• Non ci sono risultati.

2. L'eredità e il mito del Watergate

2.2 Il mito del giornalismo nel Watergate

Il mito di Davide e Golia interno allo scandalo Watergate, ovvero quello di due giovani reporter del Washington Post che sono riusciti a portare alle dimissioni il Presidente degli Stati Uniti, ha ispirato generazioni di giornalisti.

Il Washington Post ha vinto un premio Pulitzer per il suo resoconto del Watergate83; il libro che Woodward e Bernstein hanno scritto per raccontare la loro

storia, Tutti gli uomini del presidente, e il film tratto da esso ebbero un successo strepitoso.

In realtà il mito, così facilmente accessibile alla cultura popolare, è più complesso e, sicuramente, attaccabile su alcuni fronti.

In primo luogo, spesso si tende a pensare che sia stata la stampa nel suo complesso ad attaccare Nixon ma inizialmente non fu così: almeno dal Giugno del 1972 alle elezioni di Novembre, ovvero nel periodo più delicato per tutti i protagonisti della vicenda, il Washington Post fu quasi sempre solo in una battaglia che molti consideravano priva di qualunque interesse. A questo proposito, è rimasta celebre

82 H.Hoijer,ed., Language in Culture, Chicago, University of Chicago Press, 1954. 83 premio Pulitzer 1973 nella categoria “giornalismo di pubblica utilità”.

la frase della giornalista Katherine Graham che, parlando con Ben Bradlee, chiese: “ Se questa storia è davvero una bomba, dove sono tutti gli altri?”84

Nonostante la presenza di altri giornali che, saltuariamente, parlarono del caso Watergate, fu solo nell'ultimo anno e mezzo prima delle dimissioni di Nixon che si potè iniziare a parlare di “stampa” nel suo complesso.

Infatti, il Washington Post e le indagini della polizia avevano dimostrato che il caso Watergate non solo non era una farsa, come molti giornali avevano creduto, ma rischiava di avere conseguenze molto serie per il presidente Nixon, che aveva evidentemente mentito alla Nazione per un lungo periodo di tempo.

A questo punto alcuni giornalisti avevano fatto ammenda, in particolare quelli che lavoravano alla Casa Bianca e non erano riusciti a vedere quello che succedeva, o non l'avevano preso sul serio, o erano stati intimiditi.

La maggior parte di loro, però, cercò di dare il merito delle azioni del Washington Post alla “stampa” come entità collettiva, in modo che ognuno potesse avere per sé una po' di gloria.85

In ogni caso, i due giornalisti del Washington Post non causarono le dimissioni di Nixon, che furono dovute alle indagini della polizia e dell'FBI, all'istituzione di una commissione senatoriale che indagasse sul caso, alla scoperta delle registrazioni della Casa Bianca e alla minaccia dell'impeachment. Inoltre, non furono i soli a mantenere vivo l'interesse per la notizia: al di fuori dell'ambito della stampa, per esempio, se ne occupò il senatore McGovern durante la sua campagna elettorale e, in seguito, il Comitato Nazionale Democratico.

Non bisogna nemmeno dimenticare che tanti dipendenti di agenzie governative passarono informazioni alla stampa, a costo di rischiare il loro lavoro: questo non vale solo per il famoso agente dell' FBI soprannominato “Gola Profonda”, ma anche per persone che lavoravano a livelli inferiori.86

Un altro punto su cui discutere è il dubbio, avanzato da molti, sulla professionalità

84“ If this is such a hell of a story, where is everybody else?”,M.Schudson, Watergate in American Memory. How

we Remember, Forget and Recostruct the past,New York, Basic Books, 1993, T.d.A.

85 D.Greenberg, Nixon's Shadow, New York, Norton Company, 2003.

della stampa nel trattare il Watergate, in particolare da parte di un giornale liberale il cui direttore era stato molto amico di Kennedy: i conservatori si chiedevano se il Washington Post avesse trattato i fatti con obiettività o avesse avuto fin dall'inizio l'intento di mettere Nixon in crisi e arrivarono a sostenere che tutta la stampa fosse, in fin dei conti, liberale.87

In realtà la stampa americana, compresa quella liberale, tende ad essere cauta e a non mettere in pericolo la reputazione del proprio Paese.88

Nel 1971, per esempio, la scelta di pubblicare le “Carte del Pentagono”, un documento segreto del Dipartimento della Difesa sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel Vietnam e in generale nei conflitti del Sud-Est asiatico, fu preceduta da lunghe battaglie interne alla redazione e, nonostante il parere contrario dei legali, fu dovuta al fatto che il New York Times le aveva pubblicate per primo.89

Quindi, se si vuole cercare qualcuno su cui Bradlee voleva prendersi una rivalsa occupandosi tempestivamente del caso Watergate, quello era il direttore del New York Times, non certo Richard Nixon.

Un altro mito da sfatare è quello secondo cui, per merito di Woodward e Bernstein, l'interesse dei giovani studenti per il giornalismo aumentò in maniera esponenziale negli anni del Watergate. In realtà, il numero degli studenti in giornalismo era salito alle stelle nei primi anni Sessanta, e il numero dei laureati era raddoppiato tra il 1967 e il 1972, con una fase di stallo nei primi anni Settanta e un nuovo picco negli anni Ottanta. Non si può affermare che il Watergate abbia rallentato la tendenza iniziata negli anni Sessanta, ma sicuramente non ne è stato il fattore scatenante.90

Questo non significa che lo scandalo Watergate non abbia influenzato la visione del giornalismo delle nuove generazioni, ma che l'ha fatto in un contesto più

87 Larry Sabato, Feeding Frenzy:How Attack Journalism Has Transformed American Politics, New York, Free Press, 1993.

88G.Mazzoleni, La comunicazione politica, Bologna, Il Mulino, 2004.

89 S.Ungar, The Papers & The Papers:An Account of the Legal and Political Battles over the Pentagon Papers, New York, Columbia University Press, 1989.

90M.Schudson, Watergate in American Memory. How we Remember, Forget and Recostruct the past,New York, Basic Books, 1993.

ampio, quello degli anni Sessanta, intriso non solo di moralismo, ma di nuove opportunità per i giornalisti, come l'aumento dei salari e la diffusione della televisione.91

Tutte queste precisazioni non mi portano comunque a sottovalutare né l'importanza dell'impresa di Woodward e Bernstein, né quella del mito che ne è scaturito.

I due reporter e la loro redazione, per quanto aiutati da persone importanti e circostanze fortunate, hanno avuto la tenacia e il coraggio di tenere in vita una storia che avrebbe avuto conseguenze inimmaginabili; il mito, anche quando gli eventi che lo hanno generato sono ormai lontani, continua a rappresentare le speranze della popolazione sul ruolo di “cani da guardia” dei media rispetto alle azioni dei governi o, nel caso americano, dei presidenti.

Infatti, l'elemento che rende il Watergate un mito nel giornalismo americano è proprio la centralità della figura del presidente: se lo scandalo si fosse fermato ai cinque arrestati la sera dello stato, nessuno se ne sarebbe più ricordato; se lo scandalo si fosse fermato ad Haldeman, Ehrlichman e Dean, il Watergate sarebbe stato ricordato come uno scoop da manuale, arrivato fino alle porte della Casa Bianca; ma due giornalisti avevano fatto dimettere Richard Nixon, entrando di diritto nella storia del giornalismo.

Documenti correlati