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Modalità di raccolta dei dati psicofisiologici

Nel documento ELEMENTI DI PSICOMETRIA COMPUTAZIONALE (pagine 63-74)

Dati psicofisiologici

2.1 Modalità di raccolta dei dati psicofisiologici

Uno psicologo che oggi voglia avvalersi di misure psicofisiologiche si trova di fronte a uno scenario impressionante in termini di quantità e qualità di strumentazioni disponibili.

Tuttavia si dovrà anche interfacciare con delle scelte difficili che comprometteranno necessariamente la qualità e la quantità delle misurazioni che potrà effettuare. Infatti, ipotizzando che non si abbia a disposizione un capitale illimitato, nella psicofisiologia

non si può pensare di avere tutto, ma bisogna concentrarsi sulle misure che si vogliono raccogliere e scegliere di conseguenza lo strumento più adatto. In questo volume non c'è spazio o volontà di voler approfondire questo argomento, per il quale si rimanda a volumi più specifici da selezionare anch'essi sulla base delle proprie necessità. Tuttavia tratteremo i principali strumenti (ovviamente non tutti) che si usano in psicofisiologia e focalizzeremo l'argomentazione sui dati che se ne possono estrarre, di modo che, a prescindere dallo strumento che si usa, si impari leggendo questo volume a trattare e gestire tali dati, come già detto, assai complessi.

Una prima confusione in merito agli strumenti da utilizzare è relativa alla presenza di biosensori che a parità di "nome" hanno costi che variano dai cento agli oltre centomila euro. Va dunque fatto un breve approfondimento in merito. Se è vero che attrezzature molto costose e spesso anche certificate per uso clinico, costituiscono un gold standard, è anche vero che strumenti a bassissimo costo possono, in certi casi, costituire un prezioso strumento. Un caso tipico è la misurazione (come resistenza elettrica cutanea o conduttanza) dell'attività elettrodermica (EDA, ElectroDermal Activity), per mezzo di un biosensore il cui costo parte da poche centinaia di euro. Nonostante il basso costo si ottiene un sensore adatto a effettuare importanti misurazioni:

infatti, le ghiandole sudoripare sono controllate dal sistema nervoso simpatico, dunque la conduttanza cutanea è usata come indicazione di un attivazione (arousal) psicofisiologica diretta (nel

senso che non c'è un intervento del sistema nervoso parasimpatico). La conduttanza cutanea rilevata 32 volte al secondo è sufficiente per una sua analisi e dunque anche con un sensore a basso costo è possibile fare delle rilevazioni adatte a molti studi (tra cui quelli relativi al marcatore somatico che usa proprio questo strumento!).

Per chi leggesse per la prima volta "32 volte al secondo" si comincerebbe ad aprire un universo fatto di profondi dubbi, meglio dunque dissiparli sin dall'inizio. Una caratteristica comune di molti dati psicofisiologici è la rilevazione di dati più volte al secondo. Normalmente si lavora con almeno 256 rilevazioni al secondo, generando così una considerevole quantità di dati a fronte di un'unica rilevazione psicofisiologica. Proprio per questo motivo la psicometria computazionale è di rilevanza primaria e di alta applicazione nella psicofisiologia. Per fare un esempio pratico e cominciare a capire la complessità dei dati di cui stiamo parlando, si pensi che una sperimentazione che richieda la rilevazione di anche un solo parametro psicofisiologico per dieci minuti a 256 dati al secondo implica una mole di dati pari a 153.600 rilevazioni (= 256 dati X 60 secondi X 10 minuti). Considerando che spesso le sperimentazioni psicofisiologiche si effettuano su più soggetti, con più sensori e il calcolo di una moltitudine di indici, si capisce ben presto che una singola sperimentazione richiede l'elaborazione di diversi miliardi di dati, da cui deriva un'ovvia complessità anche solo per quel che concerne la loro gestione.

I dati al secondo che vengono rilevati, si misurano in hertz (Hz) e sono per la psicometria computazionale tra le prime unità di misura di cui tener conto: da questa quantità derivano successive frammentazioni. Gli Hz si calcolano secondo la seguente equazione:

1

Dove rappresenta i secondi.

