-te, non viene attribuita la totalità delle concentrazioni sperimentalmente osservate e può esse-re maggioesse-re l’incertezza delle attribuzioni.

Figura 44 – Associazione delle variazioni di parametri meteorologici alle concentrazioni giornaliere di Polveri

Il modello calcola il bilancio di massa di tutte le specie chimiche in termini delle concentrazio-ni delle varie sorgenti considerate e di quelle misurate presso il sito recettore; è quindi basa-to su di un sistema di equazioni del tipo:

per i = 1.... N, j = 1.... M.

dove: M = numero delle sorgenti considerate;

N = numero delle specie chimiche misurate nei campioni prelevati nel sito recettore; Ci= concentrazione della i-esima specie chimica misurata nel sito considerato; aij= concentrazione della specie i-esima nella emissione della sorgente j-esima; Sj= contributo della sorgente j-esima nel sito considerato.

Le concentrazioni delle specie chimiche misurate e le frazioni di contribuzione di ciascun spe-cifico profilo considerato, costituiscono rispettivamente i termini noti e le variabili indipenden-ti del sistema lineare su cui si basa il modello, mentre le frazioni di inquinanindipenden-ti, che caratteriz-zano i profili conosciuti di sorgente, sono i coefficienti delle equazioni lineari. L’esecuzione del bilancio di massa avviene quindi selezionando, per ciascun campione, le specie chimiche e le sorgenti che entreranno a far parte del calcolo.

L’output dell’elaborazione è costituito pertanto dai contributi in massa calcolati per le sorgen-ti selezionate.

L’efficienza di ricostruzione dei singoli contributi delle sorgenti risulta ottimale se, tra le spe-cie chimiche considerate, compaiono più “traccianti” (“marker”)3 per ciascuna sorgente in quanto il modello CMB-8 è in grado di discriminare i contributi al suolo di sorgenti che siano chimicamente ben distinte tra loro.

I profili di emissione, relativi alle sorgenti individuate sul territorio oggetto della campagna di monitoraggio, vengono descritti utilizzando database specifici, che forniscono profili di emis-sione tipici di innumerevoli sorgenti. Per l’applicazione del modello CMB-8 si utilizza general-mente il database dell’Environmental Protection Agency statunitense (EPA) inserito nel soft-ware di gestione degli archivi Speciate-ver.3.01. Questo ultimo softsoft-ware è approvato dallo stesso EPA per le analisi di impatto in campo ambientale. E’ comunque auspicabile l’utilizzo di profili caratteristici delle sorgenti presenti nel territorio in oggetto, ricavabili da fonti speri-mentali e/o di letteratura.

Nello schema successivo si riporta l’approccio metodologico previsto per l’applicazione del modello recettore. Particolare importanza risiede nella programmazione dei rilievi sperimenta-li in ambiente in quanto i risultati modelsperimenta-listici sono rappresentativi dello strato statistico carat-terizzato in termini meteorologici ed emissivi e in corrispondenza del quale sono stati effettuati i rilievi sperimentali.

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Gli inquinanti inorganici ed organici ricercati in ogni campione, sono stati i seguenti:

L’individuazione dei profili di sorgente, da utilizzare nell’elaborazione, si è basata sul rileva-mento delle tipologie di impianti presenti sul territorio.

I profili delle sorgenti utilizzati sono stati selezionati dal database dell’Environmental Protection Agency statunitense (EPA) inserito nel software di gestione degli archivi Speciate-ver.3.1.

Le categorie dei settori di emissione individuati si associano alle tipologie di sorgente indivi-duate sul territorio piacentino secondo il seguente prospetto:

PM2.5PARTICOLATO SOTTILE AERODISPERSO TOC COMPOSTI ORGANICI TOTALI • Metalli (Al, As, Ba, Be, Ca, Cd, Cr, Fe, Hg, K, Mg, Mn,

Na, Ni, Pb , Pd, Sn, V, Zn, Co, Cu, Sb, Se). • Specie ioniche (ammonio, cloruri, solfati, nitrati)

