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Le misure di prevenzione patrimoniale: evoluzione normative

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 34-37)

Le misure di prevenzione, nate con l’obiettivo di limitare la libertà delle persone ritenute pericolose, al fine di renderne più agevole la vigilanza da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, hanno esteso, nel tempo, la loro applicazione anche alla sfera patrimoniale dei soggetti pericolosi, così amplificando notevolmente l’azione di contrasto nei riguardi dei beni accumulati illecitamente, dei quali è stata resa possibile l’apprensione a prescindere dal previo accertamento della responsabilità penale.

Per questo motivo, tali misure rappresentano oggi uno degli strumenti più dibattuti dell’ordinamento italiano, trattandosi di un istituto che deve conciliare, da un lato l’esigenza di prevenire reati e, dall’altro, la limitazione delle libertà fondamentali dell’individuo disposta indipendentemente dalla commissione di un illecito (M. De Longis & C. Fatta, marzo 2017). Per queste peculiarità, l’ambito di applicazione delle misure di prevenzione è stato più volte oggetto di rivisitazione da parte del legislatore, di recente nuovamente intervenuto sulla specifica materia per effetto della legge n. 161 del 17 ottobre 2017 (recante “Modifiche al codice delle leggi antimafia e

delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”). Le modifiche apportate hanno riguardato non solo il sistema delle misure di prevenzione

personali e patrimoniali, ma anche la disciplina dell’amministrazione, gestione e destinazione dei

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Volendo ripercorrere sommariamente l’evoluzione storica e normativa di questa disciplina, si può senz’altro affermare che la prima, significativa, svolta arrivò con la legge n. 646/1982 - c.d. legge Rognoni-La Torre (approvata solo dopo l’assassinio del suo promotore On. Pio La Torre e del Gen. Alberto Dalla Chiesa, Prefetto di Palermo) - attraverso l’inserimento nella legge n. 575/1965 di numerose disposizioni che, ancora oggi, consentono il sequestro e la confisca dei beni “indiziariamente” di provenienza illecita nella disponibilità, diretta o indiretta, degli indiziati di appartenenza alla mafia.

Constatata, nel tempo, l’efficacia dello strumento nei confronti degli indiziati di mafia, si è assistito al progressivo ampliamento del perimetro soggettivo delle misure di prevenzione, nei confronti di ulteriori categorie di pericolosità, con riguardo dapprima alla prevenzione dei fenomeni sovversivi, poi agli indiziati di appartenenza ad associazioni dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti ed alle persone dedite a traffici delittuosi, o che vivano col provento di gravi delitti (legge n. 55/1990).

Successivamente, il cerchio, è stato ancora allargato agli indiziati dei delitti previsti dall’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., ovvero a tutti i reati di competenza della DDA – Direzione Distrettuale Antimafia –, nonché alle persone pericolose “semplici” di cui alla legge n. 1423/1956 (d.l. n. 92/2008), alle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità (ad esempio il favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, contrabbando) ed, infine, ai soggetti di cui alla l. n. 94/2009, cioè allontanati o espulsi da uno Stato appartenente (o non) all’Unione Europea, o privi di qualsivoglia cittadinanza.

Detto ciò, l’evidenza legislativa secondo cui le misure patrimoniali in questione, in forza del c.d. “principio di accessorietà”, potevano essere adottate solo unitamente alla misura di prevenzione personale, aveva finito per manifestare i propri limiti applicativi, con particolare riguardo ai casi di morte del proposto all’applicazione nel corso del procedimento.

Tale evento, infatti, impediva la confisca dei beni non soltanto quando fosse stato proposto il mero indizio, ma anche in ipotesi di raggiungimento della prova dell’acquisizione illecita del bene.

In questo senso, la modifica più importante recata dal citato d.l. n. 92/2008 riguarda proprio la rimozione del principio di accessorietà, con l’introduzione della possibile applicazione disgiunta delle misure patrimoniali rispetto a quelle personali.

Con legge delega n. 136 del 2010, viene poi previsto un ampio intervento diretto a ridisciplinare il comparto delle misure di prevenzione patrimoniali, mediante la ricognizione e la modifica delle disposizioni di riferimento e l’introduzione di specifici strumenti di tutela dei terzi.

Si giunge, così, all’approvazione del d.lgs. n. 159/2011, c.d. “Codice antimafia”, che, in attuazione della predetta delega, prevede l’applicabilità della confisca a tutti i destinatari delle misure di prevenzione personali, così come riviste ed ampliate, sancendo il principio secondo cui a fronte di qualsiasi categoria di pericolosità delineata dal legislatore, la prevenzione vada necessariamente perseguita, anche sottraendo il patrimonio illecitamente accumulato.

Questo rende chiaro perché sequestro e confisca di prevenzione, nel tempo, abbiano assunto una tipizzazione nella locuzione di “misure di prevenzione patrimoniali”.

