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Mobilità, accessibilità ed esclusione sociale: un primo inquadramento concettuale della ricerca

Sezione teorica

1. Mobilità, accessibilità ed esclusione sociale: un primo inquadramento concettuale della ricerca

In questo primo capitolo introduttivo sono due gli obiettivi che vogliamo raggiungere: da un lato, l’intento è di definire in prima istanza i concetti di mobilità, accessibilità ed esclusione sociale in modo da poter sviluppare nel capitolo successivo uno sguardo analitico che riesca a tenere conto contemporaneamente di questi tre concetti; dall’altro lato, lo scopo è di evidenziare quelle trasformazioni delle società urbane che sono in grado di giustificare la centralità assunta dai temi dell’accessibilità, della mobilità e dell’esclusione sociale nell’analisi delle città contemporanee, in particolare di quelle occidentali a capitalismo avanzato. In sintesi, il capitolo intende arrivare al possesso dei necessari elementi per delimitare con precisione, nel capitolo successivo, il campo della ricerca a partire da concetti, processi e fenomeni molto ampi e polisemici nelle scienze sociali e territoriali.

I due obiettivi che ci proponiamo di raggiungere si traducono nell’organizzazione e nella suddivisione del capitolo. Innanzitutto, verrà data una prima di definizione dei concetti di mobilità, accessibilità ed esclusione sociale: un’operazione necessaria per avanzare nel ragionamento che si vuole affrontare in questo capitolo. Ad ogni modo, si rinvierà al capitolo successivo per una delimitazione precisa dell’oggetto della ricerca attraverso una rassegna dei concetti e delle relazioni tra di essi. In secondo luogo, si approfondiranno le cause che hanno concorso a determinare l’emergenza della questione dell’accessibilità e della mobilità come aspetti centrali nelle società urbane; fattori interrelati che però possono essere analiticamente ricondotti a due principali ambiti: le trasformazioni nel campo dei trasporti e delle comunicazioni, nella morfologia e nella struttura urbana. Successivamente, illustreremo l’affermazione nelle società contemporanee, in particolare di quelle europee, di una nuova questione sociale che si è accompagnata alla presa in considerazione della dimensione spaziale delle diseguaglianze sociali, trasformando la questione sociale in una questione prevalentemente urbana. In

particolare, individueremo alcuni processi alla base della nuova questione sociale come il passaggio ad un regime capitalistico post-fordista, che ha messo in crisi la società salariale (Castel 1995) e in particolare i sistemi di welfare e, quindi, diffuso nelle società dei processi di vulnerabilizzazione e precarizzazione che si manifestano principalmente in ambienti urbani. Nel corso dell’analisi, inoltre, si porrà anche l’accento sulle conseguenze che questi cambiamenti della città hanno avuto sulla vita sociale nelle città.

Infine, nell’ultima parte del capitolo, verrà introdotto il tema della sostenibilità urbana e in particolare quello della mobilità sostenibile in quanto, come si vedrà, l’analisi della mobilità, dell’accessibilità e dell’esclusione sociale va inserita in un contesto socio-politico in cui si è affermato il paradigma della sostenibilità, il quale pone sul tappeto nuovi interrogativi e nuove sfide legate alla difficile conciliazione dei tre pilastri di cui si compone la sostenibilità, quello economico, ecologico e sociale.

1.1 Una prima definizione del trittico concettuale mobilità, accessibilità ed esclusione sociale

Come anticipato nell’introduzione al capitolo, prima di addentrarsi nel tema oggetto della tesi, ovvero la relazione tra la mobilità, l’accessibilità e l’esclusione sociale, è necessario fornire una definizione di questi concetti in quanto essi rappresentano delle nozioni ampiamente usate da differenti discipline e prospettive d’analisi: un fatto che ha contribuito a una loro polisemicità, rendendo quindi fondamentale una loro precisa definizione.