Più in generale, la frequenza di campionamento è la misura espressa in hertz del numero di volte al secondo in cui un segnale analogico viene misurato e memorizzato in forma digitale (da

"digit" ovvero numero).

Gli Hz sono l'unità di misura ufficiale del Sistema Internazionale della frequenza e sono molto più semplici di quanto non sembrino.

In pratica, dire che la rilevazione psicofisiologica viene effettuata a 256 Hz significa semplicemente che il biosensore rileva 256 dati al secondo: è solo più immediato e formalmente più elegante.

Detto ciò, sul campionamento c'è moltissimo da dire ed è pertanto il caso di rimandare a letture più specifiche. Tuttavia, alcuni argomenti trattati nel volume si incrociano con tali temi, come ad esempio i discorsi sulla complessità che affronteremo al capitolo 16 in relazione al Teorema del campionamento di Nyquist-Shannon. Di frequenza invece torneremo a parlare nel capitolo 15, per dare qualche strumento analitico per l'analisi dei segnali.

Un altro aspetto molto importante da capire è che la rilevazione dei dati psicofisiologici è effettuata tramite una rilevazione continua nel tempo (anche se campionata e dunque registrata in modo discreto) e proprio per questo nella psicofisiologia si parla di segnale psicofisiologico, distinguendolo dagli indici che da questo segnale possono essere calcolati. A partire da un singolo segnale, possono essere calcolati anche centinaia di indici.

La prima estrazione necessaria a partire dal biosensore è dunque il segnale psicofisiologico: in Figura 2.1 un esempio.

Figura 2.1. Un esempio di segnale psicofisiologico.

Il segnale viene graficato come linea continua, ma bisogna sempre tener conto che si tratta di un insieme di punti discreti (staccati l'uno dall'altro) che siccome vengono rilevati a brevissima distanza di tempo (dicevamo prima ogni duecentocinquantaseiesimo di secondo, se abbiamo campionato a 256 Hz), non hanno modo di variare considerevolmente e appaiono dunque vicini (Figura 2.1).

Ovviamente questa affermazione vale in psicofisiologia e comunque non sempre, ma è utile per dare un'idea del processo di misurazione.

E' bene sapere che il segnale psicofisiologico non è sempre perfetto e può presentare problemi anche considerevoli dovuti ad esempio a interferenze, disturbi elettrici o molto altro. Ad esempio i cellulari accessi nell'arco di un metro circa producono delle interferenze elettriche alterando il segnale.

Un segnale alterato è spesso visibile dalle peculiarità della forma grafica (Figura 2.2) e proprio per questo è sempre indispensabile l'ispezione visiva di tutti i segnali rilevati.

Anche quando dal segnale intendiamo estrarre solo ed esclusivamente la media, i segnali alterati vanno esclusi in quanto la situazione di interferenza potrebbe aver influito sulle soglie del segnale e non soltanto sulla sua forma generale.

Da notare in Figura 2.1 e 2.2 che l'asse delle ascisse (orizzontale), che rappresenta il tempo, è su scala da 0 a 3.5x104 (= 35,000) ovvero, dato un campionamento a 256Hz, poco più di due minuti e 15 secondi (35,000 / 256 ~ 137 secondi). Con questa densità di

dati, se il grafico presenta linee orizzontali c'è qualcosa di sbagliato.

Figura 2.2. Differenza tra un segnale normale (il primo in alto a sinistra) e segnali alterati (gli altri).

I dati psicofisiologici vengono rilevati tramite biosensori specifici che normalmente rilevano un segnale (elettrico o di altro tipo) tramite un contatto in prestabilite aree specifiche del corpo. Pur non essendo il focus specifico di questo capitolo, vedremo di

seguito la rilevazione dei segnali psicofisiologici a partire dalla specifica di posizionamento di alcuni biosensori. Questa argomentazione tornerà utile anche più avanti, nel capitolo 14 del volume, quando parleremo della computazione dei dati in realtime.