Occorre, a questo punto, sgombrare subito il campo da eventuali equivoci: le misure di prevenzione sono cosa diversa dalle misure di sicurezza (art. 202 c.p.), le quali trovano applicazione solo nei confronti di persone “che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato”. Per questo motivo, sovente si rilega alle citate misure una natura amministrativa e non sanzionatoria né, tantomeno, possono ritenersi misure surrogate alla repressione penale, inattuabile per mancanza di presupposti probatori di carattere penale.

Le “misure di prevenzione patrimoniali” sono disciplinate dal Titolo II, Libro I, del d.lgs. n. 159/2011 e consistono, segnatamente:

- nel sequestro (art. 20): si tratta di un provvedimento cautelare emesso dall’Autorità giudiziaria,

inaudita altera parte, diretto a sottrarre provvisoriamente i beni al destinatario della misura, o a coloro

che li detengono per suo conto, con affidamento a un organo dello Stato che li amministra nel corso del procedimento in cui si accertano gli eventuali presupposti della confisca. Il sequestro di

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prevenzione ha, infatti, natura cautelare (Corte Costituzionale, sentenza n. 465/93 e Corte di Cassazione, sentenza n. 41153/10) ed è diretto ad assicurare gli effetti della confisca di prevenzione di beni di illecita provenienza, pericolosi per il rapporto che li lega con i soggetti socialmente pericolosi in grado di disporne. La norma dispone che il Tribunale ordini, anche d’ufficio, il sequestro dei beni di cui il soggetto proposto alle misure di prevenzione risulti poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore è sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si abbia motivo di ritenere che gli stessi siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. All’esito del procedimento, il bene può essere restituito o espropriato definitivamente in favore dello Stato;

- nella confisca (art. 24): con la confisca, successivamente al sequestro che, come detto, pone in essere solo una provvisoria perdita di possesso, si realizza la definitiva ablazione dei beni del proposto. Tali beni, cioè, sono tolti dalla sua disponibilità in quanto, a cagione della loro illecita provenienza, inquinano l’economia e agevolano la manifestazione di pericolosità dello stesso soggetto. Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza n. 36/2001) la confisca di cui al Codice antimafia non ha natura sanzionatoria, ma preventiva, attuando il trasferimento coattivo del bene al patrimonio dello Stato a seguito del provvedimento cautelare.

- nella cauzione (artt. 31 e 32): la cauzione consiste nel versamento nelle casse erariali di una somma di denaro e può essere obbligatoria o facoltativa. In particolare, assume carattere di obbligatorietà quando è disposta nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni mafiose (Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza n. 36/2001). Il d.lgs. n. 159/2011, superando la precedente regolamentazione, disponeva l’applicazione indistinta della cauzione, cioè l’esecuzione della stessa nei confronti di qualsiasi categoria di pericolosità sociale. La Corte Costituzionale (con sentenza n. 218/1998) ha, invece, successivamente, stabilito che “condizione di validità” della cauzione è la valutazione differenziata delle diverse condizioni economiche dei soggetti interessati, che risulta sempre rivedibile con la revoca, totale o parziale, applicabile in caso di “incapacità economica” del proposto:

- nell’amministrazione giudiziaria di beni personali (art. 33): il Codice antimafia delinea questa ulteriore tipologia di misura di prevenzione patrimoniale, con esclusione dei beni destinati all’attività produttiva o professionale, indirizzata nei confronti di persone pericolose cc.dd. “semplici”, dedite a traffici delittuosi o che vivono col provento di delitti, nonché dedite alla commissione di reati contro la pubblica sicurezza e la pubblica moralità (art. 4, lett. c, del d.lgs. n. 159/2011);

- nell’amministrazione connessa ad attività economiche e delle aziende (art. 34): questo procedimento si articola in due fasi:

1) amministrazione giudiziaria dei beni, con lo scopo di impedire che una determinata attività economica, che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso o sia sottoposta a condizioni di intimidazione o assoggettamento di consorterie malavitose, determini o possa determinare un utile strumento di ausilio, sia sul piano economico che sotto il profilo del controllo del territorio e del mercato, in favore di quei sodalizi criminali indirizzati all’espansione verso settori leciti;

2) eventuale successiva confisca che, ovviamente, interviene qualora, all’esito della fase di amministrazione giudiziaria, emergano elementi idonei a far ritenere che quei beni siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, risultando realizzata un’obiettiva commistione di interessi tra attività di impresa lecita e attività criminali.

Alla luce di quanto fino ad ora analizzato si può ben comprendere come la ratio delle misure di prevenzione patrimoniale sia chiaramente quella di colpire le accumulazioni illecite di tutte le persone giudicate pericolose, con riferimento alla c.d. pericolosità sociale.

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2. Presupposti applicativi

Nel documento RASSEGNA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (pagine 34-37)