1.1.1 La mobilità territoriale e la mobilità quotidiana urbana

La mobilità territoriale ha assunto progressivamente centralità all’interno delle scienze sociali perché, come vedremo nei paragrafi successivi, rappresenta un fenomeno sempre più consistente nelle società contemporanee e un ambito di vita di fondamentale importanza per i soggetti, non solo per il tempo a essa dedicato, ma anche perché la capacità a spostarsi nello spazio sarebbe diventata un fattore centrale per l’inclusione sociale degli individui. Prima di analizzare i fattori alla base dell’emergenza della mobilità nelle società urbane contemporanee, innanzitutto, occorre definire che tipo di mobilità si voglia investigare, ovvero bisogna specificare su quale tipo di spostamento all’interno

dello spazio abbiamo intenzione di focalizzarci.

In primo luogo, è fondamentale aggiungere l’aggettivo territoriale in quanto la mobilità, soprattutto in sociologia, è un concetto che storicamente è servito a indicare lo spostamento degli individui all’interno dello spazio sociale, ovvero la mobilità sociale (Sorokin 1927). L’aggettivo territoriale aggiunto al termine “mobilità”, che indica quindi lo spostamento nello spazio geografico, non è però sufficiente a definire con precisione un particolare tipo di movimento sul territorio (Courgeau 1988), in quanto esso indica ancora un campo di ricerca troppo ampio per essere affrontato in una singola tesi di ricerca. Infatti, è possibile differenziare la mobilità territoriale in quattro forme seguendo due criteri (Gallez & Kaufmann 2009): da una parte, la temporalità in cui la mobilità avviene, che può essere sia lunga che corta; dall’altra, lo spazio in cui essa si sviluppa, ovvero interna o esterna al contesto di vita delle persone. Dall’incrocio di queste due dimensioni è possibile quindi individuare quattro tipi di mobilità territoriale: 1) la mobilità quotidiana, che avviene in una temporalità corta e si sviluppa all’interno dei contesti di vita; 2) la mobilità residenziale, che implica una temporalità più lunga, ma sempre all’interno dei contesti di vita; 3) il viaggio, ovvero lo spostamento che avviene in una temporalità corta, ma esternamente al contesto di vita abituale delle persone, come nel caso del turismo; 4) la migrazione, una forma di mobilità che si sviluppa sia su una temporalità lunga sia esternamente ai contesti di vita abituali. Queste varie forme di mobilità territoriale intrattengono reciproche relazioni tra loro, un fatto che ha spinto alcuni studiosi ha sostenere la necessità di un approccio olistico alla mobilità, che tenga contemporaneamente conto dei vari tipi di spostamento e della loro ibridazione, ma anche della loro relazione con la mobilità sociale (Urry 2007; Kaufmann & Montulet 2008).

Il presente lavoro, pur non negando le articolazioni e le ibridazioni tra le varie forme di spostamento, non può abbracciare l’intero spettro delle mobilità e si focalizzerà, quindi, sulla mobilità quotidiana definita come lo spostamento all’interno dei contesti di vita degli individui, che avviene su una temporalità corta. Infine, si può aggiungere l’aggettivo “urbana” al concetto di mobilità quotidiana, in quanto la città rappresenta il contesto di vita prevalente nelle società contemporanee, in particolare di quelle occidentali a capitalismo avanzato. Infatti, in Europa, il livello di urbanizzazione, ovvero la proporzione di popolazione residente in aree urbane, già nel 2000 è arrivata al 75% (Martinotti 1993; Vicari 2004). Inoltre, si possono definire come urbani gli attrattori e generatori di mobilità, ovvero tutti quei servizi, attività, risorse e opportunità che, nonostante i processi di diffusione urbana, si concentrano ancora prevalentemente nelle città.