• Aromatici • Terpeni

• Composti organici alogenati • Aldeidi

• Acido acetico

• Idrocarburi aromatici policiclici • Paraffine

(*): Formazione di particolato secondario (settori che comportano processi di combustione)

I risultati ottenuti dall’applicazione della modellistica di recettore sono riportati nei seguenti grafici: Settore Profili Tipo di emissione Particolato PM2.5 Organici totali TOC Trasporto su gomma

Combustione di benzina e di gasolio su veicoli leggeri e pesanti. Usura pneumatici, e freni a disco, risollevamento polveri stradali

X* X

Impianti • Impianti termici, caldaie per combustione vapore

• Combustione ad olio in centrali termoelettriche X* X Lavorazione legno • Fabbricazione e lavorazione di compensato

• Combustione legno X* X

Produzione

• Materie plastiche

• Fabbricazione e trattamento rivestimenti metallici • Fabbricazione di autoveicoli, riparazioni di carrozzerie

X X

Edilizio Produzione cemento X

Smaltimento rifiuti Raccolta e smaltimento rifiuti solidi X* X

Terrigeno Contributo naturale di polveri del terreno e suoli diversi X Agricolo Combustione, lavorazione agricola, fertilizzanti X

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I risultati delle elaborazioni hanno mostrato un maggiore contributo del comparto trasporti sia all’inquinamento inorganico e sia a quello organico.

Come atteso si registra inoltre un generale decremento dei contributi all’inquinamento ambien-tale nel corso della stagione estiva; è interessante però registrare che gli impianti termici mostrano un decremento molto più marcato per l’inquinamento organico rispetto a quello inor-ganico: è probabile che tale comportamento dipenda dalla trascurabile attività estiva delle cal-daie residenziali, la maggioranza delle quali, utilizzando combustibile gassoso, contribuisce al solo inquinamento organico. Viceversa gli impianti termici alimentati a combustibile liquido, che contribuiscono quindi anche all’inquinamento inorganico, sono costituiti da caldaie resi-denziali e da impianti termici di complessi artigianali e del terziario i quali risultano molto atti-vi anche nel periodo estivo.

Per quanto riguarda il contributo all’inquinamento di composti organici da parte delle centrali termoelettriche, si osserva che esso è inferiore al limite di rilevabilità sia in estate che in inver-no. Tale risultato è coerente alle attese: una centrale termoelettrica è infatti esercita con l’o-biettivo di ridurre al minimo la produzione ed emissione di incombusti al fine di massimizzare l’efficienza dell’impianto.

Anche il contributo all’inquinamento di composti inorganici risulta trascurabile; occorre però aggiungere che esiste una quota significativa di particolato secondario potenzialmente attri-buibile a tutte le attività di combustione (inceneritore, trasporti, produzione di energia, impian-ti termici). Tale quota è risultata molto bassa nel periodo esimpian-tivo durante il quale, viceversa, il contributo dei trasporti e degli impianti termici si è mantenuto elevato: pertanto, pur mante-nendo l’incertezza di attribuzione del componente secondario, è possibile sostenere che nel periodo estivo il contributo delle centrali elettriche è risultato ampiamente inferiore a quello di altre sorgenti collocate a bassa quota.

In conclusione il modello CMB8 si è confermato un utile e relativamente semplice strumento per la stima del contributo percentuale di ciascuna sorgente all’inquinamento ambientale. Naturalmente la qualità della risposta del modello dipende dalla corretta caratterizzazione dei profili di sorgenti presenti nel sito. Per questo motivo, nell’ambito del progetto, è in corso di realizzazione un approfondimento sperimentale con la collaborazione del Politecnico di Milano per la caratterizzazione dei profili di emissione di caldaie residenziali.

3. IDENTIFICAZIONE DI POSSIBILI ASSETTI ENERGETICI,CARATTERIZZATI DA DIFFERENTIMIX

DELLE MODALITÀ DI PRODUZIONE ELETTRICA E DI UTILIZZO DELLENERGIA SECONDARIA NELLE AREE METROPOLITANE

La fase iniziale, e certamente più importante, di una iniziativa finalizzata ad introdurre il servi-zio di teleriscaldamento in un dato centro urbano che attualmente utilizza sistemi convenservi-zio- convenzio-nali per il soddisfacimento del fabbisogno termico per climatizzazione ambiente ed acqua calda sanitaria è l’individuazione dell’utenza teleriscaldabile. Con ciò si intende la caratterizzazione del fabbisogno termico degli edifici aventi caratteristiche tali da poter essere allacciati ad una rete di teleriscaldamento che si intende realizzare nell’area urbana in questione.