Conduttanza cutanea: misurazione della conduttanza elettrica della pelle (EDA, come visto in precedenza), detta anche risposta galvanica cutanea o risposta elettrodermale. Il sensore è composto da due elettrodi posizionabili su indice e anulare della mano, o sul palmo della stessa, tramite patch adesive sulle quali vengono posizionati gli elettrodi. Essi creano un circuito elettrico contrapposto al soggetto che si pone come resistore. Il segnale GSR rappresenta variazioni del Sistema Nervoso Simpatico ed è espresso in micro-Siemens.

Temperatura periferica: un termistore misura i cambiamenti dello stato termico di sedi periferiche. La temperatura rilevata dipende dalla quantità di sangue presente in corrispondenza del sensore e dallo stato di attivazione simpatica. Lo stato termico è misurato in gradi Celsius o Fahrenheit.

Respirazione: i sensori sono sensibili ai movimenti di torace e addome; attraverso l’applicazione di due fasce dotate di un elastico, il sensore ne misura la tensione durante l’atto respiratorio.

Elettrocardiografia: registrazione dell’attività elettrica del cuore generata dai muscoli cardiaci durante le contrazioni.

Mentre in clinica si usano 12 derivazioni, che permettono un'analisi completa dell'attività cardiaca, in psicofisiologia si usano più spesso tre elettrodi posizionati secondo l'antico principio fisiologico del Triangolo di Einthoven (Mann, 1920).

Il segnale (ECG, elettrocardiogramma) è misurato in microvolt (μV). In ambito clinico si utilizzano molte derivazioni in quanto, come è possibile vedere in Figura 2.3, il segnale prodotto è analizzabile sotto parecchi aspetti. In psicofisiologia, ciò che più spesso interessa è la distanza tra picchi R (distanza R-R o RR).

Figura 2.3. Tracciato ECG e sue componenti, con indicazione dell'intervallo RR.

Blood Volume Pulse (BVP): un sensore, posto sul polpastrello di una mano, cattura il riflesso dell’infrarosso; il sangue riflette la luce rossa assorbendo la luce degli altri colori; la quantità di luce riflessa è proporzionale al volume di sangue presente, il quale

aumenta a ogni battito cardiaco. In psicofisiologia è spesso usato l’Inter-Beat Interval (IBI), ovvero la successione degli intervalli fra una pulsazione e l’altra, come alternativa all’intervallo RR dell’EKG. Seppur i due segnali (IBI dal BVP e RR dall'ECG) non si equivalgono sono certamente assai assimilabili e in alcune sperimentazione ove è necessario ridurre l'invasività dell'ECG a favore di un più ergonomico BVP, questa soluzione può avere senso.

Elettrooculografia: L'occhio è sede di un potenziale elettrico, che può anche essere rilevato con l'occhio chiuso o in totale oscurità.

L'elettrooculografia si usa infatti per gli studi sul sonno, ma è anche assai utile per rimuovere gli artefatti sull'EEG, derivanti da movimenti oculari o da ammiccamento (blinking).

Elettromiografia di superficie: analisi dell’attività delle fibre muscolari. Il sensore permette di monitorare i segnali elettrici generati dai muscoli durante le contrazioni. L’intensità del segnale elettrico è proporzionale alla forza delle contrazioni e la sua unità di misura è il microvolt (μV). In psicofisiologia è spesso usata in corrispondenza di specifici muscoli facciali per specifiche analisi sulle emozioni.

A livello clinico, l’elettromiografia viene spesso eseguita tramite l’utilizzo di aghi inseriti nei muscoli che si desidera indagare. In psicofisiologia si preferisce invece un’analisi cutanea di superficie del segnale EMG non invasiva, quindi senza l’inserimento di aghi.

Elettroencefalografia: analisi dell’attività dell’encefalo.

L’elettroencefalografia viene misurata attraverso il posizionamento di elettrodi; l’unità di misura del segnale è il microvolt (μV). Il sensore rileva un segnale grezzo dal quale è possibile anche estrarre le frequenze delle onde Beta, Alpha, Theta, Delta.

In base al tipo di sperimentazione il numero di elettrodi può arrivare anche a 256 o oltre, seguendo schemi predefiniti come quello in Figura 2.4.

Figura 2.4. Schema di posizionamento degli elettrodi per l'elettroencefalografia.

Nel documento ELEMENTI DI PSICOMETRIA COMPUTAZIONALE (pagine 63-74)