Una volta specificato il tipo di mobilità che andremo ad approfondire, occorre esplicitare un altro assunto da cui parte la nostra riflessione: la domanda di mobilità è una domanda derivata. In altri termini, spostarsi all’interno dello spazio urbano deriva dalla necessità di accedere a luoghi in cui usufruire di servizi, acquistare beni, raccogliere informazioni, svolgere attività, ecc. L’assunto della mobilità come domanda derivata è stato recentemente messo in discussione da autori che hanno evidenziato come la mobilità non sia solo un mezzo per raggiungere un fine, ma un fine in sé stesso (Urry 2007). Ciononostante, riteniamo che il presupposto della mobilità come domanda derivata sia ancora utile per analizzare la relazione tra mobilità, accessibilità ed esclusione sociale in quanto, come vedremo, è l’inacessibilità o le difficoltà ad accedere alle opportunità e alle relazioni sociali che può determinare situazioni di esclusione. In particolare, con opportunities (Kwan 1999; Dijst 2004), un termine traducibile con il vocabolo opportunità o risorse, si indica non solo un servizio ma anche un bene collettivo territoriale – come un parco, una piazza o un’opera pubblica e monumentale, il cui accesso consente agli attori di soddisfare, oltre alle necessità elementari, anche quelle più complesse associate ai bisogni di identità, di relazione e di partecipazione.

Il riferimento al concetto di domanda di mobilità consente di approfondire le varie dimensioni che concorrono a costituire quello che viene definito come sistema di mobilità (Riganti 2003; Colleoni 2013). Come si evince dalla figura 1.1, fanno parte di questo sistema sia la domanda di mobilità, sia l’offerta, sia le politiche pubbliche. Prendendo in considerazione la domanda di mobilità quotidiana, essa dipende da variabili contestuali, come la localizzazione delle residenze, delle attività produttive e dei servizi nell’area metropolitana e dalle proprietà individuali, come il genere, il reddito, l’età, la professione, ecc., le quali vincolano il campo delle possibilità in materia di mobilità e influenzano i bisogni e le finalità dello spostamento, nonché i tempi e i modi in cui questo si realizza.

Un focus sulla domanda di mobilità, però, non permette di cogliere la complessità del sistema di mobilità: occorre infatti tenere presente anche il lato dell’offerta. In sintesi, questa è determinata: - dalle infrastrutture di mobilità (strade, stazioni, parcheggi, linee del trasporto pubblico locale, ecc.) e di supporto alla mobilità (biglietterie, pannelli, informazioni, ecc.); - dai mezzi di trasporto disponibili (un elemento che determina il come sia possibile muoversi); - dalle risorse energetiche e dai loro costi (per esempio, l’aumento dei carburanti gioca un ruolo primario nella diminuzione degli spostamenti fatti con l’automobile); - infine, dai costi e dai prezzi associati a ciascuna modalità di spostamento (costo del trasporto pubblico, costo dei parcheggi, ecc.).

L’ultima dimensione che rientra nel sistema della mobilità è quella delle politiche1. Seguendo lo schema di Colleoni (2013), queste possono essere scomposte in quattro sottoinsiemi principali: - le politiche territoriali, che influenzano ad esempio la localizzazione delle residenze, dei servizi e delle attività; - le politiche regolative (fiscali e normative), che hanno un peso sul costo della mobilità e sulle possibilità di spostamento – quest’ultimo è il caso dell’implementazione di politiche per la mobilità sostenibile (Panella & Zatti 2007), come le congestion charge che limitano l’accesso a particolari aree attraverso la richiesta di un pagamento di un pedaggio, come ad esempio nel caso di Londra e dell’Area C nel Comune di Milano; - le politiche comunicative, che oltre a informare sull’esistenza di certi servizi, possono renderli accattivanti e quindi spostare una fetta della domanda di mobilità; - le politiche innovative, in particolare quelle di sviluppo tecnologico, che possono determinare l’ingresso nel sistema di mobilità di nuove infrastrutture, materiali, risorse, mezzi di trasporto, ecc.