Questa attività comprende a sua volta le seguenti fasi: a) suddivisione del territorio urbanizzato in aree omogenee;

b) caratterizzazione dei fabbisogni energetici attuali per climatizzazione ed acqua calda sani-taria;

c) individuazione dell’utenza “potenzialmente teleriscaldabile”, sia in termini di localizzazione che di fabbisogni energetici;

d) individuazione dell’utenza “effettivamente teleriscaldabile”;

e) stima dei fabbisogni termici dell’utenza teleriscaldabile e del relativo andamento nel tempo (fabbisogno annuo, mensile, giornaliero, orario).

La suddivisione del territorio urbano in “aree omogenee” è di grande ausilio nella fase di pia-nificazione del servizio di teleriscaldamento in una città (o di estensione di una rete esistente ad aree ancora prive del servizio di teleriscaldamento).

In termini del tutto generali, una tale suddivisione dovrebbe in primo luogo evidenziare alcuni caratteri del centro urbano, quali: la destinazione urbanistica prevalente (residenziale, terzia-rio, produttivo, ecc.); la dinamica di sviluppo in atto (esempio: zone ormai a saturazione non soggette a ulteriori sviluppi, zone di nuove edificazioni, zone interessate da PRU – Piani di Recupero Urbano, ecc.). Ma la suddivisione potrebbe, a volte, indicare anche la semplice distinzione tra centro, periferia, zone di pregio, ecc.

I criteri di zonizzazione del centro urbano in “aree omogenee” non sono definibili a priori: sono strettamente legati, come è evidente, alle caratteristiche del centro urbano stesso.

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La caratterizzazione dei fabbisogni energetici attuali del centro urbano si svolge attraverso le seguenti fasi:

a) individuazione della volumetria degli edifici che necessitano di energia per climatizzazione ed acqua calda sanitaria. La volumetria degli edifici è il parametro che, assieme alle condi-zioni climatiche (temperatura esterna, insolazione), direttamente determina l’entità dei sud-detti fabbisogni energetici;

b) Individuazione della tipologia degli impianti e dei combustibili attualmente impiegati; c) Stima del fabbisogno annuo di energia termica effettuata a partire dall’esperienza

operati-va derioperati-vante dal monitoraggio dell’energia erogata ad un gran numero di edifici allacciati a reti di teleriscaldamento operanti in Italia e comunque in aree climaticamente omogenee; d) Stima del fabbisogno termico giornaliero ed orario, elaborata a partire dai dati di

tempera-tura ambiente.

Nelle seguenti figure si riportano alcuni esempi di elaborazioni effettuate sul caso studio e relativi ai fabbisogni energetici e di combustibili.

Figure 49 e 50 – Piacenza, situazione attuale (dati relativi alle 81 Aree Urbane) Consumi annui di combustibili suddivisi per aree urbane e complessivi

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Figure 51, 52 e 53 – Piacenza, situazione attuale e sviluppi a breve termine (comprensivo delle nuove edi-ficazioni prevedibili)

Naturalmente, a partire dalla caratterizzazione dell’utenza, è possibile procedere alla caratte-rizzazione delle emissioni di inquinanti dagli impianti di riscaldamento mediante l’applicazione di fattori di emissione.

Gli elementi che concorrono a individuare l’utenza “potenzialmente teleriscaldabile” sono: • la dimensione (volumetria riscaldata) che può incidere sui margini operativi della società che

gestisce il servizio;

• il livello entalpico dei fabbisogni termici che può incidere sulla fruibilità delle reti di teleri-scaldamento;

• la tipologia degli impianti di distribuzione ed utilizzazione del calore; per esempio è eviden-te che gli impianti centralizzati (al servizio di uno o più edifici, o ancor meglio le mini-reti al servizio di quartieri o anche solo di “super-condomini”) costituiscono le tipologie impianti-stiche più facilmente allacciabili ad una rete di teleriscaldamento.

