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Modelli interni cerebellar

Il cervelletto potrebbe espletare alcune delle sue funzioni modulando il comportamento al di sotto del livello di coscienza.

Si ipotizza che in seguito a pattern ripetuti di attivazione “simili” il cervelletto crea quelli che sono conosciuti come modelli interni, ossia rappresentazioni neurali che riproducono i movimenti di una parte del corpo o le caratteristiche di un particolare processo di pensiero. Di seguito una breve esemplificazione delle fasi di acquisizione di un modello interno cerebellare riferito a processi motori e cognitivi.

Tipologia di funzione Motoria Cognitiva

Elementi di composizione del modello interno

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Un sistema che funziona in questo modo presenta dei vantaggi: ci permette di snellire il carico cognitivo al quale saremmo sottoposti se dovessimo imparare ex novo ogni processo legato a determinate prestazioni motorie o a specifici compiti cognitivi. Idealmente potremmo immaginare questo tipo di dinamica funzionale: ci troviamo per la prima volta di fronte ad un nuovo compito e la prima cosa che facciamo è concentrarci su di esso tenendo a mente le informazioni che lo riguardano. Una volta che quel compito è stato acquisito, mediante ripetuti passaggi e attraverso diversi tentativi ed errori, non richiederà più alcuna attenzione consapevole e potremo dedicarci ad altro. Diremmo che quel compito è stato automatizzato e sarà dunque sganciato dall’esigenza di un controllo consapevole.

Immaginiamo due macrosistemi per esigenze esplicative:

Il sistema 1) deputato ad una prima elaborazione delle informazioni, funziona attingendo a risorse cognitive e attentive richiedendo quindi attenzione cosciente. Il sistema 2) opera in modo non consapevole e senza richiedere al soggetto alcuna attenzione.

Generalmente in molte competenze acquisite ciò che avviene è il passaggio dal primo al secondo sistema in seguito ad un processo di apprendimento.

Secondo diversi studiosi questa struttura sottocorticale svolge un processo di apprendimento supervisionato: il cervelletto nelle prime fasi di apprendimento di un compito risulta molto attivo perché simulerebbe il processo in quel momento controllato e manipolato a livello della corteccia cerebrale.

Questa simulazione verrebbe realizzata attraverso la codifica, all’interno dei propri circuiti, di modelli interni che replicano quanto avviene a livello cosciente.

A livello del vissuto fenomenologico non esiste alcuna differenza tra il modo in cui esperiamo noi stessi da un punto di vista fisiologico e il modo in cui funzionerebbero

Risultato acquisizione del modello interno

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i nostri processi automatici; si tratta in ogni caso di processi che restano sullo sfondo e che non interferiscono con il nostro funzionamento generale.

Detto in altri termini, quando un comportamento viene automatizzato si colloca ad un livello di base che rispecchia, in modo molto generale, quello rappresentato dai nostri processi più basilari e fisiologici.

Così come alcune variazioni fisiologiche sono informative di un cambiamento nel nostro flusso interocettivo e possono segnalarci alterazioni della temperatura corporea o del battito cardiaco, allo stesso modo certi processi automatici possono diventare oggetto della nostra attenzione cosciente in quando informativi di uno schema appreso che deve essere riadattato al nuovo contesto.

Ciò che è simile è che, in entrambi i casi, si tratta di processi sotto-soglia che da un punto di vista fenomenologico si svolgono ad un livello di funzionamento preriflessivo. Questi processi diventano oggetto di attenzione cosciente quando avviene una modificazione delle nostre condizioni corporee o quando un comportamento appreso deve essere modificato oppure riadattato al nuovo compito e contesto.

Tornando al ruolo del cervelletto, sono diversi gli studiosi che hanno sostenuto un suo coinvolgimento nell’ambito delle funzioni cognitive superiori basando le proprie considerazioni sulla stretta interconnessione tra il cervelletto e la neocorteccia e sul fatto che queste connessioni supportino un'ampia gamma di funzioni (Leiner et al., 1993).

L’uniformità anatomica della corteccia cerebellare potrebbe far pensare che il cervelletto sia implicato in un’unica e specifica funzione. In realtà questa uniformità anatomica, come sostenuto da Schmahmann (1991) rileva delle analogie nel tipo di operazione che il cervelletto esegue rispetto ad ambiti funzionali molto diversi tra loro.

Altri studiosi hanno analizzato il contributo cerebellare alla cognizione prendendo in esame alcune funzioni cognitive tra le quali il linguaggio: lesioni cerebellari possono generare deficit analoghi a quelli dell’afasia di Broca per via del legame strutturale e funzionale tra la corteccia frontale e quella cerebellare e la capacità di accedere al lessico mentale può risultare compromessa in seguito ad un danno cerebellare (Fiez

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et al., 1992). La fluenza verbale invece è uno dei deficit maggiormente riscontrabili in bambini sottoposti all’asportazione di tumori cerebellari (Riva et al, 2000).

L’idea è che quelle che definiamo funzioni cognitive superiori altro non siano che un’estensione dei meccanismi di controllo motorio per mezzo dei quali siamo capaci di anticipare non solo quelle che sono le conseguenze di un movimento ma anche il comportamento altrui nell’ambito della cognizione sociale (cfr. Leggio e Molinari, 2015).

Il cervelletto sembra essere la struttura chiave di questo processo perché eseguirebbe la medesima operazione sulle informazioni indipendentemente dalla loro origine (Ito, 2011). Al contempo, la capacità di pensare in anticipo è caratterizzata da meccanismi di previsione e anticipazione e ciò appare in linea con quanto sostenuto da Ito quando afferma che quello che ciò che il cervelletto fa per il movimento, lo fa anche per il pensiero (cfr. Ito, 2008).

Uno dei meccanismi di controllo che il cervelletto utilizza nell’ambito dell’apprendimento motorio è conosciuto con il nome di Forward Model.

Si tratta di un modello di controllo motorio che permette di effettuare una stima delle possibili conseguenze sensoriali di un movimento sulla base delle informazioni precedentemente acquisite. Il feedback sensoriale viene successivamente utilizzato per migliorare e ottimizzare il movimento attraverso continui aggiustamenti e ripetuti tentativi. Una volta appreso, il movimento potrà realizzarsi in modo del tutto automatico, rapido e privo di errori, grazie alla creazione di un modello interno capace di riprodurre la dinamica dei movimenti del corpo senza doversi riferire al feedback sensoriale esterno (Ito, 2008., Ito, 2011).