Fig.1.1 – Il sistema di mobilità (Fonte: Colleoni 2013, p.238).

                                                                                                               

1 Per un primo approfondimento di questa dimensione del sistema di mobilità si rinvia al paragrafo 1.3 del presente capitolo in cui si affronterà il tema della sostenibilità e delle politiche ad essa legate.

Sistema di mobilità

Domanda Offerta Politiche

Variabili contestuali - Localizzazione residenziale,

produttiva e dei servizi

-  Infrastrutture -  Mezzi di trasporto -  Risorse energetiche -  Costi/prezzi

Variabili socio-anagrafiche - Genere, età, reddito, tempi,

modi, finalità -  Politiche territoriali -  Politiche regolative (fiscali e normative) -  Politiche comunicative -  Politiche innovative

1.1.2 L’accessibilità urbana

Nel paragrafo precedente si è sottolineato come la domanda di mobilità possa essere considerata come una domanda derivata dall’esigenza di accedere a luoghi, servizi, attività, incontri, ecc. Da quest’affermazione si evince la stretta relazione che intercorre tra i concetti di mobilità e di accessibilità, un fatto confermato anche da un’analisi della letteratura sul tema dei trasporti che, solitamente, usa i due termini in maniera interscambiabile e dal fatto che le indagini sull’accessibilità o sulla mobilità quotidiana includano spesso entrambi gli oggetti (Melzi 2011; Colleoni 2012). Ciononostante, i due vocaboli non vanno confusi (Handy 2002) in quanto indicano dei concetti differenti e in certi casi opposti (Ross 2000). È necessario quindi da subito spiegare in cosa essi differiscano. Abbiamo già visto cos’è la mobilità quotidiana, di conseguenza in questo paragrafo ci focalizzeremo sull’accessibilità.

L’accessibilità è una complessa e ambigua nozione che rende difficile una sua precisa definizione e misurazione (Gould 1969). Come punto di inizio si può affermare che essa designa la caratteristica di chi o ciò che è accessibile. Rispetto al termine di mobilità, che denota la capacità e la volontà di un attore di spostarsi nello spazio geografico, ossia una proprietà individuale, l’accessibilità si riferisce a una proprietà relazionale, in quanto è una caratteristica che risulta dalla contemporanea considerazione di diversi fattori, che non si limitano, pur comprendendola, alla mobilità delle persone e alle peculiarità del sistema dei trasporti (Fol & Gallez 2012; 2013; Colleoni 2012). In particolare, l’accessibilità indica da un punto di vista territoriale la possibilità di un luogo, inteso come sistema di attività localizzate, di essere raggiunto da un attore sociale e il modo in cui ciò si verifica (Colleoni 2012). La proprietà relazionale insita in questo concetto può essere colta facendo riferimento ai vari fattori che concorrono a determinare l’accessibilità a un luogo. In generale, Fol e Gallez (2012; 2013) individuano quattro principali dimensioni da cui dipende l’accessibilità (Fig.1.2): a) l’uso del suolo, ovvero la localizzazione e la ripartizione delle attività e dei servizi sul territorio; b) il sistema dei trasporti, ossia l’offerta di mobilità e la sua performance; c) la dimensione temporale, che richiama sia l’organizzazione temporale delle attività (orari di apertura e chiusura, variazioni orarie nell’offerta di trasporto, durata delle attività); d) la dimensione individuale, che si collega alle proprietà individuali che determinano i bisogni, le possibilità e i vincoli cui devono far fronte i soggetti per poter accedere alle opportunità urbane. Già in questa fase di definizione preliminare, si capisce che l’accessibilità non si limita a una questione di

trasporti o di potenzialità di un luogo di essere raggiunto tramite la mobilità, in quanto questa rappresenterebbe un’interpretazione ristretta del concetto.

