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. Flusso di lavoro

Si parte dalle nuvole di punti acquisite dallo scanner fino a oenere i program- mi  per l’esecuzione delle lavorazioni di stuccatura e carteggiatura.

Le nuvole di punti delle singole scansioni, una volta allineate, formano un’u- nica nuvola di punti globale. esta contiene tue le informazioni rilevate dal sistema di scansione. esta mole di formazioni viene poi dotata di una struu-

ra, grazie a informazioni aggiuntive che conosciamo a priori: i punti della nuvola

costituiscono il campionamento di una superficie.

Le superfici vengono normalmente rappresentate, nei sistemi , come super- fici  (Non-uniform rational B-spline). Come passaggio intermedio, conviene utilizzare un modello matematicamente più semplice, la superficie sfacceata, co- stituita dall’unione di varietà lineari (in pratica triangoli). Il formato di file più diffuso per memorizzare una superficie sfacceata si chiama ⁶, e nel seguito si abuserà dell’acronimo per indicare superfici formate da triangoli.

Per le elaborazioni delle nuvole di punti fino alla creazione del modello  è stato utilizzato soware Geomagic. Per la generazione del modello  e dei programmi  è stato usato soware Unigraphics.

Figura : Punti di controllo. I punti di controllo vengono spostati manualmente.

⁶Da stereolithography.

Figura : Controllo della curvatura media.

Figura : Controllo mediante riflessione di frange luminose. Le operazioni svolte sono state:

- rimozione degli outlier; - allineamento;

- decimazione; - merging;

- creazione dell’ — il risultato di questa operazione è la rappresentazione matematica della superficie rilevata;

Figura : Controllo degli scostamenti fra superficie obieivo e rilevata.

- intersezione dell’ con una famiglia di piani orizzontali e verticali, oe- nendo una griglia di linee spezzate;

- costruzione di B-spline approssimanti le spezzate, oenendo una griglia di B-spline;

- creazione di una superficie parametrica composta di  a partire dalla griglia di B-spline (superficie da lisciare);

- impostazione di grafici che evidenziano, sulla superficie da lisciare, gli sco- stamenti dalla superficie rilevata, le curvature e le irregolarità di curvatura; - manipolazione dei punti di controllo della superficie da lisciare in modo da oenere una superficie più liscia possibile, mantenendo la distanza della su- perficie di riferimento entro i limiti stabiliti (±4 mm);

- creazione di una superficie di offset distante 10 mm — questa è la superficie

obieivo;

- elaborazione dei programmi .

Gli outlier sono punti che distano dalla superficie media⁷ più di due o tre volte la deviazione standard. esti punti sono spesso conseguenza di una superficie non perfeamente opaca, cioè che riflee specularmente una parte della luce incidente. Lo scanner a luce struurata viene ingannato dalle superfici lucide, perché capitare che rilevi l’immagine riflessa dall’oggeo invece dell’oggeo stesso. ale che ne sia la causa, ogni scansione contiene degli outlier.

La decimazione consiste semplicemente nella riduzione del numero di punti, eliminandone una percentuale, anche elevata; nel nostro caso circa il %. Il fine è quello di ridurre le risorse del computer necessarie per le elaborazioni successive. L’entità della decimazione è stata decisa per tentativi.

. Formalizzazione dei requisiti estetici della superficie obiettivo

La superficie obieivo è una mediazione fra diverse esigenze. Se possibile, do- vrebbe essere identica a quella di progeo. La superficie grezza, però, si discosta

⁷In realtà la superficie media a questo punto non è ancora definita e gli outlier sono individuati analizzando la distribuzione delle distanze di un punto dall’insieme dei punti più vicini.

da quella di progeo in modo imprevedibile, rendendo tecnicamente impossibile o sconsigliabile il mantenimento di una superficie obieivo identica a quella di progeo.

La superficie obieivo dovrà dunque essere tecnicamente realizzabile, valida dal punto di vista economico e equivalente, dal punto di vista estetico, a quella di progeo.

Esiste una progeo di norma, ISO/DIS 11347: “Large yachts – Measurement and analysis of the visual appearance of coatings”, che traa il problema dell’este- tica ma interessa qui solo marginalmente. Il progeo di norma si concentra sulle proprietà oiche della superficie verniciata lucida e non sulla forma. Si dà grande importanza all’uniformità dello scafo, ma non si propongono strumenti di analisi della forma geometrica, anche se l’uniformità delle proprietà oiche di riflessione presuppongono che la superficie da verniciare sia “liscia”.

Con l’avvento dei sistemi di rilevamento  e la nascita del reverse enginee- ring, uno dei primi problemi che si sono posti è stato quello della rimozione, dalle superfici acquisite, del rumore introdoo dai processi di misura.

