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1.6 Metodi di studio per la rimozione degli inquinanti nei sistemi di depurazione

1.6.1 Modelli sperimentali su media scala: mesocosmi

Questo tipo di approccio è sicuramente più semplice rispetto all’uso di modelli matematici, però comporta una dilazione nei tempi di sperimentazione. Il

particolare sistema che si vuole realizzare, verificandone in laboratorio l’efficienza. Questo sistema si può chiamare mesocosmo poiché possiede tutte o quasi le caratteristiche di un vero ecosistema con l’unica sostanziale differenza che è in scala ridotta.

In un mesocosmo a seconda delle proprie necessità, si possono introdurre svariate variabili, come testare diversi tipi di terreno per verificare quale si presti meglio al raggiungimento degli obiettivi depurativi; oppure si possono testare diverse essenze vegetali per valutare ad esempio oltre che la capacità depurativa (accumulo nei tessuti vegetali), anche l’adattabilità dei vegetali al tipo di refluo da somministrare; ancora si possono studiare nei mesocosmi alcune variabili che costituiscono il fenomeno della fitodepurazione, al fine di fornire nuove conoscenze sul ruolo di piante, terreno e microrganismi.

Le conoscenze acquisite in questo modo, possono essere applicate successivamente per la realizzazione di un sistema pilota o di un impianto su scala reale, con il vantaggio di avere già informazioni precise sul comportamento di quel particolare sistema pianta-suolo-refluo.

Un ulteriore vantaggio offerto dalla costruzione di un mesocosmo è la possibilità di risolvere inconvenienti che si possono presentare durante la fase di sperimentazione, prima della costruzione dell’impianto su scala reale; questo fatto assicura l’immediata operatività del futuro impianto, in quanto il problema può essere affrontato e risolto nella fase preliminare di sperimentazione grazie appunto al mesocosmo.

In letteratura alcuni esempi di questo tipo di approccio per lo studio degli ecosistemi artificiali, stanno emergendo soprattutto negli ultimi anni (Sturgis et al., 2000; Dowty, 2001).

Alcuni autori mettono a confronto mesocosmi con piante e con solo substrato in un progetto nell’ambito dell’accordo svedese per la salvaguardia del Mar del Nord, in virtù del quale la Svezia si era impegnata a ridurre del 50% lo scarico di nutrienti nel mare rispetto ai valori del 1985, (Moreno et al., 2002). L’esperimento consisteva nel testare due tipologie di mesocosmi simulanti un sistema sub- superficiale a flusso verticale, la cui unica differenza era il fatto che uno dei due era costituito,come già detto, da macrofite emergenti (Phragmites australis). Le

caratteristiche tecniche dei mesocosmi erano le seguenti: una colonna di plexiglas dal diametro di 0.06 metri, alta 0.5 metri, con un volume di 0.6 litri e riempita con sabbia lavata del diametro di 1 millimetro; il tempo di ritenzione previsto era di 5 ore. Le variabili investigate furono: % di rimozione dello ione ammonio (NH4), % di abbattimento dello ione nitrato (NO3), % di rimozione dell’azoto totale. Per quanto riguarda la rimozione dello ione ammonio, i mesocosmi contenenti piante mostravano una depurazione che passò dal 40-60% nel mese di giugno, al 45- 90% nel corso di luglio, per poi attestarsi intorno al 93% in agosto. I mesocosmi contenenti solo substrato mostravano una percentuale di rimozione del 60% in giugno, per scendere in luglio al 50% e in agosto al 40%. Furono analizzati anche i nitrati, però con risultati meno soddisfacenti, in pratica in entrambe le tipologie di mesocosmi si assisteva ad un aumento di nitrati rispetto al refluo in entrata e solo nel mese di agosto le concentrazioni subivano una brusca diminuzione attestandosi sempre sotto il livello del refluo in entrata. Comunque, l’accumulo era più consistente nelle colonne senza piante. Questo fenomeno è stato attribuito dagli autori alla scarsa crescita delle radici delle piante e di conseguenza alla scarsa presenza di microrganismi adesi, solo nel mese di agosto, quando la

Phragmites era completamente radicata, si è assistito ad un abbattimento dei

nitrati che appunto è stato maggiore nei mesocosmi con piante. L’abbattimento avuto nei mesocosmi non piantumati è stato favorito dall’instaurarsi di condizioni ottimali per la flora batterica.

I risultati evidenziarono come i microcosmi piantumati avessero percentuali di rimozione sempre maggiori nei tre mesi di prova rispetto alle colonne contenenti solo sabbia lavata, con divari però sempre meno grandi.

Moreno e gli altri autori nel loro lavoro cercarono di migliorare l’efficienza di rimozione soprattutto per quanto riguarda i nitrati, dove avevano constatato un accumulo di questo ione nei mesocosmi. Quindi, nell’ottica di abbattere la concentrazione del nitrato fu condotta ancora una prova. L’esperimento prevedeva 12 reimmissioni in testa del refluo in uscita con un tempo di ritenzione, prima della reimmissione, di 2 ore. Con questo trattamento è stato possibile ridurre le concentrazioni del nitrato, dato che i fenomeni di nitrificazione e soprattutto di

denitrificazione venivano incrementati, inoltre si aveva un maggior contatto refluo substrato-piante.

Altri autori hanno dimostrato l’utilizzo di un mesocosmo per verificare la capacità, in diverse condizioni di substrato, di rimuovere chiazze di petrolio (Dowty et al., 2001; Huang et al., 2005); altri scienziati hanno evidenziato la capacità fitoestrattiva delle piante nei confronti di metalli (Sturgis et al., 2000; Murakomi et al., 2007) e metallo tossici (Luongo et al., 2005)

Questi sono solo alcuni degli esempi che testimoniano la grande utilità di studi condotti attraverso l’uso di mesocosmi per il miglioramento della tecnologia fitodepurativa, al fine di comprendere a fondo i ruoli che competono alle piante, ai batteri e al substrato.

Dagli studi attraverso i mesocosmi, come detto, possiamo farci un’idea dell’andamento di un impianto reale. Volendo portare un esempio dell’abbattimento dei maggiori parametri inquinanti effettuati da un impianto di fitodepurazione, può essere citata l’esperienza di Tabiano. Questo impianto tratta reflui civili ed è composto da una vasca SFS-h posta a monte di un bacino SFS-v. I rendimenti depurativi si attestano tra l’80-90% per il B.O.D., al 70% per il C.O.D., tra il 75-80% per il fosforo totale e tra il 70-74% per l’azoto ammoniacale (Pergetti & Salsi, 2001).

Da questi dati risulta che il passaggio da una situazione sperimentale e di laboratorio ad una considerata “in pieno campo” non comporta eccessivi scostamenti.

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