In letteratura ormai c’è accordo sulla necessità di considerare contemporaneamente queste dimensioni (Castrignanò et al. 2012; Melzi 2011), anche se esiste ancora una molteplicità di approcci che si differenziano in base ai contesti e alle finalità particolari in cui si situano le indagini sull’accessibilità. In altri termini, non esiste un approccio migliore di un altro, ma l’individuazione dei modelli più idonei dipende dalle finalità che ci si pone e dai contesti in cui si deve applicare il concetto di accessibilità (Handy & Niemeier 1997). Inoltre, questa visione più generale sull’accessibilità rappresenta la sintesi di un’evoluzione del concetto iniziata agli inizi del Novecento. Infatti, la nozione è apparsa in economia urbana con il principio di accessibilità2 introdotto da Hurd nel 1903 (Camagni 1993). In linea generale, si può affermare che i vari approcci all’accessibilità mettono in relazione due dimensioni: da un lato, un fattore di attrazione, che fa riferimento alle caratteristiche del luogo, attività o risorsa; dall’altro, un fattore di impedenza, che considera la resistenza che si deve superare per poter raggiungere il luogo o l’opportunità. A partire da queste due dimensioni di base, si sono poi sviluppati differenti approcci che in base a delle rassegne della letteratura (Occelli 1999; Melzi 2011; Colleoni 2012; Boffi 2012) possono essere raggruppati in quattro gruppi principali.

In primo luogo, un approccio “di prossimità”, che definisce l’accessibilità in base alla localizzazione delle attività/servizi e alla distanza tra queste e gli utenti. In questo senso,                                                                                                                

2 Questo principio sancisce che «poiché il valore [del suolo urbano] dipende dalla rendita, e la rendita dalla localizzazione, e la localizzazione dalla convenienza, e la convenienza dalla prossimità [nearness] possiamo eliminare i passaggi intermedi e dire che il valore dipende dalla prossimità» (Hurd 1903, p.103 citato in Camagni 1993, p.76).

l’accessibilità risulta dall’attrattività del luogo, un elemento che ha dato origine allo sviluppo di modelli gravitazionali che partono dal presupposto che le caratteristiche dell’attività/servizio esercitino una differente attrazione e che la forza di gravità esercitata dall’offerta decresca all’aumentare della distanza.

Il tema della distanza porta a un secondo gruppo, di tipo economico-funzionalista, rappresentato dagli approcci che vedono l’accessibilità determinata dal fattore impedenza, ovvero dal costo, definito in vari modi ma principalmente legato ai costi di trasporto e temporali, necessario per raggiungere il luogo dove è presente l’attività/risorsa.

Il terzo e quarto approccio, invece, hanno il merito di introdurre considerazioni riguardanti i soggetti, i loro comportamenti, bisogni, vincoli. Tra questi, c’è l’approccio utilitarista, che considera l’accessibilità come l’esito di comportamenti individuali risultanti da processi di scelta razionale tra alternative possibile volti a massimizzare l’utilità del soggetto.

Infine, c’è l’approccio temporale, che trae origine dal time-geography e dai lavori di Hägerstrand (1970) poi sviluppati dall’approccio dell’activity-space (Miller 1991; Golledge & Stimson 1997; Newsome et al. 1998; Kwan 2000). In questa prospettiva, che può essere considerata un’estensione degli approcci che si focalizzano sui costi necessari per raggiungere un luogo, si introduce nel campo dell’accessibilità il tema dei vincoli temporali, oltre a quelli spaziali, cui gli individui devono far fronte per accedere a luoghi, attività e servizi. In altri termini, l’accessibilità non dipende solo dalla distanza, ma anche dal calendario e dalle sequenze temporali, nonché da quelli che Hägerstrand ha definito come coupling constraints, che definiscono dove, quando e per quanto tempo un individuo può raggiungere altre persone, luoghi, attività e servizi.

