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Parte 2 Analisi Geostatistica della Distribuzione dei PTE all’interno dell’ambito del

2.4 Materiali e metodi

2.4.1 Modelli di interpolazione

L'IDW

Nella fase di esplorazione spaziale dei dati si è scelto di effettuare una prima interpolazione di natura “preventiva” allo scopo di acquisire una prima indicazione sulla distribuzione spaziale del fenomeno. Tra i differenti strumenti di interpolazione si è optato per l'IDW, o inverso pesato della distanza. L'IDW è un algoritmo di natura deterministica, termine con la quale si indicano quegli strumenti che esprimono il legame fra punti vicini attraverso una legge esplicita i cui parametri hanno significato fisico15. Nel caso dell'IDW, i valori sono stimati utilizzando i punti di osservazione circostanti, mediati attraverso una pesatura del valore osservato, con pesi assegnati in funzione della distanza (pesi più vicini avranno pesi maggiori di quelli più distanti). Dato estremamente rilevante, rispetto ad altri metodi, in particolare il Kriging, il metodo IDW è più semplice e non richiede pre-modellazione o assunzioni soggettive nella scelta di un modello del semi-variogramma (Tomczak, 1998, Henley, 1981). Inoltre, aspetto che all'interno della ricerca in corso ha svolto un ruolo non secondario, può essere l'IDW, applicabile a set di dati di piccole dimensioni per i quali il modello dei semi-variogrammi sono molto difficili da applicare (Tomczak, 1998, Rasmunsen-Rhodes e Mayers, 1993). Uno dei principali difetti di questo interpolatore è che la scelta dei pesi è di fatto arbitraria (Guastaldi, 2010). Inoltre non esiste misura dell’errore compiuto durante l’interpolazione, e non si tiene conto della configurazione e distribuzione spaziale dei campioni. Si crea pertanto la situazione in cui, avendo due o più dati alla stessa distanza e direzione dal punto da stimare, questi avranno lo stesso peso, ma soprattutto uguale a quello di un punto isolato che semplicemente è posto alla stessa distanza dal punto di stima dei primi due. Altro dato fondamentale, con l’interpolatore IDW, come con gli altri interpolatori basati sulla media pesata, si ottengono valori previsti che non sono più grandi del valore più grande campionato, e non più piccoli del più

piccolo valore campionato; questo aspetto gioca un ruolo fondamentale come limite nell'analisi di quei fenomeni che coinvolgono aspetti legati alla salute umana. Nella trattazione, l'IDW costituisce di fatto una fase di Analisi Esplorativa calata sul contesto spaziale oggetto di studio, preliminare quindi all'analisi geostatistica vera e propria.

La formula dell' IDW, nella sua accezione generale (Ambrosiani, 2013), è:

Dove Z(x,y) è il valore stimato, Z(xi ,yi) il valore del punto campionato nelle coordinate (xi ,yi) e λi il valore della funzione peso λ.

Nel caso del IDW, i parametri di controllo della stima sono 3 (Ciotoli, 2005):

• L'esponente assegnato all'inverso della distanza pesato, all'interno della funzione peso. . Benché sia un'operazione di fatto arbitraria, è opportuno conoscere gli effetti della scelta degli esponenti, che quando bassi (0 – 2) migliorano la percezione delle anomalie locali mentre con esponenti maggiori ( 3 – 5) tali anomalie vengono appiattite. Nell'elaborazione dell'IDW nel caso studio, si è optato per un esponente al limite, 3.

• Dimensione dell'area di ricerca e il numero di punti. All'aumentare dell'area di ricerca aumenta il numero di punti osservazione presi in considerazione, producendo un appiattimento delle anomalie.

Kriging

Una delle operazioni più comuni che vengono effettuate nell’ambito del trattamento dei dati spaziali, è la costruzione di carte tematiche, ovvero relative a porzioni di aree geografiche, in cui è riportato, sulla base di un adeguato metodo di rappresentazione, l’andamento di una variabile di studio. La carta è normalmente costruita a partire dai valori della variabile misurati all’interno dell’area. (Raspa, 2000).