Sulla base di quanto sopra esposto nella situazione attuale è usuale considerare potenzial-mente teleriscaldabili:

• gli edifici dotati di impianti centralizzati, alimentati sia a combustibili gassosi che a combu-stibili liquidi o solidi (questi ultimi ormai molto rari);

• una quota degli edifici dotati di impianti monofamiliari, limitatamente a quelli a basso svi-luppo verticale

L’utenza “effettivamente teleriscaldabile” costituisce una quota dell’utenza potenzialmente teleriscaldabile ed è valutata a partire dai seguenti elementi:

• densità territoriale dell’utenza potenziale che condiziona fortemente i costi di impianto ed esercizio della rete

• tipologia di impianti e combustibili attuali (per esempio gli impianti centralizzati a gasolio, caratterizzati da costi gestionali elevati, sono quelli che più facilmente opteranno per il tele-riscaldamento)

• livello di sensibilità verso i temi ambientali, spesso condizionata dalle azioni dell’Ammini-strazione Locale e/o del soggetto che intraprende l’iniziativa

• politica commerciale del gestore del servizio

• presenza di soggetti economici sul territorio ostili al nuovo servizio • densità di edifici pubblici o adibiti ad uso pubblico

La propensione dell’utenza ad allacciarsi al teleriscaldamento può essere pertanto molto diversa da caso a caso, pur in presenza di elementi oggettivi similari. Sulla base dell’esperienza matura-ta, è ragionevole adottare, in termini molto generali, fattori di acquisizione al teleriscaldamento differenziati per combustibile e tipologia di impianto e raggiungibili con una certa gradualità.

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La stima dei fabbisogni termici dell’utenza teleriscaldabile e del relativo andamento nel tempo (fabbisogno annuo, mensile, giornaliero, orario) viene effettuata attraverso un percorso meto-dologico del tutto simile, nello schema generale, a quello adottato per caratterizzare l’utenza attuale valutando così i profili energetici di un’installazione di cogenerazione (centrale) in grado di soddisfare tali fabbisogni

Figura 55 – Piacenza, utenza teleriscaldabile: Profilo mensile del carico termico in centrale calcolato a partire dai fabbisogni termici e dalle perdite di rete

Figure 56 e 57 – Piacenza, utenza teleriscaldabile: Profilo orario del carico termico in centrale (relativi ad una giornata di esempio) e diagramma di durata del carico termico

Una volta individuato il fabbisogno energetico dell’utenza teleriscaldabile è quindi possibile proporre alcune ipotesi realizzative del teleriscaldamento attraverso un processo iterativo simi-le a quello riportato nello schema metodologico riportato nella figura successiva.

Per ciascuna ipotesi realizzativa sarà quindi possibile elaborare i relativi bilanci energetici, eco-nomici ed emissivi, indispensabili per consentire l’individuazione della soluzione ottimale. La duplice necessità di utilizzare, nel processo decisionale, diversi fattori anche disomogenei tra di loro e di porre particolare attenzione agli aspetti ambientali, spesso all’origine della scelta di sviluppare il teleriscaldamento, rende necessario l’analisi integrata dei diversi fattori che incidono sul progetto con particolare attenzione anche ai costi ambientali.

A titolo di esempio è stata fatta l’ipotesi, nel caso di Piacenza, di teleriscaldare l’intera uten-za piacentina dallo stesso spillamento della centrale elettrica, dimensionato con elevate por-tate e opportune condizioni di gestione. Si riportano in sintesi le analisi relative a questo pos-sibile scenario di sviluppo.

Figura 58 – schema del processo iterativo per l’identificazione di alcune ipotesi realizzative di teleriscal-damento

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mo di 65 MWt ed aggiungere la potenza mancante con caldaie integrative. Dalla figura seguente si evince chiaramente che lo spillamento dalla centrale copre la quasi totalità del-l’energia termica richiesta dall’utenza, salvo nel mese di agosto, nel quale si suppone che sia effettuata la manutenzione programmata della centrale.