La classificazione che è stata appena effettuata potrebbe essere maggiormente sintetizzata distinguendo due macro approcci all’accessibilità: da un lato, l’accessibilità spaziale, riferita ai luoghi (location- o place-based), che raggruppa tutti quegli approcci che puntano a misurare la facilità con cui si possono raggiungere (accedere) i luoghi in cui sono disponibili attività, incontri, servizi, ecc., prendendo in considerazione la loro distribuzione spaziale, le caratteristiche, le distanze spaziali e temporali e i costi che si devono sopportare per raggiungerle; dall’altro lato, c’è un’accessibilità individuale (people-based), che si focalizza sul soggetto e sulle sue capacità di accedere le varie destinazioni e opportunità prendendo in considerazione i suoi bisogni, i vincoli spazio-temporali cui deve far fronte, le sue risorse economiche, le sue competenze cognitive, fisiche, ecc. (Burns 1979; Lau 2006).

La classificazione delle varie definizioni e approcci sull’accessibilità può anche essere approfondita maggiormente. Così, ad esempio, Melzi (2011, pp.59-61) distingue sette approcci (Tab.1.1):

- del costo di viaggio, che individua nei fattori di interazione l’insieme delle attività localizzate, mentre l’impedimento è rappresentato dalla distanza fisica che intercorre fra le diverse attività;

- fisico-determinista (o gravitazionale), elaborato da studiosi come Hansen (1959), Ingram (1971), Dalvi e Martin (1976), in cui i fattori di interazione sono rappresentati dall’insieme delle masse delle attività localizzate, mentre l’impedimento o vincolo è rappresentato dalla distanza fisica che intercorre tra le diverse masse di attività;

- economico-funzionalista, o entropico (Vickerman 1974), in cui si mettono in evidenza soprattutto le implicazioni economiche e i fattori di interazione sono rappresentati dalle opportunità esistenti nelle diverse localizzazioni, mentre l’impedimento o vincolo è rappresentato dal costo dello spostamento in termini economici per accedere al bene; - economico-comportamentale o micro-economico, che si basa sulla teoria dell’utilitarismo applicata al campo del comportamento umano relativo ai propri spostamenti. In questo caso il comportamento di mobilità è considerato un razionale massimizzatore tra le diverse alternative che si presentano al soggetto esso sceglie sempre quella che massimizza la propria utilità (Ben-Akiva & Lerman 1979);

- delle restrizioni, che considera i vincoli spazio-temporali cui deve sottostare l’individuo per raggiungere un’attività, che possono essere relativi alle capacità, alla sincronizzazione o all’autorità (Hägerstrand 1970);

- spazio-temporale o composto, che aggiungono le molteplici proprietà di viaggio mancanti nei modelli basati sulle opportunità. Miller (1999) ha chiamato questi modelli Space-Time Accessibility Measures (STAMs) perché basati sull’assunzione di una velocità di viaggio uniforme e di una serie di attività discrezionali partendo dalle attività di partenza (Pirie 1979);

- informazionale, che identifica l’accessibilità come risorsa associata alle molteplici reti di relazioni in cui gli individui sono inseriti (Occelli 1999).

Prima di passare alla definizione dell’ultimo vocabolo del nostro trittico (l’esclusione sociale), occorre però soffermarsi su un altro aspetto legato all’accessibilità. Infatti, il concetto di accessibilità nella sua accezione più ampia e normativa (Farrington & Farrington 2005; Fol & Gallez 2012) si lega al tema della giustizia sociale e dell’equità socio-spaziale (Colleoni 2009), ovvero alla possibilità per gli individui e i gruppi sociali

«di godere di pari diritti di cittadinanza e di un’equa distribuzione delle risorse» (Colleoni 2012, p.20). In altri termini, come vedremo più approfonditamente nel secondo capitolo, è il concetto di accessibilità ad avere maggiori relazioni con il tema dell’inclusione e dell’esclusione sociale rispetto a quello di mobilità, il quale non consente da solo di affermare niente in termini di giustizia, equità ed esclusione sociale.