Il kriging è lo strumento che offre una soluzione al problema della stima basato su un modello continuo di variazione spaziale stocastica (Guastaldi, 2010). Esso infatti fa il miglior uso della conoscenza sulla variabile, prendendo in considerazione il modo in cui

una proprietà varia nello spazio attraverso il modello del variogramma.

Il Kriging è un “metodo lineare” per la stima ottimale di una grandezza naturale distribuita nello spazio. Il nome deriva da quello dell’ingegnere minerario sudafricano D.G. Krige, che, intorno agli anni '50, ha sviluppato una serie di metodi statistici empirici per determinare la distribuzione spaziale dei giacimenti minerari, a partire dai sondaggi. È stato successivamente il francese Matheron che ha formalizzato questo approccio utilizzando le correlazioni tra i sondaggi per stimare la distribuzione spaziale ed è lui che ha chiamato il metodo “Krigeage” utilizzando quindi il termine di “geostatistica” per designare la modellazione statistica di dati spaziali. Lo stesso approccio è stato sviluppato anche in URSS da L.S.Gandin che ha chiamato il suo metodo “interpolazione ottimale” e ha introdotto il termine di “analisi oggettiva” per descrivere questo approccio basato sulla correlazione.

Il presupposto che sta alla base del Kriging è che le proprietà osservabili sulla superficie terrestre sembrano avere da un punto all’altro una variabilità irregolare tale che nessuna funzione matematica semplice sembra in grado di descriverle. Tuttavia nella maggior parte dei casi esiste una struttura e una tendenza spaziale. La teoria delle variabili regionalizzate considera questa struttura spaziale nei calcoli di interpolazione del fenomeno da descrivere. Nella sua formulazione originale, una stima tramite kriging in una localizzazione obiettivo era semplicemente una somma lineare, o media pesata dei dati nelle vicinanze del target. Da allora, il kriging è stato elaborato per affrontare i crescenti problemi nelle applicazioni minerarie, petrolifere, di controllo dell’inquinamento, sanitarie (Guastaldi, 2010). Il termine kriging assume attualmente un'accezione generica, in quanto si riferisce ad applicazioni di natura differente. In questo studio si utilizza essenzialmente il kriging lineare.Nel kriging lineare le stime sono combinazioni lineari dei dati. I pesi sono assegnati ai campioni all’interno delle vicinanze del punto o del blocco da stimare, in modo tale da minimizzare la varianza della stima o varianza del kriging (estimation variance o kriging

variance), e le stime sono corrette (Guastaldi, 2010). Il Kriging ordinario.

Uno dei metodi geostatistici per la stima del valore di una variabile riferita a qualsiasi entità geometrica, puntuale o areale, è il kriging ordinario (KO) (Matheron, 1970), e si

riferisce ad uno stimatore lineare, che per l’appunto è una combinazione lineare dei valori della variabile noti in prossimità dell’entità da stimare (Raspa, 2009). Nel caso del Kriging Ordinario la formula è:

Dove il in cui x0 è il target point, il punto bersaglio, ovvero il punto per il quale si stima il valore della variabile Z; z(xi) per i = 1, 2, . . . , n nei punti xi sono i dati misurati, ovvero i valori campionati della variabile Z ; λi sono i pesi assegnati a tali campioni. La stima (o predizione) di un valore z della variabile Z è indicata con z*.

Tale formula di fatto è una media pesata dei dati, in cui λi rappresenta il peso i-esimo da assegnare al valore della variabile Z nel punto campionato xi . Per assicurare che la stima sia corretta (unbiased estimates), e quindi non affetta da errori sistematici, la somma di tali pesi deve essere uguale a 1 (Guastaldi, 2010):

e l'errore atteso sia uguale a zero:

Le condizioni per l'applicazione del Kriging ordinario sono, così come per il kriging semplice, le seguenti (Ciotoli, 2005):

• Le osservazioni sono una realizzazione parziale di una Funzione Aleatoria Z(x), dove x indica la localizzazione nello spazio;

• La funzione è stazionaria, ovvero la media, la covarianza spaziale e la semivarianza non dipendono da x;

• A differenza del Kriging semplice, la media delle variabili regionali è costante ma non è necessariamente nota.