In queste condizioni ogni kWh termico spillato dalla turbina a vapore determina un calo di

pro-duzione di 0.20 kWh elettrici. Alla massima potenza termica cogenerata, 65 MWt, corrispon-de, perciò, la perdita di 13 MW elettrici.

Lo scenario ipotizzato prevede tre caldaie di integrazione dimensionate sul caso più sfavorevole, corrispondente a indisponibilità dello spillamento dalla turbina a vapore in coincidenza del picco termico annuo (99.78 MWt). Assumendo un rendimento termico delle caldaie pari al 90%, la potenza primaria corrispondente al picco è pari a 110.9 MWt; è perciò opportuno installare una potenza lorda di 120 MWt, frazionata in 3 unità identiche da 40 MWt l’una.

Infine un ultimo cenno sulla stima dei costi per lo sviluppo del teleriscaldamento; natu-ralmente essi sono molto variabili, a seconda delle condizioni specifiche del sito, della tec-nologia utilizzata e della possibilità di sfrutta-re impianti esistenti.

In particolare, per quanto riguarda la rete, i costi dipendono dalle caratteristiche (tempe-ratura e pressione) del fluido trasportato e risultano mediamente compresi tra 300 e 700 Euro per metro di scavo; una rete completa, infatti, può essere schematicamente suddivi-sa in tre sottogruppi, ciascuno caratterizzato da diversi parametri in termini di estensione, diametri di tubazione coinvolti, tipologie di pezzi speciali utilizzati:

• Rete di trasporto: rete principale di alimen-tazione della rete; è quella che distribuisce il calore dalla centrale di produzione ai nodi principali di ripartizione del carico ter-mico totale.

Figura 59 – Fabbisogno a bocca di centrale e spillamento dalla centrale

Figura 60 – Schema delle reti di trasporto, di distribuzione e di alimentazione

• Rete di distribuzione principale: è la rete intermedia, che distribuisce il calore dai nodi princi-pali lungo la rete di trasporto fino ai nodi di alimentazione delle varie utenze.

• Rete di alimentazione utenze: è la rete che serve a distribuire il calore direttamente alle utenze.

4. METODOLOGIE DI VALUTAZIONE COMPLESSIVA DEI COSTI AMBIENTALI PER GLI ASSETTI ENERGETICI IDENTIFICATI

Nell’ambito del progetto GAME, è in corso di messa a punto (il progetto terminerà a fine anno) una metodologia di valutazione dei costi esterni ambientali determinati dallo sviluppo in ambi-to urbano della cogenerazione.

A partire da quanto prodotto da ExternE e dai successivi progetti di ricerca ad esso connessi, l’approfondimento ha riguardato:

• l’individuazione di ulteriori fattori di pressione che risultino rilevanti in area urbana in rela-zione alla cogenerarela-zione ed alla rete di teleriscaldamento;

• la caratterizzazione dei recettori con particolare riferimento al dettaglio richiesto dalla scala urbana;

• la messa a punto di possibili metodi di quantificazione degli impatti utilizzati in letteratura; • la messa a punto di possibili funzioni di monetizzazione.

Sulla base delle analisi condotte e delle verifiche effettuate sul caso studio di Piacenza, sono state formulate delle relazioni dose-risposta per i seguenti impatti:

• impatto da emissioni gassose; • impatto da emissioni sonore; • impatto visivo;

• impatti da congestione da traffico; • rischi di incidenti e interruzioni di fornitura. Lo schema di analisi adottato per gli impatti da emissioni gassose è quello previsto dalla metodologia ExternE (denominato “sentiero d’impatto”), opportunamente adattata alla scala urbana e prevede l’esecuzione delle se-guenti fasi:

1. quantificazione delle emissioni per ciascun scenario emissivo e inquinante considerato; 2. quantificazione delle ricadute al suolo degli inquinanti emessi e valutazione degli inquinanti secondari, mediante l’utilizzo di modelli di dispersione;

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di metodologie per la monetizzazione degli impatti derivanti dall’inquinamento atmosferico. Per quanto riguarda tale monetizzazione degli effetti, oggetto di ampia trattazione in