I primi tentativi di surface smoothing utilizzavano algoritmi che minimizza- no il rapporto superficie/volume, con l’analogia fisica della tensione superficiale. Tendendo una superficie si oiene, effeivamente, una superficie più liscia, ma in molti casi il risultato non è quello aeso, perché la superficie è percepita come troppo liscia in alcune zone e troppo poco in altre.

L’insoddisfazione di fronte a questi risultati ha portato all’utilizzo del termine

fair ‘bello’ per distinguerlo da smooth ‘liscio’. Il conceo di fair surface non è sta-

to formalizzato, e probabilmente non è opportuno che lo sia, perché applicazioni diverse richiedono criteri diversi di fairness.

Ciò che ormai appare evidente è che i criteri di fairness devono tener conto della presenza di feature, cioè di zone della superficie con proprietà particolari, come per esempio punte e spigoli, sia vivi che arrotondati. In molti casi può essere utile che superfici, o porzioni di superfici, molto prossime a geometrie regolari, come il piano, il cilindro o la sfera, vengano riconosciute e rese esae. È un campo di ricerca aivo, che per il momento non dà indicazioni concrete per formalizzare

un criterio di fairness adao al nostro problema.

Sullo scafo bisogna distinguere le zone a piccola curvatura, cioè i fianchi, da quelle a grande curvatura, cioè la prua. Nell’esperienza svolta non ci si è occupati della prua e non si è studiato il problema. Per i fianchi sembrano sufficienti due criteri: che la curvatura vari lentamente e non siano presenti zone concave. Per la verità, una parte della superficie traata è già sufficientemente vicina alla prua da presentare una zona con una piccola curvatura negativa.

Per oenere una superficie obieivo liscia si è ridoo il più possibile il numero di segmenti di B-spline e di patch di . Inoltre si è scelto il grado più basso possibile per imporre la continuità di curvatura tra le patch, cioè tre. Un grado così basso rischia di portare a zone di transizione troppo brusche, anche se non discontinue; d’altro canto  di grado elevato sono più difficili da controllare interaivamente.

. Descrizione di un metodo per la generazione automatica della

superficie obiettivo

Il lavoro svolto ha messo in evidenza che la generazione della superficie obiet- tivo mediante allisciamento manuale della superficie rilevata è un punto debole del processo. È un’operazione molto laboriosa e richiede lo sviluppo di competen- ze di tipo artigianale, difficili da trasmeere ad altre persone e da studiare; inoltre è poco adaa a un controllo obieivo.

Un’altra critica riguarda il fao che non vengono sfruate adeguatamente le informazioni disponibili: in primo luogo la superficie di progeo. esta è il fruo di un’esperienza sul campo lunga decenni, ed è un documento fondamentale del contrao fra commiente e fornitore.

L’idea è di partire dalla superficie di progeo invece che da quella rilevata, e deformarla in modo da oenere una superficie visivamente molto simile a quella iniziale, ma sufficientemente vicina a quella rilevata da essere tecnicamente accet- tabile.

Al termine dell’esperienza, è stato realizzato un programma in  per  di 

Figura : Superficie di progeo. La zona in azzurro è quella di lavoro.

meere alla prova la faibilità di questo approccio. L’algoritmo ricalca l’ICP, per quanto la definizione di una funzione che misura la distanza media quadratica fra la superficie rilevata e la superficie obieivo. esta è definita a partire dalla superficie di progeo, deformandola per mezzo di una funzione che dipende da un numero relativamente piccolo di parametri.

Fra le deformazioni possibili deve essere incluso lo spostamento rigido, che richiede  parametri. È interesante notare che l’algoritmo, se si utilizza come fun- zione di deformazione il solo spostamento rigido, equivale a un allineamento. Nel nostro caso, come c’era da aspearsi, la distanza media quadratica presenta un mi- nimo piao, che permee di determinare la posizione reciproca della superfici, in senso longitudinale, in ampio intervallo ampio pari a circa 100 mm.

La superficie oenuta con questo algoritmo, utilizzando una deformazione po- linomiale di basso grado, si discosta di±8 mm da quella rilevata ed è altreanto

liscia, a un giudizio visivo, di quella realizzata manualmente. Pertanto il risultato è incoraggiante.

I prossimi passi dovranno essere l’individuazione di funzioni di deformazione che non influiscano negativamente sulla curvatura, e lo studio di eventuali vincoli da porre sulla curvatura. Di certo i polinomi non sono funzioni adae, perché tendono a far variare rapidamente la curvatura.

Figura : Scostamenti della superficie obieivo generata automaticamente. È oenuta deformando la superficie con un polinomio di ° grado nella coordinata orizzontale e di ° grado nella coordinata verticale.

Il vero salto di qualità si potrebbe oenere lavorando a contao con l’ufficio che progea la forma dello scafo, in modo da creare sin dall’inizio una superficie di progeo dipendente da parametri, studiata per potersi adaare facilmente alla superficie grezza realizzata.

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